Fondo patrimoniale ed espropriazione forzata: il punto sulle posizioni della giurisprudenza

24 Giugno 2020

Le limitazioni della responsabilità patrimoniale derivanti dal fondo patrimoniale, essendo di fatto rimesse alla discrezionalità dei coniugi, espongono da sempre il creditore ad un uso fraudolento dell'art. 170 c.c. Da qui la diffidenza della dottrina e soprattutto della giurisprudenza, sia di merito sia di legittimità, rispetto ad un uso distorto dell'istituto, rischio sempre attuale e talvolta prevalente sulla soddisfazione delle esigenze alle quali il fondo patrimoniale dovrebbe essere effettivamente destinato.
L'esecuzione sui beni del fondo e l'art. 170 c.c.

A livello generale, l'art 170 c.c. si preoccupa di stabilire che: «L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia».

A ben riflettere la disposizione non introduce una assoluta impignorabilità dei beni confluiti nel fondo, ma regola il divieto — eccezionale rispetto all'art. 2740 c.c. — di intraprendere azioni esecutive su detti beni (e sui loro frutti) a condizione che ricorrano i presupposti ivi previsti. Segnatamente si tratta del cd. presupposto oggettivo, qual è la «non inerenza del debito alle esigenze familiari» e quello soggettivo vale a dire la consapevolezza di tale circostanza in capo al creditore.

Con riferimento alla particolare impignorabilità di cui all'art. 170 c.c. la giurisprudenza ha, da tempo, chiarito che grava sul debitore l'onere di provare:

i)l'opponibilità al creditore procedente del fondo, e dunque la sua annotazione nei registri dello stato civile anteriormente al pignoramento o, ove esistente, all'ipoteca (sul punto cfr. Cass. civ., 28 ottobre 2016 n. 21800 e, quanto alla opponibilità ai creditori, Cass. civ., 12 dicembre 2013 n. 27854);

ii)la sussistenza dei presupposti stabiliti dall'art. 170 c.c. e, dunque, la conoscenza da parte del creditore che il credito sia stato contratto per interessi estranei ai bisogni della famiglia (cfr. Cass. civ., 28 ottobre 2016 n. 21800 cit.).

Con particolare riferimento all'elemento sub ii)la giurisprudenza ha altresì sottolineato che l'art. 170 c.c., nonostante il tenore letterale, opera non solo per i debiti che trovano la propria fonte nel contratto in quanto «il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma anche nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia». In sintesi va accertata, con l'onere della prova posto a carico del debitore, l'estraneità del fatto generatore del debito ai bisogni della famiglia.

In queste linee fondamentali si riassumono i risultati interpretativi raggiunti dalla Suprema Corte (Cass. civ., 24 febbraio 2015, n. 3768), che ha pertanto cassato la decisione secondo cui il credito di natura tributaria fosse - in forza di tale mera qualificazione – intrinsecamente di natura extra familiare (Orientamento poi confermato da Cass. civ.,12 dicembre 2017, n. 29654 per la quale che anche laddove il credito tributario sia stato originato dallo svolgimento di attività di impresa, in difetto del raggiungimento della prova che i proventi derivanti da essa fossero volti a soddisfare interessi diversi da quelli della famiglia, si presume si tratti di credito sorto per i bisogni della famiglia).

I bisogni della famiglia

Il meccanismo dell'opponibilità di cui all'art. 170 c.c. impone di circoscrivere il concetto di “bisogni della famiglia”. In base ad un primissimo orientamento della giurisprudenza di legittimità veniva salutato con favore la più lata interpretazione offerta dai giudici di merito che hanno ricompreso in detti bisogni anche quelle esigenze tese «al pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da intenti meramente speculativi» (Cass. civ., 7 gennaio 1984, n. 134, in Foro it., 1985, 561).

Più di recente la Corte di cassazione è tornata sull'argomento, precisando che le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti speculativi escludono la pignorabilità laddove non ineriscano «direttamente ai beni costituiti in fondo patrimoniale; qualora invece i debiti siano contratti per la gestione e l'amministrazione di questi stessi beni, essi debbono intendersi necessariamente riferiti ai bisogni della famiglia, anche quando inerenti, come detto, a spese a carattere voluttuario o comunque evitabili» (Cass. civ., 31 ottobre 2014, n. 23163).

Ciononostante rimane fermo che una definizione esatta e puntuale dei cd. bisogni della famiglia non sembra possa essere fornita in linea generale, né può registrarsi su canoni rigidi. Ed infatti sulla elasticità del criterio identificativo dei bisogni della famiglia, «nel quale sono ricompresi anche i bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell'indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari», si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., 19 febbraio 2013, n. 4011). Ad un tempo non sono mancate decisioni (Cass. civ., 24 febbraio 2015, n. 3738 e Cass. civ., 13 novembre 2015, n. 23328) secondo cui proprio il tenore di vita familiare può costituire un criterio identificativo delle obbligazioni contratte per soddisfare i predetti bisogni familiari.

