Può essere depositato telematicamente l’atto processuale non in regola con la normativa tributaria

Andrea Ricuperati
30 Giugno 2020

Non è rifiutabile dal cancelliere l'atto introduttivo del processo, che venga depositato con modalità telematica senza essere accompagnato dalla ricevuta di versamento dell'importo prescritto dall'art. 30, comma 1, del D.P.R. 30.5.2002, n. 115 (cd. marca da € 27).
Massima

Non è rifiutabile dal cancelliere l'atto introduttivo del processo, che venga depositato con modalità telematica senza essere accompagnato dalla ricevuta di versamento dell'importo prescritto dall'art. 30, comma 1, del D.P.R. 30.5.2002, n. 115 (cd. marca da € 27).

Il caso

Tizio e Caia proponevano dinanzi alla Corte d'Appello di Venezia gravame avverso la sentenza del Tribunale di Rovigo, che aveva dichiarato inammissibile l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso a loro carico su ricorso della banca Alfa.

L'iscrizione a ruolo della causa di appello veniva richiesta in via telematica il decimo giorno successivo alla notifica della citazione di II grado.

La Cancelleria della Corte veneziana rifiutava il deposito in questione, sulla base del disposto del quarto comma dell'art. 285 del D.P.R. 30.5.2002, n. 115, adducendo non essere stata depositata in sede di iscrizione la marca (dell'ammontare di € 27,00) dovuta ai sensi dell'art. 30, comma 1, dello stesso D.P.R. n. 115/2002.

A questo punto l'iscrizione era reiterata dopo la scadenza del termine decadale di legge.

Con sentenza del 18 luglio 2017 il Collegio rigettava l'istanza di rimessione presentata dagli appellanti ex art. 153, comma 2, c.p.c. e dichiarava inammissibile l'impugnativa, con ogni corollario in punto spese di lite.

I soccombenti ricorrevano per cassazione contro tale provvedimento, lamentando – per quanto qui interessa – (i) la carenza in capo al Cancelliere di Venezia di attribuzioni giurisdizionali in punto asserito inadempimento dell'obbligo tributario e (ii) la falsa applicazione del disposto dell'art. 285, quarto comma, del D.P.R. n. 115/2002, che avrebbe dovuto essere ignorato nel caso di iscrizione a ruolo di natura telematica.

La questione

Il Supremo Collegio, dopo aver analizzato e respinto l'eccezione di tardività del ricorso (stante la tempestività della notifica via PEC, pur successiva alle ore 21, alla luce della sentenza n. 75/2019 della Corte costituzionale dichiarativa dell'illegittimità dell'art. 16-septies D.L. 18.10.2012, n. 179), si è chiesto se l'irregolarità fiscale dell'iscrizione della causa a ruolo – in quanto effettuata senza la cd. marca da bollo da € 27,00 – la renda o meno irricevibile.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha fornito al quesito risposta negativa, affermando che – come ritenuto dal Ministero della Giustizia con la nota 4.9.2017, n. 164259, della Direzione generale della Giustizia civile del Dipartimento per gli Affari di Giustizia – il disposto dell'art. 285, quarto comma, del D.P.R. n. 115/2002 non trova applicazione quando la parte si avvalga dello strumento informatico per costituirsi in giudizio, in quanto la fattispecie ricade sotto la disciplina cogente dell'art. 16-bis, settimo alinea, del D.Lgs. n. 179/2012: poiché ai sensi di tale ultima norma il deposito con modalità telematiche si perfeziona nel momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata attraverso cui viene trasmessa la busta recante l'atto processuale, “non residua […] alcuno spazio per un rifiuto” da parte del cancelliere.

Alla luce dei suestesi rilievi, il Supremo Collegio ha accolto l'impugnativa, con rinvio alla Corte d'Appello di Venezia in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Osservazioni

Giova ricordare che, ai sensi dell'art. 30, comma 1, D.P.R. n. 115/2002, “La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l'assegnazione o la vendita di beni pignorati, anticipa i diritti, le indennità di trasferta e le spese di spedizione per la notificazione eseguita su richiesta del funzionario addetto all'ufficio, in modo forfettizzato, nella misura di euro 27, eccetto che nei processi previsti dall'articolo unico della legge 2 aprile 1958, n. 319, e successive modificazioni, e in quelli in cui si applica lo stesso articolo.”; mentre “Il funzionario addetto all'ufficio annulla mediante il timbro a secco dell'ufficio le marche, attesta l'avvenuto pagamento sulla copia o sul certificato, rifiuta di ricevere gli atti, di rilasciare la copia o il certificato se le marche mancano o sono di importo inferiore a quello stabilito.” (art. 285, comma 4, del D.P.R. n. 115/2002).

L'ordinanza in commento si colloca nel medesimo solco interpretativo dell'identico provvedimento adottato dalla I Sezione civile della Corte di Cassazione tre mesi prima (n. 5372 del 27 febbraio 2020): entrambi valorizzano – condivisibilmente - la circostanza che la norma censurata è stata “introdotta allorché era previsto il solo deposito cartaceo degli atti”.

Qui val la pena di aggiungere:

(i) che, nel contesto di un processo di natura analogica, il rifiuto opposto dal cancelliere è in pratica privo di effetti deleteri per la parte incorsa nell'omissione, in quanto ad essa viene posto rimedio in tempo quasi reale (mediante l'acquisto e l'apposizione della marca da bollo), senza quindi che possano maturare decadenze (se non nella remotissima ipotesi in cui la vicenda si concreti l'ultimo giorno utile per l'adempimento e nell'imminenza della chiusura dell'ufficio); mentre usualmente nell'àmbito del processo telematico intercorre almeno un giorno lavorativo fra il recapito della cd. terza PEC (= quella relativa all'esito dei controlli automatici informatizzati) e l'apertura della busta a cura del cancelliere;

(ii) che nell'ordinamento italiano costituisce regola generale quella secondo la quale la violazione della legge tributaria non comporta – salvo espressa eccezione (v. l'art. 1, comma 346, della L. 31.12.2004, n. 311) – conseguenze civilistiche negative come nullità o simili.

Qualche perplessità, invece, sia lecito sollevare con riguardo al convincimento in base a cui il cancelliere non avrebbe alcun margine di intervento caducativo del deposito telematico: è noto, invero, che il canone dettato dall'art. 16-bis, comma 7, del D.L. n. 179/2012 appare soggetto alla condizione risolutiva (implicita) insita nella mancata accettazione dell'ufficio; anche se eventuali errori commessi da quest'ultimo sono suscettibili di correzione attraverso specifico ordine dell'autorità giudicante di “mutare lo stato del deposito da rigettato ad attesa di accettazione mediante apposita richiesta al servizio di assistenza del CISIA per poi procedere all'acquisizione nel relativo procedimento secondo le indicazioni del giudice” (cfr. ad esempio Trib. Torino, ord., 13 maggio 2016).

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