Emergenza COVID-19 e processo tributario

Roberto Succio
08 Giugno 2020

Al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria interviene tra i primi il D.L. 8 marzo 2020, n. 11. Si tratta di un atto normativo specificamente dedicato agli istituti processuali, tant'è che risulta rubricato “differimento urgente delle udienze e sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari” e, al comma primo, ha disposto il rinvio d'ufficio delle udienze sino al 22 marzo 2020, ad eccezione di quanto previsto dall'art. 2, comma 2, lett. g)...
I Decreti Legge di marzo e aprile 2020

Al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria interviene tra i primi il D.L. 8 marzo 2020, n. 11*

*In evidenza

Va registrata una vera alluvione di disposizioni introdotte con ben dodici decreti legge (D.L. 10 maggio 2020, n. 30-Misure urgenti in materia di studi epidemiologici e statistiche sul SARS-COV-2; D.L. 10 maggio 2020, n. 29-Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41 -bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati ; D.L. 30 aprile 2020, n. 28-Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19; D.L. 20 aprile 2020, n. 26-Disposizioni urgenti in materia di consultazioni elettorali per l'anno 2020; D.L. 8 aprile 2020, n. 23-Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali; D.L. 8 aprile 2020, n. 22 - Misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato; D.L. 25 marzo 2020, n. 19-Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19; D.L. 17 marzo 2020 n. 18-Misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19; D.L. 9 marzo 2020, n. 14 - Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all'emergenza COVID-19; d.l. 8 marzo 2020, n. 11 - Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria; D.L. 2 marzo 2020, n. 9 - Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19; d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 - Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19).

Si tratta di un atto normativo specificamente dedicato agli istituti processuali, tant'è che risulta rubricato “differimento urgente delle udienze e sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari” e, al comma primo, ha disposto il

rinvio d'ufficio delle udienze sino al 22 marzo 2020

, ad eccezione di quanto previsto dall'art. 2, comma 2, lett. g).

Inoltre, il giorno successivo, il D.p.c.m. dell'11 marzo 2020 ha recato ulteriori disposizioni estendendo all'intero territorio nazionale le misure restrittive dell'art. 1 del Dpcm 8 marzo 2020 e così di fatto ha sostanzialmente impedito salvo casi eccezionali lo spostamento delle persone sul territorio nazionale, necessario per il funzionamento ordinario della giurisdizione sia di merito, sia di legittimità.

In ultimo, il c.d. Decreto Covid-ter (o “cura Italia”), vale a dire il D.L. 17 marzo 2020 n. 18, all'art. 83 ha prorogate fino al

15 aprile 2020

le misure già adottate di rinvio delle udienze civili, penali e amministrative, con le relative sospensioni dei termini già adottate precedentemente fino al 22 marzo 2020, abrogando gli artt. 1 e 2 del D.L. n. 11 già ricordato ma sostanzialmente riproponendone le previsioni essenziali nel proprio testo.

Va ricordato che il successivo D.L. 8 aprile 2020, n. 23, all'art. 36, ha ulteriormente prorogato il termine del 15 aprile 2020 all'11 maggio 2020.

Successivamente l'art. 3, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, recante Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19, ad ora ancora in corso di conversione (atto Senato n. 1786/XVIII), ha novellato di taluni commi del ridetto art. 83 del D.L. n. 18/2020, appena convertito con la legge ordinaria n. 27/2020.

Letti quindi in modo coordinato, i decreti n. 11 e n. 18 di cui si tratta, principalmente, costituiscono ora l'ossatura essenziale di questa normativa processuale “emergenziale”. Essa consta di due parti.

La prima individua un lasso temporale, in ordine al quale su introduce una prima disciplina ad hoc diretta a consentire agli Uffici Giudiziari di affrontare – in una sorta di pronto soccorso processuale – le prime emergenze poste dai vincoli alla mobilità delle persone previsti dapprima dall'art. 10 del d.l. 2 marzo 2020, n. 9, poi dallo stesso d.L. in commento, che le estende all'intero territorio nazionale.

Nel frattempo, in applicazione proprio del D.L. 8 marzo 2020 n. 11 di cui si è detto, quanto alla Corte Suprema di cassazione il Primo Presidente con decreto del 9 marzo 2020 ha adottato disposizioni generali per la prima fase, disponendo che nelle due settimane tra il 9 e il 22 marzo tanto per il settore civile, inclusa la sezione V tributaria, quanto avanti alle sezioni penali, e salve le eccezioni previste dall'art.2, comma 2, lett. g) del d.l. n. 11/2020, “non saranno celebrate le udienze, quale che sia la forma processuale per esse prevista (udienza pubblica, camerale partecipata, camerale non partecipata, de plano, ecc.)” e le relative cause sono rinviate a nuovo ruolo.

