Competenza in caso di azione revocatoria avente ad oggetto contratto di cessione di quote societarie
09 Giugno 2020
Massima
L'azione revocatoria, quand'anche ricada sull'atto di vendita di quote societarie, non comporta conseguenze sulla titolarità delle quote contese né sui diritti connessi ma può produrre, ove accolta, soltanto l'inefficacia del trasferimento nei confronti di chi agisce, non alterando per il resto la situazione proprietaria né l'assetto societario, e pertanto rientra nella competenza del Tribunale ordinario e non della Sezione Specializzata in materia di impresa. Il caso
La Curatela fallimentare proponeva azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore territorialmente competente nei confronti di alcuni soggetti che avevano posto in essere un atto di cessione di quote societarie, al fine di sentirne accertata e dichiarata l'inefficacia nei suoi confronti, in quanto pregiudizievole per la sua posizione creditoria. Instaurato il giudizio con le forme del rito sommario di cognizione, il Tribunale di Nocera Inferiore adito dichiarava con ordinanza la propria incompetenza per materia, ritenendo che fosse competente a conoscere dell'azione revocatoria avente ad oggetto un atto di cessione di quote sociali la sezione specializzata in materia di impresa presso il Tribunale di Napoli. A seguito della declaratoria di incompetenza da parte del Tribunale di Nocera Inferiore, le parti riassumevano il giudizio davanti al Tribunale di Napoli, Sezione Specializzata in materia di impresa la quale, ritenuto di non essere competente a conoscere della controversia sottoposta al suo vaglio, sollevava conflitto negativo di competenza, richiedendo d'ufficio il regolamento di competenza alla Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 45 c.p.c. La questione
La questione affrontata dalla Sesta Sezione Civile nell'ordinanza annotata riguarda l'individuazione del giudice munito di competenza – tra Tribunale “ordinario” e sezione specializzata in materia di impresa, o “Tribunale delle imprese”, appartenenti ad Uffici giudiziari diversi – quando venga proposta azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. volta ad ottenere una pronuncia che accerti e dichiari l'inefficacia, nei confronti del creditore che agisce in giudizio, di un atto di cessione di quote sociali; in particolare, il problema al vaglio della Suprema Corte è quello relativo alla sussistenza oppure no, in questo caso della competenza per materia della Sezione Specializzata in materia di impresa ai sensi dell'art. 3, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 168/2003. Le soluzioni giuridiche
La Corte di cassazione, con la decisione in esame, ha dichiarato innanzitutto ammissibile il regolamento di competenza proposto dalla sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Napoli, poiché relativo a rapporti tra sezione ordinaria e sezione specializzata appartenenti ad uffici giudiziari diversi. La Suprema Corte ha quindi accolto il regolamento di competenza: per la Sesta Sezione, infatti, quando viene proposta l'azione revocatoria ordinaria avverso un atto di cessione di quote sociali, pur potendo essa apparentemente rientrare nel disposto di cui all'articolo 3, comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 168/2003 che fa riferimento alle cause ed ai procedimenti «relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti», in realtà poiché l'azione non coinvolge direttamente la società, ma riguarda il creditore del cedente, il cedente stesso ed il cessionario, non è riconducibile alla competenza della sezione specializzata. Per la Corte di cassazione, infatti, il mancato coinvolgimento nell'azione revocatoria della società quale autonomo soggetto di diritto, implica che essa, anche ove accolta, non sia idonea ad incidere in alcun modo sulla “vita” della medesima; la competenza della Sezione Specializzata, proseguono i Giudici di legittimità, potrà sussistere solo laddove, all'esito del giudizio avente ad oggetto l'azione revocatoria, insorga una contestazione tra il cessionario e la società oppure tra il cedente e la società. La Suprema Corte, quindi, in accoglimento del regolamento di competenza proposto d'ufficio dalla sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Napoli, ha dichiarato la competenza del Tribunale di Nocera Inferiore, rimettendo le parti davanti a questo per il prosieguo.
