Gli aiuti dello (rectius: di) Stato alle imprese nel Decreto Rilancio
07 Luglio 2020
Premessa
Il D. L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto Rilancio) si inserisce tra gli interventi legislativi predisposti dal governo - a ritmo serrato e con decretazione d'urgenza - per arginare gli effetti di una crisi economica e sociale del tutto peculiare poiché originata da un'emergenza sanitaria e, dunque, da un fattore imprevisto ed estraneo alla sfera economica. Proprio la straordinarietà della situazione impone la predisposizione di un piano di azione che tocchi sia i settori produttivi che i diversi profili del tessuto sociale sui quali si stanno riverberando gli effetti del Covid-19. E, come facilmente intuibile, tra i principali destinatari del Decreto Rilancio ci sono le imprese, motore dell'economia italiana che sono sottoposte a una situazione di grave incertezza: ciò impone allo Stato intervenire sul sistema produttivo a fronte del grave turbamento generato dall'emergenza sanitaria. Molte delle misure di supporto al tessuto economico rientrano nell'ambito di operatività della Comunicazione della Commissione Europea "Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak - COM 2020/C 91 I/01" del 20 marzo 2020, che mira a consentire agli Stati membri di predisporre misure a sostegno delle imprese in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato. Il quadro del disciplina temporanea (in vigore fino al 31 dicembre 2020) nel corso degli ultimi mesi è stato integrato dapprima dalla Comunicazione del 3 aprile 2020 C(2020) 2215 final e poi con la Comunicazione dell'8 maggio (C(2020 3156 final). La Commissione europea il 21 maggio 2020 con la decisione State Aid SA.57021 ha ritenuto il D.L. n. 34/2020 compatibile con l'attuale quadro europeo vigente in materia. In particolare – come precisa il Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei ministri – il Decreto Rilancio “per garantire che le imprese dispongano di liquidità sufficiente e di preservare la continuità dell'attività economica durante e dopo l'epidemia (…) prevede la possibilità di concedere aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali, garanzie sui prestiti alle imprese, tassi d'interesse agevolati per i prestiti alle imprese”, il cui ammontare complessivo “è stimato in circa nove miliardi di euro dei quale sei relativi ad aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali”. Di seguito verranno richiamate le principali linee di intervento a favore delle imprese previste nell'ambito del D.L. 34/2020. Il D.L. Rilancio, come già accennato, per arginare la crisi economica in atto potenzia alcune misure di sostegno al sistema produttivo introdotte con i precedenti provvedimenti emergenziali. In primo luogo, per quanto in questa sede maggiormente interessa, viene rifinanziato il Fondo per le garanzie rilasciate da SACE di cui all'articolo del D.L. n. 23/2020 (c.d. Decreto Imprese) convertito nella L. 40/2020, con 30.000 milioni di euro per l'anno 2020. Si segnala che la Legge di conversione del Decreto Imprese è intervenuta sia sotto il profilo soggettivo e oggettivo estendendo l'area di operatività della garanzia SACE, nonché sugli aspetti procedurali. La misura è stata resa operativa con il decreto attuativo del MEF dell'11 giugno 2020. Viene, in secondo luogo, incrementato di 3.950 milioni di euro per il 2020 il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A. per le finalità ulteriori a quelle previste dalla disciplina originale di supporto alla liquidità delle piccole e medie imprese previste dall'art. 13 del D.L. 23/2020. Infine, si assegnano all'ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020 per le garanzie che può prestare a fronte di finanziamenti concessi da banche, intermediari finanziari e dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore.
L'art. 24 del D.L. 34/20 esonera le imprese e i lavoratori autonomi, che rispettivamente abbiano avuto ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d'imposta 2019, al versamento del saldo (ma non dell'acconto) dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) relativa al 2019 e quello relativo alla prima rata dell'acconto dell'IRAP 2020, che è pari, di regola, al 40%. La prima rata dell'acconto viene, comunque, esclusa dal calcolo dell'imposta da versare a saldo per il 2020. La disposizione in commento, tuttavia, non si applica agli intermediari finanziari, alle società di partecipazione e alle imprese di assicurazione, nonché alle amministrazioni e agli enti pubblici. Al contempo, per ristorare le Regioni e le Province autonome delle minori entrate derivanti dalla richiamata agevolazione viene istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo con una dotazione pari a 448 milioni di euro, che verranno ripartiti tra i suddetti enti territoriali con apposito decreto del MEF.
