Aspetti del cd “regime forfettario” e la residenza fiscale del contribuente

Matteo Pillon Storti
24 Giugno 2020

L'Amministrazione finanziaria si è trovata ad affrontare un caso relativo ad un cittadino italiano residente in un paese straniero che parallelamente al proprio lavoro principale svolto nel paese extra UE, valutava l'inizio di un'attività complementare da svolgere nel territorio italiano. In particolare il contribuente domandava all'Agenzia delle Entrate se, nel proprio caso concreto, potesse essere applicato il regime fiscale agevolato cd. “forfetario”. L'Agenzia delle Entrate, richiamando i principali passaggi storici attraverso i quali è stato creato e perfezionato il regime forfetario ex legge 190/2014 e successive modifiche, ha confermato la tesi secondo la quale, fintanto che la residenza del contribuente è stabilita in un paese extra UE, il contribuente stesso non può aderire al regime forfetario.
Fatti in questione. Interpello e Risposta AdE n. 106/2019

Un cittadino italiano, residente in uno stato extra UE e non aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo, presentava un interpello all'Agenzia delle Entrate con il quale venivano richiesti alcuni chiarimenti in merito alla propria situazione fiscale.

In particolare, il focus della questione riguardava l'attività esercitata dall'istante all'interno del territorio italiano e, conseguentemente , il trattamento fiscale che subiva il reddito da questi prodotto (reddito di lavoro autonomo).

Nello specifico, il contribuente informava l'Agenzia delle Entrate di svolgere la propria attività di medico chirurgo, ormai da diversi anni, presso un ospedale ubicato nella nazione estera di residenza. Il contratto di lavoro non permetteva, inizialmente, al dottore di esercitare l'attività professionale in forma autonoma. Neppure in via residuale rispetto all'attività ospedaliera. Vigeva, quindi, una sorta di diritto di esclusiva fra il medico e l'ospedale per il quale lavorava.

Da poco tempo, tale preclusione era venuta meno e, di conseguenza, il dottore poteva esercitare la propria professione - all'interno dell'ospedale o fuori dallo stesso – anche in forma autonoma. Tale attività comportava la corresponsione di emolumenti ulteriori nella retribuzione ordinaria.

Proprio in seguito a tali modifiche, l'istante decideva di valutare la possibilità di svolgere la propria attività di lavoro autonomo in Italia. Prima di prendere la decisione definitiva, però, presentava un'apposita istanza di interpello all'Agenzia delle Entrate con la quale venivano chiesti chiarimenti relativi al trattamento fiscale di tale attività professionale.

In particolare, veniva richiesto se, nel caso concreto, il contribuente poteva aderire a regime di cui alla legge 23 dicembre 2014, n. 190: “regime forfettario”.

La risposta dell'Agenzia delle Entrate all'interpello è stata pubblicata, in data 16 aprile 2020, nel sito internet dell'Ade con la risposta n. 106.

L'amministrazione finanziaria ha concluso che, nel caso concreto, il contribuente non possa applicare il cd “regime forfettario” fintanto che la propria residenza fiscale è ubicata in un paese estraneo alla UE o allo SEE.

Legge n. 190/2014. Regime forfettario

Com'è noto l'art. 1, commi da 54 a 89 Legge n. 190/2014 ha introdotto nel sistema fiscale italiano un regime di tassazione agevolato denominato “regime forfetario”.

Questo regime era riservato alle persone fisiche esercenti attività d'impresa o lavoratori autonomi e andava a sostituire vari regimi agevolativi preesistenti, quali ad esempio: il regime delle nuove iniziative ex art. 13, Legge n. 388/2000, il regime dei minimi ex art. 27, commi 1 e 2, DL n. 98/2011 e il regime contabile agevolato ex art. 27, comma 3, DL n. 98/2011. Per potervi accedere era necessario avere dei ricavi annuali inferiori a determinati importi previsti dalla legge, variabili da un minimo di 15.000 euro ad un massimo di 40.000 a seconda della tipologia di attività esercitata.

Inoltre era necessario che il contribuente forfetario, nel corso dell'anno, non sostenesse un ammontare di costi superiore a precise soglie, anch'esse, previste dalla legge. Ad esempio non potevano essere sostenute spese per lavoro dipendente di importo superiore a 5.000 euro o possedere beni strumentali di importo superiore complessivamente a 20.000 euro.

