La finanza concorsuale: commento agli artt. 99, 101 e 102 del Codice della Crisi

11 Giugno 2020

Le norme che intendiamo trattare, gli artt. 99, 101 e 102 del Codice della Crisi di impresa, ci inseriscono nel tema, cruciale per il successo delle ristrutturazioni, dell'assistenza finanziaria al debitore per sostenere l'operatività aziendale durante la procedura di regolazione concordata della crisi e successivamente in attuazione del piano. Il commento avverrà sul testo modificato secondo lo schema di decreto correttivo, licenziato dal Consiglio dei Ministri in data 13 febbraio 2020 e in corso di approvazione definitiva (di seguito il “Decreto Correttivo”), sul presupposto, che ci pare realistico, che questo sia poi il testo finale con cui fare i conti. Per l'esame della disciplina abbiamo ritenuto di tenere sempre ben presente la Direttiva UE 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 (la “Direttiva”) sui quadri di ristrutturazione preventiva, che non può che costituire un punto di riferimento interpretativo e un termine di paragone per valutare la portata delle misure.
L'interim financing

Apre la serie delle disposizioni che tratteremo l'art. 99 (nei casi in cui non si specifichi a quale corpus normativo appartenga l'articolo si sottintende che appartenga al Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza) che tratta dei finanziamenti anteriori all'omologazione e funzionali all'attività aziendale.

Nonostante la nostra avversione per gli anglicismi useremo, per definire questi strumenti, l'espressione, per altro di derivazione latina, di interim financing impiegata nei considerando della Direttiva in versione inglese, che ci pare molto più espressiva di quella, “finanziamenti temporanei”, che appare nella versione italiana. Interim infatti suggerisce efficacemente che questi crediti servono, in via provvisoria, nella fase di mezzo tra domanda di accesso e omologazione per esaurire il loro ruolo o all'esito infausto della liquidazione o a quello fausto dell'omologa. Dopo di che o devono essere rimborsati o possono subire trasformazioni varie, in equity o in finanza di esecuzione del piano (quella che la Direttiva chiama propriamente sempre in inglese “new financing” e in italiano “nuovi finanziamenti”).

La legge accorda agli interim financing, se rispondono alle condizioni previste, la prededuzione.

Tale beneficio, lo diciamo subito, appare non essere esclusivo di queste operazioni. Sappiamo infatti, dall'art. 6, primo comma, lett. d), che lo hanno anche i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa. Tali atti si dividono, secondo le tradizionali categorie, in atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione. I primi sono quelli di cui all'art. 94, primo comma, compiuti dal debitore sotto la vigilanza del commissario giudiziale, per l'appunto, tra la domanda di accesso e l'omologazione del concordato. I secondi sono normati, se vi è urgenza di compierli, dall'art. 46 e, se non vi è, dal secondo comma dell'art. 94. Quest'ultima norma contiene una enumerazione esemplificativa di atti “eccedenti l'ordinaria amministrazione” e vi include, per verbis, i mutui, le concessioni di ipoteche o di pegno e le fideiussioni, chiedendo che siano autorizzati dal Giudice Delegato, il quale potrà così disporre anche prima dell'omologazione se essi siano funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori. L'art. 46 dispone che la domanda di autorizzazione contenga idonee informazioni sul contenuto del piano e regola il conseguente procedimento che prevede il potere del Tribunale o del Giudice Delegato di assumere ulteriori informazioni, anche da terzi, e di acquisire il parere del commissario giudiziale se nominato.

Dunque, nihil novi?

In un certo senso sì, niente di nuovo. Non si vede alcuna differenza, in punto di prededucibilità, tra un mutuo contratto ai sensi dell'art. 94, secondo comma, e ai sensi dell'art. 99, se non che il secondo ha una bardatura procedurale superiore. Né, lo diciamo subito, si ravvede maggior protezione in punto di revocabilità, posto che entrambe le categorie di atti sono coperti dall'art. 166, terzo comma, lett. e). Unica vera e rilevante differenza è la certa copertura penale degli atti di cui all'art. 99 rispetto a quelli di cui all'art. 94, ai sensi e per gli effetti dell'art. 324. Ma su questo infra.