Quanto all'individuazione del giudice munito della competenza a conoscere dei giudizi in cui venga proposta azione revocatoria ordinaria avverso un atto di vendita - o, più in generale, ad effetti traslativi - di quote societarie, sezione ordinaria di Tribunale o sezione specializzata in materia di impresa, la Corte di cassazione accoglie la tesi per cui non sussiste la competenza del “Tribunale delle Imprese”. Tale soluzione si basa sull'argomentazione per cui l'azione revocatoria, anche nel caso in cui abbia ad oggetto un atto di vendita di quote sociali non implica alcuna conseguenza sulla titolarità delle quote stesse o sui diritti ad esse connessi, producendo, in caso di accoglimento, soltanto l'inefficacia “relativa” del trasferimento nei confronti del creditore che agisce in giudizio; pertanto, anche laddove accolta, prosegue la Sesta Sezione della Cassazione Civile, la revocatoria ordinaria avente ad oggetto un atto di cessione di quote sociali non altera la situazione proprietaria né l'assetto societario della società e, pertanto, rientra nella competenza del Tribunale “ordinario” e non della sezione specializzata in materia di impresa. Continuando nell'iter argomentativo, la Suprema Corte evidenzia, al chiaro fine di realizzare una “reductio ad unitatem” del sistema e di prevenire l'insorgere di nuove controversie sul punto, che con un'altra recente pronuncia – la n. 2754/2020 – la stessa Sesta Sezione ha ritenuto sussistente la competenza della sezione specializzata in materia di impresa in un giudizio avente ad oggetto un'azione revocatoria ordinaria relativa ad un atto di scissione societaria parziale che prevedeva l'assegnazione di una porzione del patrimonio immobiliare della società scissa in favore di un'altra società. In quella occasione la competenza del Tribunale delle Imprese veniva individuata in base al disposto dell'articolo 3, comma 2, lettera a) del d.lgs. n. 168/2003 che attribuisce alla competenza per materia della Sezione Specializzata le «cause e i procedimenti ... relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario», ritenendo compresa in tale disposizione anche la revocatoria con cui si chiede l'accertamento e la declaratoria di inefficacia nei confronti del creditore di un atto di scissione societaria, e ciò sulla base di una serie di argomentazioni. In primo luogo il fatto che l'azione revocatoria è diretta, secondo quelle che sono le sue caratteristiche, ad accertare, ancorché in termini di inefficacia “relativa” o inopponibilità verso chi agisce in giudizio, il modo di essere del negozio di scissione, e, come tale, rientra nelle azioni di accertamento. In secondo luogo, poi, assume rilievo la circostanza che l'azione coinvolge le società tra cui è intervenuto l'atto di scissione e, quindi, si tratta di un'azione che “tocca” direttamente anche le società, con il risultato che ricorre quello che sembra essere il fondamento giustificativo della devoluzione della competenza della sezione specializzata, cioè l'attribuzione ad un Giudice specializzato della cognizione delle controversie che “lato sensu” riguardano l'assetto e l'operare della società. In terzo luogo vi è il dato per cui la controversia concerne l'accertamento - sia pure soltanto nei confronti del creditore che agisce - di un fenomeno di modificazione ed estinzione dell'assetto delle società coinvolte nell'operazione di scissione. Infine, depone nel senso della competenza della sezione specializzata anche il fatto che la posizione del creditore è rilevante nei confronti di una delle società coinvolte, così evidenziando che potrebbe essere oggetto di tutela riguardo al mutamento dell'assetto di essa secondo le azioni spettanti ai creditori di fronte a vicende della compagine sociale. Orbene nell'ordinanza n. 2754/2020 emessa dalla medesima Sesta Sezione della Cassazione Civile e da questa richiamata ai fini della decisione sul regolamento di competenza, veniva chiarito che a diverse conclusioni in punto di competenza – rispetto a quelle raggiunte per il caso in cui fosse impugnato l'atto di scissione societaria con attribuzione di una quota di patrimonio immobiliare ad una delle società coinvolte – deve giungersi nel caso di revocatoria ordinaria proposta avverso un atto di cessione di quote sociali, perché se è vero che l'articolo 3, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 168/2003 pare attrarre anche questa ipotesi nell'area della cognizione del Tribunale delle imprese, in realtà in questo caso l'azione di cui all'articolo 2901 c.c. non coinvolge direttamente la società, riguardando invece i rapporti tra il creditore del cedente, il cedente ed il cessionario, di talché essa non è idonea ad incidere in alcun modo sulla “vita” della medesima; la competenza della sezione specializzata, prosegue la Corte di cassazione, potrà sussistere solo laddove, all'esito del giudizio avente ad oggetto l'azione revocatoria, insorga una contestazione tra il cessionario e la società oppure tra il cedente e la società, il che non accade in presenza di revocatoria ordinaria concernente atto di vendita di quote societarie, salvo che all'esito dell'”actio Pauliana” sorga una contestazione tra cedente e/o cessionario da una parte e società dall'altra. In base alle argomentazioni sopra esposte, dunque, la Sesta Sezione della Cassazione Civile ha escluso che vi sia la competenza per materia della Sezione specializzata in materia di impresa in caso di azione revocatoria ordinaria volta ad ottenere una pronuncia di accertamento e declaratoria di inefficacia dell'atto di cessione di quote societarie nei confronti del creditore che assuma di essere stato pregiudicato dallo stesso. Osservazioni
