Il rito civile ai tempi del Covid 19. Questioni in tema di regolamentazione dei termini processuali, di trattazione scritta e di udienza da remoto

Michele Ruvolo
Francesco Paolo Pizzo
26 Giugno 2020

Il continuo ricorso allo strumento della decretazione di urgenza da parte del Governo italiano per far fronte all'inaspettata emergenza sanitaria che ha sconvolto il nostro Paese ha inciso profondamente sulla dinamica del processo.
Introduzione

Il continuo ricorso allo strumento della decretazione di urgenza (D.L. 9 del 2 Marzo 2020 ha disposto la sospensione dei termini degli atti processuali e delle notificazioni da effettuarsi all'interno delle “Zone Rosse”; ha previsto il differimento (ma non la sospensione) a data successiva al 31 Marzo dei procedimenti riguardanti parti e difensori provenienti dalle “Zone Rosse”; D.L. 11 dell'8 Marzo 2020 ha previsto la sospensione generalizzata dei termini processuali sino al 22 Marzo 2020; D.L. 18 del 17 Marzo 2020 ha stabilito l'estensione della sospensione generalizzata dei termini processuali sino al 15 Aprile 2020 regolamentando in particolare la disciplina dei termini processuali da computarsi a ritroso; D.L. 23 dell'8 Aprile 2020 ha esteso il regime della sospensione dei termini processuali sino all'11/5/2020; Dal 12 Maggio 2020 ha avuto inizio la cd. “Fase 2” del processo la cui regolamentazione è stata demandata in forza di un potere riconosciutogli da parte dei decreti legge sopra citati ai singoli Presidenti dei Tribunali mediante l'emanazione di apposito decreto organizzativo di concerto con l'Autorità sanitaria locale) da parte del Governo italiano per far fronte all'inaspettata emergenza sanitaria che ha sconvolto il nostro Paese ha inciso profondamente sulla dinamica del processo.

I ritmi ordinari delle udienze a cui i magistrati italiani e gli avvocati erano abituati sono stati del tutto stravolti per scongiurare il rischio di diffusione del virus Covid-19 e non pochi sono stati i dubbi interpretativi sorti tra gli operatori del diritto a causa di una normativa rivelatasi spesso frammentaria per l'urgenza con cui è stata introdotta e priva di un reale coordinamento con le regole dettate dal nostro codice di rito.

Incidenza della sospensione dei termini sugli atti processuali

1. Atti introduttivi del processo e verifica della regolarità del contraddittorio tra le parti

Il regime della sospensione dei termini processuali ha avuto, innanzitutto, una ripercussione notevole nella fase introduttiva del processo poiché ha introdotto un obbligo per il giudice di differimento di tutti i procedimenti, fatta eccezione per quelli qualificati come urgenti o dalla stessa legge (art. 83 comma 3 lett. a) o perché dichiarati tali dal giudice in base da una valutazione da operare caso per caso in relazione alla natura degli interessi coinvolti e delle questioni trattate.

Il rinvio d'ufficio delle cause non urgenti non è stato però l'unico effetto della normativa in esame.

Le regole disciplinanti la fase introduttiva dei processi, specie con riferimento a quelli iscritti a ruolo poco prima del 9 marzo 2020, sono forse quelle che hanno subito maggiormente gli effetti della sospensione dei termini processuali.

Cessato infatti il periodo di sospensione a partire dal 12 maggio 2020, tra gli operatori del diritto si è subito posto l'interrogativo se potesse ancora ritenersi applicabile il disposto di cui all'art. 164 c.p.c. che impone nel rito ordinario (ma anche negli altri riti a cui tale disposizione si applica in quanto compatibile) l'obbligo di rinnovare la notifica dell'atto introduttivo del processo ogniqualvolta si riscontri in tutto o in parte il mancato rispetto del termine minimo a comparire di cui all'art. 163-bis c.p.c..

La normativa così introdotta ha imposto infatti l'esigenza di rivedere in una nuova prospettiva emergenziale i concetti di vocatio in ius e di contumacia, così come interpretati tradizionalmente dalla dottrina e dalla giurisprudenza sotto la vigenza del codice di rito, venendo in rilievo una possibile incertezza della data di udienza di prima comparizione delle parti in quanto rinviata dal giudice attraverso un decreto emesso fuori udienza anche più di una volta e a distanza di mesi rispetto a quella indicata in citazione, senza che il legislatore abbia previsto un meccanismo processuale (ad esempio notifica dei decreti di rinvio o rinotifica di una nuova citazione) diretto ad assicurare la conoscenza da parte del convenuto, ancora non costituito, della nuova data di rinvio.

Deve infatti ritenersi che, avendo la normativa in questione previsto un mero differimento delle udienze civili (art. 83, comma 2, D.L. 18/2020), il legislatore abbia voluto escludere l'applicazione della ben più incisiva sanzione della nullità ex art. 164 c.p.c., prevedendo piuttosto quale unico rimedio a tutela del convenuto quello del differimento della causa stessa per consentire il pieno maturarsi di tutti i termini processuali collegati alla sua vocatio in ius ai fini della corretta integrità del contraddittorio tra le parti.

Grava, pertanto, solo sul convenuto in questa fase governata dalla legislazione di emergenza uno specifico onere di diligente attivazione al fine di conoscere, per il tramite del suo difensore e mediante acquisizione della visibilità del fascicolo telematico della causa, la nuova data di udienza del processo a cui sia stato chiamato a partecipare a seguito di notifica regolare dell'atto di citazione.

Maggiori dubbi in ordine alla certezza della vocatio in ius sorgono, invece, in tutti quei riti in cui il convenuto possa partecipare personalmente alla prima udienza senza la necessità di una costituzione per il tramite di un difensore. Si pensi ai procedimenti di sfratto in cui l'intimato può comparire personalmente all'udienza di convalida. In questa ipotesi, però, più che il disposto di cui all'art. 164 c.p.c. potrebbe comunque riconoscersi spazio applicativo alla disposizione di cui all'art. 660 c.p.c. dettata proprio con riferimento a tali procedimenti speciali, disponendo in base a questa norma la rinotifica dell'atto di citazione ove si reputi probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza certa della data di udienza di convalida a causa della sospensione dell'attività processuale nel periodo in cui questa doveva essere tenuta.

Meno dubbi sorgono invece con riguardo ai termini processuali a ritroso previsti da codice di rito nel caso in cui siano colpiti dagli effetti della sospensione, avendo il legislatore espressamente previsto al comma 2 dell'art. 83 del D.L. citato lo spostamento dell'udienza in modo che gli stessi vengano computati in relazione alla nuova udienza di rinvio.

