Accordo di ristrutturazione dei debiti nella fase esecutiva del concordato preventivo

Laura Riondato
06 Luglio 2020

L'art. 185 l. fall. non è ostativo all'inserimento di un accordo di ristrutturazione dei debiti nell'ambito della fase esecutiva di un concordato preventivo. L'accordo può avere ad oggetto la rinegoziazione delle previsioni della proposta concordataria omologata con la maggior parte o tutti i creditori
Massima

L'art. 185 l. fall. non è ostativo all'inserimento di un accordo di ristrutturazione dei debiti nell'ambito della fase esecutiva di un concordato preventivo. L'accordo può avere ad oggetto la rinegoziazione delle previsioni della proposta concordataria omologata con la maggior parte o tutti i creditori; per cui l'alternativa che si pone in concreto per i creditori medesimi risiede nell'accettare una sostanziale modifica al piano concordatario, aderendo alla proposta di ristrutturazione secondo le nuove condizioni, oppure nel non aderire all'accordo di ristrutturazione, con conseguente diritto al soddisfacimento dei propri crediti nei tempi e nella misura previsti nella proposta concordataria omologata.

Il caso

All'esito della procedura di concordato preventivo, la proposta e il piano omologati prevedevano che la società debitrice in un arco temporale di cinque anni reperisse consistenti attività (a) dalla liquidazione di immobili e (b) tramite i flussi generati dalla continuità aziendale e, con esse, provvedesse al pagamento integrale dei crediti prededucibili, dei crediti ipotecari e dei crediti privilegiati, al pagamento di Erario, INPS e Agenzia di Riscossione nei termini pattuiti con la transazione fiscale e al pagamento parziale dei crediti chirografari. Nella seguente fase di esecuzione del concordato le previsioni di realizzo dell'attivo non si sono concretizzate, principalmente a causa della mancata liquidazione degli immobili per carenza di manifestazioni di interesse all'acquisto. Per effetto di ciò, la debitrice ha potuto soddisfare solamente i creditori prededucibili e in modo parziale i creditori privilegiati, ma non ha effettuato alcun versamento in favore dei creditori ipotecari né dei creditori chirografari. Preso atto dell'incapacità di rispettare la proposta concordataria omologata, prima del termine fissato per l'esecuzione del concordato la medesima debitrice ha intrapreso un'ulteriore operazione di risanamento mediante lo strumento dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (e una nuova proposta di transazione fiscale). Tale accordo, in estrema sintesi, ha recepito l'acquisto dei crediti bancari (in parte ipotecari) ad opera di un investitore, che si è quindi surrogato nei diritti delle banche verso la debitrice, e ha previsto che lo stesso investitore entrasse nella compagine della società tramite un aumento di capitale e che “convertisse” i crediti acquistati in un finanziamento soci, con rinuncia alle garanzie ipotecarie e personali. All'accordo hanno aderito il predetto investitore e gli Enti Tributari e Previdenziali, che assieme rappresentavano più del 60% dei crediti; i restanti creditori estranei (i creditori chirografari) sarebbero stati soddisfatti integralmente con i flussi rivenienti dall'operazione, con conseguente chiusura anticipata del concordato preventivo.

La questione

La domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ha posto il competente Tribunale di Padova di fronte a una fattispecie “del tutto specifica”: la ricorrente ha chiesto al Collegio di vagliare un accordo ex art. 182 bis l. fall. che “si va ad innestare nell'ambito di una procedura concordataria […] in fase di esecuzione”. In particolare, come detto, la società debitrice ha ritenuto di superare le difficoltà incontrate nell'esecuzione del piano concordatario omologato attraverso “un'operazione di ristrutturazione del debito concordatario”; tale operazione, muovendo dal reperimento della liquidità necessaria da fonti diverse da quelle previste nel concordato, avrebbe consentito alla debitrice di soddisfare tutti i creditori interessati dal concordato stesso secondo quanto ridefinito nel nuovo accordo o, quanto ai creditori estranei a tale accordo, nei tempi e nelle misure stabilite nella proposta originaria. Al riguardo, la questione - così come enucleata dal Tribunale patavino - “è di verificare la possibilità che il proponente, dopo l'omologa del concordato, nella fase di esecuzione del piano, ne rinegozi le previsioni con singoli creditori o (nuovamente) con tutti i creditori” e, più nello specifico, di verificare se tale rinegoziazione delle previsioni concordatarie possa essere formalizzata con la stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Le soluzioni giuridiche

