Le forme del pignoramento presso terzi delle somme versate su un libretto di deposito custodito presso un Tribunale
06 Luglio 2020
Massima
Poiché l'ufficio giudiziario presso cui è custodito un libretto di deposito bancario vincolato all'ordine del giudice (nella specie, del giudice dell'esecuzione di un diverso processo esecutivo) non è debitore né del documento, né delle somme su quello giacenti e poiché solo il giudice al cui ordine è vincolato il libretto può disporre delle somme stesse, mentre titolare del diritto alla restituzione di quelle, sia pure dietro tale ordine, resta colui che ne ha eseguito il deposito delle somme stesse fino a diverso provvedimento di quel solo giudice, il pignoramento delle somme giacenti sul libretto va eseguito nelle forme del pignoramento presso terzi nei confronti del soggetto presso il quale è stato acceso il libretto mediante deposito delle somme, unico debitore alla restituzione di quelle, benché all'ordine del giudice del processo nel cui corso o al cui fine il deposito ha avuto luogo; è pertanto radicalmente illegittimo, non potendo qualificarsi debitore né del documento in sé, né delle somme su di esso giacenti, il pignoramento presso terzi nei confronti dell'ufficio giudiziario presso il quale il libretto di deposito bancario è custodito o all'ordine del quale può disporsi delle somme su quello giacenti.
Il caso
Tizio notificava, ai sensi dell'art. 543 c.p.c., atto di pignoramento presso terzi nei confronti di Caia (in qualità di debitrice) e del Tribunale di Vicenza (quale terzo pignorato), avente ad oggetto un libretto di deposito vincolato emesso da BNL, depositato presso tale ufficio giudiziario. In particolare, tale libretto costituiva l'oggetto del pignoramento (ed era stato acceso in virtù di conversione operata ex art. 495 c.p.c.) nell'ambito di una procedura di espropriazione mobiliare pendente sempre presso il Tribunale di Vicenza, e che vedeva, tra i creditori procedenti, Caia, e quale debitore, Tizio. All'udienza a tal fine fissata, il cancelliere rendeva dichiarazione positiva ex art. 547 c.p.c. circa la disponibilità dell'oggetto del pignoramento e, alla produzione documentale del libretto, seguiva la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione. Adito mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., il Tribunale vicentino rilevava come tale libretto risultasse vincolato all'ordine del giudice dell'esecuzione mobiliare e fosse custodito presso la Cancelleria delle esecuzioni mobiliari, sicché la dichiarazione resa ex art. 547 c.p.c. dal cancelliere dovesse intendersi quale correttamente resa, in quanto proveniente dal soggetto preposto alla detenzione e alla custodia del libretto, mentre l'istituto di credito che aveva emesso il libretto, in quanto privo del potere di disporre del denaro depositato sullo stesso (stante appunto il vincolo posto dal giudice dell'esecuzione mobiliare), non poteva in alcun modo essere destinatario del pignoramento e, conseguentemente, rendere la dichiarazione di cui al richiamato art. 547 c.p.c. La sentenza di rigetto dell'opposizione veniva allora fatta oggetto di ricorso per cassazione, mediante il quale Caia lamentava l'erronea individuazione, quale terzo, del Tribunale di Vicenza, in quanto il cancelliere dichiarante non poteva indicarsi quale rappresentante legale di tale autorità giudiziaria e dunque non poteva rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c.; inoltre, secondo la ricorrente dovevano escludersi sia la titolarità di un debito in capo al Tribunale, sia la legittimazione all'azione esecutiva dello stesso quale terzo pignorato, non essendo sufficiente, a tal fine, che il giudice dell'esecuzione fosse titolare del potere di assegnare la somma depositata sul libretto o che il cancelliere avesse la detenzione e la custodia del libretto medesimo il quale, per di più, non rappresentava un titolo di credito ma un mero documento di legittimazione; da ultimo, si aggiungeva come il pignoramento presso terzi non cadesse sulla materialità del libretto di deposito, bensì sul credito alla restituzione della somma depositata vantato dall'esecutato verso la banca depositaria. Con la sentenza in commento, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso sulla base della considerazione per cui la ricorrente ha omesso di adempiere all'onere di dimostrare i presupposti di ammissibilità dell'impugnazione proposta: in particolare, essa avrebbe mancato di fornire ai giudici di legittimità gli elementi necessari per verificare la rituale proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi, circostanza che era stata oggetto di contestazione da parte del resistente in sede di controricorso. Tuttavia, rilevata la singolarità della fattispecie e il significativo scostamento delle soluzioni di diritto adottate dalla sentenza impugnata dai tradizionali principi del processo esecutivo, la Corte ha ritenuto di pronunciare, nell'interesse della legge, il principio di diritto che avrebbe dovuto regolare la fattispecie ex art. 363 c.p.c. La questione