In sintesi, e senza pretesa di esaustività, si potrebbero verificare le seguenti ipotesi:

1) se il termine ex art. 163-bis c.p.c. è integralmente decorso in data antecedente alla sospensione, il giudice, in caso di mancata costituzione del convenuto, procederà ad un mero differimento dell'udienza di prima comparizione al fine di consentire il rispetto dei termini di cui all'art. 166 c.p.c. per la costituzione del convenuto;

2) se il termine ex art. 163-bis c.p.c. non era integralmente decorso prima del periodo di sospensione, occorrerà differire l'udienza in caso di non costituzione del convenuto per garantire il rispetto sia del termine a comparire sia del termine per la costituzione ex art. 166 c.p.c.;

3) se si trattava di affare rientrante tra quelli “indifferibili” (ex art. 83, comma 3, D.L. 18/20) nulla quaestio poiché nessuna sospensione dei termini poteva operare, ferma restando la necessità di verificare la regolarità del contraddittorio tra le parti e il rispetto dei termini minimi a comparire e a ritroso secondo le ordinarie regole del codice di rito.

In caso di costituzione del convenuto alla prima udienza, si ritiene invece che il giudice procederà ad un rinvio della causa solo in caso di eccezione espressamente sollevata dalla parte convenuta per la rilevata compressione del suo spazio difensivo riconosciutogli dalla legge.

2. Fase istruttoria e assegnazione dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c.

Anche con riferimento ai termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., l'incidenza del regime della sospensione si atteggia diversamente a seconda che:

a) tutti i termini già assegnati, nonostante la sospensione, siano stati sfruttati da tutte le parti. In tal caso, si può procedere alla trattazione della causa, ritenendosi che, sebbene non completamente maturati per effetto della sospensione, nel depositare le rispettive memorie nei termini, le parti abbiano rinunciato ad avvalersi della sospensione medesima;

b) i termini non siano integralmente decorsi e non tutte le parti abbiano depositato le memorie. In tale ipotesi risulta necessario fissare una nuova udienza senza che occorra da parte del giudice la riassegnazione dei termini già concessi in quanto, cessata la sospensione ex lege, gli stessi riprendono automaticamente a decorrere sino al completamento del termine stesso al netto del periodo di durata della sospensione stessa.

3. Fase decisoria e termini assegnati per le note conclusionali

Non meno rilevanti sono le problematiche che potrebbero insorgere con riferimento alle udienze di precisazione delle conclusioni già tenutesi prima dell'inizio del periodo di sospensione laddove i termini ex art. 190 c.p.c. assegnati dal giudice siano caduti anche solo parzialmente nel suddetto periodo.

Nell'ipotesi in cui non risultino depositate le note conclusionali nei termini originariamente assegnati anche soltanto da una delle parti, il giudice dovrà tener conto necessariamente della loro sospensione con inevitabile spostamento in avanti pure del termine per la decisione che comincerà a decorrere dalla scadenza dei termini ex art. 190 c.p.c. ricomputati calcolando i giorni di sospensione dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020.

Maggiormente discussa è invece l'ipotesi in cui entrambe le parti abbiano depositato le note conclusionali nonostante la sospensione dei termini assegnati. Ci si interroga se il giudice possa emettere comunque la sentenza nel termine originariamente previsto per la decisione, considerando già consumato il potere delle parti di depositare ulteriori note conclusionali (ad integrazione delle precedenti già depositate) entro la scadenza del termine ricalcolato computando pure il periodo sospensione.

La necessità di integrare le note conclusionali potrebbe ad esempio sorgere nel caso in cui l'altra parte non abbia depositato la propria comparsa conclusionale avvalendosi integralmente degli effetti della sospensione.

Ragioni di cautela e di maggior tutela delle garanzie difensive imporrebbero perciò al giudice di attendere comunque l'integrale decorso dei termini prima dell'emissione della sentenza a prescindere dall'avvenuto deposito delle note conclusionali nei termini originariamente assegnati alle parti anche al fine di scongiurare ogni possibile doglianza in sede di impugnazione.

Trattazione scritta ex art. 83 lett. h) d.l. 18/2020. Premessa.

L'art. 83, comma 7, D.L. n. 18/2020 elenca una serie di misure, rimettendone la scelta ai capi degli uffici giudiziari, concernenti l'amministrazione della giustizia, finalizzate ad evitare che lo svolgimento dell'attività giudiziaria, e, segnatamente, gli assembramenti ordinariamente presenti negli uffici giudiziari, costituiscano facile veicolo di contagio.

Alcune di queste misure riguardano l'adozione di disposizioni di tipo logistico o amministrativo [lett. a) la limitazione dell'accesso del pubblico agli uffici giudiziari; b) la limitazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico; c) la regolamentazione dell'accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica], altre invece, incidono direttamente sulle modalità di svolgimento dell'attività giudiziaria [d) l'adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze; e) la celebrazione a porte chiuse di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell'articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche; f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione mediante collegamenti da remoto …..; g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 31 luglio 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3; h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”].

Segue. Ambito di applicabilità

La previsione normativa precisa che l'utilizzo di detta modalità di trattazione va limitata alle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti.

Il tenore del dato normativo rende evidente come il legislatore abbia tenuto presente il paradigma tipico del processo civile ordinario, nel quale, salvo attività del tutto peculiari e meramente occasionali (interrogatorio libero e formale delle parti, attività di conciliazione, giuramento di ausiliari) l'attività di udienza si svolge con la sola presenza necessaria dei difensori delle parti, non essendo ordinariamente consentito alla parte di stare in giudizio personalmente.

Anche la specificazione che le suddette note scritte devono limitarsi a precisare le rispettive “istanze e conclusioni” rimanda, ancora una volta, al modello del processo contenzioso civile ordinario, scandito, per l'appunto, da udienze nelle quali i procuratori delle parti avanzano al giudice delle istanze (concessione termini ex art. 183 c.p.c., istanze istruttorie, istanze ex art. 186 bis e ter, ecc.) oppure precisano le rispettive conclusioni; in diversi casi tali istanze e conclusioni sono già contenute in specifici atti processuali (es: memorie ex art. 183 c.p.c.) cui, infatti, dette note possono limitarsi a fare riferimento.

Considerata la facoltà di difensori di accedere alla piattaforma telematica del PCT, la sostituzione della trattazione orale dell'udienza con una realizzata mediante il deposito di note scritte rappresenta, in queste ipotesi, un mezzo perfettamente in grado di assicurare il rispetto delle esigenze del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti.

