La responsabilità medica ed i danni conseguenti ad una nascita indesiderata

16 Giugno 2020

Inadempimento contrattuale del medico, che omette di informare la madre delle gravi malformazioni del feto, diritto di interrompere la gravidanza e diverso diritto alla predisposizione della gestione familiare in vista dell'accoglimento del nascituro malformato: attenzione ai profili probatori.

Una coppia, che aveva agito in giudizio in proprio ma anche nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore, vedeva rigettata dalla Corte d'Appello competente la propria domanda di risarcimento, proposta nei confronti di un'azienda ospedaliera, in relazione ai danni cagionati ad entrambi gli attori dalla omessa tempestiva diagnosi e rappresentazione alla gestante delle gravi malformazioni che presentava il feto, così impedendo alla stessa di autodeterminarsi, esercitando il diritto di interrompere la gravidanza.
In particolare, i Giudici territoriali avevano richiamato, a sostegno della propria decisione, i principi enunciati dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, ritenendo che difettasse la prova, gravante sui genitori, sia della scelta abortiva che la donna avrebbe compiuto -ove avesse conosciuto la malformazione-; sia del presupposto legale di esercizio di tale diritto, cioè dell'esistenza del rischio di un grave pericolo per la vita ovvero per la salute fisica o psichica della donna in conseguenza del parto.
In conclusione, la Corte di merito non aveva ritenuto raggiunta la prova presuntiva, in assenza di qualsiasi allegazione di specifici fatti storici idonei a fondare la prova logica, ovvero anche l'onere di contestazione della controparte, convergendo a tale conclusione sia la mancanza di alcuna presa di posizione da parte della gestante, pur quando si era posto il dubbio nel referto ecografico del secondo trimestre dell'assenza di un arto superiore; sia l'assenza di infermità psichiche insorte nella madre come attestato dalla espletata consulenza tecnica d'ufficio medico legale. Avverso tale sentenza di appello i genitori ricorrevano presso la Suprema Corte, con atto affidato a due motivi.

Lesione del diritto della donna ad abortire. Il primo motivo riguarda, tra l'altro, la asserita lesione da prospective overruling e dell'affidamento incolpevole della parte che, tuttavia, è stato dichiarato dalla Suprema Corte infondato. In particolare, il Collegio ha osservato che, nel caso di specie, non può venire in questione la teoria della tutela incolpevole della parte processuale, che si rende necessaria in conseguenza di revirement interpretativi della giurisprudenza di legittimità in materia processuale, tali da comportare preclusioni o decadenze non riconosciute tali, e quindi non prevedibili dalla parte, anteriormente all'introduzione del giudizio.
Tanto in quando, nel caso di specie, non sono rilevabili gli indispensabili presupposti:
(1) che dimostrino che si verte in materia di mutamento di giurisprudenza su di una regola del processo;
(2) che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale quindi da indurre la parte ad un ragionevole affidamento su di esso;
(3) e che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte.


La Suprema Corte precisa, infatti, che anche a voler riconoscere il rilievo meramente processuale e non di diritto sostanziale alla questione relativa alla definizione degli elementi costitutivi della fattispecie, e al conseguente riparto dell'onere probatorio, nel caso di specie manca il presupposto costituito dal mutamento giurisprudenziale, se non proprio repentino, quantomeno inatteso, non potendo ritenersi affatto consolidato, come intendono invece i ricorrenti, quell'orientamento che veniva a considerare sufficiente -ai fini dell' inversione dell'onere probatorio a carico del medico- la mancata informazione sulla grave malformazione di cui era affetto il nascituro. Non può, dunque, riconoscersi, secondo la Suprema Corte, un effetto di inaspettata sorpresa la successiva definita affermazione del diverso indirizzo secondo cui: ove siano decorsi più di 90 giorni dall'inizio della gravidanza, per ottenere il risarcimento del danno conseguente alla violazione di tale diritto, la donna è tenuta a dimostrare, con riguardo alla sua concreta situazione e secondo la regola causale del ‘più probabile che non', che l'accertamento sull'esistenza di rilevanti anomalie o malformazioni del feto avrebbe generato uno stato patologico tale da mettere in pericolo la propria salute fisica o psichica.

Lesione del diritto alla predisposizione della gestione familiare. Col secondo motivo i ricorrenti lamentavano l'omesso esame di un fatto decisivo, con conseguente omessa pronuncia e violazione di legge, in ordine alla lesione dell'interesse dei genitori, diverso rispetto alla lesione del diritto della donna ad abortire, a conoscere preventivamente la malformazione del feto così da avere il tempo necessario ad elaborare psicologicamente le nuove difficili prospettive di vita, preparandosi anche materialmente ed organizzativamente ad accogliere un neonato che presenti particolari problemi di salute. Tuttavia, il motivo è stato ritenuto inammissibile dalla Suprema Corte la quale ha osservato che se unica è la condotta lesiva, da individuare nella omissione da parte dei medici delle gravi malformazioni del feto, integrante inadempimento contrattuale colpevole, diversa è, invece, la «situazione soggettiva finale pregiudicata», non potendosi confondersi, nella specie, il diritto di interrompere la gravidanza con il differente diritto alla predisposizione della gestione familiare in vista dell'accoglimento del nascituro malformato.
Con la conseguenza che, dedotta a fondamento della pretesa risarcitoria l'impossibilità, cagionata dall'inadempimento della prestazione professionale, di poter evitare la nascita, costituisce fatto nuovo la allegazione del differente interesse alla possibilità dei genitori di predisporre un'efficace organizzazione di assistenza del neonato.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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