La Suprema Corte affronta, così, la questione inerente alla definizione delle corrette forme di esecuzione del pignoramento presso terzi (con ciò che ne consegue, in particolare, in punto di identificazione del soggetto chiamato a rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c.), nell'ipotesi in cui l'oggetto del pignoramento sia rappresentato da un libretto di deposito bancario vincolato all'ordine del giudice dell'esecuzione di un diverso processo esecutivo, depositato presso l'ufficio giudiziario adito. Le soluzioni giuridiche
Nell'impianto argomentativo della propria pronuncia, la Suprema Corte procede a una ricostruzione complessiva della fattispecie giuridica giunta al suo esame. In primo luogo, la stessa richiama alcuni suoi precedenti in cui si è chiarito come il libretto di deposito rappresenti un documento di legittimazione alla richiesta di pagamento e alla riscossione, e non un titolo di credito, con la conseguenza per cui l'oggetto del pignoramento a esso riferito deve essere individuato non nel documento, bensì nel credito vantato dal debitore esecutato nei confronti dell'amministrazione emittente del libretto; da qui, l'affermazione per cui il pignoramento presso terzi deve essere effettuato con atto notificato ex art. 543 c.p.c. all'amministrazione emittente e non al soggetto che sia in possesso del documento (così, Cass. civ., 9 febbraio 1981, n. 798). Del pari, l'ordinanza di assegnazione del credito non potrà essere emessa nei confronti di chi abbia la mera detenzione del libretto (nel caso di specie, il cancelliere di una sezione del tribunale), bensì dell'amministrazione presso la quale risulta depositata la somma oggetto del credito pignorato (così, ancora, Cass. civ., 15 luglio 1987, n. 6242). In altri termini, nella fattispecie in esame, il soggetto titolare delle somme depositate - nonché della posizione debitoria di restituzione delle stesse - coincide con il soggetto presso cui tali somme sono state originariamente depositate e che ha provveduto al rilascio del libretto; a nulla rileva che egli si trovi o meno nel possesso dei documenti probatori di tale deposito, in quanto gli stessi assolvono alla diversa funzione certificativa dell'esistenza del diritto vantato dal cliente verso l'amministrazione emittente il libretto (in questi termini, Cass. civ., 7 febbraio 2012, n. 1689). Tuttavia, laddove, come nel caso de quo, il libretto sia stato vincolato mediante l'ordine del giudice dell'esecuzione, esclusivo titolare del potere di disporre delle somme versate nel corso o all'esito del processo esecutivo è da identificarsi in tale giudice medesimo. Dal vincolo posto dal giudice dell'esecuzione sul libretto di deposito discendono, più precisamente, le seguenti conseguenze: a) fino alla conclusione del processo esecutivo, è esclusivamente il giudice di questo a poter disporre delle somme depositate nel libretto; b) fino al momento della assegnazione o della distribuzione di tali somme ai creditori, il debitore rimane formalmente titolare di tali somme; in altri termini, il debitore, il quanto depositante, fino a tale momento rimane il titolare dei diritto alla restituzione delle somme depositate, benché egli non possa disporne se non previo ordine del giudice dell'esecuzione; c) debitore delle somme depositate è il depositario, ossia il soggetto presso il quale le somme sono state versate e il libretto è stato acceso, sia pure con il vincolo del giudice dell'esecuzione. Tale ricostruzione conferma la conclusione già anticipata, ossia che mai può qualificarsi come terzo debitore delle somme giacenti sul libretto di deposito l'ufficio giudiziario presso il quale tale documento risulta depositato, sicché l'atto di pignoramento presso terzi rivolto nei confronti di detto ufficio deve considerarsi illegittimo. Il