Condomino “molesto”: le successive condotte di stalking configurano reati distinti

Redazione scientifica
19 Giugno 2020

Ai fini della condanna per il reato di atti persecutori, non è possibile unificare o ricollegare pregressi episodi a carico del medesimo soggetto che siano già stati giudicati in separato procedimento penale. Inoltre, per le successive condotte è necessaria apposita querela dei vicini quali persone offese del reato.

Il fatto. Un condomino veniva condannato dalla Corte d'Appello di Trieste per stalking ai danni di altre persone residenti nel medesimo stabile. Veniva infatti riconosciuta la sussistenza di una serie di molestie, ingiurie e minacce, in continuazione rispetto a fatti antecedenti per i quali era già intervenuta sentenza irrevocabile di condanna. Conseguentemente, la Corte aveva disposto l'aumento della pena della reclusione precedentemente inflitta per ulteriori 15 giorni.
L'imputato ha proposto ricorso per cassazione affermando che per i successivi atti persecutori non era stata presentata querela e dunque non poteva essere affermata la sua responsabilità penale. Si tratta infatti di un singolo episodio su cui la motivazione della sentenza era carente.

Stalking: sussistenza e procedibilità a querela. In tema di atti persecutori, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il reato, avendo natura necessariamente abituale, è configurabile solo laddove sia riscontrabile un'unica e grave condotta di molestie o minacce, non potendo a tal fine unificare o ricollegare pregressi episodi già giudicati in separato procedimento penale, per violazione del divieto di bis in idem. Le nuove ed ulteriori condotte persecutorie infatti si sviluppano in autonomia rispetto alle precedenti, già giudicate, e, al fine di poter configurare la fattispecie di reato, devono rispondere ai requisiti previsti dall'art. 612-bis c.p.
Nel caso di specie quindi i comportamenti tenuti dal condomino dopo il passaggio in giudicato della prima sentenza avrebbero dovuto essere valutati autonomamente, non potendo essere ricollegati ai precedenti. La sentenza impugnata però non descrive adeguatamente tali comportamenti, non precisa chi siano le persone offese tra i vari condomini né tantomeno in cosa precisamente siano consistite le condotte censurate.
Inoltre, il reato in parola è procedibile previa querela della persona offesa ma nella vicenda in esame non risulta chiarito se la prima querela sporta avesse efficacia anche per la nuova serie di atti, successivi alla prima condanna.
In conclusione, la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello per un nuovo esame.

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