Per compensare la flessione del fatturato connessa con l'emergenza sanitaria il Decreto Rilancio, all'art. 25, riconosce alle imprese un contributo a fondo perduto. Dal punto di vista soggettivo possono beneficiarne i soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo o di reddito agrario, titolari di partita IVA che vantino ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso al momento di entrata in vigore il D.L. 34/2020. Quanto al profilo oggettivo, è prevista una soglia minima di perdita, ovvero che l'ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi di quello registrato nel mese di aprile 2019. Questa condizione non è richiesta ai soggetti che abbiano iniziato l'attività a partire dal 1° gennaio 2019 e a quelli che, a far data dall'insorgenza dell'evento calamitoso, abbiano avuto il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni in cui erano già in atto stati di emergenza alla data di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale Covid-19. Con la suddetta deroga – chiarisce la Relazione illustrativa- si intende salvaguardare “la posizione dei soggetti che già versavano in stato di emergenza a causa di altri eventi calamitosi alla data dell'insorgere dello stato di emergenza COVID-19 e per i quali, date le pregresse difficoltà economiche, non è necessaria la verifica della condizione del calo di fatturato (come ad esempio nel caso dei comuni colpiti dagli eventi sismici, alluvionali o di crolli di infrastrutture che hanno comportato le delibere dello stato di emergenza)”. Ampio il novero degli esclusi dal contributo a fondo perduto. Più nel dettaglio, non ne hanno diritto, oltre agli enti pubblici, gli intermediari finanziari e le società di partecipazione finanziaria, non finanziaria e assimilati, i soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell'istanza (ovvero 60 giorni dalla data di avvio della procedura telematica da parte dell'Agenzia delle Entrate), i contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità di 600 euro previste per il mese di marzo 2020 dal D.L. 18/2020 (Decreto Cura Italia), ovvero i liberi professionisti, i titolari di partita IVA, i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla gestione separata INPS e i lavoratori dello spettacolo, nonché ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria. La norma prevede tre classi di contribuenti in base ai ricavi o ai compensi cui si applicano tre differenti percentuali per commisurare contributo spettante. Quest'ultimo viene ottenuto applicando le seguenti percentuali alla differenza tra l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019: 20% per i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro nel periodo d'imposta 2019; 15% per i ricavi o compensi superiori a 400.000 e fino a 1 milione di euro nel periodo d'imposta 2019; e 10% quando ricavi o compensi risultano superiori a 1 milione e fino a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta 2019. Ai beneficiari della norma viene, comunque, garantito un contributo per un importo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per gli altri soggetti che non sono persone fisiche. L'art. 25 del Decreto Rilancio prevede, inoltre, che il contributo in analisi non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi e non contribuisce alla formazione del valore della produzione netta, che rappresenta la base imponibile dell'IRAP. Il contributo non rileva, altresì, ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109 del TUIR, relativi alla deducibilità rispettivamente degli interessi passivi e delle spese e degli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi. Quanto all'erogazione della misura di sostegno per imprese e lavoratori autonomi, la competenza viene attribuita all'Agenzia delle Entrate. Si demanda, infatti, a un provvedimento del Direttore della suddetta Agenzia l'individuazione delle modalità di presentazione dell'istanza - che dovrà avvenire in via esclusivamente telematica, anche per il tramite degli intermediari abilitati - del suo contenuto (tra cui deve esserci necessariamente l'autocertificazione di regolarità antimafia relativa a tutti i soggetti da sottoporre a verifica) e dei termini di presentazione della stessa. L'istanza deve comunque essere presentata entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica dall'Agenzia delle Entrate. Il contributo verrà erogato, sulla base delle informazioni contenute nell'istanza, attraverso accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario e il possesso dei requisiti richiesti per poterne beneficiare potrà essere oggetto di accertamento dalla stessa Agenzia. L'eventuale falsità nelle dichiarazioni e attestazioni richieste è punita dall'art. 316-ter c.p. (rubricato “Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato”). La disposizione prevede, infine, che qualora successivamente all'erogazione del contributo, l'attività d'impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l'attività, il soggetto firmatario dell'istanza è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli dell'amministrazione finanziaria. In dette ipotesi si procederà al recupero delle somme nei confronti del firmatario dell'istanza. Il D.L. 34/2020 con