L'abbandono da parte di un genitore, se prolungato nel tempo, ha natura di illecito endofamiliare permanente

Luca Tantalo
17 Giugno 2020

Il fatto che un genitore abbandoni un figlio, senza curarsene né da un punto di vista emotivo, né economico, se prolungato nel tempo, costituisce un illecito permanente e tale deve essere valutato, anche ai fini della prescrizione per il risarcimento del danno.

Il principio è stato dalla III Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza, invero assai articolata, avente n. 11097/20, depositata il 10 giugno del 2020, in un ricorso risalente al 2018. Si tratta, infatti, di questione piuttosto complessa, che la Suprema Corte ha risolto dopo una lunga analisi degli istituti coinvolti e dei precedenti giurisprudenziali.

Con atto di citazione notificato nel 2013 un figlio conveniva dinanzi al tribunale di Livorno il padre naturale chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, che a suo dire gli sarebbero stati causati dalla permanente violazione degli obblighi genitoriali da parte del padre fin dalla sua nascita e perpetrati nel tempo. Il genitore si costituiva in giudizio resistendo alle richieste del figlio; veniva disposta consulenza tecnica d'ufficio, ma il tribunale con sentenza del 27 febbraio 2016, rigettava le domande di parte attrice, compensando le spese.

Il figlio presentava appello, a cui si opponeva al padre sostenendo tra le altre eccezioni la prescrizione dell'eventuale risarcimento del danno. Il ricorso veniva nuovamente rigettato, ancora una volta con la compensazione delle spese con sentenza del 23 gennaio 2018. L'appellante, a questo punto, presentava ricorso per la Cassazione della sentenza di secondo grado, articolato in cinque motivi. Il padre resisteva con controricorso, mentre il ricorrente depositava ulteriore memoria.

Nei cinque motivi di ricorso veniva sostenuto tra l'altro che vi fosse stato omesso esame di fatto decisivo e mancanza di motivazione per omesso esame del primo motivo di appello riguardante la violazione del diritto di difesa, in quanto il giudice di primo grado non avrebbe ammesso le richieste istruttorie, puoi ripresentate in sede di appello. Su queste richieste, la Corte di Appello avrebbe taciuto incorrendo così nella violazione dell'articolo 112 del codice di procedura civile con vizio quindi di omessa pronuncia.

Altro motivo di ricorso era quello relativo alla violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2935 e 2947 c.c. per avere il giudice d'appello qualificato il danno endofamiliare come illecito istantaneo a effetti permanenti, e quindi deducendone l'intervenuta prescrizione quinquennale per il risarcimento del danno.

Il terzo motivo deduceva poi l'omesso esame di fatto discusso e decisivo per avere il giudice di appello rigettato la domanda di risarcimento dei danni extra patrimoniali connessi alla violazione dei doveri genitoriali senza analizzare specificamente le violazioni dedotte nel motivo di appello.

Il quarto motivo, poi, denunciava l'omesso esame di fatto discusso e decisivo per avere il giudice di appello ritenuta valida una consulenza tecnica d'ufficio psichiatrica effettuata da un medico legale non psichiatra e quindi ritenuto non in possesso delle necessarie competenze non tenendo conto delle contestazioni formali e di merito già mosse alla consulenza.

Il quinto motivo, infine, denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2935 e 2947 c.c. per aver la Corte territoriale qualificato il danno morale come derivante da illecito istantaneo effetti permanenti, anziché dai illecito permanente ha effetti permanenti con la conseguenza di aver ritenuto prescritto il risarcimento dei danni patiti per tutto l'arco di tempo oggetto della domanda, cioè dalla nascita dell'attuale ricorrente fino alla domanda giudiziale di risarcimento del danno; mentre secondo il ricorrente illecito della condotta paterna sarebbe partito dalla sua nascita e non sarebbe mai cessato. Di conseguenza, mi sarebbe un danno continuo morale e materiale per le omissioni poterne e nell'arco di tempo interessato non sarebbe identificabile un singolo illecito ma un illecito permanente non soggetto alla prescrizione quinquennale.

Si costituiva in giudizio con controricorso, come detto, il padre del ricorrente chiedendo la conferma della sentenza di Corte d'appello

Il disinteresse di un genitore, prolungatosi nel tempo costituisce non un illecito istantaneo, ma permanente e il diritto al risarcimento dei danni subiti morali e materiali, non è soggetto a prescrizione quinquennale. La Suprema Corte ha esaminato con estrema attenzione la questione provvedendo anche ad un approfondito esame delle norme in questione, nonché della giurisprudenza formatasi nel corso degli anni sulla questione.

Secondo la Cassazione, che ha accolto integralmente il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello competente, con l'indicazione che essa dovrà applicare i principi di diritto indicati nell'ordinanza, l'illecito endofamiliare oggetto della controversia, e costituito dal prolungato disinteresse di un genitore nei confronti del figlio, ha natura permanente e non istantanea, non essendo costituito da un singolo episodio, ma da un comportamento consolidatosi nel tempo. Ciò in quanto l'abbandono parentale consiste nel mancato adempimento, protratto per un periodo temporale di rilevanza, di tutti gli obblighi che il genitore ha nei confronti dei figli: in sostanza, una completa e costante assenza del genitore nella vita filiale che si prolunghi nel tempo e che costituisca un'omissione permanente, diversa dalla ripetizione di singoli illeciti istantanei.

Peraltro, secondo l'ordinanza, la natura dell'illecito quale fonte di danno, incide sul dies a quo prescrizionale attraverso le caratteristiche della sua conoscibilità da parte del danneggiato, anche ai sensi dei principi espressi dalle sezioni unite con la sentenza 576/2008. Il parametro della tradizionale ordinaria diligenza si concretizza nella capacità di percepirne la conseguenza dannosa di un soggetto ordinario, che in questo caso non può certamente essere stabilita in un singolo momento, trattandosi di comportamento ripetuto nel tempo.

In questo caso, come in quello in esame, non si può quindi applicare la prescrizione quinquennale, in quanto non è possibile individuare un o più comportamenti omissivi che assumano il carattere di illeciti istantanei, trattandosi al contrario di illeciti permanenti non soggetti a detto termine.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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