Affinché il conduttore possa beneficiare della speciale sanatoria è necessario il pagamento integrale del debito
22 Giugno 2020
Il caso. Il Tribunale ordinario di Modena, con due ordinanze, sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 55, l. n. 392/1978. In entrambe le ipotesi, i conduttori non avevano integralmente pagato l'importo complessivo determinato dal giudice per la sanatoria della morosità in sede giudiziale; sicché, secondo il giudicante, il pagamento parziale non escludeva la risoluzione del contratto. Per tali motivi, il Tribunale dubitava della legittimità costituzionale dell'art. 55, l. n. 392/1978 in riferimento agli artt. 2, 3, comma 2, e 111 Cost., nella parte in cui, prevedendo (al quinto comma) che «il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione del contratto», non comprende, tra i casi di esclusione della risoluzione in sede di procedimento per convalida di sfratto, l'ipotesi in cui residui una frazione di canone scaduto e le spese processuali.
Il pagamento integrale. La necessità dell'integralità del pagamento – che non consente di espungere neppure le sole spese processuali ove tutti gli altri importi siano stati pagati – è contestata dal giudice rimettente perché (a suo dire) un'interpretazione così rigida, e segnatamente del suo quinto comma, contrasti con i principi costituzionali. Tuttavia, in conformità al diritto vivente, il disposto dell'art. 55, comma 5, l. n. 392/1978 deve essere interpretato nel senso che occorre, perché il conduttore possa beneficiare della speciale sanatoria in sede giudiziale, che il pagamento sia integrale, senza che l'inadempimento residuo sia suscettibile di una nuova verifica sotto il profilo della gravità (Cass. civ., sez. III, 29 luglio 2013, n. 18224).
Il trattamento processuale. Secondo la Corte Costituzionale, non è fondata la questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 3, comma 2, Cost. sotto il profilo dell'irragionevolezza del trattamento processuale delle differenti situazioni nelle quali il conduttore sia rimasto totalmente inadempiente e quelle in cui lo stesso abbia quasi integralmente sanato la morosità (ovvero sia rimasto debitore delle sole spese processuali liquidate dal giudice nel concedere il termine in questione). Difatti, rientra nella discrezionalità del legislatore modellare gli istituti processuali, soprattutto quando hanno carattere speciale ed eccezionale, come appunto è la sanatoria in sede giudiziale prevista dalla disposizione censurata; discrezionalità esercitata non irragionevolmente anche con riferimento all'ipotesi (prefigurata dal giudice rimettente), in cui residui solo il mancato pagamento delle spese processuali. In tale situazione, il legislatore ha incluso le spese processuali nell'importo complessivo perché operi, in favore del conduttore, la speciale sanatoria in sede giudiziale nel contesto di un bilanciamento complessivo delle posizioni delle parti e in considerazione del “sacrificio” richiesto al locatore che non ottiene, alla prima udienza, la convalida dell'intimazione di sfratto.
Il giusto processo. È infondata anche la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle ordinanze di rimessione con riferimento al parametro di cui all'art. 111 Cost. per violazione del «giusto processo», inteso come presidio contro l'esercizio dell'azione in forme eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, laddove la disposizione denunciata, non consentendo al giudice di valutare la gravità dell'inadempimento residuo all'udienza di verifica e imponendogli la convalida dello sfratto, determinerebbe un sacrificio eccessivo delle ragioni del conduttore rispetto al diritto del locatore. Anche in tal caso, con riferimento al procedimento di convalida di sfratto, al legislatore è consentito differenziare i modi della tutela giurisdizionale onde adeguarli al conseguimento di determinate finalità, tra le quali assume rilevanza quella di definire il giudizio evitando abusi del diritto di difesa da parte del conduttore moroso che protragga eccessivamente il godimento del bene locato (Corte Cost. n. 185/1980).
Solidarietà negoziale. Infine, non è apparso pertinente il riferimento da parte del Tribunale rimettente al parametro di cui all'art. 2 Cost., e quindi a un'assunta violazione del canone di solidarietà nell'ambito del rapporto negoziale, poiché il principio di buona fede oggettiva nemmeno può venire in rilievo, come invece prospettato dalle ordinanze del giudice a quo, quando a fronte di un inadempimento grave di una parte, l'altra abbia esercitato la propria legittima facoltà di agire in giudizio per la risoluzione negoziale, facoltà il cui esercizio, peraltro, di norma preclude l'adempimento tardivo (art. 1453, comma 3, c.c.). In conclusione, per le ragioni esposte, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal giudice rimettente, sono state dichiarate non fondate con riferimento a tutti i parametri evocati. |