pignoramento di tali somme, con tutta evidenza, deve essere allora effettuato nei confronti del depositario, ossia il solo a essere debitore delle stesse nei confronti del (debitore) depositante. Quanto all'identificazione del soggetto titolare del credito alla restituzione delle stesse – sviluppando ora un punto già toccato poco sopra, sub b) - egli coinciderà col debitore-depositante sino a momento dell'aggiudicazione o della distribuzione e, in tempo successivo, con il soggetto che verrà individuato dal giudice dell'esecuzione. Ne deriva che il credito del depositante ben potrà essere suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c. e di assegnazione, ma sempre all'ordine esclusivo del giudice dell'esecuzione della procedura esecutiva alla quale il libretto è riferito. Qualsiasi tipo di ingerenza – del giudice dell'espropriazione presso terzi ovvero del terzo – dovrà invece considerarsi illegittima e fonte di abnormità dell'atto in cui si sostanzi (così, Cass. civ., Sez. Un., 6 dicembre 2017, n. 29202). In conclusione, la Corte enuncia il principio di diritto di cui alla massima in epigrafe, e che può essere così sintetizzato: nel caso in cui oggetto di pignoramento presso terzi sia costituito dalle somme depositate presso un libretto, tale pignoramento va eseguito nei confronti (oltre che del debitore), del soggetto presso il quale è stato acceso il libretto, in quanto unico debitore alla restituzione delle somme; è dunque illegittimo il pignoramento presso terzi effettuato nei confronti dell'ufficio giudiziario presso cui il libretto si trova depositato, in quanto tale soggetto non è debitore delle somme su esso giacenti. Osservazioni
Il principio di diritto che la Suprema Corte ha ritenuto necessario affermare, stante la poco ortodossa posizione espressa sul punto dal Tribunale vicentino, non è privo di precedenti di legittimità: oltre alle pronunce già menzionate, si può infatti richiamare Cass. civ., 19 maggio 2003, n. 7830, secondo cui «il pignoramento di una somma depositata presso un ufficio postale e risultante da un libretto di deposito postale deve essere effettuato con atto notificato, oltre che al debitore, al dirigente dell'ufficio postale». Vi è peraltro un aspetto, che la sentenza in commento ha soltanto sfiorato ma non approfondito, che merita forse un qualche ulteriore sviluppo. Il provvedimento in esame, infatti, osserva come il pignoramento delle somme depositate sul libretto di risparmio, che siano a loro volta oggetto di pignoramento in una procedura esecutiva mobiliare, rappresenti una modalità impervia di realizzazione del credito del procedente, il quale ben avrebbe potuto seguire altri e più lineari meccanismi processuali, quale in particolare la sostituzione esecutiva ex art. 511 c.p.c. Tale istituto, come noto, consente al creditore di un soggetto ammesso alla distribuzione in un procedimento di espropriazione forzata di essere sostituito allo stesso al fine di ottenere soddisfazione della propria pretesa. Nel caso di specie, in altri termini, Tizio, invece di procedere al pignoramento presso terzi delle somme depositate nel libretto - somme di cui egli risultava titolare del diritto alla relativa restituzione, e relativamente alle quali Caia ambiva alla distribuzione in sede di esecuzione mobiliare - e divenire aggiudicatario delle stesse all'esito dell'espropriazione presso terzi, avrebbe potuto chiedere di essere sostituito a Caia, ex art. 511 c.p.c., direttamente nell'ambito dell'esecuzione mobiliare, in quanto creditore della stessa, e beneficiare in sede di distribuzione delle somme che essa avrebbe dovuto ricevere. Tale opzione, si ripete, è soltanto sfiorata dall'impianto argomentativo della pronuncia in commento, e per nulla approfondita. Ciò nonostante, non si può fare a meno di rilevare come la sua praticabilità risulta impedita da un principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità con riguardo all'istituto della sostituzione esecutiva, secondo cui, quando il debitore esecutato (Tizio) vanti a sua volta un credito nei confronti del creditore precedente (Caia), non può chiedere di sostituirsi a questi nella distribuzione della somma ricavata, ma può soltanto opporsi all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., e far valere in quella sede l'eventuale compensazione (così, Cass. civ., 20 settembre 2012, n. 15932).
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