L'angelo custode, gli infortuni e le infezioni nell'assicurazione privata

Enzo Ronchi
01 Luglio 2020

In epoca anteriore ai “fatti Covid-19” nessuno Specialista in Medicina Legale avrebbe mai ritenuto che contrarre una infezione (sia essa virale, batterica o parassitaria) potesse configurare infortunio indennizzabile ai sensi di polizza ..
Premessa

In epoca anteriore ai “fatti Covid-19” (e anteriore al D.L. n.18 del 17 marzo 2020, art. 42 comma 2, convertito nella legge n. 27 del 24 aprile 2020; e alla Circolare INAIL n. 13 del 03.04.20 secondo cui «in questi casi … la causa virulenta (è) equiparata a quella violenta») nessuno Specialista in Medicina Legale avrebbe mai ritenuto che contrarre una infezione (sia essa virale, batterica o parassitaria) potesse configurare infortunio indennizzabile ai sensi di polizza (a prescindere, ovviamente, dalle specifiche estensioni di garanzia). E, a memoria, lo scrivente non ricorda un solo caso (incontrato personalmente o narrato da altri) in cui uno specialista medico legale lo abbia sostenuto.

Il contributo di Autori in dottrina

Su quest'ultimo punto lo scrivente si sente confortato dal contributo di Marco Rossetti comparso in Rivista Assicurazioni (“L'assicurazione e l'emergenza Covid”), con specifico paragrafo (n.7) dedicato alla polizza privata infortuni in cui non è menzionata una sola sentenza di merito o di legittimità; e nel quale il noto, autorevole Magistrato conclude affermando che «in una generale pratica interpretativa ex art. 1368 c.c., nei contratti di assicurazione della persona la malattia è una cosa e l'infortunio un'altra; ed un infezione virale rientra nella prima categoria».

E, a proposito dell'art. 42 D.L n. 18/2020, che ha esteso la copertura INAIL per infortunio del lavoro all'ipotesi di contagio da Covid-19, il Rossetti esclude che la garanzia medesima possa valere nell'assicurazione privata (concorde con M. Hazan in Polizza infortuni e Covid-19, spunti di riflessione, Insurance Daily 10.04.2020 n. 1733; e con L. Mastroroberto Polizza infortuni e infezione da Covid-19 nel D. Leg. 18/2020 e nella circolare INAIL n. 3675/2020, Ridare, maggio 2020).

Anche se, in vero, tra le motivazioni portate dall'Autore stesso se ne trovano alcune che, a prima vista, destano perplessità quantomeno sul piano medico legale. In particolare (7.2.4) laddove così si esprime: «Pertanto una volta che la polizza infortuni definisse l'infortunio come l'evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni corporali, ne risulta esclusa la malattia infettiva, perché manca l'elemento della violenza e quello della lesione: e nulla rileva che il legislatore a tutt'altri fini abbia iscritto le conseguenze del contagio tra le garanzie apprestate dall'INAIL».

Si tornerà, poco oltre, sul significato attribuito dal Rossetti alla “violenza” e alla “lesione”, non senza aver considerato le riflessioni proposte dal giurista G. Miotto nel suo contributo su questa Rivista (17.06.20 Assicurazione privata contro gli infortuni e COVID 19).

Il comune cittadino

A questo punto, lo scrivente vorrebbe permettersi di invitare il lettore a dimenticare, per un momento, le interpretazioni giuridiche e ad indossare i panni del comune cittadino che, intendendo sottoscrivere privatamente una polizza contro gli infortuni si impegna ad esaminare il testo del contratto che la Società Assicurativa gli sottopone (essendo peraltro ignaro dell'interessante confronto animatosi anche su questa Rivista).