l'intento di supportare a livello patrimoniale le imprese di medie dimensioni prevede tre misure di sostegno (art. 26). La prima misura si sostanzia in un credito d'imposta pari al 20% sui conferimenti in denaro per aumenti di capitale sociale di una o più società che soddisfano le condizioni dettate dalla norma, che si richiameranno di seguito. L'importo massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d'imposta è pari a 2 milioni di euro. Il credito d'imposta si applica anche agli investimenti effettuati in stabili organizzazioni in Italia di imprese con sede in Stati membri dell'Unione europea o in Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, nonché quando l'investimento avviene attraverso quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) che investono in misura superiore al 50% nel capitale sociale delle imprese che rispettano le condizioni di ammissibilità. Il beneficio decade e interviene l'obbligo del contribuente di restituire l'ammontare detratto, unitamente agli interessi legali, quando la società oggetto del conferimento in denaro distribuisce riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024. Il secondo mezzo di sostegno è individuato nel credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020 pari al 50% delle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30% dell'aumento di capitale. Infine, la terza linea di intervento è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI, per il quale è prevista una dotazione iniziale di 4 miliardi di euro per l'anno 2020. La gestione è affidata a Invitalia S.p.A. (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa) o a una società interamente controllate da quest'ultima. Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione per un ammontare massimo pari al minore importo tra tre volte l'ammontare dell'aumento di capitale e il 12,5% dell'ammontare dei ricavi. Gli strumenti finanziari possono essere emessi in deroga ai limiti di cui all'articolo 2412 c.c., ovvero anche oltre il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. Hanno una scadenza di sei anni, con una opzione di rimborso anticipato a favore dell'emittente decorsi tre anni dalla sottoscrizione. Sono, invece, immediatamente rimborsati se interviene una interdittiva antimafia. Nel caso in cui la società emittente venga assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale i crediti del fondo per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi saranno soddisfatti dopo ogni altro credito e prima dei finanziamenti dei soci a favore della società (art. 2467 c.c.). Inoltre, la società emittente per poter beneficiare della misura in esame assume i seguenti impegni: a) non deliberare o effettuare distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie o quote e di non procedere al rimborso di finanziamenti dei soci dalla data dell'istanza e fino all'integrale rimborso degli strumenti finanziari, b) destinare il finanziamento a coprire i costi di personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia; c) fornire al soggetto gestore un rendiconto periodico, al fine di consentire la verifica degli impegni assunti. La definizione delle ulteriori condizioni di finanziamento, corresponsione degli interessi e relative ai titoli è demandata a un decreto del MEF adottato di concerto con il MISE. La norma, come già accennato, fissa precise e dettagliate condizioni che devono soddisfare le imprese per accedere a dette misure di sostegno. In particolare, devono avere sede legale in Italia, essere costituite nella forma di società di capitali o società cooperative e risultare regolarmente iscritte nel registro delle imprese. Sono, tuttavia, esclusi gli intermediari, le società di partecipazione e le imprese di assicurazione. I ricavi devono essere compresi fra 5 milioni (ovvero 10 milioni se si vuole beneficiare dell'intervento del Fondo Patrimonio PMI) e 50 milioni di euro. Nel caso in cui la società che mira a ottenere il “supporto patrimoniale” appartenga a un gruppo, il valore dei ricavi di riferimento è quello su base consolidata. Le imprese devono, inoltre, aver subito nei mesi di marzo e aprile 2020, a causa dell'emergenza sanitaria, una riduzione complessiva in misura non inferiore al 33% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ancora, è necessario che la società: a) non risultasse, al 31 dicembre 2019, tra le imprese in difficoltà ai sensi della disciplina europea sugli aiuti di Stato; b) non abbia ricevuto e non rimborsato aiuti ritenuti dalla Commissione europea illegali o incompatibili; c) si trovi in situazione di regolarità contributiva, fiscale, nonché in linea con le disposizioni in materia di edilizia e urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente; d) non si trovi nelle condizioni previste dall'art. 67 del Codice Antimafia che impediscono l'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato; e) non abbia registrato una condanna definitiva nei confronti degli esponenti aziendali, negli ultimi cinque anni, per reati connessi all'evasione fiscale. Solo per l'accesso al Fondo Patrimonio PMI è richiesto che la società abbia un numero di occupati inferiore a 250 persone e abbia deliberato ed eseguito - dopo