Dunque, in questa prima fase il Governo, con l'art. 83 del D.L. n. 18/2020, ha disposto un

mero rinvio ex lege e non una sospensione dei processi

, sicché non si applica l'art. 298, primo comma, c.p.c., a tenore del quale «durante la sospensione non possono essere compiuti atti del procedimento» (C. D'ARRIGO, G. COSTANTINO, G. FANTICINI e S. SAIJA, Legislazione d'emergenza e processi esecutivi e fallimentari, su InExecutivis.it, 2020, p. 19 ).

Analoghi provvedimenti risultano presi da svariati Uffici giudiziari ordinari di merito, oltre che da numerosi Presidenti di Commissioni Tributarie provinciali e Regionali.

Secondariamente,

i decreti individuano e concettualmente recintano un secondo regime costituente una sorta di deroga rispetto al sistema processuale ordinario

– o costituente disposizione eccezionale, come probabilmente risulta in concreto essere, tanto che lo si è anche denominato “d'emergenza” – previsto per una più prolungata gestione degli adempimenti processuali in un contesto se non più emergenziale certamente privo di caratteri di ordinario funzionamento del sistema e degli Uffici. una seconda fase, decorrente dal 16 aprile marzo sino al 30 giugno 2020 (originariamente sino al 30 maggio 2020) in cui è prevista la ripresa dell'attività giudiziaria anche non urgente, ma in modalità diverse da quelle ordinarie.

Più di recente, il D.L. n. 28/2020 ha prorogato sino al 31 luglio 2020 il termine finale previsto dall'art. 83 comma 6 del D.L. n. 18/2020.

L'art. 1, comma 4, del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 prevedeva poi espressamente che «le disposizioni del presente articolo, in quanto compatibili, si applicano altresì al procedimenti relativi alle commissioni tributarie..». Tale art. 1 risulta abrogato dall'art. 84 d.L. “cura Italia”, ma sul punto il contenuto della previsione appena riportata è nuovamente introdotto dal comma 21 del più recente d.L., e resta quindi in vigore.

La prima disciplina introdotta dal decreto è quella – come detto -

riferita al c.d. periodo “cuscinetto”

(originariamente individuato nel periodo dal 9 al 22 marzo, corrispondente con l'esplosione del contagio acuto da COVID – 19)

per il quale il Legislatore ha rinviate di ufficio tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti dinanzi a tutti gli uffici giudiziari italiani, con le sole eccezioni espressamente indicate.

Detta scelta è stata evidentemente fondata puramente sulla necessità, affrontata sul mero piano organizzativo, il più urgente, di ottenere un subitaneo e quanto più possibile efficace contenimento della diffusione dell'epidemia, visto che la normale attività giudiziaria è sconvolta dall'improvvisa precarietà degli spostamenti e della stessa salute di tutti i potenziali interessati, a cominciare da quella dei lavoratori del settore.

Con la sola eccezione di casi tassativamente indicati nel decreto, l'intera attività giurisdizionale è stata quindi puramente e semplicemente differita a dopo il 22 marzo (rectius: dopo il 15 aprile stante la prima proroga ex D.L. “cura Italia”, e infine dopo l'11 maggio in forza dell'ulteriore proroga di cui sopra pure si è detto); per vero il testo del d.L. si limita a menzionare le udienze, quali “luogo di concentrazione di numerose persone”.

E ciò introduce un autonomo profilo meritevole di riflessione.

L'

attività giudiziaria

– ed anche quella giudiziaria tributaria -

non si esaurisce però nelle udienze

; essa riguarda e consta anche di

altri momenti nondimeno indispensabili per l'ordinato svolgimento della stessa

; basti pensare in primo luogo a quella fase del giudizio che non si svolge alla presenza dei difensori delle parti, e nondimeno – sia pur sprovvista di pubblicità – veda la concentrazione di più persone.

La norma relativa alla giustizia civile, quindi, pur riferendosi alle udienze, non si limita ad esse in quanto è evidente che la ratio consiste nel rinviare ogni attività giudiziaria foriera di provocare quella concentrazione antropica che risulta pericolosa e quindi va evitata.

Pertanto, vanno

rinviate tutte le attività ad esse assimilabili e se del caso previste per la peculiarità del singolo rito

: basti pensare sia all'adunanza nel caso dei subprocedimenti per la sospensione dell'efficacia esecutiva delle sentenze di appello, di cui all'art. 373 c.p.c., il quale prevede un procedimento camerale, sia alla riunione in camera di consiglio del Collegio, esaurita la discussione, ai fini di deliberare la decisione.

Tal principio trova applicazione, nondimeno, nel processo avente per oggetto le pretese impositive dell'Erario e del concessionario per la riscossione, secondo le particolari caratteristiche del processo e del rito ivi applicabile.