Ebbene, il sottoscritto darebbe per certo che quel cittadino, che diligentemente ha esaminato il testo, vedrà nell'infortunio come definito nel contratto, proprio il rischio verso cui sta cercando protezione, cioè quello corrispondente all'accezione del “comune uomo della strada”. Non si stupirebbe affatto di non trovare ricompresi i rischi legati a malattie cagionate da virus, batteri, funghi, parassiti, pure possibili oggetto di copertura assicurativa ma con separato contratto, o con unica stipula ma con integrazione di premio. In buona sostanza il comune assicurando prefigura l'infortunio come una lesività prodottasi per estrinsecazione/applicazione di energia fisica o chimica. Ferme restando le eventuali delimitazioni ed estensioni di garanzia previste nel contratto, si ricorda che le lesività da energia fisica possono distinguersi nei sotto-gruppi da energia meccanica, barica, termica, elettrica e radiante; e quelle da energia chimica, in chimica propriamente detta, biochimica o combinata (A. Cazzaniga, C.M. Cattabeni, R. Luvoni, R. Zoja, Compendio di Medicina Legale e delle Assicurazioni ed. Utet 2006, 91-92).

E lo stesso cittadino, ora reso edotto (quanto basta) della configurabilità di ogni infezione (ad esempio da virus Covid-19) quale infortunio indennizzabile, se ne meraviglierebbe non poco e financo se ne potrebbe compiacere.

Il Concilio di Trento formalizzò il dogma del buon angelo custode che regna e governa ciascuno di noi, ma lo scrivente non si sentirebbe di escludere che in ognuno si possa nascondere anche un piccolo demone pronto a mettere a tacere l'angelo ed a suggerire di abbandonare il convincimento che aveva maturato a proposito di infortunio al momento della sottoscrizione del contratto e, a fronte di certa infezione che avrebbe ritenuto essere malattia, presentare richiesta di indennizzo per inabilità temporanea e/o invalidità permanente e/o spese sanitarie, in nesso causale con infortunio (nella stessa direzione, l'angelo spingerebbe gli eredi in caso di morte).

E il principio di “buona fede” ex art.1366 c.c. dei contraenti? Lo valuterà il Giudice.

La Società Medico Legale del Triveneto, nel merito ha diffuso in rete un Documento Tecnico Operativo in cui, prima di concludere a favore dell'equiparazione infezione=infortunio, si afferma che «Secondo il sentire dell'uomo comune il termine infortunio corrisponde … ad un qualsiasi evento sfortunato, imprevisto e tale da determinare, in modo improvviso e fortuito, una disgrazia o sventura …».

Invero, non par di trovare una tale estensione nel dizionario Devoto Oli («Incidente involontario, caso sfortunato che provoca un danno, spec. fisico: subire un i. Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro»); né in quello Treccani (Evento spiacevole o funesto; sventura, disgrazia: ne' pubblici infortuni ... si vede sempre un aumento, una sublimazione di virtù –Manzoni-. Nell'uso com., evento accidentale con effetto lesivo e talvolta letale: subire un i.; essere vittima di un i.; prevenzione degli i.; assicurazione degli o contro gli i.; un i. sul lavoro, caratterizzato dalla causa violenta, dall'occasione di lavoro e dalla morte o inabilità del soggetto che lo ha subìto. In senso eufem. e scherz., un i. sul lavoro, gaffe, mossa sbagliata, soprattutto in quanto possa ledere la reputazione o la credibilità della persona che vi incorre; con sign. sim., i. tecnico, che indica piuttosto una sconfitta, un insuccesso …).

È certo, poi, che secondo il sentire comune anche un infarto miocardico o una neoplasia sono vissuti come “disgrazia o sventura”, avversità del destino: ma sono da tutti considerati malattia e non infortunio.

La potenziale “sinistrosità”

Ed è giunto ora il momento di evidenziare ai lettori non-medici di questa Rivista quale sarebbe il volume della “sinistrosità” ove si ritenesse corretto far ricomprendere le infezioni (in generale e ferme restando le eventuali, specifiche estensioni di garanzia) nella definizione di infortunio in polizza privata.

Possono penetrare nell'organismo dall'esterno, accidentalmente e in termini cronologicamente concentrati (cioè con “violenza”, come comunemente inteso in ambito medico legale e di cui si dirà ) svariati tipi di virus, batteri, funghi e parassiti.

