Il decreto Rilancio e il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni
29 Giugno 2020
Premessa
Si occupa del rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni l'art. 26 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. decreto Rilancio), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 19 maggio 2020. Come è noto tale decreto contiene ulteriori misure a sostegno delle imprese e dell'economia nazionale e interviene nel momento in cui si è intensificata la “fase 2”, avviata il 4 maggio 2020, con la riapertura generalizzata di tutte le attività economiche e il libero spostamento delle persone su tutto il territorio nazionale. Va subito detto che il decreto Rilancio non è certamente andato esente da critiche, non tanto per il suo contenuto, sul quale ciascuno potrà esprimere il proprio giudizio di merito, ma, in particolare, per la tecnica redazionale abborracciata, il suo tasso di complicazioni, la sua farraginosità, per la sua lunghezza “monstre” ed il continuo richiamo ed intreccio con altre norme e disposizioni alcune delle quali non ancora definitive e il rinvio a disposizioni attuative e regolamentari in fieri, al punto che uno dei maggiori esperti di diritto amministrativo, giudice emerito della Corte Costituzionale e già ministro della Funzione Pubblica, Sabino Cassese, si è spinto ad affermare che “il decreto Rilancio è stato scritto da persone che non conoscevano il diritto, la logica e il buon senso” (Il Sole 24 Ore, 9 giugno 2020). L'art. 26 del decreto in parola, che qui s'intende commentare, si compone di 21 commi e occupa la lunghezza di oltre 4 pagine. Sarà, dunque, necessario uno sforzo di sintesi e di semplificazione per cogliere l'essenza della disposizione, tenendo bene in mente che il decreto, com'è ovvio, deve ancora essere convertito dalle Camere, dove sono già stati preannunciati migliaia di emendamenti. È importante sottolineare che il possibile intervento statale e la concessione dei crediti d'imposta sono riservati (e, dunque, ulteriormente condizionati) alle società che potremmo definire, in modo icastico, virtuose.
Le nuove misure previste dal Governo si applicano agli aumenti di capitale di tutte le società di capitali, ivi incluse le società europee e le società cooperative europee, aventi sede legale in Italia, regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese, con esclusione degli intermediari finanziari, società di partecipazione finanziaria e società che esercitano attività assicurative, vale a dire, le società che non operano nei settori bancario, finanziario ed assicurativo. Poiché i benefici in parola sono rivolti alle imprese di medie dimensioni, sono state previste diverse condizioni di accessibilità per le quali le società interessate:
Inoltre, come anticipato in premessa, per godere appieno dei benefici finanziari e fiscali previsti dall'art. 26 in commento, le società interessate devono altresì soddisfare le seguenti condizioni: a) alla data del 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle “imprese in difficoltà” (la definizione di “impresa in difficoltà” è contenuta nel regolamento (UE) n. 651/2014, articolo 2, numero 18: «impresa in difficoltà»: un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze: a) nel caso di società a responsabilità limitata (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell'ammissibilità a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell'intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate. Ciò si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto. Ai fini della presente disposizione, per «società a responsabilità limitata» si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato I della direttiva 2013/34/UE (1) e, se del caso, il «capitale sociale» comprende eventuali premi di emissione; b) nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società (diverse dalle PMI costituitesi da meno di tre anni o, ai fini dell'ammissibilità a beneficiare di aiuti al finanziamento del rischio, dalle PMI nei sette anni dalla prima vendita commerciale ammissibili a beneficiare di investimenti per il finanziamento del rischio a seguito della due diligence da parte dell'intermediario finanziario selezionato), qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate. Ai fini della presente disposizione, per «società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società» si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato II della direttiva 2013/34/UE; c) qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori; d) qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione; e) nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni: 1) il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5; e 2) il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0”).
b) si trovano in situazione di regolarità contributiva e fiscale; c) si trovano in regola con le disposizioni vigenti in materia edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente; d) non rientrano tra le società che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea; e) non siano state sottoposte all'applicazione con provvedimento definitivo di una delle misure di prevenzione previste dall'art. 67 del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159; f) nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo non sia intervenuta condanna definitiva, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia d'imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici [(ai sensi dell'art. 12, comma 2, del D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) e non n. 7 come erroneamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale]; g) solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI (di cui appresso), il numero di occupati non deve superare le 250 persone. Il Fondo Patrimonio PMI. Il pari passu pubblico-privato
Per dare rilancio al sistema economico-produttivo italiano, il Governo ha costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno 2020, un nuovo fondo denominato “Fondo Patrimonio PMI”, affidato ad una società pubblica avente la finalità di sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 ed entro i limiti della dotazione del Fondo, obbligazioni o titoli di debito (“Strumenti finanziari”) emessi da società di medie dimensione (con un fatturato compreso tra 10 e 50 milioni di euro e con un numero di occupati inferiore a 250 persone e che si siano dimostrate virtuose). La gestione del Fondo è affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A., Invitalia, o da società da questa interamente controllata. In questo modo lo Stato, senza mai entrare a far parte della compagine sociale, ha approntato un sistema con il quale intende favorire ed incentivare la (ri)capitalizzazione ed il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni mediante il meccanismo del “pari passu”, in forza del quale ad ogni “passo o mossa” dei soci (aumento di capitale) corrisponde un “passo o mossa” dello Stato (sottoscrizione di obbligazioni o titoli di debito).
Sono, tuttavia, previsti numerosi limiti. Innanzitutto, l'ammontare massimo sottoscrivibile dal Fondo è pari al minore importo tra tre volte l'aumento in denaro del capitale sociale effettuato entro il 31 dicembre 2020 (che non deve essere inferiore a 250.000,00 euro) e il 12,5% dell'ammontare dei ricavi conseguiti nel 2019 (che devono essere compresi tra 10 e 50 milioni di euro). Tanto per dare un'idea, l'apporto massimo dello Stato non potrà essere, in ogni caso, superiore a 6.250.000,00 euro. Qualora la società fosse beneficiaria di finanziamenti assistiti da garanzia pubblica (come quelli previsti del c.d. Decreto Liquidità) o di aiuti sotto forma di tassi d'interesse agevolati (sempre nell'ambito di aiuti di stato in relazione all'emergenza Covid-19), la somma di tutti gli aiuti, compresa la sottoscrizione da parte di Invitalia di obbligazioni e titoli di debito, non potrà superare il maggiore tra il 25% dell'ammontare dei ricavi conseguiti nel 2019, il doppio dei costi del personale relativo sempre al 2019 e il fabbisogno di liquidità per i diciotto mese successivi alla concessione della misura di aiuto, come risultante da un'autocertificazione del legale rappresentante della società.
Caratteristiche degli strumenti finanziari sottoscritti dal Fondo e sua dotazione
Le emissioni dei prestiti obbligazionari non sono soggette ai limiti previsti dall'art. 2412 c.c. e, pertanto, possono superare il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili. Nulla è detto a proposito dei titoli di debito che possono essere emessi dalle società a responsabilità limitata perché, com'è noto, l'ammontare dell'emissione di tali strumenti finanziari non soffre alcuna limitazione. Il rimborso dei prestiti deve avvenire entro sei anni dalla sottoscrizione, anche in via anticipata, decorsi almeno tre anni dalla sottoscrizione. Nel caso in cui la società fosse soggetta a fallimento o a qualunque altra procedura concorsuale, i crediti del Fondo per capitale ed interessi sono soddisfatti dopo tutti i crediti chirografari ma prima dei crediti dei soci per i finanziamenti a favore della società, previsti dall'art. 2467 c.c. Con apposito decreto ministeriale saranno definite le caratteristiche, condizioni e modalità del finanziamento e degli strumenti finanziari. Gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in un'unica soluzione alla data del rimborso. Il plafond è inizialmente di quattro miliardi di euro per l'anno 2020 (al lordo delle spese di gestione del Fondo stesso).
La società emittente assume una serie di obblighi a tutela dell'investimento statale:
A tutti i soci che effettuano un conferimento in denaro, in una o più società, a seguito di un aumento di capitale, spetta un credito d'imposta pari al 20% dei conferimenti in denaro a condizione che la partecipazione rinveniente dal conferimento sia posseduta fino al 31 dicembre 2023 (sembrerebbe: senza soluzione di continuità). L'ammontare massimo del conferimento che dà diritto al credito d'imposta non può eccedere i due milioni di euro (con la conseguenza che l'importo massimo del credito d'imposta è di quattrocentomila euro). La distribuzione di riserve di qualsiasi tipo, prima del 31 dicembre 2023, comporta la decadenza dal beneficio e l'obbligo di restituire l'ammontare utilizzato, con gli interessi legali. Il credito d'imposta spetta all'investitore che abbia ottenuto dalla società conferitaria una certificazione che attesti che quest'ultima non ha superato il limite dell'importo complessivo agevolabile previsto nella misura massima di ottocentomila euro (salvo limiti inferiori per imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura e nel settore della produzione di prodotti agricoli), ovvero, se superato, l'importo per il quale spetta il credito d'imposta.