l'entrata in vigore del D.L. Rilancio e, comunque, entro il 31 dicembre 2020 - un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato, di ammontare non inferiore a 250.000 euro. Gli interventi e le operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo predisposte dal Governo passano anche attraverso l'ingresso dello Stato nella proprietà delle imprese momentaneamente in crisi mediante il Patrimonio destinato - denominato “Patrimonio Rilancio” - costituito da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) al quale sono conferiti dal MEF beni e rapporti giuridici che abbiano le caratteristiche di facile e pronta liquidazione o rifinanziabilità. Al suddetto apporto corrisponde l'emissione, da parte di CDP, a valere sul Patrimonio destinato e in favore del Ministero dell'economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione, la cui remunerazione è condizionata all'andamento economico del patrimonio stesso (art. 27). Il Patrimonio destinato può essere articolato in comparti autonomi rispetto al Patrimonio e indipendenti tra loro, nonché autonomi e separati dal patrimonio di CDP. Il “Patrimonio Rilancio” risponde solo delle obbligazioni assunte e nei limiti dei beni e rapporti giuridici apportati, ovvero generati dalla gestione. Il patrimonio in esame non risulta, altresì, aggredibile. Ciò implica, da un lato, che sullo stesso non sono ammesse azioni dei creditori di CDP o nell'interesse di questi ultimi. Allo stesso modo, sul patrimonio di CDP non sono ammesse azioni dei creditori del Patrimonio destinato o nell'interesse degli stessi. Gli apporti del Ministero dell'economia e delle finanze e le corrispondenti emissioni di strumenti partecipativi sono effettuati con decreto del MEF e sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto. Nel caso in cui gli apporti siano costituiti da beni e rapporti giuridici diversi dai titoli di Stato, i relativi valori di apporto e di iscrizione nella contabilità del Patrimonio destinato sono determinati sulla scorta di una relazione giurata di stima. I beni e i rapporti giuridici apportati sono intestati a CDP per conto del Patrimonio destinato e sono gestiti da CDP. Le risorse che alimentano il Patrimonio destinato sono – si legge testualmente nelle Relazione Illustrativa al Decreto - “impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano. L'operatività può avvenire o sulla base delle condizioni previste dal quadro normativo dell'Unione Europea sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da "Covid-19", o altrimenti a condizioni di mercato”. Gli interventi, in particolare, sono destinati alle medie e piccole società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati, comprese quelle costituite in forma cooperativa che: a) abbiano sede legale in Italia; b) non operino nel settore bancario, finanziario o assicurativo; c) presentino un fatturato annuo superiore a cinquanta milioni di euro. La definizione dei requisiti di accesso, le condizioni, criteri e modalità degli interventi del Patrimonio destinato sono demandati a un decreto del MEF, sentito il MISE. Il “Patrimonio Rilancio”, tuttavia, realizza in via preferenziale i propri interventi attraverso la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. È, altresì, possibile intervenire con operazioni di ristrutturazione di società che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività. Per l'individuazione delle azioni da attuare in concreto si prende in considerazione l'incidenza dell'impresa con riferimento allo sviluppo tecnologico, alle infrastrutture critiche e strategiche, alle filiere produttive strategiche, alla sostenibilità e alle altre finalità ambientali (indicate dalla legge di bilancio 2020, il c.d. Green new deal italiano), alla rete logistica e dei rifornimenti, ai livelli occupazionali e del mercato del lavoro. Al Patrimonio destinato o ai singoli comparti è consentita l'emissione di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito, anche in deroga ai limiti (art. 2412 c.c.) e alle altre norme codicistiche (artt. 2415-2420 c.c.) in tema di emissioni di obbligazioni. Non si applica, inoltre, il divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico previsto per i soggetti diversi dalle banche dall'articolo 11, comma 2 del TUB, né la relativa regolamentazione di attuazione, né i limiti quantitativi alla raccolta previsti in materia. Sulle obbligazioni del Patrimonio destinato, in caso di incapienza del Patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello Stato e può essere, altresì, concessa in favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il Patrimonio in esame. Delle obbligazioni derivanti dalle operazioni di finanziamento risponde unicamente il Patrimonio destinato. Inoltre, opera in regime di totale esenzione fiscale: gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal Patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva con aliquota del 12,5%. Il D.L. Rilancio prevede, infine, la cessazione ex lege del Patrimonio di CDP decorsi dodici anni dalla costituzione. Viene, però previsto che la sua durata possa essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti, su richiesta del Ministero dell'economia e delle finanze.