Il tema della prededuzione si porta appresso quello della consecuzione di procedure. Infatti il proprium della prededuzione non è il rango del credito rispetto agli altri crediti nella procedura minore in cui sorge, ma in quella liquidatoria successiva (qualche parola su questo istituto. Il nesso che deve legare procedura anteriore e successiva non è la contiguità temporale - anche se lo iato temporale deve essere di dimensioni contenute – ma è l'identità della situazione di crisi. La consecutio opera anche qualora la procedura anteriore non sia sfociata in un decreto di ammissione o in una domanda di omologazione per gli accordi di ristrutturazione (Cass. 18 gennaio 2018, n. 1182 e 16 aprile 2018, n. 9290). Per una disamina del tema si veda T. Iannaccone, Consecuzione di procedure, IlFallimentarista, Bussola del 14 febbraio 2019).

L'art. 99 vale sia per i concordati che per gli accordi di ristrutturazione del debito, a condizione che prevedano la continuazione dell'attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione. Non sono quindi agevolabili i finanziamenti operati nell'ambito di procedure meramente liquidatorie. Il sintagma “continuazione dell'attività aziendale” pare vada interpretato in senso sostanzialistico, e non coi criteri dell'art. 84. Sarà verificato ogni volta che vi sia una “azienda vitale” da preservare (Per un esame delle diverse concezioni di continuità aziendale si veda il lucidissimo decreto del Tribunale di Milano, 28 novembre 2019).

In questo senso ci pare orientata anche la Direttiva che, al considerando n. 68, afferma che “dovrebbero essere protetti solo i finanziamenti che sono ragionevolmente e immediatamente necessari per la continuazione dell'operatività o la sopravvivenza dell'impresa del debitore”.

Gli interim financing di cui trattiamo sono categoria assai ampia. Possono avere qualsiasi forma e provenire da qualsiasi creditore. La nozione include anche le garanzie.

Nel considerando n. 66 la Direttiva parla più ampiamente di assistenza finanziaria da intendersi in senso lato, compreso nel senso di erogare denaro o garanzie personali e di fornire giacenze, inventari, materie prime e servizi, ad esempio concedendo al debitore un termine di rimborso più lungo. Quindi le facilitazioni dei fornitori, concesse sotto specie di somministrazione di merci e servizi, sono parte della fattispecie.

I finanziamenti, per essere autorizzati, devono essere “in ogni caso funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori”. Chi si occupi di materia concorsuale sa cosa vuol dire questa formula in rapporto all'altra che usa il termine crediti in luogo di creditori*. Di tale peculiare soddisfazione dovrà dare conto l'attestatore di cui infra.

*In evidenza

Il concetto di “miglior soddisfacimento dei creditori” è stato introdotto nel nostro ordinamento nel 2012 dall'art. 186-bis L.F., relativo al concordato in continuità. Tale definizione è più ampia rispetto alla semplice “soddisfazione dei crediti”, in quanto ricomprende ogni possibile motivo di convenienza per i creditori, anche all'infuori della sola soddisfazione quantitativa dei crediti (si pensi, ad esempio, alla possibilità di evitare gli effetti di una revocatoria fallimentare oppure alla prosecuzione di un rapporto commerciale). In questo senso si è espresso anche il CNDCEC con il documento approvato con delibera del 3 settembre 2014, in tema di principi di attestazione dei piani di risanamento, dove viene specificato, altresì che “La locuzione utilizzata dal Legislatore, infatti, lascia intendere che lo stesso non abbia strettamente voluto ancorare il giudizio di legittimità della proposta di concordato con continuità al presupposto che venga promessa ai creditori una qualche maggiore attribuzione patrimoniale (sia pur diversa dalla dazione in denaro) rispetto alla discontinuità. Una tale interpretazione discende dall'inequivoco dato letterale della disposizione, che fa leva sull'elemento soggettivo del creditore, senza menzionare quello oggettivo del credito, invece, al centro della disposizione sul degrado dei crediti privilegiati, lasciando, in astratto, spazio all'espressione di un giudizio favorevole anche nelle ipotesi in cui la minore soddisfazione del credito sia compensata dall'attribuzione al creditore di una qualche diversa “utilità esterna”. Nondimeno la prevista vantaggiosità economica per i creditori deve essere individuabile e non limitarsi a una mera enunciazione di principio sulla preferibilità del concordato”.