Non si può, tuttavia, non osservare che se è previsto il divieto di distribuzione di riserve di qualsiasi tipo, nulla è detto con riferimento all'eventuale distribuzione di utili, che, dunque, appare ammissibile. Non si capisce perché sono escluse dal credito d'imposta le società controllanti, controllate e collegate alla società conferitaria, limitando il beneficio fiscale ai soli soci persone fisiche. Criptica appare la disposizione che prevede la decadenza dal beneficio fiscale qualora la società conferitaria distribuisca riserve di qualsiasi tipo prima del 31 dicembre 2023, lasciando i soci persone fisiche alla mercé delle decisioni delle società controllanti che, stando al dato letterale normativo, non hanno diritto al alcun credito d'imposta e possono imporre alla società controllata la distribuzione di riserve, senza ricevere alcun nocumento di natura fiscale.
Il secondo beneficio fiscale è previsto a favore della società conferitaria (oggetto dell'aumento di capitale) e consiste nel riconoscimento, con l'approvazione del bilancio 2020, di un credito d'imposta pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino alla concorrenza del 30% dell'aumento di capitale eseguito entro il 31 dicembre 2020. La distribuzione di riserve di qualsiasi tipo da parte della società, prima del 1° gennaio 2024, comporta la decadenza dal beneficio e l'obbligo di restituire l'importo, con gli interessi legali. Il predetto credito d'imposta è utilizzabile in compensazione a partire dal decimo giorno successivo a quello della presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'effettuazione dell'investimento, non concorre alla formazione dell'imponibile Ires e Irap e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, Tuir. Da ultimo, il credito d'imposta non è nemmeno soggetto ai limiti di compensazione di 250 mila euro per quelli indicati nel quadro Ru della dichiarazione dei redditi (art. 1, comma 53, L. 24 dicembre 2007, n. 244) e di 1 milione di euro (art. 34, L. 23 dicembre 2000, n. 388). Per la fruizione dei crediti d'imposta in parola, è previsto un limite di spesa, un plafond, di due miliardi di euro. È importante ricordare che per accedere a tali benefici fiscali la società deve risultare virtuosa, non rientrando, cioè, nella categoria delle imprese in difficoltà e risultare in regola con tasse, contributi e quant'altro, come illustrato nei paragrafi precedenti.
I due crediti d'imposta, rispettivamente previsti nei commi 4 e 8 dell'art. 26 in commento si cumulano tra loro e con eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate e, come già detto, il loro importo complessivo lordo non può eccedere, per ciascuna società beneficiaria, l'ammontare di ottocentomila euro o i minori importi previsti per società operanti in alcuni specifici settori, con l'ovvia conseguenza che, ai fini della verifica del rispetto dell'ammontare massimo, sarà necessario sommare al credito d'imposta a favore dei soci il credito d'imposta previsto a favore della conferitaria. L'efficacia delle misure previste dall'art. 26 del decreto Rilancio è subordinata all'autorizzazione della Commissione Europea perché sia gli interventi finanziari sia le agevolazioni fiscali ricadono nell'ambito di quelle considerate nella Comunicazione della Commissione “Quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del Covid-19”.
In conclusione
Al di là delle numerose problematiche riferibili alla tecnica redazionale adottata che rende estremamente difficile e, spesso, criptica, l'analisi del testo, e volendo prescindere dalle dotazioni, dai limiti di spesa previsti e dalle condizioni di ammissibilità e fruibilità imposte sia ai soci sia alle società conferitarie, che potrebbero apparire, in piena emergenza Covid-19, ampiamente discutibili, il pari passu pubblico-privato appare molto interessante per la sua caratteristica premiale, incentivando i comportamenti assertivi dei soci (bisognerà attendere la conversione in legge del decreto Rilancio per verificare se taluni benefici potranno essere estesi anche ai soci società e non solo ai soci persone fisiche, come sembrerebbe attualmente) sia con misure di natura finanziaria sia fiscale delle quali lo Stato si farà carico. L'auspicio è che tali misure, soprattutto da un punto di vista programmatico, possano gettare le basi per una rinnovata collaborazione tra pubblico e privato, superando positivamente le sabbie mobili degli aiuti di Stato.
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