Il processo tributario tra sospensione dei termini e differimento delle udienze

Nel processo tributario, infatti, a fronte di un procedimento di primo grado sostanzialmente unico, vanno ricordate le

due forme di svolgimento dello stesso

: la

trattazione in camera di consiglio

– naturale forma di sviluppo dell'impugnativa del ricorrente avverso l'atto impositivo - e la

discussione in pubblica udienza

(rispettivamente disciplinati dagli artt. 33 e 34 D.Lgs. n. 546/1992) – modalità alternativa al giudizio camerale, in quanto accessibile solo su istanza di una parte.

La prima attività processuale è espressamente “

non partecipata

” (art. 33, comma 2, D.lgs. n. 546/1992); la seconda al contrario prevede non solo la presenza delle parti e dei loro difensori, ma addirittura di chiunque ritenga di assistere alla discussione della controversia. Tali modalità processuali sono estese al grado di appello dall'art. 61, D.lgs. n. 546/1992.

Peraltro, nel tessuto normativo in oggetto andrebbe a mio modo di vedere individuata non solo la ratio “emergenziale” – che marca particolarmente il territorio concettuale nella disciplina costituente la prima parte – ma anche quella più propriamente processuale; non ritengo debba escludersi l'intento del legislatore di intervenire in via subordinata anche sul processo, quale insieme di soggetti, atti e poteri diretti all'attuazione di un diritto sostanziale, all'ottenimento di un bene della vita, data la situazione di eccezionalità che la pandemia di cui si è detto ora pone a tutti i consociati.

In tale ottica, che deve quindi

salvaguardare il funzionamento del complesso meccanismo che ha l'effetto di produrre

, in ultimo,

una sentenza che definisce la controversia

, ritengo dovesse interpretarsi anche il disposto dell'art. 1 comma 2. del Decreto Legge n. 11 dell'8 marzo 2020, secondo il qualea decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al 22 marzo 2020 sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1, ferme le eccezioni richiamate. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo”.

Opportunamente, il legislatore ha precisato esplicitamente che si intendono sospesi tutti i termini, sia per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione; sia per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi; sia la proposizione delle impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali, compresi quelli c.d. “a ritroso”.

La disposizione del soppresso art. 1, comma 2, del D.L. n. 11/2020, semplicemente enunciava che erano «sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti indicati al comma 1» utilizzando la medesima ampia dizione letterale di cui dall'art. 1 della Legge n. 742/1969 è infatti; il ricitato art. 1 è stato come detto espressamente abrogato dall'art. 83 comma 22 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, e integralmente sostituita dal terzo periodo del comma 2 del medesimo d. L. n. 18 secondo il quale “ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”.

La più recente previsione disciplina espressamente la fattispecie del c.d

termine “a ritroso”

, imponendone il rispetto e quindi vincolando il giudice dell'udienza o il soggetto che deve tenere l'attività ad esso connessa a differire tal incombenza. Il chiarimento risulta del tutto opportuno, poiché consente di provvedere a tali differimenti in piena serenità e così scongiurare sia nullità processuali per lesione del diritto di difesa, sia decadenze “a sorpresa”.

Peraltro, per una lettura così orientata, anche nel vigore del D.L. n. 11, si erano espresse sia la Relazione Illustrativa al decreto stesso della Presidenza del Consiglio dei Ministri e datata 11 marzo 2020, sostitutiva della precedente, sia la nota di aggiornamento a commento del medesimo atto legislativo già richiamato del Consiglio Nazionale Forense.

È chiaro che ciò comporterà conseguenze per la ripresa dell'attività giudiziaria, in tutti i casi in cui l'udienza è preceduta dalla scadenza di termini processuali, come ad esempio per il deposito di memorie, suscettibile di comportare un differimento della ripresa delle attività di udienza ben oltre il termine di cessazione della sospensione. Basti pensare al procedimento avanti alla Corte di Cassazione, in particolare al rito avanti alle sezioni civili inclusa la V sezione tributaria e alle ripercussioni sul deposito delle memorie che nei procedimenti camerali è oggi regolato dall'art. 380-bis 1 c.p.c. mentre ai fini delle udienze pubbliche resta di cinque giorni ex art.378 c.p.c. in forza dell' art. 1-bis, d.l. 31/08/2016, n. 168, conv. con legge 25.10.2016, n. 197 inserito dal decreto sull'efficientamento del processo secondo il quale “Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio”.

Analogamente, di fronte alle Commissioni tributarie provinciali e regionali, l'art. 32 D.Lgs. n. 546/1992 consente analoga facoltà prevedendo che le parti “..possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione osservato l'art. 24, comma 1. Fino a dieci giorni liberi prima della data di cui al precedente comma ciascuna delle parti può depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti. 3. Nel solo caso di trattazione della controversia in camera di consiglio sono consentite brevi repliche scritte fino a cinque giorni liberi prima della data della camera di consiglio”.