Tra i virus: quelli influenzali epidemici a carico delle vie respiratorie e del tratto gastrointestinale; quelli esantematici ma con possibile coinvolgimento encefalo-mielitico come il paramyxovirus del morbillo; quelli delle epatiti A/B/C; quelli neurotropi causativi di forme di meningo-encefalite e quelli condizionanti emorragie (come l'ebola), spesso trasmessi per il tramite di zanzare, zecche, artropodi (ma per solito vi sono specifiche esclusioni di garanzia); quelli determinanti pleuro-pericarditi e miocarditi; per non dire del virus Hiv dell'AIDS e dei vari coronavirus; ecc.

Tra gli agenti batterici principali: gli pneumococchi (polmoniti e meningiti); i meningococchi (meningiti); i corinebatteri (difterite); i micobatteri (b. di Koch, tubercolosi); le legionelle; i coli; le salmonelle (tifo); le clamidie; i treponemi (sifilide); ecc.

Tra le micosi: candidiasi, aspergillosi, mucormicosi, fusariosi, atte a portare polmoniti con possibili localizzazioni extra-polmonari (anche se, invero, in genere colpiscono soggetti immuno-compromessi per altre patologie, tale per cui viene meno il diritto all'indennizzo per palese difetto di causalità diretta ed esclusiva, in questo aspetto della problematica volutamente qui non si vuole entrare).

Tra i parassiti: elminti (vermi); e varie specie di protozoi condizionanti malattie sistemiche quali malaria, leishmaniosi, tripanosomiasi, ecc.

E quanto sopra costituisce elenco che non ha certamente pretese di esaustività. Metaforicamente, par di vedere un'enorme massa di acqua che, sfondata la diga eretta in montagna, si riversa a fondo valle. La vertiginosa espansione delle denunce finirebbe col far lievitare in misura inaccettabile i premi e renderebbe il prodotto avvicinabile solo ad una ristretta élite, così vanificandosi la funzione anche socio-economica del prodotto. L'Inail che gestisce un'assicurazione obbligatoria con evidente finalità sociale, può “accontentarsi” della presunzione circa l'accadimento di un evento come l'infezione da Covid-19; ma ciò non si può pretendere dall'assicuratore privato che si colloca nella comprensibilissima logica del profitto quando vende il prodotto stesso: e se non ne traesse, abbandonerebbe il ramo senza esitazioni, come avvenuto per buona parte nel settore r.c. “ospedaliera” (le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti).

Per non dire delle criticità di cui soffrirebbe il “ramo malattia” nell'assicurazione privata: in tale contesto, infatti, gli assicurati potrebbero vedersi respinte le richieste di indennizzo per pretesa configurazione dell'evento quale infortunio: e si finirebbe così nel paradosso, nell'assurdo!

L'interpretazione medico legale e giuridica della definizione di infortunio

Tornando alla interpretazione dei termini definitori di infortunio nell'assicurazione privata, si ricorda che esso è generalmente inteso come «evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna, che produca lesioni fisiche oggettivamente constatabili le quali abbiano per conseguenza la morte, un'invalidità permanente oppure un'inabilità temporanea»; e si è detto, più sopra, delle perplessità suscitate dalle espressioni del Rossetti secondo cui nel contagio da Covid-19 mancano i pregiudiziali elementi della “violenza” e della “lesione”, qualificanti l'infortunio ai sensi di polizza.