Il decreto in commento ha accolto favorevolmente la soluzione prospettata dalla società debitrice. Per ciò che interessa, il Tribunale ha anzitutto rilevato che la disciplina dell'esecuzione del concordato nell'attuale legge fallimentare (l'art. 185 l. fall.) “non è ostativ[a]alla conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall. Nella fase esecutiva di un concordato preventivo, cioè, non è escluso - secondo il Collegio - che il debitore possa adempiere agli obblighi assunti con la proposta concordataria ricorrendo, se del caso, anche a un accordo di ristrutturazione. Questa ipotesi non sarebbe dissimile dal caso in cui con le stesse finalità il debitore concordatario concludesse “specifici accordi con i singoli creditori”.

Su tale premessa, laddove il debitore avvii una nuova negoziazione con i creditori diretta nei fatti ad apportare agli atti esecutivi del piano concordatario le modifiche necessarie affinché il concordato stesso possa essere portato a compimento, questi creditori sono posti di fronte a un'alternativa:

(a) il singolo creditore può aderire alla proposta di accordo di ristrutturazione recante nuove modalità e/o nuove tempistiche per l'esecuzione del concordato e, segnatamente, per il soddisfacimento dei crediti concordatari rimasti sino a quel momento impagati. Di conseguenza, tale creditore aderente vedrà soddisfatto il proprio credito nei tempi e nella misura ridefinita nell'accordo;

(b) il singolo creditore può non aderire alla proposta di accordo suddetta, con la conseguenza che tale creditore estraneo avrà diritto al soddisfacimento del credito nei tempi e nella misura previsti nella proposta concordataria omologata.

La maggioranza di almeno il 60% dei crediti richiesta per la stipula dell'accordo di ristrutturazione deve essere calcolata - sempre secondo il Tribunale investito della questione - tenendo conto del “valore dei crediti falcidiati per effetto dell'omologa del concordato”.

Verificata la sussistenza nel caso concreto dei presupposti ex art. 182 bis l. fall., il Tribunale ha quindi omologato l'accordo di ristrutturazione dei debiti.

La soluzione suindicata non risulta avere precedenti noti. Nondimeno, tale pronuncia può a buon diritto essere inserita nel quadro giurisprudenziale assai frastagliato formatosi attorno al tema della consecuzione tra procedure concorsuali minori. Tra le diverse decisioni, finalizzate nella maggior parte dei casi a censurare abusi nel ricorso a plurimi strumenti concorsuali, spicca una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 10 aprile 2019, n. 10106) cui la pronuncia del Tribunale di Padova può essere affiancata. La citata sentenza di legittimità ha trattato una fattispecie speculare a quella qui esaminata, in cui la società debitrice prima si era avvalsa di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato e poi aveva presentato domanda di concordato preventivo. Al riguardo, la Suprema Corte, nello statuire l'ammissibilità della consecuzione tra procedure concorsuali quali l'accordo di ristrutturazione e il concordato, ha espresso un principio più generale di favor verso le iniziative del debitore tese al superamento della crisi: “deve essere riconosciuta la possibilità per l'imprenditore, fino alla dichiarazione di fallimento, di comporre, con tutte le modalità consentite dall'ordinamento, la crisi della propria impresa, in quanto finalità meritevole di tutela, perché più conveniente non solo per un interesse giuridico-patrimoniale personale ma anche e soprattutto per il ceto creditorio, rispetto alla soluzione di apertura della procedura fallimentare”; ciò, in ogni caso, con il limite dell'abuso dei mezzi processuali”. Il principio così riassunto, pur tenendo conto dei (legittimi) timori spesso espressi dalla giurisprudenza con riguardo alla pluralità di procedure, suggerisce una valutazione senza pregiudizi in merito alle iniziative concretamente percorribili dal debitore per evitare il fallimento.