Il concetto in esame ha trovato legittimazione anche in giurisprudenza, che ha esteso tale concetto anche ad altre situazioni concordatarie. Infatti la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3324 del 19 febbraio 2016, ha affermato che “il criterio della miglior soddisfazione dei creditori (…) individua come autorevolmente sostenuto in dottrina, una sorta di clausola generale, applicabile in via analogica a tutte le tipologie di concordato (…) quale regola di scrutinio di legittimità degli atti compiuti dal debitore ammesso alla procedura”.

Il debitore che voglia ricevere gli interim financing deve ricorrere al Tribunale, con la domanda di accesso alle procedure di regolazione concordata o con ricorso separato. Il ricorso, a tal riguardo, deve specificare la destinazione dei finanziamenti, chiarire che non vi è possibilità di reperirli altrimenti, ed indicare le ragioni per le quali la loro assenza determinerebbe un grave pregiudizio per l'attività aziendale o per il prosieguo della procedura.

Questo requisito del “grave pregiudizio” appare decisamente eccessivo alla luce del canone europeo che ammette i finanziamenti anche quando (sempre nel considerando n. 68) essi siano volti al miglioramento del valore dell'impresa in attesa dell'omologazione. Ciò fa uscire da una logica meramente conservativa ed introduce a scenari nei quali il debitore in difficoltà può agire d'attacco. Il Decreto Correttivo, che vede la luce dopo la Direttiva, potrebbe tenere conto di questa indicazione.

Il ricorso deve essere accompagnato dalla relazione di un attestatore che dia conto della sussistenza dei requisiti postulati dalla legge e della circostanza che, per l'appunto, il finanziamento è funzionale alla miglior soddisfazione dei creditori.

Il Tribunale decide con decreto motivato in camera di consiglio assunte sommarie informazioni, sentito il commissario (se c'è, vale dire sempre nei concordati preventivi e nelle procedure di accordo quando sia intervenuta istanza di liquidazione giudiziale o il Tribunale abbia così disposto nell'esercizio del suo potere – art. 44, quarto comma, come modificato dallo schema di Decreto Correttivo) ed eventualmente i maggiori creditori.

Si vede qui che il Legislatore della riforma, sulla scia di quanto già previsto dall'art. 182-quinquies legge fallimentare, prevede un doppio, anzi triplo, meccanismo di controllo. L'attestatore, il commissario, se c'è, ed il Tribunale (il passaggio dell'attestazione può essere saltato solo se vi è urgenza di evitare un danno grave ed irreparabile all'attività aziendale).

È vero che quest'ultimo deve decidere – ma il termine è ovviamente ordinatorio - entro 10 giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione, ma se si conta il tempo necessario per l'attestazione da allegare alla domanda, quello che serve al commissario per capire il contesto e imbastire un parere, gli impegni dei nostri Tribunali concorsuali, si comprende che il processo di autorizzazione viene ad avere, de plano, tempi piuttosto lunghi e costi piuttosto alti, spesso incompatibili con la situazione di urgenza e di stress in cui si trovano le imprese in questa fase della loro vita.

Questo cumulo di passaggi non è previsto dalla Direttiva. Il suo art. 17 si limita a chiedere che vi sia un “controllo ex ante e il considerando n. 68 specifica che tale controllo può avvenire ad opera di un “professionista nel campo della ristrutturazione, da parte di un comitato dei creditori o da un'autorità giudiziaria o amministrativa”. Insomma, per il Legislatore europeo basterebbe anche solo l'attestazione o il provvedimento del Tribunale, magari nella forma di autorizzazione del Giudice Delegato ex art. 94.

Il quarto comma dell'art. 99 prevede che il Tribunale possa autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca o a cedere crediti a garanzia dei finanziamenti. Norma del tutto coerente con l'intento di consentire queste operazioni finanziarie.

Il Decreto Correttivo inserisce nell'art. 99 un nuovo comma, il quinto, che vuole essere di semplificazione nei casi in cui i finanziamenti siano previsti nel piano di concordato o di ristrutturazione. Mentre nelle ipotesi precedenti il ricorso per l'autorizzazione si colloca in momento anteriore al venire a giuridica esistenza del piano, qui il piano c'è, è depositato e contiene la previsione del finanziamento interinale. Economia processuale vuole che la decisione del Tribunale sia incorporata nel provvedimento con il quale decide l'ammissione del concordato preventivo o l'omologazione degli accordi di ristrutturazione e parrebbe che non si dia una specifica attestazione, ma basti quella generale, che dovrà toccare, evidentemente, anche il tema del finanziamento in prededuzione (è questa a nostro avviso l'interpretazione del richiamo fatto, in esordio al quinto comma, alle “disposizioni di cui ai commi da 1 a 4”, tra cui vi è il 2 che prevede per l'appunto l'attestazione).

