Verifica della tassazione in Italia dei piani di incentivazione, è necessario fare riferimento ad un criterio “pro rata temporis”
08 Giugno 2020
Il caso
Con la risposta ad interpello n. 78 del 27 febbraio 2020, l'Agenzia delle Entrata si è occupata del trattamento fiscale di un piano di incentivazione monetario e azionario a favore di lavoratori dipendenti, che possono beneficiare di alcuni regimi fiscali di favore. In particolare, un Gruppo, con sede in Inghilterra, ha intenzione di aprire una società in Italia ed ha individuato al proprio interno taluni manager non residenti, dipendenti di altre entità dello stesso Gruppo, quali possibili componenti del "management team" della società italiana.
La società italiana istante erogherà ai predetti manager retribuzioni ordinarie, significative e adeguate rispetto agli standard di mercato e, comunque, in linea con quanto sinora percepito nel rapporto precedentemente instaurato con le altre società del Gruppo. Inoltre, tali figure manageriali continueranno a beneficiare, di talune e differenti forme di incentivazione (congiuntamente i "Piani di incentivazione"), tra cui, in particolare, le seguenti due tipologie:
È stato chiesto quale sia il corretto trattamento tributario da applicare al momento dell'erogazione delle suddette remunerazioni corrisposte a favore di suddetti manager. Prima, però, di procedere all'esame della risposta dell'Agenzia delle Entrate, è opportuno soffermarsi sulla normativa oggetto dell'interpello. La normativa di riferimento
Dal momento che i manager a cui sono indirizzati i piani di incentivazione saranno lavoratori dipendenti della società italiana, si ricorda che, ai sensi del comma 1 dell'art. 51 del TUIR, il loro reddito imponibile è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Da quanto si evince da tale normativa, sia gli emolumenti in denaro, sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi e alle opere percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. Lo stesso art. 51 individua delle specifiche deroghe al principio della totale tassabilità del reddito di lavoro dipendente, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte. Tra le condizioni soggettive fondamentali, ai fini della detassazione delle somme e dei valori del piano di welfare, si cita, ad esempio, la necessità che l'offerta dei servizi sia rivolta alla “generalità dei dipendenti” ovvero a “categorie di dipendenti” (così, da ultimo, la risposta all'interpello dell'Agenzia delle Entrate n. 522 del 6 dicembre 2019). Considerato che il piano di incentivazione in oggetto prevede anche l'assegnazione di azioni, si ricorda che il legislatore ha previsto delle norme agevolative nell'ambito dell'assegnazione di azioni o altri strumenti partecipativi a favore dei manager. Si pensi, ad esempio, a quella prevista a favore dei dipendenti di start-up innovative o degli incubatori certificati. In questo caso, non è soggetta ad imposizione l'assegnazione di strumenti finanziari (o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l'attribuzione di strumenti finanziari), nonché l'esercizio di diritti di opzione attribuiti per l'acquisto di strumenti finanziari emessi dalle start up innovative e/o dagli incubatori certificate (così art. 27 del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221; art. 4 D.L. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito dalla legge 24 marzo 2015, n. 33.). Tale agevolazione annovera tra i beneficiari dell'incentivo gli "amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi" (cfr. il principio di diritto dell' Agenzia Entrate del 12 febbraio 2019, n. 4,) delle start-up innovative e degli incubatori certificati, come individuati dalla relativa normative (cfr. Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 16/E del 2014, par. 3.1.2).
Inoltre, non vanno dimenticate le misure introdotte con la Legge di Bilancio 2017 sul c.d. “welfare aziendale”, secondo cui non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all'imposta sostitutiva del 10% le azioni distribuite ai dipendenti a seguito della conversione del premio di risultato, anche oltre il limite di esenzione pari a 2.065,83 euro (Cfr. Circolare Assonime n. 16 del 27 giugno 2017). Si fa presente che l'imputazione del reddito di lavoro dipendente è disciplinata dal principio di cassa, in base al quale i compensi, in denaro o in natura, rilevano fiscalmente al momento dell'effettiva percezione da parte del lavoratore, ovvero al momento in cui gli stessi escono dalla sfera patrimoniale dell'erogante per entrare in quella del dipendente. In relazione alle azioni, si precisa che tale momento coincide con quello in cui è esercitato il diritto di opzione, a prescindere dalla data di emissione o di consegna dei titoli (cfr. Circolare 9 settembre 2008, n. 54/E).
Si ricorda anche che l'art. 60 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96) ha disciplinato la qualificazione reddituale dei proventi percepiti da dipendenti (o assimilati) e amministratori in forza del possesso di azioni, quote, o altri strumenti finanziari partecipativi nelle società in cui tali soggetti hanno un legame lavorativo (da ultima, si rinvia alla risposta ad interpello dell'Agenzia delle Entrate n. 77 del 27 febbraio 2020).