Osservazioni

La soluzione alla questione oggetto del decreto in commento ha implicazioni nel quadro della disciplina delle procedure concorsuali tutt'altro che banali, anche per i risvolti pratici che ne derivano. La parte motiva del decreto, tuttavia, non contiene alcuna valutazione del Collegio giudicante in ordine al coordinamento tra le procedure concorsuali, materia che merita uno specifico approfondimento.

Come noto, per espressa disposizione dell'art. 181 l. fall. la procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione; sicché la fase di esecuzione del concordato stesso non deve ritenersi propriamente parte della relativa procedura. In tale fase del concordato, quindi, la domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti non comporta alcuna contestuale pendenza tra procedure concorsuali.

Ciò non toglie però che, su un piano sostanziale, le procedure sopradette attengano ambedue alla regolazione della crisi d'impresa e che, in particolare, nel caso di specie l'accordo di ristrutturazione intervenga sullo stato di crisi del debitore concordatario. Al riguardo, può essere utile muovere dal richiamo al noto tema del c.d. fallimento omisso medio, ossia il fallimento di un debitore concordatario dichiarato senza la preventiva risoluzione del concordato omologato. In ipotesi di incapacità del debitore di soddisfare le obbligazioni concordatarie, la giurisprudenza di legittimità (in contrasto con alcune pronunce di merito) ha ammesso la possibilità di dichiararne il fallimento a prescindere dalla risoluzione del concordato exart. 186 l. fall. e persino prima del decorso del termine annuale per la relativa domanda. La Corte di Cassazione, quindi, ha legittimato i creditori e conseguentemente (sembrerebbe) anche il debitore concordatario a fronteggiare la “nuova” crisi con il ricorso alla procedura di fallimento. Se così è, risulta coerente la decisione della stessa Suprema Corte - e del Tribunale di Padova - di consentire al debitore concordatario che versi ancora in uno stato di crisi di avvalersi anche delle procedure alternative al fallimento, tra cui il concordato preventivo e l'accordo di ristrutturazione dei debiti, ovviamente entro i limiti dell'abuso.

La stessa conclusione può darsi anche laddove si neghi la “scorciatoia” del fallimento omisso medio, ritenendo che il concordato inadempiuto possa essere superato solo mediante i rimedi della risoluzione e dell'annullamento, in accordo con la natura negoziale del concordato stesso (che assume particolare rilievo proprio nella sua fase esecutiva successiva alla chiusura della procedura ex art. 181 l. fall.). Ferma in tale ottica l'inammissibilità di una modifica unilaterale o rinuncia del concordato omologato da parte del debitore, non pare potersi aprioristicamente escludere che il medesimo debitore concordatario e i creditori si accordino per “correggere” il precedente piano, stipulando un accordo di ristrutturazione. Le ragioni per cui potrebbe ammettersi una modifica alla proposta concordataria omologata vanno ricercate negli effetti negoziali del concordato omologato sui rapporti tra debitore e creditori. La natura degli effetti del concordato non è unitaria, essendo legata in concreto alle varie modalità possibili di soddisfacimento dei crediti (possono darsi, solitamente, effetti remissori o dilatori dei debiti); ad ogni modo, volendo individuare un (seppur generico) comune denominatore, si può sostenere che il concordato produca effetti “modificativi” delle originarie obbligazioni con i singoli creditori. Tanto premesso, non si rinvengono validi motivi per negare al debitore nella fase esecutiva di un concordato omologato la possibilità di rinegoziare le obbligazioni concordatarie, apportando quindi ulteriori modifiche alle obbligazioni già modificate con la precedente procedura ex art. 160 e ss. l. fall.; e ciò, se del caso, anche mediante un accordo ex art. 182 bis l. fall. Al contrario, sembrano ricorrere tutti i presupposti per l'accesso a quest'ultimo strumento: come accennato, l'avvenuta chiusura della procedura concordataria per effetto dell'omologazione comporta che il debitore sia formalmente un soggetto in bonis (pur con la sorveglianza del commissario giudiziale); al contempo, l'incapacità di adempiere al concordato riporta il medesimo debitore in uno stato di crisi. Tramite l'accordo di ristrutturazione si avrà che - secondo l'alternativa descritta dal Tribunale patavino - i creditori con la propria adesione potranno accettare le modifiche delle obbligazioni concordatarie proposte dal debitore, mentre i creditori estranei non subiranno alcuna variazione ulteriore al proprio diritto di soddisfacimento del credito previsto nel concordato omologato.