Premesso che il divieto di azioni esecutive sui beni confluiti nel fondo patrimoniale opera soltanto con riguardo alle obbligazioni contrattuali che, come anticipato, siano state contratte successivamente alla costituzione del fondo (e che il debitore deve dimostrare la consapevolezza del creditore circa l'estraneità del debito ai bisogni della famiglia), si presume, salvo prova contraria, che i redditi provenienti dall'attività lavorativa del coniuge siano destinati al benessere materiale della famiglia e, conseguentemente, l'inerenza delle obbligazioni contratte nel corso di tale attività ai bisogni familiari (Trib. Lecce, 24 agosto 2012, n. 2564, in Giur. merito, 2013, 786)

La stessa mutevolezza dei casi della vita comporta, poi, una certa ed indefinita varietà dei bisogni della famiglia. Sicché è proprio tale circostanza ad imporre un continuo riferimento ai singoli casi concreti posti all'attenzione della giurisprudenza. Senza alcuna pretesa di classificazione, ci si limita in questa sede a segnalare che soddisfa, senz'altro, un bisogno della famiglia un debito assunto da un coniuge per l'attività d'impresa, quando l'altro coniuge, in regime di separazione dei beni, abbia concesso una garanzia ipotecaria su un bene appartenente al fondo patrimoniale per consentire un finanziamento in favore della società di cui i coniugi erano soci e amministratori; e la concessione di tale garanzia è stata valutata dal giudice di merito, secondo un apprezzamento condiviso dal giudice di legittimità, indice della destinazione del finanziamento alle esigenze familiari (Cass. civ., 11 luglio 2014, n. 15886, in Giur. it., 2015, 577 ss., con nota di M. Aureli, Fondo patrimoniale: debiti sorti nell'esercizio dell'impresa e bisogni della famiglia).

Discorso diverso va fatto se la fideiussione è stata concessa per una obbligazione di una società di capitali e, dunque, nell'esercizio dell'attività di impresa. Con la precisazione che, in questo caso, è addossato al creditore l'onere di dimostrare la destinazione dell'operazione alle esigenze familiari (App. Milano, sez. III, 15 febbraio 2016, in www.pluris-online.it).

Di contro il debito per il mancato pagamento del corrispettivo per il parcheggio di un'autovettura (di proprietà del coniuge e concessa in comodato al figlio) in prossimità dell'immobile conferito in fondo patrimoniale (nel quale il figlio risiedeva) inerisce ai bisogni familiari Sicché il parcheggio nelle aree adiacenti all'abitazione costituisce un comportamento ordinario, funzionale al migliore godimento della vettura e dell'immobile (Trib. Pavia, 21 maggio 2015, in Famiglia e diritto, 2016, 290 ss.).

Tra i debiti assunti per i bisogni della famiglia vanno poi annoverati anche quelli inerenti agli atti di amministrazione dei beni appartenenti al fondo patrimoniale, come quelli che hanno ad oggetto gli oneri condominiali dei relativi immobili e tutte le spese di manutenzione e di conservazione dei beni stessi (Cass. civ., 31 ottobre 2014, n. 23163, cit.).

Il recente arresto (del g.e.) del Tribunale di Benevento

In questo medesimo filone interpretativo va anche segnalata la decisione del Giudice dell'esecuzione di Benevento che, investito della fase sommaria di un'opposizione all'esecuzione, fondata sull'impignorabilità del bene per essere stato lo stesso stato destinato in fondo patrimoniale (ed essere il credito derivante da sentenza e non da contratto e comunque privo di inerenza diretta e immediata con i bisogni della famiglia), ha negato la sospensione dell'esecuzione.

Segnatamente il Giudice dell'esecuzione ha rilevato che il credito attivato in via esecutiva concerne il pagamento delle spese legali derivante da sentenza della Corte d'Appello di Napoli pronunciata a favore di alcuni condomini e a danno del Condominio, nell'ambito di un giudizio di appello avverso una sentenza avente ad oggetto impugnazione di delibera assembleare (peraltro portata ad esecuzione nei confronti di uno dei condomini).

Nel caso di specie, l'opponente nulla ha dedotto rispetto al fatto generatore del debito e alla sua estraneità rispetto ai bisogni della famiglia; si è invece limitato ad affermare in maniera assolutamente generica che “il debito, (…) è oggettivamente estraneo e privo di inerenza diretta e immediata con i bisogni della famiglia”. Dalla documentazione versata in atti si evince invece che il debitore è a tutti gli effetti condomino proprio del medesimo Condominio, senza che nulla sia stato allegato e provato circa la destinazione a bisogni estranei alla famiglia dell'immobile di proprietà dell'esecutato nel detto condominio.

Per tutte queste ragioni il Giudice oltre a rigettare l'istanza di sospensione ha correttamente assegnato termine di trenta giorni per l'introduzione della fase di merito dell'opposizione e, al contempo, condannato l'opponente a rifondere al creditore le spese di lite (Trib. Benevento, 6 settembre 2018).

Guida all'approfondimento
  • G. D'elia, I bisogni della famiglia e il fondo patrimoniale nella esecuzione immobiliare, in www.ilcaso.it del 2 maggio 2016;
  • G. Di Gennaro, La qualificazione dell'obbligazione tributaria rispetto al fondo patrimoniale, in www.ilcaso.it del 26 aprile 2015;
  • E. Gabrielli, Patrimonio familiare e fondo patrimoniale, in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, 300;
  • G. Fanticini, Il divieto di agire sui beni in fondo e un possibile equilibrio tra la tutela della famiglia e le ragioni dei creditori, Giur. merito, 2013, 786;
  • M. Tamponi, Famiglia e lesione degli interessi dei creditori: oltre l'uso strumentale del fondo patrimoniale, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 278.

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