L'interpretazione sopra preferita, peraltro, non era univocamente accettata nel vigore del d.L. che precedeva la pubblicazione in G.U. del d. L. “cura Italia”: secondo il parere reso dal Consiglio di Stato nell'Adunanza della Commissione speciale del 10 marzo 2020, era da escludersi che il richiamo dell'art. 54 D.Lgs. n. 104/2010 da parte dell'art. 3 del D.L. 11/2020 comportasse una vera e propria sospensione dei termini processuali nel periodo che andava – in allora - dall'entrata in vigore del d. L. 11 marzo 2020 al 22 marzo 2020.

La Commissione aveva peraltro preso in esame il testo dell'art. 3 d. L. n. 11 dell'8 marzo 2020, che non proferiva parola quanto alla sospensione di termini, e si è espressa i nel senso che “il periodo di sospensione riguardi esclusivamente il termine decadenziale previsto dalla legge per la notifica del ricorso (artt. 29,41 c.p.a.)” e non anche gli altri termini endoprocessuali.

La conclusione era raggiunta muovendo dalla duplice considerazione – fondata in entrambe le sue articolazioni solo sulle previsioni legislative che disciplinano il processo amministrativo, non ritrovandone altre nel d. L. in commento - che “con precipuo riguardo al termine per il deposito del ricorso (art. 45 c.p.a.) e soprattutto a quelli endoprocessuali richiamati dal già citato art. 73, comma 1, c.p.a., non si ravvisano le medesime esigenze che hanno giustificato la sospensione delle udienze pubbliche e camerali perché trattasi di attività che il difensore può svolgere in via telematica e senza necessità di recarsi presso l'ufficio giudiziario. Non appare esservi, dunque, alcun pericolo per la salute dei difensori né si moltiplicano le occasioni di contatto sociale e dunque le possibilità di contagio” ; e che “se la rapida diffusione dell'epidemia giustifica pienamente il rinvio d'ufficio delle udienze pubbliche e camerali, disposto dal decreto nel periodo che va dall'8 al 22 marzo 2020, allo scopo di evitare, nei limiti del possibile, lo spostamento delle persone per la celebrazione delle predette udienze, nonché la trattazione monocratica delle domande cautelari (salva successiva trattazione collegiale), sempre allo scopo di evitare lo spostamento delle persone e la riunione delle stesse all'interno degli uffici giudiziari, non sembra reperirsi adeguata giustificazione, invece, per la dilatazione dei termini endoprocessuali”. Secondo il Consiglio di Stato, in buona sostanza, non si trattava affatto di un'applicazione eccezionale dell'istituto della sospensione dei termini processuali contemplato dall'art 54 del d. Lgs.n. 104 del 2010, ma di una sospensione del solo termine per la notifica del ricorso giustificata da una ratio normativa che si prefigge di evitare gli spostamenti delle persone e la loro riunione presso gli uffici giudiziari.

Al riguardo si segnala altresì che le disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato con il decreto 71 del 10 marzo 2020 precisano che “trattasi di avallo esegetico che, seppur autorevole, non ha efficacia cogente per i giudici chiamati a decidere sul caso concreto, sicchè non può che confidarsi, al fine di una effettiva, pronta e corale reazione alla diffusione epidemiologica che non sacrifichi oltremodo l'efficienza e la capacità di risposta del sistema giudiziario amministrativo, in un atteggiamento pienamente collaborativo dell'avvocatura e dei singoli avvocati che si traduca in una sostanziale rinuncia ad avvalersi, per quanto concerne il deposito telematico degli atti defensionali di cui all'art. 73, comma 1, c.p.a., della sospensione di cui all'art. 3 comma 1 del D.L. n. 11/2020”.

Ora, però, la questione è risolta espressamente dall'art. 84 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 che al comma 1 secondo periodo espressamente prevede: “tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi, secondoquanto previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo”.

Quanto al processo tributario, le sopra dette considerazioni assumono valenza di mero indizio sistematico, ma non influiscono sul processo avente ad oggetto la legittimità di atti impositivi – quantunque lo stesso abbia similitudini a più livello con il processo amministrativo, in quanto anche in esso si discute e decide sulla legittimità di atti dell'Amministrazione pubblica – dal momento che l'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 dispone: che “i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”.

In questo contesto, risulta preziosa la puntualizzazione di cui all'ultimo periodo del comma 2 d.L. n. 18 del 17 marzo 2020, secondo il quale “si intendono altresì sospesi, per la stessa durata indicata nel primo periodo, i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all'articolo 17-bis, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”; si tratta infatti di istituti (il ricorso in primo grado alla Commissione tributaria provinciale e l'istanza di mediazione ivi contenuta) che si collocano autonomamente rispetto agli atti e agli istituti tipizzati nel codice di rito, per i quali poteva non risultare sufficiente il mero generico richiamo ai termini processuali per ritenerli compresi nella sospensione.

Come indicato anche dalla Relazione illustrativa al

D.L. “cura Italia”

, il riferimento, quanto alla procedura di reclamo e mediazione di cui all'art 17 bis surrichiamato è quello che impone la conclusione di tal sub-procedimento nei novanta giorni dalla notifica del ricorso; anch'esso risulta quindi differito.

Viene infine opportunamente inserita nel d. L. in commento una conclusiva disposizione di richiamo, anche per i processi civili - quindi inclusi quelli tributari - all'art. 2, comma 5, destinata ad operare nei procedimenti nei quali le udienze sono rinviate, quanto allo scomputo del periodo di rinvio ai fini del calcolo dei termini di ragionevole durata del processo ai sensi della

c.d. legge Pinto.

La celebrazione delle udienze nel processo tributario

In concreto, il sistema di diritto emergenziale sopra sommariamente descritto

assegna ai dirigenti degli uffici giudiziari il compito e la responsabilità

, previa interlocuzione con l'autorità sanitaria e l'avvocatura, di

adottare misure organizzative

, anche incidenti sulla trattazione dei procedimenti,

caso per caso valutate necessarie sulla scorta delle emergenze epidemiologiche che pone il territorio di riferimento.

Va preso atto di come per la prima volta il

potere riservato al capo dell'ufficio è tale da incidere non solo su profili meramente organizzativi ma direttamente sulle modalità stesse di svolgimento di essenziali attività processuali.

È ragionevole, quindi, attendersi differenze anche assai rilevanti tra Ufficio e Ufficio.

Tra queste, il D.L. dell'8 marzo 2020 n. 11 prevedeva: “f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti ed al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All'udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell'identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale”. Tal previsione è sostanzialmente riproposta nel D.L. n. 18/2020 nell'art. 83 al comma 7, sempre alla lett. f).

Successivamente, a mio modo di vedere senza ragionevole giustificazione, è intervenuto l'art. 3, comma 1, lett. c) d.l. n. 28 del 30 aprile 2018, che, modificando l'art. 83, comma 7, lett. f), D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, ha imposto la presenza del giudice civile nell'ufficio giudiziario, stabilendo che dopo le parole «

deve in ogni caso avvenire

» sono aggiunte le seguenti: «

con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario e

».

Diversamente, il successivo art. 4 dello stesso d.l. 30 aprile 2020, n. 28, in riferimento al processo amministrativo, stabilisce che «

il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge»

.

Orbene, mi pare del tutto evidente che non vi è alcuna ragione per la quale i giudici civili e quelli tributari debbano recarsi in ufficio per la trattazione da remoto, mentre i giudici amministrativi possano rimanere altrove (segnatamente, con tutta probabilità a casa propria). La scelta tra l'una o l'altra soluzione potrebbe dipendere dalla natura della controversia, dalla qualità delle parti; non sembra, invece, possa essere collegata allo status del giudice.

Invero, dal punto di vista degli effetti, la situazione di emergenza in atto costituisce – ferma la sua tragicità, purtroppo - occasione preziosa per l'implementazione decisiva del processo tributario telematico negli uffici dove già opera o per la sua introduzione, finalmente, dove ancora non è stato adottato concretamente, come ad esempio presso la Corte suprema di Cassazione.

ll

Processo Tributario Telematico

(PTT) è

obbligatorio per i giudizi tributari instaurati

, in primo e secondo grado, con ricorso/appello notificato a partire dal 1° luglio 2019: i servizi del PTT sono assicurati

sette giorni su sette e 24 ore al giorno

. L'art. 16 del D.L. n. 119/2018 convertito in legge n. 136/2018, modificando l'art. 16-bis del D.Lgs. n. 546/1992 ha, infatti, stabilito che dal 1 luglio 2019, la notifica e il deposito degli atti processuali presso le segreterie delle Commissioni tributarie sono eseguiti esclusivamente in modalità telematica.

Certo, la previsione surrichiamata potrebbe intervenire, se così interpretata, sulla fase della trattazione della causa (secondo i riferimenti generali del processo civile), il cui corrispondente nel processo tributario (ferma la dicotomia di cui si è detto) è la trattazione in camera di consiglio ex art. 33 D.Lgs. n. 546/1922 o in alternativa la discussione in pubblica udienza ex art. 34 D.Lgs. n. 546/1992.

Con specifico riferimento proprio alle udienze pubbliche, in materia processual-tributaria già dal 2018 è in vigore l'art. 16 comma 4 del D.L. n. 119/2018, n. 119 il quale, disponendo in materia di Giustizia tributaria digitale, riconosce la possibilità alle parti di richiedere di partecipare a distanza all'udienza pubblica, delegando ad uno o più provvedimenti l'individuazione delle regole tecnico-operative. Ad oggi tali regole non sono ancora state adottate e, per l'effetto, dall'ormai lontano luglio 2019, il sistema risulta incompleto e inattuato poiché difettoso di tal disposizioni attuative della previsione di legge.

