Opposizione all'esecuzione: non c'è violazione di legge se il giudice assegna un termine superiore a tre mesi per l'introduzione del giudizio di merito
In tema di opposizione all'esecuzione, il termine che, ai sensi dell'art. 616 c.p.c., il giudice dell'esecuzione deve assegnare alle parti, all'esito della fase sommaria, per introdurre il giudizio di merito o riassumerlo davanti all'ufficio giudiziario competente deve essere contenuto entro quelli minimo (un mese) e massimo (tre mesi) stabiliti dall'art. 307, comma 3, c.p.c. Nondimeno, qualora il giudice erroneamente assegni un termine maggiore, non incorre in decadenza la parte che introduca il giudizio oltre lo spirare dei tre mesi, ma entro il termine concretamente assegnatogli. Infatti, la legge che rimette al giudice di determinare un termine di decadenza entro un limite minimo e massimo non fissa essa stessa un termine perentorio, sostitutivo di quello giudiziario cui le parti debbano comunque attenersi.
Il caso. Con sentenza emessa dal Tribunale di Genova – successivamente confermata dalla Corte di Appello della medesima località – due fratelli sono stati condannati al risarcimento dei danni derivanti dalla nullità della compravenditadi quattro immobili che, per circonvenzione della venditrice incapace, gli stessi avevano a suo tempo acquistato a prezzo irrisorio, peraltro neppure effettivamente corrisposto. In forza di tale titolo, i creditori hanno dunque precettato il pagamento delle somme liquidate dal Tribunale, effettuando successivamente un pignoramento presso terzi. A seguito dell'opposizione proposta dagli esecutati, il giudice dell'esecuzione ha disposto la parziale sospensione del processo esecutivo (limitatamente alla rivalutazione e agli interessi precettati) e ha assegnato le somme residue, concedendo il termine semestrale per l'introduzione del giudizio di merito, successivamente ritualmente instaurato dai creditori procedenti. Costituendosi nel relativo giudizio di merito, l'opponente ha eccepito – tra l'altro – la tardività dell'introduzione del giudizio di merito, in quanto asseritamente perfezionatasi oltre la scadenza del termine trimestrale di cui all'art. 307 c.p.c. così come ridotto dalla l. n. 69/2009.
La decisione della Corte di cassazione. Per quanto qui di interesse, gli esecutati hanno proposto ricorso per cassazione eccependo la violazione dell'art. 307 c.p.c., insistendo nell'eccezione preliminare di tardività dell'introduzione del giudizio di opposizione già formulata in primo grado. Secondo i ricorrenti, nonostante il Giudice dell'esecuzione avesse assegnato un termine di sei mesi per introdurre il giudizio di merito, il termine perentorio da osservare sarebbe invece stato quello di tre mesi stabilito dalla citata disposizione, come modificata dalla l. n. 69/2009. Per quanto la Corte di cassazione abbia richiamato il proprio orientamento secondo cui nell'ipotesi – certamente diversa, ma strutturalmente affine – in cui il giudice assegna alle parti, ai sensi dell'art. 50 c.p.c., un termine per riassumere la causa davanti all'ufficio giudiziario dichiarato competente, tale termine non può essere inferiore o superiore a quello minimo e massimo stabiliti dall'art. 307 c.p.c., le deduzioni del ricorrente sono state rigettate. Secondo gli Ermellini, infatti, in tema di opposizione all'esecuzione, il termine che, ai sensi dell'art. 616 c.p.c., il Giudice dell'esecuzione deve assegnare alle parti, all'esito della fase sommaria, per introdurre il giudizio di merito o riassumerlo davanti all'ufficio giudiziario competente deve essere contenuto entro quelli minimo (un mese) e massimo (tre mesi) stabiliti dall'art. 307, comma 3, c.p.c. Nondimeno, qualora il giudice erroneamente assegni un termine maggiore, non incorre in decadenza la parte che introduca il giudizio oltre lo spirare dei tre mesi, ma entro il termine concretamente assegnatogli. Infatti, la legge che rimette al Giudice di determinare un termine di decadenza entro un limite minimo e massimo non fissa essa stessa un termine perentorio, sostitutivo di quello giudiziario cui le parti debbano comunque attenersi.
*Fonte: www.dirittoegiustizia.it
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