In vero, proprio con riferimento all'infezione Covid-19 la lesione corporale è di tutta evidenza, con alterazioni anatomo-patologiche e disfunzioni d'organo causative di inabilità temporanea e potenzialmente capaci di esitare in invalidità permanente e portare anche al decesso; e circa la “violenza”, è non meno evidente che l'Autore non intenda subire passivamente la classica dottrina medico legale secondo cui, da “sempre”, essa è da identificare nella “concentrazione cronologica”, tale per cui non conta che l'energia meccanico-cinetica, termica, elettrica, ecc., abbia superato una certa “soglia di intensità” (posto che sarebbe impossibile stabilirne un cut-off anche solo convenzionale, secondo le diverse unità di misura) ma solo che si sia estrinsecata in un tempo cronologicamente ristretto; e diversamente, laddove si trattasse di energia applicata sul corpo umano con modalità “diluita nel tempo”, si configurerebbe ciò che non è infortunio, cioè “malattia” come definita nell'assicurazione privata. Così anche nella gestione Inail che, per ammettere ad indennizzo gli infortuni caratterizzati, ad esempio, da inalazione di gas o da congelamento, intende la concentrazione cronologica nel non-superamento di un turno di lavoro.

Ne deriva che la “lettura” data da alcuni Autori medico legali (in Ridare maggio 2020: R. Zoja, SARS-Co.V2 ed infortunio nell'assicurazione privata: annotazioni medico-legali; E. Pedoja, Interpretazione dell'art.42, comma 2, d.l. n.18/2020 in contesto di polizza privata: momento di riflessione medico giuridica) a proposito dei noti tre requisiti della causa (e segnatamente della violenza), in sé e per sé non sembra irragionevole.

Tale interpretazione (che, per le ragioni dette, porterebbe criticità e situazioni paradossali nelle assicurazioni private) è peraltro da ritenere confondente in quanto richiama e concentra l'attenzione dell'interprete soltanto sui tre requisiti e lo allontana dal concetto di “evento”. Questo costituisce il primo anello della catena causale di cui l'assicurato deve dare prova. Superata la pregiudiziale sull'evento, la verifica deve poi cadere sulla causalità nei suoi tre requisiti.

Perché possa qualificarsi infortunio, l'evento non deve essere un atto comune della vita ed il preciso, concentrato momento in cui il virus entra nell'organismo lo si riconosce mentre la persona, appunto, è impegnata in un atto comune della vita: nulla di anomalo nella gestualità di stringere la mano a taluno, di “subirne” l'espirio o altro. Esemplificando per altri agenti patogeni, nulla di anomalo nell'ingerire un alimento o praticare un atto sessuale, ecc.: atti comuni della vita e non eventi-infortunio. E non a caso, giustamente l'assicuratore esige che la denuncia descriva ora, giorno, mese, anno, modalità di accadimento dell'evento, circostanze che la Società di Assicurazioni ha diritto di verificare, credere, ritenere plausibili, contestabili o non rigettabili. Per il caso di agenti infettanti come causa di infortunio, si rischierebbe di assistere alla produzione di denunce riconducibili a letteratura fantastica.

In alcuni prodotti assicurativi, è ritenuto indennizzabile l'evento “sforzo” con relative, specificate conseguenze. Ma secondo la prevalente interpretazione medico legale, questo va distinto dall' “atto di forza”, non ritenuto evento-infortunio, proprio perché considerato atto comune della vita (il distinguo fra le due fattispecie ha non poco affaticato gli Autori medico legali in dottrina).

Se l'infezione, qualsivoglia, è penetrata attraverso una ferita, è comprovabile l'evento che ha cagionato la ferita stessa e perciò ne sono indennizzabili le conseguenze lesive (così anche nella citata opera di Cazzaniga e Coll); lo stesso dicasi per il caso di puntura di insetto o morso di animale: l'assicuratore “se ne fa una ragione” ed ammette, in deroga, per contratto, l'indennizzo in questi casi (con tutte le possibili modifiche nei vari e diversi contratti).

Dunque, si direbbe che, fatte salve specifiche previsioni di polizza, in generale le infezioni non sono qualificabili come infortunio nell'interpretazione medicolegale, in quanto si realizzano in occasione di eventi che costituiscono atti comuni della vita.

Gli argomenti così portati contro la indennizzabilità delle infezioni nella garanzia assicurazione privata contro gli infortuni, sono incontrovertibili sul piano medico legale? Dubbi ne sorgono: ma solo laddove si voglia ritenere immutabile, intoccabile l'equivalenza violenza=concentrazione-cronologica di cui alla Medicina Legale più tradizionale.