Innanzitutto occorre rilevare che nella pronuncia in commento la Corte di cassazione ha ribadito il principio di diritto di recente enunciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 19882/2019 a composizione del contrasto giurisprudenziale insorto sul punto, ribadendo che i rapporti che intercorrono tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di imprese di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 168/2003 assumono la consistenza di una questione di “competenza” soltanto laddove le sezioni appartengano ad uffici giudiziari diversi, altrimenti rientrando le relazioni tra le stesse nell'ambito di un problema di distribuzione degli affari giurisdizionali all'interno del medesimo ufficio (in tal senso si veda già Cass. civ., n. 10332/2016 relativamente ai rapporti tra sezione societaria ed altre sezioni del medesimo Tribunale). Da questo punto di vista, dunque, l'ordinanza in esame non presenta profili di innovatività, ponendosi invece in linea di continuità con quanto affermato recentemente dalle Sezioni Unite in ordine ai rapporti tra sezione ordinaria di Tribunale e sezione specializzata in materia di impresa presso un altro Tribunale. L'ordinanza che qui si commenta mostra profili di maggiore interesse nella parte in ci affronta la questione, questa sì nuova, della individuazione della competenza per il caso in cui chi assuma di essere stato danneggiato da un atto pregiudizievole per le sue ragioni creditorie, consistente in un atto di vendita di quote societarie, agisca con lo strumento rimediale di cui all'art. 2901 c.c. al fine di sentire accertata e dichiarata l'inefficacia dell'atto dispositivo nei suoi confronti. In questo caso, infatti, stante il suo tenore letterale, sembrerebbe, almeno “prima facie”, applicabile il disposto dell'articolo 3, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 168/2003, secondo cui sono devolute alla competenza del Tribunale delle Imprese le «cause e i procedimenti ... relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario», ivi comprese le cause riguardanti l'azione revocatoria ordinaria di atti di cessione di quote societarie. Al contrario, la Sesta Sezione della Cassazione Civile ha ritenuto che in questo caso non sia competente la sezione specializzata in materia di impresa, bensì il Tribunale “ordinario”, poiché la competenza per materia – funzionale - del Tribunale delle Imprese si giustifica solo nell'ottica di far conoscere ad un giudice, appunto, specializzato, le controversie afferenti la “vita” della società, per tali intendendosi quelle che riguardano la situazione proprietaria e l'assetto societario. Partendo da questa premessa con l'ordinanza in commento, la Suprema Corte sancisce che poiché l'eventuale accoglimento dell'azione revocatoria di vendita di quote societarie implica soltanto la declaratoria di inefficacia dell'atto di cessione verso il creditore-attore e, dunque, produce effetti soltanto nei rapporti tra creditore del cedente, cedente e cessionario, e non anche della società – vero “convitato di pietra” in funzione della cui presenza in giudizio o della produzione di effetti giuridici nei suoi confronti si fonda e giustifica la competenza del Tribunale delle Imprese – allora non vi è alcuna ragione per derogare agli ordinari criteri di attribuzione della competenza. Proprio al fine di corroborare il suo ragionamento, la Sesta Sezione valorizza quanto sancito in un'altra recente pronuncia (Cass. civ., n. 2754/2020) in cui invece è stata riconosciuta la competenza della sezione specializzata in materia di impresa per il caso in cui l'azione revocatoria ordinaria sia stata proposta avverso un atto di scissione societaria con attribuzione di una quota del patrimonio immobiliare da una delle società coinvolte nell'operazione ad un'altra; in questa ipotesi, infatti, secondo la Corte di Cassazione l'eventuale accoglimento dell'”actio Pauliana” comporterà il prodursi dell'inefficacia relativa – rectius: inopponibilità – nei confronti del creditore-attore dell'atto di scissione e di attribuzione di una porzione dei cespiti da una compagine sociale ad un'altra, con la conseguenza che pur restando i relativi atti validi per l'ordinamento, essi saranno da considerarsi improduttivi di effetti per l'attore, verso il quale dovrà considerarsi “tamquam non esset” la vicenda modificativa-estintiva societaria e, dunque, in caso di azioni recuperatorie questi potrà agire contro la società originariamente titolare dei beni immobili ceduti. Orbene, così ricostruito in via di estrema sintesi il contenuto dell'ordinanza, va evidenziato che essa è destinata a produrre un effetto pratico di non poco momento, atteso che, secondo il “dictum” della Suprema Corte, ogni qual volta un soggetto, che assume di essere creditore nei confronti di un altro che ha posto in essere un atto dispositivo potenzialmente pregiudizievole delle sue pretese creditorie, consistente in un atto di cessione di quote societarie, intenda chiedere all'Autorità giudiziaria una pronuncia con cui venga accertata e dichiarata l'inefficacia dell'atto, sia pure soltanto nei suoi confronti, la competenza andrà devoluta al Tribunale “ordinario” e non a quello “delle Imprese”. La conseguenza operativa della pronuncia in esame, dunque, è quella di sottrarre una porzione potenzialmente molto ampia del contenzioso – tutta quella riguardante le revocatorie ordinarie proposte avverso atti di vendita di quote societarie – alla cognizione della Sezione Specializzata in materia di impresa, devolvendole invece alla competenza del Tribunale secondo i criteri ordinari. Risulta essere di interesse per chi scrive risulta la motivazione in base alla quale la Corte di cassazione ritiene che non sussista in questo caso la competenza del Tribunale delle Imprese, cioè quella per cui in presenza dell'accertamento e della dichiarazione di inefficacia dell'atto di cessione di quote sociali non viene in gioco la “vita” della società, per tale intendendosi la situazione proprietaria e l'assetto societario della stessa, bensì la sola relazione creditore del cedente – cedente – cessionario. In questo senso, la Suprema Corte individua in termini generali il criterio distintivo per individuare, nei casi dubbi, a chi spetti la competenza in caso di “actio Pauliana” avanzata contro atti che implichino società e vicende societarie. Per la Corte di cassazione, infatti, l'elemento decisivo dell'attribuzione della cognizione di una controversia alla Sezione Specializzata in materia di impresa sta nella “ratio” dell'art. 3 del d.lgs. n. 168/2003, che è quella di far conoscere di determinate controversie ad un giudice specializzato (i.e.: Tribunale delle imprese) solo laddove queste riguardino “la situazione proprietaria della società” e “l'assetto societario stesso”, mentre in tutti gli altri casi la competenza si radica secondo gli ordinari criteri previsti dal Codice di procedura Civile. La soluzione della Corte di cassazione al problema della competenza, dunque, individua l'elemento decisivo ai fini della perimetrazione competenza nel dato relativo al se l'azione revocatoria finisca per toccare oppure no la “vita” della società, cioè coinvolga direttamente la società nel suo assetto proprietario e organizzativo o meno; a fronte di un'affermazione apparentemente chiara della Suprema Corte, però, dire quando vengano in rilievo l'assetto proprietario e/o organizzativo della società non appare così agevole. In realtà, sembra a chi scrive che, almeno guardando alle ordinanze nn. 2754 e 8661 del 2020 della Sesta Sezione Civile, l'elemento dirimente per individuare il giudice competente sia quello del coinvolgimento della società stessa, quale autonomo soggetto di diritto, rispetto all'azione revocatoria proposta dal creditore: vale a dire che allorquando, come nel caso di azione ex art. 2901 c.c. avente ad oggetto atto di scissione con spostamento patrimoniale da una società ad un'altra, l'accoglimento della revocatoria finisca per incidere sull'esistenza stessa della compagine societaria – sia pure limitatamente al creditore-attore – allora la competenza sarà della sezione specializzata in materia di impresa ai sensi dell'articolo 3 del d.lgs. n. 168/2003. Diversamente, invece, qualora la società non sia coinvolta direttamente nell'azione revocatoria, la cognizione di quest'ultima sarà devoluta al Tribunale secondo gli ordinari criteri di riparto. Si tratta di una soluzione che, a parere di chi scrive, probabilmente ispirata alla “ratio” di evitare il sovraccarico delle sezioni specializzate in materia di impresa, numericamente esigue, con ulteriore contenzioso, non appare esente da criticità, in quanto non pienamente rispettosa del dato letterale dell'articolo 3, comma 2, lettera b) del d.lgs. n. 168/2003, che nel fare riferimento a «cause e i procedimenti ... relativi a rapporti societari ivi compresi quelli concernenti l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario», sembra ricomprendere anche la revocatoria ordinaria avverso un atto di cessione di quote societarie, atteso che la natura di accertamento ad effetti costitutivi della pronuncia che accoglie l'azione ex art. 2901 c.c. rientra nella nozione di procedimento relativo a rapporto societario concernente l'accertamento – sia pure in termini di inefficacia “inter partes” - di un rapporto societario, quello che scaturisce per effetto del trasferimento di quote societarie dal cedente al cessionario.
|