Ma se nel concordato c'è ancora spazio per un interim financing, perché con l'ammissione la procedura non è affatto conclusa, ma ha solo raggiunto una tappa nel suo percorso verso l'omologazione, negli accordi di ristrutturazione si procede direttamente con l'omologa. Sfugge quindi la portata pratica di questa previsione in rapporto a quella, ben più praticabile, del new financing di esecuzione del piano, di cui all'art. 101. Forse il Legislatore pensa a creditori che erogano in coincidenza con o subito dopo la domanda di omologazione e sono disposti ad assumersi il rischio che gli accordi non siano omologati o la prededuzione non concessa. Si tratterà soprattutto, pensiamo, dei soci o di qualche fornitore che scommette forte sulla continuazione dell'impresa. Difficilmente lo faranno le banche. Se proprio devono concedere interim financing vorranno farlo sulla base della autorizzazione di cui al primo comma dell'art. 99.

Il sesto comma è inteso a fronteggiare ipotesi di frode. Esso stabilisce che, in caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale, i finanziamenti autorizzati non beneficiano della prededuzione se congiuntamente a) il ricorso o l'attestazione contengono dati falsi o sono omissivi di informazioni rilevanti o comunque il debitore ha commesso altri atti in frode ai creditori per ottenere l'autorizzazione e b) il curatore dimostra che il creditore conosceva le circostanze di frode alla data dell'erogazione.

Il che presuppone che il commissario giudiziale, nel concordato, segnali la frode al Tribunale che provvederà ai sensi dell'art. 106. Nella procedura di accordo di ristrutturazione del debito invece saranno i creditori a farlo nelle opposizioni di cui all'art. 48 o lo stesso commissario se è stato nominato.

Come si è già accennato, gli interim financing ricevono protezione, come peraltro vuole la Direttiva, dall'azione revocatoria e da quella penale.

Quanto all'azione revocatoria, sia concorsuale che ordinaria, dispone l'art. 166, terzo comma, lett. e) che vi vadano esenti gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo o alla domanda di ristrutturazione: esattamente la fattispecie degli interim financing, che si collocano tra la domanda e l'omologazione.

La copertura penale è data dall'art. 324 che prevede che il debitore o i suoi esponenti non siano perseguibili per bancarotta preferenziale e per bancarotta semplice per i pagamenti e le operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell'art. 99. Si noti che questa copertura è esplicita solo per questo tipo di atti e non per quelli autorizzati ai sensi degli artt. 46 e 94, secondo comma, o peggio per quelli semplicemente compiuti sotto la vigilanza del commissario giudiziale di cui all'art. 94, primo comma.

Chiudiamo questa prima parte del nostro commento, trattando dell'art. 102 in parte qua. Tale norma infatti regola il caso in cui il finanziatore sia anche socio e lo fa sia in riferimento agli interim financing (art. 99) che ai nuovi finanziamenti (art. 101), limitando – al primo comma – all'80% del loro ammontare il beneficio della prededuzione.

Il secondo comma estende al 100% tale beneficio per quei soci che siano divenuti tali in esecuzione del concordato o degli accordi. Il che apparentemente non dovrebbe riguardare gli erogatori di interim financing, che si pongono in una fase anteriore. Ma ad una lettura più approfondita la norma può riguardare anche costoro nella misura in cui il contratto di finanziamento preveda forme di coinvolgimento partecipativo condizionate all'omologazione (pensiamo ai warrant o a varie forme di sweet equity).

Il new financing

Superato il passo dell'omologazione, si viene immessi ai finanziamenti effettuati “in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di accordi di ristrutturazione dei debiti” disciplinati dall'art. 101.

Il termine nuova finanza ben si attaglia a tali strumenti. Infatti questa è finanza per una fase nuova dell'impresa, per un suo nuovo inizio, dopo aver superato le rapide dell'omologazione.

Qui il beneficio della prededuzione promana non da una autorizzazione del Tribunale o da una espressa disposizione del provvedimento di ammissione, ma è un frutto derivato dall'omologazione, quando il piano preveda “espressamente” la prededuzione medesima.