È lecito chiedersi se le disposizioni previste per il processo civile in genere (in concreto le modalità operative dettate con Provvedimento direttoriale DGSIA del 20 marzo 2020) risultino comunque immediatamente applicabili anche al processo tributario.

La trattazione, ex art. 180 c.p.c., in realtà costituisce l'attività che conduce al giudizio ad esclusione della fase istruttoria, ed è orale. Tal caratteristica di oralità indica la prevalenza di tale forma espressiva, non però la radicale esclusione della forma scritta, nel processo civile. La trattazione della causa scritta è stata inclusa nella prassi dello scambio di memorie, certamente in grado di evitare lunghe discussioni e interminabili verbalizzazioni.

Potrebbe ora rilevarsi, invece, una sorta di favor sopravvenuto, alla luce dei nuovi mezzi tecnologici, verso la partecipazione all'udienza resa idonea ai fini che il processo si prefigge con la comparizione reale della parte perfezionata a mezzo di difensore con collegamento da remoto. Tale modalità consente nel concreto la trattazione orale della causa e quindi l'immediatezza e concentrazione della stessa, garantisce il rispetto delle esigenze di salute pubblica poste dall'

emergenza Covid-19

, tutela la continuità del servizio giustizia tributaria e non pregiudica in alcun modo i diritti delle parti.

Resta l'ulteriore ostacolo interpretativo che potrebbe porsi in forza di una lettura più rigorosa della norma tesa ad escludere dal novero delle udienze “che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti”, quindi a comparizione figurata, tutte quelle in cui è ammessa la presenza delle parti personalmente impedirebbe la sua applicazione a tutte le udienze civili, tenuto conto che, ai sensi dell'art. 84 disp. att. c.p.c., le parti possono partecipare a qualsiasi udienza inerente la loro causa. Ritengo sommessamente, che il legislatore abbia voluto fare riferimento a quelle udienze per il cui svolgimento è sufficiente la presenza dei difensori; diversamente l'applicabilità della disposizione sarebbe fortemente compressa per non dire quasi del tutto esclusa.

In tal senso, nel processo tributario non si danno casi nei quali la presenza – intesa come comparizione personale non delegabile neppure al difensore - delle parti è richiesta; non si pone il problema per le udienze di escussione dei testimoni stante il divieto di testimonianza del processo de quo, e di espletamento dell'interrogatorio formale, pure non ammesso come prevedono rispettivamente l'art. 7 comma 4 D.Lgs. n. 546/1992 e lo stesso art. 7 comma 1 appena citato congiuntamente interpretato con l'art. 32 comma 1 n.2) d.P.R. n. 600/1973 (che ammette, quale richiesta di chiarimenti, invece, il solo interrogatorio libero).

Potrebbe forse dubitarsi quanto alle le udienze di giuramento del c.t.u. ex art. 193 c.p.c. e quelle in cui il c.t.u. comunque interviene su disposizione del giudice ai sensi dell'art. 197 c.p.c., poiché sempre l'art. 7 comma 2 D.Lgs. n. 546/1992 consente l'ingresso – in verità limitato, nel concreto – della consulenza tecnica nel processo tributario.

Misure organizzative e linee guida del consiglio di presidenza della giustizia tributaria

Si è detto come al comma 7 dell'art. 83 ridetto sia prevista l'adozione di misure organizzative che i capi degli Uffici giudiziari potranno adottare.

Quanto allo svolgimento delle udienze, possono avere luogo udienze da remoto (lett. f) per le udienze civili, e quindi anche per quelle tributaria stante l'applicazione nel processo tributario del codice di rito civile, oltre che in forza del richiamo di cui al comma 21 dell'art. 83 già citato, che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti (secondo le regole stabilite con il Provvedimento direttoriale DGSIA del 20 marzo 2020).

Diversamente, ove ciò non sia possibile, dovrà disporsi il rinvio dell'udienza (lett. g) ad una data successiva al 30 giugno 2020.

Inoltre, la lett. h) per le udienze civili (e tributarie) che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori prevede la ulteriore possibilità di procedere con lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.

L'udienza, quindi, anche di fronte al giudice tributario, può aver luogo secondo una sorta di tripartizione del binario sul quale essa viene indirizzata.

Esaminerò per prima la previsione di cui alla lett. h): la sua attuazione non risulta portatrice di particolari difficoltà e consente – a differenza del mero rinvio – ovviamente di giungere sollecitamente a decisione.

Gli scritti conclusivi, pure nel silenzio della norma in commento, dovranno essere depositati, al più tardi, entro la data e l'ora fissata per la celebrazione dell'udienza pubblica, cui segue appunto la camera di consiglio in cui viene deciso il ricorso; agli scritti difensivi non potranno essere allegati documenti.

Per la sua stessa disciplina, poi, di tal udienza non dovrà redigersi alcun verbale.

Al riguardo, va già segnalato un primo recentissimo arresto del Consiglio di Stato, che – sia pure nel diverso regime dettato dall'art. 84, comma 5, del d.l. 18 del 2020 – ha dubitato della conformità a Costituzione di un “contraddittorio cartolare «coatto»”, cioè non frutto di una libera opzione difensiva, bensì imposto anche contro la volontà delle parti, che invece preferiscano differire la causa a data successiva al termine della fase emergenziale, configurandosi addirittura una deviazione irragionevole rispetto ai principi del giusto processo[1].

Per quanto riguarda i processi tributari, viene a farsi in concreto applicazione alla pubblica udienza di un principio analogo a quello che di regola governa il processo civile di cognizione in primo grado, in determinate sue udienze. Le udienze di precisazione delle conclusioni possano essere sostituite agevolmente, di solito, con la trattazione scritta e la medesima soluzione spesso si applica alla prima udienza di trattazione ancora nel processo ordinario di cognizione, solitamente destinata soltanto alla fissazione dei termini previsti dall'art. 183, comma 6, c.p.c. Analoga soluzione appare praticabile per i processi di appello, nonché per il giudizio di legittimità.

Nella fase dell'emergenza sanitaria, piuttosto che rinviare, e rinviare a tempi lunghi, la definizione delle controversie, le udienze di discussione e le camere di consiglio possono svolgersi poi anche da remoto anche alla luce di alcune indicazioni indirettamente fornite dal codice di rito: ai sensi dell'art. 117 disp. att. c.p.c., infatti, «i difensori debbono leggere davanti al collegio le loro conclusioni e possono svolgere sobriamente le ragioni che le sorreggono; «debbono chiedere al presidente la facoltà di parlare, e debbono dirigere la parola soltanto al tribunale». Queste attività e la discussione tra i componenti del collegio, ai sensi dell'art. 276 c.p.c., si prestano senza particolari difficoltà ed ostacoli ad essere trattate con mezzi tecnologici da remoto.

In questo senso, si pone anche – addirittura - l'indicazione del 20 aprile 2020 della Presidente della Corte Costituzionale, secondo la quale, «qualora almeno una delle parti del giudizio ne faccia richiesta, l'udienza pubblica per quel giudizio si svolge con collegamento da remoto».

Di qui l'esame della seconda modalità di tenuta dell'udienza disciplinata dal legislatore dell'emergenza.

Per lo svolgimento concreto dell'udienza da remoto, l'art. 83, comma 7, lett. f), del D.L. n. 18/2020 riconosce l'utilizzo di collegamenti che prevedano modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Inoltre, in tali casi il giudice deve, non solo dare congruo avviso alle parti dell'ora e della modalità di collegamento, ma anche dare atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell'identità dei soggetti partecipanti e, nel caso delle parti, anche della loro libera volontà. Di tutte le operazioni deve essere inoltre dato atto nel processo verbale.

Come già detto, è stato emanato il Provvedimento del Direttore Generale dei Sistemi informativi Automatizzati - DGSIA del Ministero della Giustizia datato 20 marzo 2020 che definisce le regole sia per le udienze civili che per quelle penali; esso richiama l'impiego degli applicativi informatici Skype for Business; o E-Teams di Microsoft come strumenti atti allo scopo, di facile installazione e intuitivo utilizzo.

Tal provvedimento è atto del Ministero della Giustizia, e non del Ministero dell'Economia e Finanze, al quale è assegnato lo svolgimento delle funzioni amministrative riguardanti il processo tributario.

Con atto di tal ultimo Ministero, Dipartimento delle politiche fiscali, vale a dire con la circolare n. 1/DF del 4 luglio 2019, a commento dell'avvio a regime dal 1° luglio 2019 del processo tributario telematico, si è previsto che l'udienza da remoto debba essere oggetto di specifica richiesta di una della due parti processuali nel ricorso o nel primo atto difensivo e potrà svolgersi in collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio del contribuente, del difensore, dell'Ufficio impositore e dei soggetti della riscossione senza doversi recare nell'aula udienza della Commissione tributaria.

In presenza di detta istanza, infatti, il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione si considera ex lege equiparato all'aula di udienza. Diversamente, il collegio giudicante esercita la propria funzione nella giornata fissata per l'udienza esclusivamente presso la sede della Commissione tributaria.

Ad avvio del Ministero, il collegamento audiovisivo presso il domicilio del contribuente che si difende personalmente può essere invece garantito solo qualora lo stesso abbia optato per le modalità telematiche nel processo tributario. Resta ferma la possibilità per il difensore di dichiarare che nel collegamento audiovisivo presso il suo domicilio web risulti presente anche il contribuente da lui difeso.

Il collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio dei soggetti sopra menzionati deve, comunque, assicurare la contestuale effettiva reciproca visibilità delle persone presenti nei suddetti luoghi e la possibilità di udire ciò che viene detto.

Per garantire un'efficiente organizzazione delle udienze a distanza, viene stabilito infine che almeno un'udienza per ogni mese e per ogni Sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.

La norma dettata dal comma 4 dell'art. 16 rinvia tuttavia ad un apposito decreto del Direttore Generale delle Finanze per l'adozione delle regole tecniche operative per consentire la partecipazione all'udienza a distanza, la conservazione e la visione delle relative immagini. Con tale provvedimento saranno inoltre individuate le Commissioni tributarie presso le quali avviare l'udienza web.

Ebbene, ad oggi non risulta essere stato adottato tale decreto direttoriale; alla luce della situazione emergenziale, sarebbe ottima cosa se il Ministero adottasse quanto prima il provvedimento auspicato, anche solo meramente recependo le indicazioni già manifestate dall'omologo Ministero della Giustizia. Resta dubbio, in difetto, le Commissioni tributarie possano o meno egualmente procedere utilizzando i programmi indicati dal Ministero di Giustizia.

Opportunamente muovendosi nella direzione di promuovere la prosecuzione dell'attività giurisdizionale, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria è intervenuto con la delibera n. del 15/4/2020 per provvedere in ordine alla adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze. In tal provvedimento si stabilisce che al fine di “a) di promuovere lo svolgimento delle udienze mediante collegamenti da remoto - ai sensi del comma 7, lett. f) dell'art. 83 cit. -

- fino all'11.5.2020, ovvero nel periodo della sospensione dei termini, per la trattazione dei ricorsi dichiarati urgenti che non possono essere differiti (perché la ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti, ai sensi dell'art. 83, comma 3, del D.L. n. 18/2020)

- dal 12 maggio 2020 e fino al 31 luglio 2020 anche per la trattazione ordinaria dei ricorsi che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti; Lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti e tramite gli applicativi messi a diposizione dal Ministero dell'economia e finanze nel decreto in corso di emanazione, sentito questo Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria”.

Ancora, nelle medesime linee-guida si indica come vada valutata – lett. e) - la possibilità di “favorire, per il periodo dal 12 maggio 2020 al 31 luglio 2020, la trattazione dei ricorsi in cui non è stata presentata istanza di pubblica udienza e di valutare la possibilità di consentire comunque la trattazione dei ricorsi, ove la parte ricorrente lo chieda, rinunciando alla pubblica udienza o ai termini processuali di costituzione o di deposito delle memorie; f) di valutare la possibilità di prevedere che si tengano con le modalità previste dalla lett. h, del comma 7, dell'art. 83 del d. l. n. 18 del 2020 (trattazione scritta) le udienze camerali ex art. 33 d.lgs. n. 546 1992 le quali non richiedono la presenza dei difensori e delle parti nonché quelle, originariamente iscritte con istanza di discussione in pubblica udienza, per le quali i difensori vi abbiano rinunciato espressamente”.

Dal punto di vista pratico, alla luce delle particolarità delle modalità di celebrazione delle udienze, risulterebbe forse utile una sorta di “confabulation” di anglosassone origine, vale a dir un previo confronto anche informare, da tenersi per vie brevi o telematiche tra le parti e il giudice, come consentono gli artt. 190, comma secondo, 275, comma secondo e 352, comma secondo, c.p.c. – in ordine alla determinazione della modalità in parola.

Conclusivamente, l'epidemia ha obbligato i soggetti del processo (le parti, i difensori, i giudici) ad un vero e proprio “balzo in avanti” sul cammino della innovazione tecnologica degli strumenti processuali.

L'adozione degli stessi, è chiaro, non può infatti snaturare le occasioni di confronto tra i ridetti soggetti, ma al più rendere possibile la prosecuzione dell'attività giudiziaria in situazioni estreme come l'emergenza sanitaria. Certo però, sono necessari tempestivi adattamenti non solo nella disciplina regolamentare di dettaglio, ma anche e soprattutto nell'impiego di strumenti appositi e in formazione degli utilizzatori.

Tali processi richiedono risorse economiche importanti e tempi non brevi di attuazione; certo però i vantaggi ricompenseranno decisamente dei costi da sostenersi, poiché la sospensione sine die dell'attività giudiziaria è un prezzo impossibile da pagare per l'intera collettività.

[1]

Cons.St. Sez. VI, 21/04/2020, n. 2539

(Fonte: iltributario.it)

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