Del resto, pro futuro è lo stesso legislatore che nel codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, almeno con riguardo agli accordi di ristrutturazione, ha introdotto espressamente all'art. 58, comma 2, la facoltà del debitore di apportare - per giunta, unilateralmente, salvo eventuali opposizioni - modifiche sostanziali al piano dopo l'omologazione. Il che non fa che avvalorare la tesi, sostenuta da ultimo anche dal Tribunale di Padova, dell'ammissibilità di un'operazione di ristrutturazione del debito concordatario per il tramite di un'ulteriore procedura concorsuale, in specie di un accordo ex art. 182 bis l. fall.

Guida all'approfondimento

Sulla natura della fase esecutiva del concordato preventivo, Cass. 10 gennaio 2018, n. 380.

Sul fallimento omisso medio, tra le più recenti, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. 22 maggio 2019, n. 13850; Cass. 17 ottobre 2018, n. 26002; Cass. 11 dicembre 2017, n. 29632; Cass. 17 luglio 2017, n. 17703. In dottrina, si vedano di recente in questo Portale, anche per i riferimenti alla giurisprudenza di merito, Simone, Dichiarazione di fallimento omisso medio: il recente arresto del Tribunale di Ancona, in questo Portale, 2019; Rasile, Concordato inadempiuto ma non risolto e successivo fallimento omisso medio, ivi, 2019, e Nisivoccia-Colnaghi, Effetti esdebitatori del concordato preventivo e dichiarazione di fallimento omisso medio, ivi, 2019. Sia consentito inoltre un rinvio a Tarolli-Riondato, L'inadempimento del concordato e il fallimento c.d. “omisso medio”, in questo Portale, 2018.

Sulla consecuzione tra procedure concorsuali minori, Trib. Milano 4 dicembre 2019, in www.ilcaso.it, 2020;Cass. 11 giugno 2019, n. 15724;Cass. 10 aprile 2019, n. 10106; Trib. Forlì 3 novembre 2015, in Leggi d'Italia, 2015; Trib. Asti 30 ottobre 2014, in www.ilcaso.it, 2015. In dottrina, si vedano Signorelli, Il concordato di un…concordato “non s'ha da fare”, in questo Portale, 2020, e, più in generale, Iannaccone, Consecuzione di procedure, ivi, 2019.

Sul tema dell'abuso in riferimento alle procedure concorsuali, tra le tante, Cass. 11 ottobre 2018, n. 25210; Cass. 7 marzo 2017, n. 5677, e Cass. S.U. 15 maggio 2015, n. 9935.

Sulla rinuncia al concordato preventivo, da ultimo, Cass. 10 ottobre 2019, n. 25479.

Sugli effetti del concordato omologato sui rapporti con i creditori, si vedano tra gli altri Pirisi, L'omologazione del concordato preventivo, in Crisi d'impresa e procedure concorsuali, diretto da Cagnasso-Panzani, Torino, 2016, 3719 ss.; Filocamo, Sub art. 184, in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, a cura di Ferro, Padova, 2014, 2654 ss., e, più di recente, Ratti-Pezzano, L'irrealizzabile esecuzione del concordato preventivo: il fallimento senza risoluzione, in Fallimento, 2018, 6, 731 ss.

Per un primo accenno alle modifiche del piano post-omologazione a norma dell'art. 58, comma 2, c.c.i., Zorzi, Piani di risanamento e accordi di ristrutturazione nel codice della crisi, in Fallimento, 2019, 8-9, 993 ss.

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