Anche l'art. 101 contiene una norma anti abuso.

La sua struttura è simile a quella già vista per i finanziamenti interinali. Se infatti l'impresa va in liquidazione giudiziale, i finanziamenti in esame perdono la prededuzione se il piano si rivela, sulla base di una valutazione da riferirsi al momento del deposito, e quindi ex ante, basato su dati falsi o sull'omissione di informazioni rilevanti, o se il debitore ha compiuto atti in frode ai creditori e il curatore riesce a dimostrare che chi ha erogato il finanziamento conosceva tali circostanze alla data dell'erogazione. Di qui l'importanza della serietà e della professionalità della figura dell'attestatore.

Valgono anche per i nuovi finanziamenti le regole che abbiamo già esaminato per il caso in cui il creditore sia socio o vi diventi in esecuzione della procedura.

Anche i finanziamenti in esame sono protetti dalla revocatoria (art. 166, terzo comma, lett. e) in quanto “in esecuzione” del concordato o dell'accordo omologati e dall'azione penale, sempre ai sensi dell'art. 324.

In conclusione

La finanza concorsuale è uno strumento essenziale per il corretto funzionamento del sistema economico. Enormi perdite di valore e rilevanti costi e sofferenze sociali possono derivare dalla sua mancanza.

È dovere quindi del Legislatore approntare un quadro regolamentare che favorisca il ricorso a questi strumenti, ed anzi il sorgere e il prosperare di un settore economico fatto di operatori che intervengano in questa delicatissima fase della vita delle imprese. Si tratta per lo più di fondi di investimento specializzati, data la difficoltà delle banche commerciali a muoversi in questi interstizi.

Allo stato in Italia tale settore è assai asfittico e dominato per lo più da imprese straniere. Quindi il bisogno di una disciplina di favore che, nel rispetto delle prerogative e dei diritti dei creditori anteriori, renda la vita facile a chi eroghi finanza in situazioni distress è quanto mai acuto.

Una prima osservazione conclusiva è sui rapporti tra l'art. 99 e l'art. 94, secondo comma. Volendo dare un senso a due norme che appaiono prima facie piuttosto sovrapponibili – con l'eccezione di atti che pur avendo natura finanziaria si collocano nel campo dell'ordinaria amministrazione -, si deve dire che l'art. 99 si pone come norma specializzata, in punto di assistenza finanziaria, rispetto all'art. 94, secondo comma, che è invece regola generale relativa agli atti di straordinaria amministrazione da compiersi prima dell'omologazione se fatti nel miglior soddisfacimento dei creditori. In verità, se non fosse per la mancata esimente penale, nessuno vieterebbe di ricevere interim finance in forza dell'art. 94 invece che 99. Pari infatti è la protezione in punto di prededuzione e di revocatoria.

Detto ciò, la normativa italiana ci pare in linea con lo standard europeo con due pecche, che a nostro avviso potrebbero essere oggetto di meditazione da parte del Legislatore in fase di ritocchi al Codice della Crisi.

Anzitutto l'eccessiva farraginosità del processo di concessione della prededuzione degli interim financing. Prevedere il filtro dell'attestatore, del Tribunale e ultimamente del commissario, ci pare troppo. Pensiamo che possa bastare l'attestatore o il giudice, nella sua versione monocratica di Giudice Delegato, com'è per le autorizzazioni ex art. 94.

In secondo luogo, lo standard del grave pregiudizio arrecabile dalla mancata erogazione del finanziamento interinale ci pare escludere dal beneficio le operazioni fatte in condizioni difficili, ma non eccessivamente critiche, allontanando così gli operatori che sono disposti ad assumere rischi importanti, ma non estremi. Abbiamo visto che lo standard di intervento pensato dalla Direttiva è meno severo: la finanza può anche servire a migliorare la situazione, il che sottintende situazioni in cui essa è, sì, importante, ma non indispensabile. Sembra una sfumatura, ma non lo è. Per creare un mercato del credito concorsuale, di cui il Paese avrebbe assai bisogno, si deve approntare un percorso che non sia troppo arduo e accidentato. D'altra parte, non lo si dimentichi, i creditori anteriori sono sempre protetti dalla clausola che vuole che l'operazione sia funzionale alla loro miglior soddisfazione, il che allontana il pericolo di atti compiuti in loro danno.

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