Infatti, Questa potrebbe obiettare che ciò che trasforma l'atto comune della vita in “evento” di rilievo contrattuale, è l'incontro dello stesso con una “causa fortuita, violenta ed esterna”. L'incontro con una buca può trasformare una tranquilla passeggiata in giardino (atto comune della vita) in un infortunio perché in quel preciso tempuscolo sulla caviglia della persona si applica una causa fortuita, esterna e cronologicamente concentrata, essendosi estrinsecata una lesività di ordine fisico (meccanico-cinetica). Ma, a ben vedere, anche viaggiare comodamente su di una carrozza ferroviaria (atto comune della vita) può trasformarsi in “infortunio” per l'incontro col virus emesso dal passeggero seduto accanto: e la causa così incontrata non difetta di alcuno dei tre requisiti, posto che il virus penetra fortuitamente, dall'esterno e in un tempuscolo ben concentrato.

Certo è che la penetrazione dell'agente infettante (qualsiasi esso sia) non si connota in sé per estrinsecazione di energia fisica o chimica, e ciò rende ragione del significato di malattia, e non di infortunio, che ne dà il profano-assicurando.

In epoca lontana, la concentrazione cronologica (da cui causa virulenta = causa violenta), consentiva l'ammissione al trattamento Inail -sotto la specie di infortunio- di infezioni non ricomprese nella tabella delle malattie professionali (iniquità poi sanata dalla sentenza n.179/1988 della Corte Costituzionale che dichiarò illegittimo il d.P.R. n.1124 del 30 giugno 1965 nella parte in cui non prevedeva la possibilità di dar prova del nesso causale anche per patologie “fuori-lista”).

In ambito Inail ha dunque avuto, e tuttora ha, una precisa ragion d'essere la violenza intesa come concentrazione cronologica. Ma è ora di tutta evidenza quanto essa produca oggettive criticità per essere stata pedissequamente trasposta nell'assicurazione privata.

Essa è da ritenere irrinunciabile per le ragioni già dette ma si tratta di interpretazione da rivedere sul piano tecnico e l'occasione ci viene fornita dalla pandemia Covid-19 e soprattutto dagli esperti di diritto che ci costringono a riflettere sulla validità della rigida (e si potrebbe dire “sclerotica”) equivalenza violenza=concentrazione cronologica.

Il già citato Miotto evidenzia, anzitutto, che la definizione dell'infortunio in discorso, «costituisce un'attività interpretativa di natura squisitamente giuridica … Così come, all'atto pratico, decidere cosa sia infortunio e cosa non lo sia, trattandosi dell'interpretazione di un contratto, è un accertamento che compete al Giudice di merito (Cass. civ. n.30686/2019), e non al suo ausiliario tecnico». Continua sottolineando che l'equivalenza di cui sopra rappresenta «un assunto erroneo proprio sotto il profilo linguistico escogitato in tempi ormai lontani dalla dottrina medico legale quale espediente dialettico per ampliare la nozione di infortunio del lavoro … Infatti, violento, nella lingua italiana, è un fenomeno o evento, atto o comportamento, stato d'animo o sentimento, che si manifesta e si attua con forza, intensità e impeto eccezionali, cui è impossibile o difficile resistere e contrastare (Istituto Treccani…). Ciò che qualifica l'evento o l'atto violento è, quindi, la forza intrinseca, l'intensità e l'impeto eccezionali con i quali esso si attua, e non la breve durata per la quale si manifesta, e cioè la sua repentinità»; e, ancora, gli eventi violenti, per essere tali «devono concretizzarsi nell'uso di una forza o di un'energia abnorme quanto ad intensità o impeto»: carattere che «le infezioni virali, come quella da COVID-19, proprio non possiedono». E più avanti: «… per infortunio deve intendersi l'esplicazione di una forza o energia fisica soverchiante che, proprio per questa sua intrinseca natura, genera direttamente una lesione fisica, di natura essenzialmente traumatica…».