Dato questo paradigma processuale, deve ritenersi che la modalità della trattazione scritta non sia preclusa dalla possibilità per le parti di presenziare all'udienza atteso che, secondo l'impianto normativo, il diverso sistema dell'udienza da remoto [art. 83 comma 7 lett. f)] è previsto solo laddove la presenza delle parti o di soggetti diversi dai loro procuratori sia necessaria, per legge o per ordine del giudice. Va considerata necessaria per legge quando ad essa - o alla mancata comparizione - la legge collega una conseguenza negativa per la parte stessa (v. convalida di sfratto; mancata risposta all'interrogatorio formale, ecc.) ovvero una nullità processuale.

Alla luce di tali premesse ci si è chiesti, innanzitutto, se sia possibile adottare la trattazione scritta a tutti i tipi di udienza nell'ambito del processo contenzioso civile ordinario e, quesito ancor più controverso, se sia possibile utilizzare tale modalità di trattazione anche ai processi regolati da riti diversi da quello ordinario.

Per rispondere appare utile una duplice premessa di ordine generale.

In primo luogo, sebbene la previsione normativa abbia probabilmente avuto presente soltanto il rito civile ordinario, semplificando e riducendo alle sole “istanze e conclusioni” i possibili contenuti delle note di trattazione scritta, è evidente che laddove si parla di procedimenti civili non può che farsi riferimento a tutto l'ambito della vasta gamma di riti che disciplinano le controversie civili: quindi tutti i procedimenti regolati dal codice di rito, ivi compresi i procedimenti sommari, cautelari, di volontaria giurisdizione e quelli di esecuzione, e tutti quelli previsti dal d.lgs. n. 150/2011: ciò che induce a ritenere necessario indagare in che modo e con quali accorgimenti tale forma di trattazione possa essere utilizzata anche in tali riti “alternativi” a quello ordinario.

Altra notazione attiene alla ratio della norma, inserita tra le misure espressamente dirette “al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone”(art. 83 comma 6); è innegabile che tale forma di trattazione si rivela particolarmente efficace a perseguire il fine predetto consentendo di evitare ogni contatto ravvicinato tra le persone, financo quello tra il difensore e il proprio cliente, inevitabile, invece, nel caso di trattazione da remoto.

Le premesse appena esposte inducono a ritenere consigliabile l'utilizzo della trattazione scritta, seppur con qualche necessario adattamento alle diverse sequenze processuali che caratterizzano i vari riti civili, ogni qualvolta essa non pregiudichi i diritti irrinunciabili che sovrintendono ed assicurano l'esistenza stessa del processo (il contraddittorio ed il diritto di difesa), sì che, ove non sia possibile assicurarne il pieno esercizio, il processo dovrà essere differito o, se caratterizzato da urgenza ai sensi dell'art. 83 ovvero secondo le indicazioni del giudice o del capo dell'ufficio, trattato in presenza. Al contrario, alla luce della ratio legis appena ricordata, appare accettabile, sebbene solo in via eccezionale e per il periodo emergenziale in atto, una temporanea attenuazione dei principi di oralità e immediatezza, stante la prioritaria esigenza di tutela di beni di rango superiore (la vita e la salute).

Appare dunque condivisibile il ricorso a tale forma di trattazione anche laddove sia prevista la presenza delle parti o dell'ausiliario del giudice, oltre a quella dei difensori, in ogni caso in cui mediante accorgimenti organizzativi sia possibile assicurare un pieno ed effettivo contraddittorio.

Senza pretesa di esaustività, può dunque ritenersi che la trattazione scritta sia utilizzabile nel modo seguente:

A) RITO CONTENZIOSO ORDINARIO:

  • udienze di prima comparizione, di trattazione, di precisazione conclusioni e in tutte le udienze in cui è prevista la presenza dei soli difensori delle parti;
  • udienze di conferimento incarico al CTU: la lett. f) del D.L.n. 18/2020 non vincola il dirigente che può scegliere tra le forme di trattazione quella che, nel rispetto del contraddittorio, ritenga più consona alla realtà giudiziaria del proprio ufficio. La presenza del consulente tecnico d'ufficio in udienza, per il prescritto giuramento, non è circostanza ostativa all'applicazione della misura della “trattazione scritta”, in quanto, sebbene richiesta dagli artt. 191/193 c.p.c., non è prevista a pena di nullità; peraltro non sono estranei all'ordinamento processuale nel suo complesso modelli alternativi che prevedono il conferimento dell'incarico al di fuori dell'udienza (v. art. 569 comma 1 c.p.c., secondo cui il CTU presta giuramento in cancelleria).
  • udienze di discussione orale: il modello della c.d. trattazione scritta è utilizzabile anche all'udienza di discussione orale (art. 281 sexies, art. 702 ter, rito lavoro, cautelari, camerali), “salvo che le parti richiedano motivatamente la trattazione orale e il giudice ravvisi motivi per accoglierla”. Le opinioni di segno contrario possono essere superate, oltre che alla luce della ratio della norma, anche in considerazione del dato letterale della stessa: infatti, la formula adoperata dal legislatore (“svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”), in particolare l'utilizzo della virgola per separare l'ultima locuzione, consente di ritenere che l'adozione fuori udienza del provvedimento non sia presupposto di applicazione della misura di cui alla lett. h), ma solo modalità di adozione del provvedimento (istruttorio o decisorio); esso non osta pertanto alla modalità alternativa di svolgimento dell'udienza con trattazione scritta.

La trattazione scritta non si può applicare:

  • alle udienze di assunzione di prove orali, neppure per l'interrogatorio formale, le quali, solo se connotate da urgenza ai sensi dell'art. 83 D.L. n. 18/2020, dovranno essere trattate di presenza o con udienza da remoto, altrimenti rinviate a dopo il 31 luglio 2020;
  • alle udienze nelle quali la comparizione personale delle parti è prevista come necessaria secondo espressa previsione di legge (convalide di sfratto, laddove la mancata comparizione, anche personale della parte, conduce inevitabilmente all'effetto pregiudizievole della convalida dello sfratto).

Un problema può porsi nel caso in cui si debba raccogliere l'accordo conciliativo delle parti (anche a seguito di proposta conciliativa del giudice); una soluzione, ad esempio accolta dal Tribunale di Marsala, è quella di fare applicazione dell'art. 88, comma 2 Disp att. c.p.c., raccogliendo con trattazione scritta le dichiarazioni conciliative dei procuratori; se questi sono privi di procura speciale a transigere, si curerà di fissare un'udienza per la redazione del verbale di conciliazione giudiziale a data successiva al 31 luglio 2020 ovvero prima, se ricorrano i presupposti dell'urgenza.

B) RITO LAVORO:

La trattazione scritta può applicarsi a tutte le udienze come nel rito civile ordinario.

Non costituisce un ostacolo la previsione dell'art. 420 c.p.c, che include, quale fondamentale adempimento d'udienza, l'interrogatorio libero delle parti, la cui presenza è richiesta all'udienza di discussione; in realtà l'art. 420 c.p.c regola l'udienza di trattazione della sua globalità (essa, data la caratteristica deformalizzata del rito, si può articolare anche in più udienze), non la concretezza della singola udienza, per la cui trattazione è dunque possibile l'utilizzo di tale strumento alternativo, rimandando, ove opportuno, l'interrogatorio libero ad un'udienza successiva.

C) ATP:

Si rinvia a quanto già detto a proposito del conferimento dell'incarico con trattazione scritta fuori udienza: il notevole numero di procedimenti di tale tipo solitamente fissati ad ogni udienza renderebbe proibitivo il ricorso all'udienza da remoto, determinando la sostanziale paralisi del settore, peraltro connotato da particolare urgenza, per la natura dei diritti coinvolti;

D) ESECUZIONI IMMOBILIARI:

Il ricorso alla trattazione scritta parrebbe trovare un ostacolo nell'insussistenza di un obbligo a carico del debitore, di costituirsi nel procedimento esecutivo e, di contro, nella necessità che, ogni qualvolta il giudice sia chiamato ad emettere provvedimenti incidenti nella sua sfera giuridica, debba consentirne l'audizione, così come in occasione di quelle udienze che costituiscono la sede nella quale lo stesso può far valere diritti inerenti il procedimento esecutivo.

Non essendovi obbligo del patrocinio legale, la sua partecipazione può essere personale ed è richiesta ex art. 485 c.p. ogni qualvolta la legge o il giudice ritengano di dover sentire le parti: certamente all'udienza ex art. 569 c.p.c., che costituisce il termine ultimo per il debitore per poter presentare opposizione all'esecuzione o istanza di conversione del pignoramento; così anche all'udienza di approvazione del riparto ex art. 596 c.p.c., che costituisce la sede in cui, a pena di decadenza, devono necessariamente proporsi le questioni distributive.

La trattazione scritta, tuttavia, può ammettersi anche nel processo esecutivo, purché sia rispettato il contraddittorio.

Nessun problema se il debitore è costituito.

Se non lo è, possono ipotizzarsi diverse soluzioni: al debitore, sempre ritualmente avvisato dell'udienza, si può concedere un termine entro cui lo stesso può dichiarare, con dichiarazione scritta da far pervenire in cancelleria (in cartaceo, via e- mail, o con qualsiasi altro efficace mezzo di comunicazione), se intenda partecipare all'udienza; nel qual caso si può disporre l'udienza da remoto, laddove il debitore sia a ciò attrezzato; altrimenti l'udienza andrà rinviata a dopo il 31.7.2020 per essere trattata in presenza.

Tale sistema, facilmente utilizzabile, si presta evidentemente a strumentalizzazioni che potrebbero comportare un eccessivo prolungamento dei tempi processuali.

Un'altra soluzione (ad esempio adottata al Tribunale di Marsala), può consistere nel concedere al debitore non costituito un termine per il deposito in cancelleria (da inviare anche via mail) di note di trattazione scritta che, previa scansione, verranno dalla cancelleria inserite nel fascicolo telematico.

E) ESECUZIONI MOBILIARI:

Nelle esecuzioni presso terzi si è posto il problema dell'udienza di acquisizione della dichiarazione del terzo ex art. 548 c.p.c. alla quale è prevista la comparizione del terzo e quella del debitore.

Qui le soluzioni sono state le più varie: in alcuni tribunali si è ritenuta inevitabile la trattazione di presenza (con conseguente rinvio delle udienze), in altri si è optato per l'udienza da remoto, ma resta il problema della partecipazione del debitore che spesso non è assistito da un legale; in altri tribunali si è prevista la trattazione scritta; in questi casi, il giudice fa comunicare il proprio decreto con cui indica la modalità di trattazione e nel quale avrà cura di indicare che:

a) l'udienza da citazione resterà ferma ed il creditore deve depositare la dichiarazione del terzo se non già in atti;

b) il giudice adotterà il provvedimento decorsi tre giorni dall'udienza per consentire alla cancelleria di scaricare l'eventuale atto di costituzione del debitore con le sue difese.

Nel caso in cui il debitore dovesse essersi costituito, si procederà a sciogliere la riserva con rinvio, mentre nel caso in cui non dovesse essersi costituito, il giudice adotterà i provvedimenti decisionali.

Non va dimenticato che, quale che sia la forma qui preferita, in ogni caso, al debitore che si dolga di non essere stato messo in condizione di partecipare all'udienza è sempre dato il rimedio dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. all'ordinanza di assegnazione.

Segue. Mancato o tardivo deposito di note di trattazione scritta

La normativa emergenziale nulla ha disposto nell'ipotesi in cui il giudice all'udienza cartolare riscontri il mancato deposito delle note di trattazione scritta nel termine assegnato alle parti con il decreto di fissazione di udienza nonostante la sua regolare comunicazione.

Ci si interroga, pertanto, se vi possa essere spazio applicativo per il disposto di cui all'art. 309 c.p.c.

Il tema risulta particolarmente dibattuto tra i primi interpreti della legge e tra i giudici poiché si discute se possa considerarsi l'udienza ex art. 83, comma 7, lett. h) D.L. 18/2020 una vera e propria udienza a cui potrebbero applicarsi integralmente, in quanto compatibili, tutte le regole dettate dal codice di rito compreso l'art. 309 c.p.c.

Chi sostiene tale possibilità pone l'attenzione sul tenore letterale della norma atteso che è la stessa lettera h) dell'art. 83 del D.L. citato a riferirsi “allo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti” e alla successiva adozione “fuori udienza” del provvedimento del giudice.

Altri hanno sostenuto che l'applicazione di tale disposizione normativa alla trattazione scritta comporterebbe la creazione in via analogica di una nuova ipotesi di estinzione non ammessa dal nostro Ordinamento né derogabile attraverso una previsione contenuta in un Protocollo tra Presidente del Tribunale e COA o da parte di un Decreto organizzativo adottato dal Presidente del Tribunale.

I fautori di questa tesi ritengono che, pur in assenza di note di trattazione scritta depositate, sia comunque ammissibile l'adozione fuori udienza di un provvedimento di trattazione scritta decisorio o istruttorio con possibilità da parte del giudice nei casi dubbi di disporre eventualmente un rinvio ad una futura udienza da tenersi alla presenza fisica delle parti.

Molti Tribunali che hanno aderito alla tesi dell'ammissibilità del rinvio ai sensi dell'art. 309 c.p.c. (anche per non portare necessariamente avanti un processo senza un'iniziativa di parte e potenzialmente oggetto di transazione) hanno comunque adottato la prassi di inserire nello stesso decreto di fissazione di udienza uno specifico avviso alle parti circa le conseguenze processuali connesse al mancato deposito delle note di trattazione scritta onde evitare future contestazioni.

Vi è poi un'opinione intermedia, più garantista, che ritiene che il mancato deposito di note di trattazione scritta consentirebbe di operare un primo rinvio ai sensi dell'art. 309 c.p.c. ma ad altra udienza da svolgersi, questa volta, non a trattazione scritta ma alla presenza fisica delle parti, ritenendo la conseguenza dell'estinzione legata dalla norma in ogni caso alla mancata comparizione “fisica” delle parti ad un'udienza ordinariamente tenuta dal giudice.

Al di là delle soluzioni prescelte, rimane comunque il dubbio di come debbano regolarsi le situazioni di sopravvenuta carenza di interesse delle parti e di abbandono della causa, avendo il codice di rito ricollegato la cancellazione della causa e l'estinzione del procedimento alla mancata comparizione delle parti dinnanzi al giudice per due udienze consecutive.

Si è poi posta la questione se possano ritenersi ammissibili e rituali note di trattazione scritta depositate dalle parti oltre il termine assegnato dal giudice.

L'opinione prevalente ritiene che, essendo i termini assegnati di natura ordinatoria e non perentori, nessuna conseguenza sanzionatoria possa discendere dall'avvenuto deposito tardivo delle note di trattazione scritta salva la necessità da parte del giudice di assegnare eventualmente un nuovo termine all'altra parte per repliche nel caso in cui ciò abbia provocato un pregiudizio alle sue possibilità difensive.

Si ritiene comunque opportuno, onde evitare possibili abusi delle parti e l'effettività del contraddittorio, che il giudice fissi, con lo stesso decreto di trattazione scritta della causa, oltre al giorno dell'udienza, anche l'ora in cui la stessa sarà tenuta in modo da ritenere questo il limite finale oltre al quale non potrebbero più ritenersi autorizzati e ammissibili depositi tardivi di note di trattazione scritta.

Dovrebbero invece ritenersi irrituali note di trattazione depositate dalle parti oltre il giorno in cui l'udienza doveva essere tenuta. Per scongiurare tale ipotesi ed evitare abusi, si reputa opportuna la redazione di un verbale di trattazione scritta il giorno dell'udienza in modo da creare uno sbarramento oltre il quale non sarebbero più ammissibili note di udienza.

Segue. Svolgimento dell'udienza di trattazione scritta

Il legislatore, diversamente da quanto avviene per l'udienza da remoto, non ha previsto espressamente la redazione da parte del giudice di un verbale di udienza il giorno fissato per la trattazione scritta della causa, essendosi limitato a richiedere quale suo elemento indefettibile che vi sia uno scambio di note scritte tra le parti.

Non si è neppure specificato se il termine per le note scritte debba essere unico o sfalsato per entrambe le parti. Si reputa perciò che in questo caso sia stata rimessa al prudente apprezzamento del giudice l'individuazione dei termini da assegnare tenuto conto della natura della causa e delle esigenze difensive delle parti.

Tale scarna previsione legislativa in tema di trattazione scritta ha indotto alcuni interpreti a ritenere non necessario o addirittura incompatibile con tale specifica modalità di udienza la redazione di un verbale da parte del giudice, non svolgendosi alcuna attività dinnanzi ad esso di cui occorra fornire una puntuale descrizione.

Si è anche rilevato che in caso di trattazione scritta il legislatore non ha neppure previsto un obbligo da parte del giudice di trovarsi fisicamente in Tribunale, precisazione introdotta dalla legge solo per l'udienza da remoto (L'obbligo della presenza in Ufficio del giudice per lo svolgimento dell'udienza da remoto è stato introdotto a seguito di una modifica apportata al D.L. n. 18/2020, così come convertito con l. 24 aprile 2020 n. 27, dal successivo D.L. 30 aprile 2020 n. 28 (in vigore dall'1 maggio 2020). Manca infatti una previsione analoga con riferimento alla trattazione scritta della causa.), il che renderebbe poco compatibile la verbalizzazione di un'attività che si svolge al di fuori delle aule del Tribunale.

Si è perciò ritenuto che il provvedimento adottato dal giudice “fuori dall'udienza” abbia la forma dell'ordinanza in quanto emessa all'esito del contraddittorio scritto tra le parti, salvo che per la peculiarità del rito debba emettersi un decreto motivato (si pensi ai provvedimenti adottati in materia di volontaria giurisdizione).

L'udienza infatti costituisce il giorno a partire dal quale potrà essere emesso il provvedimento da parte del giudice.

Altri commentatori invece sostengono che la redazione di un verbale di udienza di trattazione scritta sia, se non necessaria, quantomeno opportuna, potendo il giudice ivi dare atto dell'avvenuto deposito telematico delle note di udienza, del rispetto o meno del termine assegnato per tale deposito e del sintetico contenuto delle suddette note. In questo modo risulta effettivamente più agevole per la Cancelleria annotare l'esito dell'udienza al SICID (assunzione di riserva, precisazione delle conclusioni, etc.) e per le parti conoscere l'esito dell'udienza attraverso la visibilità del verbale nel fascicolo telematico della causa.

Si è segnalato, infine, che, in difetto di adozione immediata di un provvedimento da parte del giudice all'esito dell'udienza, il deposito telematico di un verbale di udienza eviterebbe (o comunque li renderebbe certamente irrituali e inammissibili) eventuali depositi tardivi di note difensive delle parti oltre l'ora o il giorno fissato per la trattazione scritta della causa.

Udienza da remoto. La normativa di riferimento

La disciplina dell'udienza da remoto, inizialmente prevista dall'ormai abrogato art. 2, comma 2, lett. f) del D.L. n. 11/2020, è oggi contenuta nell'articolo 83 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Cura Italia), poi convertito con L. n. 27 del 24 aprile 2020.

L'art. 83 comma 7, lettera f) consente, infatti, “lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all'assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione, mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All'udienza il giudice da' atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell'identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale”.

I provvedimenti del 10 marzo 2020, del 20 marzo 2020 e del 21 maggio 2020 del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia hanno individuato in “Skype for Business” e “Teams” i programmi utilizzabili per il collegamento da remoto.

In sede di conversione è stata aggiunta la lettera h-bis all'art. 83, comma 7, con cui è stata consentito lo svolgimento con collegamenti da remoto “tali da salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti” dell'attività degli ausiliari del giudice.

Quest'ultima disposizione ha omesso il richiamo agli strumenti individuati dal DGSIA sicché è controverso se possa l'ausiliario del giudice utilizzare altre piattaforme per il collegamento da remoto durante lo svolgimento delle operazioni peritali.

Ciò si reputa possibile, stante il mancato richiamo normativo, incontrando l'ausiliario quale condizione indefettibile per l'uso di strumenti di collegamento da remoto la necessità di assicurare la partecipazione effettiva delle parti salvaguardando il contraddittorio.

Il D.L. 28 del 30 aprile 2020, che ha prorogato sino al 31 luglio 2020, il termine entro cui saranno vigenti le modalità di celebrazione delle udienze da remoto ha inoltre introdotto l'obbligo della presenza del giudice nell'ufficio giudiziario. Si segnala l'ordinanza del Tribunale di Mantova del 19 maggio 2020 con cui il giudice estensore, rimettendo la questione alla Corte Costituzionale, ha censurato questa disposizione per contrasto con gli artt. 3, 32, 77 e 97 della Costituzione.

Ambito di operatività

Per espressa disposizione normativa all'udienza da remoto può farsi ricorso solo se debbano partecipare i difensori e le parti. È dunque possibile tale modalità di svolgimento dell'udienza per qualunque causa purché in presenza di tale esplicita condizione.

L'udienza da remoto sarebbe però da prediligere rispetto alla modalità alternativa della trattazione scritta di cui alla successiva lettera h) dell'art. 83 quando occorra un contatto più immediato tra il giudice e le parti e si manifesti un'esigenza di oralità nella trattazione della causa.

Per esempio, appare preferibile il ricorso all'udienza da remoto per i processi in materia di famiglia in cui si discuta della separazione e del divorzio dei coniugi e, in particolare, per le udienze presidenziali in cui occorra sentire direttamente le parti e tentare la conciliazione fra i coniugi; per le udienze di prima comparizione, per quelle di discussione orale della causa ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. o ai sensi dell'art. 429 c.p.c. per le cause locatizie o in tutti gli altri casi in cui la decisione debba essere assunta dal giudice dopo la discussione orale della causa.

Si discute se sia obbligatoria in queste ipotesi la lettura del dispositivo tramite collegamento da remoto al termine della camera di consiglio e se occorra acquisire da parte del giudice la rinuncia espressa delle parti a tale lettura.

Chi interpreta la legislazione emergenziale come integralmente derogativa alle regole del codice di rito, disciplinanti le modalità di svolgimento dell'udienza ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c. e 429 c.p.c., sostiene che non vi sia alcun obbligo da parte del giudice e che la mancata lettura del dispositivo non dia luogo ad alcuna nullità neppure relativa.

Risulta poi possibile, in quanto certamente compatibile con tale modalità di svolgimento dell'udienza, la pubblicazione del solo dispositivo al termine della camera di consiglio con indicazione in sentenza del termine per il deposito della motivazione quando si tratti di cause più complesse in armonia con la previsione codicistica di cui all'art. 429, comma 1, c.p.c.

Lo strumento dell'udienza da remoto appare poi idoneo quando debba svolgersi l'interrogatorio libero delle parti nelle cause di lavoro, per esperire il tentativo di conciliazione delle parti, per sentire le parti su una proposta conciliativa o anche per la discussione dei progetti di divisione dove la presenza dei condividenti e dei creditori intervenuti è prevista obbligatoriamente per legge (art. 789 c.p.c.)

Utile anche l'utilizzo dell'udienza da remoto per gli ATP, specie quelli conciliativi ai sensi dell'art. 696-bis c.p.c. e in tutti i casi in cui occorra un contraddittorio immediato tra le parti e il CTU dinnanzi al giudice sulle risultanze della consulenza tecnica depositata.

Per quanto concerne le udienze dinnanzi alla sezione specializzata agraria, lo strumento dell'udienza da remoto, sarebbe preferibile, prevedendo la legge un rito che impone la discussione orale dinnanzi ad un collegio composto da giudici specializzati e la lettura del dispositivo in udienza al termine della camera di consiglio.

1. ESPLETAMENTO DELLA PROVA TESTIMONIALE

Per come chiarito il legislatore ha previsto che all'udienza da remoto possa farsi ricorso solo se debbano partecipare i difensori e le parti.

Si ritiene, pertanto, non possibile in base alla legge l'uso di questo strumento nel caso in cui occorra l'audizione dei testimoni.

Si discute se la norma in questione sia imperativa o se sia possibile derogarvi in caso di consenso delle parti all'assunzione delle prove testimoniali mediante collegamento del teste da remoto.

Si reputa infatti che la mancata previsione espressa di ipotesi di nullità, conseguenti allo svolgimento dell'udienza da remoto al di fuori dei casi tipizzati dalla legge, renda possibile al giudice l'assunzione di prove orali anche con questa modalità a distanza sempre che lo scopo dell'atto possa intendersi realmente raggiunto ai sensi dell'art. 156 c.p.c.

Invero, anche in presenza di un consenso delle parti all'udizione da remoto di un teste, si imporrebbe per la validità della prova stessa l'adozione da parte del giudice di idonei accorgimenti di tipo organizzativo capaci di assicurare la genuinità della deposizione testimoniale.

Anche l'altra ipotesi, pure prospettata da taluni, dell'audizione del teste in presenza dinnanzi al giudice e con i difensori invece collegati da remoto appare di difficile applicazione pratica specie sotto il profilo tecnico.

Dovrebbe infatti essere messo a disposizione del testimone un computer distinto da quello del giudice per assicurare il distanziamento previsto dalla legge di almeno un metro e mezzo o il teste dovrebbe comparire fisicamente dinnanzi al giudice munito di un cellulare idoneo al collegamento da remoto nell'aula di udienza.

È certamente possibile, invece, in quanto rientrante nella previsione normativa di cui all'art. 83, comma 7, lett. f) l'espletamento della prova per interpello riguardando essa una parte del processo.

2. L'ASCOLTO DEL MINORE

Nei casi in cui il minore sia parte del procedimento è certamente possibile il suo ascolto in video collegamento. Si pensi ai processi minorili ex art. 330 e 333 cc. e ai sensi della L. 184/1983 o in caso di necessità di ascolto dei minori stranieri non accompagnati.

In alcuni protocolli di Tribunali per i Minorenni (si vedano protocolli di Milano e di Palermo) tale modalità di ascolto è stata prevista in caso di inserimento del minore in strutture comunitarie, prevendo che l'avviso dell'udienza venga dato al responsabile della comunità dove il minore è accolto o nei casi in cui abbia un curatore speciale o tutore, il collegamento da remoto avviene presso lo studio di questi se si tratta di professionista.

Si è segnalato che tale modalità di ascolto incontra però limiti significativi essendo spesso difficile cogliere comportamenti rilevanti del minore in quanto costui potrebbe essere inibito dallo schermo e non sentirsi pienamente libero di esprimersi dinnanzi al giudice.

L'ascolto del minore con queste modalità in quanto parte è possibile nelle ipotesi di procedimenti che si svolgono dinnanzi al giudice tutelare, ad esempio per l'apertura di tutele nei loro confronti e nei casi di interruzioni volontarie di gravidanza (in quest'ultima ipotesi avvalendosi della collaborazione del servizio di consultorio familiare per il collegamento).

3. L'ASCOLTO E LA CONVOCAZIONE DELL'AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO, TUTORE, CURATORE (ANCHE FALLIMENTARE O DELL'EREDITÀ GIACENTE)

Anche se l'art. 83, comma 7, lett. f) non lo prevede espressamente, tale strumento è certamente utilizzabile specie dopo la modifica della suddetta disposizione normativa avendo essa previsto il ricorso all'udienza da remoto nei casi in cui debbano partecipare i consulenti tecnici d'ufficio.

L'interpretazione estensiva del concetto di ausiliario porta perciò alcuni interpreti a ritenere possibile l'udienza da remoto per sentire amministratori di sostegno, tutori, curatori dell'eredità giacente e curatori fallimentari.

4. L'ACQUISIZIONE DI INFORMAZIONI

La modifica del d.l. in sede di conversione (L. n. 27/2020) ha previsto espressamente il ricorso all'udienza da remoto per l'acquisizione di informazioni presso la Pubblica amministrazione.

Le modalità di svolgimento dell'udienza da remoto

È innanzitutto il decreto di fissazione dell'udienza ad indicare le modalità di trattazione.

Il decreto contiene i seguenti “avvertimenti”: a) che la partecipazione sarà consentita ai difensori costituiti ed alle parti personalmente mediante collegamento alla stanza virtuale cliccando sul collegamento ipertestuale riportato nel provvedimento stesso; b)che le parti non ancora costituite con difensore e destinatarie di notificazione analogica del provvedimento, potranno accedere al fascicolo informatico mediante “richiesta di visibilità”, onde acquisire l'indirizzo telematico dell'aula virtuale, contenuto come link nel provvedimento di fissazione dell'udienza; c) che, nel corso dell'udienza, il giudice adotterà i provvedimenti previsti dalla normativa vigente per la mancata comparizione delle parti previa verifica della regolare comunicazione di cancelleria del provvedimento di fissazione dell'udienza contenente il link di collegamento.

Il decreto, inoltre, contiene l'invito ai difensori delle parti a depositare una nota contenente un recapito telefonico e un indirizzo mail attraverso i quali potranno essere contattati dal cancelliere in caso di malfunzionamento dell'applicativo utilizzato.

Il decreto è quindi comunicato, a cura della cancelleria, alle parti costituite.

Quanto alle parti non ancora costituite con un difensore, esse vengono a conoscenza delle modalità di trattazione (da remoto) della causa in quanto destinatarie di notificazione analogica del provvedimento stesso. È il caso del decreto che fissa la prima udienza di comparizione delle parti, in ipotesi di procedimenti instaurati con ricorso, con onere dell'istante di provvedere alla notifica del ricorso e del decreto alla controparte. La parte non ancora costituita (e destinataria della notifica analogica del provvedimento) potrà accedere al fascicolo informatico mediante “richiesta di visibilità” onde acquisire l'indirizzo telematico della stanza virtuale (contenuto come link nel decreto di fissazione dell'udienza).

Il giudice, coerentemente col generale potere di direzione dell'udienza, disciplina l'uso della funzione audio al fine di dare la parola ai difensori e alle parti. I partecipanti vengono invitati anche tenere attivata, per tutta la durata dell'udienza, la funzione video.

È vietata la registrazione dell'udienza e si dovrà dichiarare che non sono in atto, né da parte dei difensori né da parte dei loro assistiti, collegamenti con soggetti non legittimati.

I soggetti che possono partecipare all'udienza da remoto

All'udienza possono partecipare, oltre al giudice e alle parti personalmente (art. 83 comma 7 lett. f d.l. 18/2020), il cancelliere (art. 130 c.p.c.), i tirocinanti (art. 73 comma 6 d.l. 69/13 conv. in l. 98/13) e gli ausiliari (art. 83 comma 7 lett. f,d.l. 18/2020 conv. in l. 27/2020).

Non è esclusa la facoltà del difensore della parte di delegare alla partecipazione un sostituto (cfr, anche l'art. 14 comma 2 l. 247/2012). È in tal caso necessario che al sostituto sia stato comunicato il link di udienza per accedere alla stanza virtuale e che lo stesso sostituto attesti la delega da parte del titolare del mandato difensivo.

Alcuni protocolli adottati da diversi Tribunali di intesa con il COA locale hanno previsto l'audizione delle parti nelle loro abitazioni private senza che occorra perciò la loro presenza presso lo studio del difensore.

Tale possibilità, non affatto esclusa dalla norma disciplinante l'udienza da remoto, non è esente però da critiche, essendo stato manifestato il timore che senza il controllo del difensore non vengano assicurati pienamente la privacy e l'impegno di non registrare o di captare immagini.

Risulta infatti in questo caso più difficile verificare la presenza di soggetti estranei alla causa e soprattutto di minori.

Modalità di redazione e contenuto del verbale di udienza da remoto

Il legislatore non ha dato indicazioni specifiche in ordine alle modalità di redazione del verbale di udienza in caso di collegamento da remoto sicché il giudice potrà redigere il verbale sia in cartaceo sia tramite la Consolle del Magistrato o mediante programma di video scrittura.

Queste ultime appaiono le modalità più compatibili con il processo telematico anche perché è possibile in questo modo la condivisione sullo schermo del verbale e la sua visualizzazione contemporanea alle parti e ai difensori durante la celebrazione dell'udienza in video collegamento.

È preferibile comunque provvedere alla redazione in forma digitale del verbale di udienza, da depositarsi nel fascicolo telematico. La verbalizzazione è così curata utilizzando i sistemi in dotazione (consolle del Magistrato) e, terminata la verbalizzazione, il giudice ne dà lettura, firma digitalmente il documento e lo deposita in forma telematica.

L'art. 83, comma 7, lett. f) prevede che nel verbale si debba dare atto delle modalità con cui si accerta l'identità dei soggetti partecipanti (ad esempio mediante esibizione a video della carta di identità del soggetto). Per le parti del processo, la norma prevede che il giudice debba dare anche atto della loro libera volontà a partecipare all'udienza.

Il verbale, dunque, deve contenere le seguenti indicazioni minime:

1) che l'udienza si svolge mediante collegamento da remoto;

2) l'identificazione dei partecipanti;

3) la libera volontà delle parti;

4) l'eventuale presenza di tirocinanti.

Nel processo verbale, come avviene di regola anche in caso di udienza fisica, il giudice dà atto delle ulteriori operazioni compiute durante l'udienza

L'esibizione di documenti

Il difensore può esibire un documento mediante condivisione dello schermo. La “acquisizione” agli atti del fascicolo telematico del documento esibito richiede comunque il deposito telematico del documento stesso. Il difensore, dunque, una volta condiviso il documento può contestualmente mandare l'atto sul PCT e il cancelliere provvede alla relativa acquisizione.

Rapporto con la trattazione scritta

Il legislatore non ha imposto limiti particolari al giudice circa l'utilizzo dell'una o dell'altra modalità di udienza per uno stesso processo sicché non è affatto escluso che si alternino nell'ambito di uno stesso giudizio la trattazione scritta e da remoto a seconda che sia più funzionale l'uno o l'altro strumento in relazione al tipo di attività da svolgere.

Conseguenze processuali in caso di assenza delle parti all'udienza da remoto

Il legislatore non ha disciplinato espressamente le conseguenze processuali derivanti dal mancato video collegamento delle parti pur in presenza di una regolare comunicazione del decreto di fissazione dell'udienza da remoto.

In questa ipotesi, esigenze di coordinamento con la disciplina processuale ordinaria giustificano l'applicazione della disposizione di cui all'art. 309 c.p.c., sempre che non si riscontrino problemi tecnici di collegamento a seguito di segnalazione tempestiva fatta alla Cancelleria da parte dei difensori interessati.

Sarebbe però buona prassi l'inserimento nei decreti di fissazione delle udienze da remoto di indicazioni in ordine ai contatti principali del Tribunale (esempio indirizzi e-mail o telefonici della Cancelleria del giudice) che possano essere utilizzati dal difensore in caso di problemi tecnici di collegamento onde evitare di incorrere nelle conseguenze ricollegate dal codice di rito alla mancata comparizione delle parti.

Criticità e prospettive delle nuove regole di udienza

La centralità, nella specifica materia, del provvedimento organizzativo del Capo dell'Ufficio adottato ai sensi dell'art. 83, commi 6 e 7, D.L. 18/2020 e s.m.i. (provvedimento che individua, tra l'altro, le modalità di svolgimento dell'udienza nella c.d. fase 2 dal 16 aprile al 30 giugno e, dunque, sino al 31 luglio ex D.L. 28/2020), rende evidente l'eventualità di soluzioni differenziate nei diversi uffici giudiziari, con il rischio di “incertezze” (Per alcuni spunti v. Storelli F.M., Processo telematico e da remoto: l'udienza è smart, pubblicato il 4.5.2020 su www.iusinitinere.it) sulle regole processuali adottate, sia pure in un contesto emergenziale, nell'intero territorio nazionale.

Non è questa la sede per approfondire il valore, anche in rapporto con il sistema delle fonti, di questa “regolamentazione delegata” ai Capi degli Uffici in una materia riservata alla competenza esclusiva del legislatore nazionale.

Sembra tuttavia opportuno segnalare l'assenza, allo stato, di criteri univoci, non delineati a livello normativo, che tengano conto delle peculiarità, per ciò che in particolare attiene al processo civile, dei differenti riti, non incisi dalla legislazione dell'emergenza, cui continuano ad essere sottoposte le singole controversie.

Oltre alle difficoltà pratiche connesse alla celebrazione delle c.d. udienze da remoto relativamente ai processi che si svolgono dinanzi al giudice di pace – difficoltà, in parte, attinenti alle piattaforme informatiche messe a disposizioni dei detti Uffici e, in parte, collegate alla possibilità per la parte di stare in giudizio, entro certi limiti, personalmente e senza il ministero di un difensore – l'assenza di un efficace contatto tra le parti e il giudice, solo limitatamente assicurato dal collegamento da remoto, rischia di indebolire alcuni momenti essenziali della dialettica che caratterizza il processo civile, e ciò anche, se non soprattutto, ai fini di una possibile conciliazione della vicenda, attraverso lo strumento di cui all'art. 185-bis c.p.c. che ha trovato negli ultimi tempi una progressiva valorizzazione (Sul depotenziato contatto fra attore e convenuto con il metodo telematico da remoto, v. Di Florio A. e Leone M., Il processo di carta: dal “telematico” all'udienza da remoto, pubblicato il 24.4.2020 su www.questionegiustizia.it).

I limiti indicati, tuttavia, non sempre inducono a reputare preferibile, nel contesto emergenziale, l'ulteriore modello – quello della c.d. trattazione scritta – pure contemplato dal legislatore (Per una valorizzazione dell'udienza da remoto rispetto alla c.d. trattazione scritta, v. Valerini F., In difesa dell'udienza da remoto, articolo del 29.4.2020 pubblicato su www.judicium.it).

Se infatti la trattazione scritta – che si risolve, essenzialmente, in una udienza “figurata” e/o in una non-udienza (come parrebbe desumersi dal riferimento normativo al solo “scambio e … deposito in telematico di note scritte” alla “successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”) - si rivela soluzione assolutamente percorribile in quelle fasi per così dire “interinali” del processo (e/o susseguenti alla chiusura dell'istruttoria) in cui buona parte delle difese risultano già dispiegate dalle parti e “definite” anche in ragione delle preclusioni maturatesi (si pensi all'udienza successiva all'assegnazione dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., ovvero all'udienza di giuramento del CTU, ma si consideri anche l'udienza di precisazione delle conclusioni), residua una maggiore duttilità dello strumento del collegamento da remoto per tutte quelle udienze in cui occorre attuare un “confronto” tra le parti che, esclusa la presenza fisica all'interno dell'Ufficio per le esigenze di contenimento della diffusione del contagio (Covid-19), può, sia pure con i limiti indicati, essere recuperato con il video collegamento, tendenzialmente più in linea con i principi di immediatezza, oralità e concentrazione, i quali continuano a costituire, nonostante le significative spinte verso la dematerializzazione e digitalizzazione anche nell'amministrazione della giustizia, l'essenza del processo civile.

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