Infine, si ricorda che l'art. 15 del modello OCSE delle Convenzioni contro le doppie imposizioni regolamenta la tassazione del reddito di lavoro dipendente, prevedendo, ad esempio, che questa avviene nel solo Stato di residenza della persona se questa soggiorna nell'altro Stato per un periodo che non oltrepassa i 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi e, contemporaneamente, le retribuzioni sono pagate da (o per conto di) un datore di lavoro non residente nello Stato dove viene svolta l'attività (e non sono pagate da una stabile organizzazione di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui viene svolta l'attività). Tassazione importi piani di incentivazione
Dal momento che i manager trasferiranno in Italia la loro residenza e considerato che gli importi di tali piani matureranno e verranno corrisposti in diverse fasi, con il loro realizzo in momenti e in giurisdizioni diverse, è stato chiesto come devono essere tassati i relativi importi. Infatti, la particolarità di tali remunerazioni è che saranno relative a prestazioni di lavoro effettuate in diversi Paesi. Al fine di verificare quando i redditi di lavoro dipendenti sono tassati in Italia, è necessario fare riferimento all'art. 23 del TUIR. In relazione alla fattispecie in esame, si rileva che ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera c), del TUIR, si considerano prodotti in Italia, tra l'altro, i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato. Specularmente, in base ad una lettura "rovesciata" dell'articolo 23 del TUIR, è possibile verificare se detti redditi siano da considerare di fonte estera. Infatti, ai sensi del comma 2 dell'art. 165 del TUIR, un reddito si considera prodotto all'estero (ai fini dell'attribuzione del “foreign tax credit” ai residenti) soltanto nelle ipotesi esattamente speculari a quelle previste dai commi 1 e 2 dell'art. 23 del TUIR, a prescindere dai criteri di collegamento adottati dallo Stato della fonte. Pertanto, come, tra l'altro precisato, dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 17/E del 2017, devono considerarsi prodotti all'estero i redditi di lavoro dipendente scaturenti dallo svolgimento dell'attività lavorativa prestata al di fuori del territorio italiano. L'importanza di individuare dove sono stati prodotti i redditi è molto importante in quanto, qualora gli stessi sono da considerare realizzati all'estero, è possibile godere del particolare regime dell'art. 24-bis del TUIR. Si ricorda, infatti, che l'art. 1, comma 152, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 ha introdotto nel TUIR l'art. 24-bis , in applicazione del quale le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia, in deroga al principio della tassazione mondiale di cui all'art. 3, comma 1, del TUIR, possono optare per l'assoggettamento ad imposta sostitutiva dei redditi prodotti all'estero, individuati secondo i criteri di cui all'art. 165, comma 2, del citato TUIR, sempreché non siano state residenti in Italia, ai sensi dell'art. 2, comma 2, del TUIR, in almeno nove dei dieci periodi d'imposta che precedono l'inizio del periodo di validità dell'opzione. Conseguentemente, non saranno da assoggettare a tassazione progressiva e, quindi, a ritenuta alla fonte, se prevista, i redditi prodotti all'estero, individuati sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall'articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato" (art. 165, comma 2, del TUIR).
Al contrario, invece, se i redditi si considerano prodotti in Italia, è possibile godere del regime fiscale previsto dall'art. 16, commi 1 e 2, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147 per i lavoratori "rimpatriati". SI osserva che l'articolo 16 prevede, al ricorrere di determinate condizioni, che i redditi di lavoro dipendente prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 2 del TUIR concorrano alla formazione del reddito complessivo in misura limitata, fino al 30% del loro ammontare. In conclusione
L'Agenzia delle Entrate ha stabilito che per determinare la quota parte della retribuzione prodotta all'estero o in Italia, occorre fare riferimento al rapporto tra il numero di giorni durante il quale la prestazione lavorativa è stata esercitata nel Paese estero e il numero totale dei giorni necessari ad acquisire il diritto a ricevere le azioni e la retribuzione monetaria (si fa rinvio al paragrafo 12.14 del Commentario all'articolo 15 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni).
Pertanto, nel caso in cui il manager goda del regime di cui all'art. 24-bis del TUIR, il relativo reddito sarà assoggettato a ritenuta alla fonte ai sensi dell'articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973 solo per la quota parte riferibile all'attività lavorativa svolta in Italia, dal momento che la quota parte relativa alla prestazione svolta all'estero rientrerà nella tassazione sostitutiva forfettaria disciplinata dal disposizione agevolativa. Al contrario, la società Istante applicherà il beneficio fiscale previsto dall'art. 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 alla parte di retribuzione variabile, di cui ai Piani di incentivazione in esame, riferibile all'attività lavorativa prestata in Italia, mentre, assoggetterà a ritenuta alla fonte l'intera retribuzione variabile riferibile all'attività di lavoro svolta all'estero, riconoscendo il credito d'imposta disciplinato dall'art. 165 del TUIR, ricorrendone i presupposti. Per quanto riguarda, invece, manager che hanno trasferito la residenza in Italia e che non si avvalgono dei regimi fiscali agevolativi, di cui all'art. 24-bis del Tuir e all'art. 16, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 147 del 2015, l'Agenzia delle Entrate ritiene che la società Istante, ai sensi dell'art. 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, debba assoggettare a ritenuta alla fonte, l'intero ammontare del reddito corrispondente, sia all'importo scaturente dal piano monetario, sia alle azioni assegnate, con il riconoscimento, al ricorrere delle condizioni previste, del credito d'imposta disciplinato dall'art. 165 del TUIR.
Per quanto riguarda la deduzione del costo in capo alla società che remunera il piano, si segnala che l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, nei casi di assegnazione gratuita di azioni emesse da altre società del gruppo ai propri dipendenti, il costo sostenuto per l'acquisizione di dette azioni è deducibile quale spesa per prestazioni di lavoro dipendente, mentre, nel caso in cui non sia previsto un corrispettivo, è necessario verificare se , in capo a chi ha il possesso delle azioni, si verifichi o meno una destinazione di beni a finalità estranee all'esercizio dell'impresa (così Circolare n. 98/E del 17 maggio 2000, paragrafo 5.1.1.).
Per i soggetti IAS, si applica, invece, l'art. 6 del D.M. dell'8 giugno 2011. |