E dunque: violenza=concentrazione cronologica, nell'assicurazione privata va intesa come verità di fede, biblica o coranica, in Medicina Legale?

Ad avviso dello scrivente (qui propositivo) il concetto va superato. Sembra potersi dire che va conservato il principio della violenza intesa come concentrazione cronologica ma si dovrebbe pretendere, come pregiudiziale elemento qualificante la causa, la compresenza di “adeguata” energia di ordine fisico o chimico. Già si è evidenziato chenon sarebbe risolutivo indicare una certa “soglia di intensità” al di sotto della quale verrebbe meno il valore causale (posto che sarebbe impossibile stabilire un cut-off anche solo convenzionale, secondo le diverse unità di misura). Ma la pregiudiziale dell'energia fisica o chimica diviene necessaria, irrinunciabile. L'adeguatezza va lasciata alla valutazione medico legale e nel merito non può entrarvi il profano-giurista. Egli reclama la «forza intrinseca, l'intensità e l'impeto eccezionali» ma sarebbe fin troppo facile obiettargli che nessun impeto eccezionale si potrebbe vedere nella dolorosa distorsione che subisce la persona che passeggiando in giardino, trasforma il suo comune atto della vita in infortunio ai sensi di polizza per aver messo un piede in fallo. Meglio la «energia fisica soverchiante», atteso che non è necessaria alta cinetica per soverchiare, nello stesso esempio, le strutture capsulo-legamentose della caviglia.Va da sé che il giurista sarebbe disposto a riconoscere i caratteri dell'infortunio anche per il caso in cui si sia estrinsecata energia diversa da quella “traumatica” (termica, elettrica, ecc, come sopra detto). E tuttavia gli si dovrà “concedere” che il trapasso da atto comune ad infortunio, deve avvenire per causalità dotata di energia nel senso anzidetto oltre che di concentrazione cronologica. Altra cosa è una causa connotata da energia anche modesta ed altra una non-causa come lo sono il virus e gli agenti infettanti in generale.

In conclusione

Le controvertibili argomentazioni medico legali delle contrapposte tesi di cui sopra, portano a ritenere che vi potrebbero essere le premesse per futuri contenziosi, che peraltro dovrebbero essere destinati al giudizio civile e non all'arbitrato medico irrituale, posto che trattasi di interpretazione di contratti assicurativi e non di stima tecnica di conseguenze lesive.

Lo scrivente mantiene il convincimento che vada al di là di ogni ragionevolezza l'indennizzabilità delle infezioni nell'assicurazione privata contro gli infortuni.

A futura memoria, nel predisporre nuovi contratti in questo ramo, le Società di Assicurazioni dovrebbero esplicitamente escludere le infezioni virali, batteriche, micotiche, parassitarie (fatte salve precise estensioni di garanzia).

Per i contratti in essere, la Medicina Legale dovrebbe rivedere nel senso anzidetto il concetto di “violenza”; e, in ogni caso, la soluzione al problema dovrebbe arrivare soprattutto dagli esperti in diritto assicurativo e dalla giurisprudenza che, superati i “bizantinismi” medico legali, dovrebbero stabilire che le infezioni sono malattie ai sensi di polizza, e non infortuni, perché nel contratto:

1) Va riguardata la «generale pratica interpretativa ex art.1368 c.c.», come sottolineato dal Rossetti.

2) Deve valorizzarsi, a proposito della Intenzione dei Contraenti, l'art. 1362 comma 1,c.c. secondo cui: «Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole».

3) Il contratto «deve essere interpretato secondo buona fede» ex art.1366 c.c.

E si direbbe, dunque, che la generale pratica interpretativa ex art. 1368 c.c., quanto disposto dall'art.1362 c.c. e soprattutto quanto in art. 1366 c.c., portino ad attribuire all'assicurando, al momento della stipulazione, l'intenzione di garantirsi dal rischio non di malattia ma di infortunio, secondo l'accezione del “comune cittadino” contraente.

Una volta tanto, il piccolo demone lasci spazio all'angelo custode.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario