La prova nell'accertamento tecnico preventivo

Lorenzo Balestra
10 Giugno 2020

Ammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo per un credito accertato nel corso di un accertamento tecnico preventivo.

Ammissibilità del ricorso per decreto ingiuntivo per un credito accertato nel corso di un accertamento tecnico preventivo.

Per rispondere adeguatamente al quesito è necessario illustrare brevemente la natura dell'istituto dell'accertamento tecnico preventivo previsto dall'art. 696 c.p.c.

Si tratta di istituto avente natura cautelare e teso a “fotografare” le risultanze sullo stato dei luoghi o la qualità o condizione di cose in un periodo antecedente all'instaurazione di un giudizio di merito, ove si ravvisi l'urgenza dell'accertamento.

Come insegnano la costante dottrina e la giurisprudenza, si tratta di un mezzo teso a rilevare elementi conoscitivi considerati necessari per le valutazioni da effettuare in seguito nel giudizio di merito, a beneficio del giudicante eventualmente non dotato di conoscenze tecniche specifiche.

Il tecnico è, quindi, un organo ausiliario del giudice il quale gli fornisce quelle conoscenze tecniche di cui il giudicante potrebbe essere sprovvisto.

Per tale motivo l'accertamento tecnico preventivo non è considerato un mezzo di prova ma unicamente un mezzo di conoscenza, da parte del giudicante, di una situazione di fatto che, per la sua urgenza, viene cristallizzata in un momento anteriore al giudizio di merito.

Le risultanze di un accertamento tecnico non sono tese, quindi, alla formazione di un titolo o, comunque, di una prova scritta, dalla quale risulti una situazione obbligatoria di una parte nei confronti dell'altra.

Le risultanze dell'accertamento tecnico preventivo, infatti, verranno riversate nell'ambito del giudizio di merito a conclusione del quale verrà formato il vero e proprio titolo esecutivo.

Di conseguenza non si ritiene che le risultanze di un ATP possano valere come prova scritta ai fini della richiesta di un procedimento monitorio.

Ipotesi differente, è quella relativa alla consulenza tecnica preventiva prevista dall'art. 696-bis c.p.c., la cui utilizzabilità a fini monitori è oggetto di ampio dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza.

Tale istituto, con fini prettamente conciliativi, ha natura diversa dall'accertamento tecnico preventivo. Esso si ritiene non avere fini cautelari ma, piuttosto, dirimenti di una situazione di contrasto in merito alla quantificazione di crediti vantati da una parte nei confronti dell'altra.

Il procedimento, poi, può sfociare, come auspicato dal legislatore stesso, in una conciliazione delle parti ove venga riconosciuto e quantificato un credito.

Sicuramente, in questa ultima ipotesi, un verbale di conciliazione formato in quella sede integrerà certamente gli estremi di prova scritta ai fini monitori, anzi potrà consistere in un vero e proprio titolo dal quale risulti l'obbligazione.

Non così certo è, al contrario, il caso in cui non si raggiunga una conciliazione: le opinioni, infatti, sono alterne.

Da parte di alcuna giurisprudenza di merito è stata affermata l'utilizzabilità, ai fini monitori, di una consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., mentre, soprattutto dalla dottrina, è stata negata.

A parere di chi scrive si deve ritenere che neppure la risultanza in sede di consulenza tecnica preventiva possa fondare una domanda monitoria.

Infatti, anche in questo caso, le risultanze della CTP, compiuta a fini conciliativi, se non raggiunga, appunto, un accordo, verranno, anch'esse, riversate in un successivo procedimento di merito. Anche qualora la CTP pervenisse ad un accertamento di una situazione creditoria, l'elaborato peritale non avrebbe mai la forza di titolo o di scrittura privata dalla quale evincere una posizione giuridicamente rilevante; si tratterà, sempre e comunque, di un supporto cognitivo messo a disposizione del giudicante.

L'obiezione, di alcuna giurisprudenza, sulla applicabilità in tutto o in parte delle norme in materia di provvedimenti cautelari in relazione alla caducità di quelli, non applicabile alla CTU (come anche all'ATP), non modifica la questione con riguardo alla sua validità come prova scritta ai fini monitori, la quale per essere utilizzabile, deve essere frutto di un titolo negoziale (in senso ampio) o di un provvedimento giudiziale (non dotato per se stesso già di forza esecutiva) o, comunque, deve risultare da qualche prova scritta ai sensi dell'art. 634 c.p.c. sufficiente a permettere la domanda monitoria, qualità che non pare attribuibile alla risultanza di una CTU (come di una ATP).

In conclusione non si ritiene che la risultanza di un accertamento tecnico preventivo possa essere utilizzata ai fini monitori, ed allo stesso modo neppure una risultanza di una consulenza tecnica preventiva.

FONTE: ilprocessocivile.it

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