Inoltre era previsto, tra le altre cose, che non potessero usufruire del regime forfettario – ai sensi dell'art. 1 c. 57 lett. b) L 190/2014i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto”.

Legge n. 145/2018. Prime modifiche al “regime forfetario”

La Legge di bilancio 2019 aveva apportato, com'è noto, delle notevoli variazioni in merito al cosiddetto “regime forfetario”. In particolare, vi era stato un ampliamento della platea dei soggetti che potevano accedere al regime in esame. A seguito delle novità normative in questione, erano ammessi al regime forfetario i contribuenti – esercenti attività d'impresa o lavoro autonomo – con ricavi o compensi non superiori a 65.000 euro annuali e non era più necessario aver sostenuto costi entro certi limiti quantitativi previsti dalla legge. Ad esempio, quindi, non era più necessario che i costi per lavoro dipendente non avessero superato il valore di 5.000 euro annuali, oppure presentare un costo di beni strumentali al 31 dicembre non superiore a 20.000 euro.

Erano comunque previste una serie di esclusioni, volte a limitare l'accesso al regime fiscale di vantaggio. Fra le varie cause ostative veniva confermata l'impossibilità di usufruire del regime fiscale suddetto per i soggetti non residenti, salvo i casi in cui la residenza fuori dal territorio italiano fosse ubicata in paesi membri UE o di uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicurasse un adeguato scambio di informazioni.

Legge n. 160/2019. Le più recenti modifiche normative al “regime forfetario”

Com'è risaputo, la legge 160/2019 – legge di bilancio 2020 – è intervenuta nuovamente sul tema “regime forfettario”, modificando le condizioni d'accesso e/o di permanenza nel regime stesso, restringendo la platea dei soggetti che possono aderirvi.

Fra le varie novità, tuttavia, è stata confermata la clausola d'esclusione dal regime forfetario di cui all'art. 1 c. 57 lett. b) L 190/2014, riguardante la residenza del contribuente.

In conclusione

In conclusione, l'Agenzia delle entrate ha confermato la tesi secondo la quale i soggetti residenti in paesi extra UE o extra SEE non possono beneficiare delle regime di vantaggio suddetto.

In particolare l'amministrazione finanziaria, all'interno della risposta data al contribuente a seguito dell'interpello presentato, ha ripercorso l'ex cursus storico della normativa riguardante il regime forfettario.

Ha ricordato, innanzitutto, come la L. 190/2014 abbia introdotto il regime fiscale di vantaggio suddetto, sottoponendolo a precise regole e requisiti. In secondo luogo è stato evidenziato come la L. 145/2018 abbia modificato, con portata estensiva, l'ambito di applicazione del regime forfettario. Infine l'Ade ha specificato che la L. 160/2019 è intervenuta nuovamente sul tema, restringendo il campo applicativo del regime in esame.

Nonostante le variazioni normative, spesso contrastanti le une con le altre, succedutesi e sommatesi nel corso degli anni, è importante evidenziare come sia rimasta sempre confermata la causa di esclusione disciplinata dell'art. 1 c. 57 lett. b) L 190/2014 che prevede l'impossibilità di aderire al regime forfetario a tutti i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto”.

L'Agenzia delle Entrate, inoltre, ha chiarito che la ratio di tale esclusione risiede nel fatto che un soggetto non residente può essere considerato nella medesima situazione di un soggetto residente, con conseguente parità di trattamento fiscale ai fini del regime forfettario, solo se risiede in un Paese dell'Unione Europea ovvero in un Paese dello Spazio Economico Europeo (c.d. "SEE", cioè Islanda, Norvegia e Liechtenstein), collaborativo ai fini dello scambio delle informazioni e produce in Italia la maggior parte del suo reddito complessivamente prodotto.

Da quanto esposto ne consegue che nel caso concreto il contribuente non può usufruire del regime forfettario per quanto riguarda i redditi prodotti in Italia, in quanto, innanzitutto, risulta (correttamente e lecitamente) residente ai fini fiscali in un paese estero escluso dall'UE e dallo Spazio Economico Europeo e, in secondo luogo, produce il proprio reddito, per la quota maggioritaria, fuori dal territorio italiano.

Fintanto che permangono tali caratteristiche, l'istante non potrà – salvo variazioni normative future – accedere al regime di vantaggio denominato “regime forfetario”.

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