Un ulteriore profilo su cui opera il Decreto Rilancio sono i canoni di affitto, atteso che rappresentano dei costi fissi che le imprese e i professionisti sono chiamati a sostenere anche se le relative attività hanno subìto un blocco ovvero una forte riduzione. L'art. 28, in particolare, introduce un credito d'imposta pari al 60% dell'ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell'attività di lavoro autonomo a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del D.L. Rilancio. Il credito d'imposta è invece pari al 30% dei relativi canoni in caso di contratti di servizi a prestazioni complesse (nei quali oltre alla messa a disposizione di vani ad uso ufficio viene fornita una ulteriore serie di servizi aggiuntivi) o di affitto d'azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento delle attività produttive e/o professionali sopra richiamate. I suddetti crediti d'imposta spettano alle strutture alberghiere indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d'imposta precedente, nonché agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione ai canoni relativi immobili a uso non abitativo destinati allo svolgimento dell'attività istituzionale. La relazione illustrativa esplicita che la “condizione necessaria per fruire del credito d'imposta commisurato all'importo versato nel periodo d'imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio e per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale, con riferimento a ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno” è rappresentata dalla circostanza “che i soggetti locatari, se esercenti un'attività economica, abbiano subìto una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50% nel mese di riferimento rispetto allo stesso mese del periodo d'imposta precedente”. Il beneficio fiscale in esame è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione, successivamente all'avvenuto pagamento dei canoni, che resta esclusa dai limiti generali alla compensabilità - ovvero il limite generale di compensabilità di crediti di imposta e contributi elevato, per l'anno 2020, a un milione di euro e il limite speciale di 250.000 euro applicabile ai crediti di imposta agevolativi - e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'IRAP. Per evitare una duplicazione del beneficio in capo ad alcuni soggetti, l'art. 28 precisa espressamente che non è ammessa la cumulabilità, per i canoni afferenti al mese di marzo 2020, della misura in oggetto con il credito d'imposta pari al 60% del canone di locazione di negozi e botteghe previsti sempre per il mese di marzo 2020 dal D.L. Cura Italia.
Oltre ai canoni di locazione oggetto di attenzione dell'esecutivo nel D.L. 34/2020 sono anche le spese per le utenze elettriche diverse da quelle ad uso domestico che afferiscono, tendenzialmente, ad attività produttive. Più in dettaglio, per i mesi di maggio, giugno e luglio 2020, l'art. 30 invita l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA) a disporre, con propri provvedimenti, la riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici, con riferimento alle voci della bolletta identificate come “trasporto e gestione del contatore” e “oneri generali di sistema”. La misura in esame recepisce – come precisa anche la Relazione Illustrativa al Decreto – le sollecitazioni dell'ARERA (segnalazione 23 aprile 2020, 136/2020/1/Com) che individuava quale “possibile intervento per ridurre il costo del servizio elettrico per le piccole e medie imprese alimentate in bassa tensione”, la riduzione “delle "quote fisse" delle bollette elettriche, tale misura richiede un finanziamento con risorse pubbliche pari a circa 600 milioni di euro per poter essere attuata su un trimestre”. Lo stanziamento massimo previsto dallo Stato per finanziare l'intervento è proprio pari a 600 milioni di euro, che saranno versati sul Conto emergenza Covid-19 istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA). In conclusione
Dall'analisi delle principali disposizioni a favore del tessuto economico desinate a piccole e medie e grandi imprese e lavoratori autonomi emerge che, come ha precisato la Commissione europea autorizzando l'intervento del Governo, le realtà produttive stanno incontrando notevoli “difficoltà a causa della perdita di reddito e della carenza di liquidità” e necessitano di sostegno per “coprire il capitale circolante immediato o le esigenze di investimento”. L'obiettivo dell'esecutivo resta lo stesso che ha caratterizzato il Decreto Cura Italia e il Decreto Liquidità, ovvero fornire, attraverso una molteplicità di interventi, un adeguato supporto alle imprese per rafforzare, soprattutto sotto il profilo finanziario, le attività produttive che hanno subìto e continuano a registrare forti perdite di fatturato scaturite dall'emergenza sanitaria. Anche in questo caso, come avvenuto per molte delle disposizioni contenute nei precedenti Decreti emessi in questa complessa fase emergenziale, la concreta operatività delle misure di sostegno è rimessa a interventi attuativi di enti diversi con il rischio di vanificare l'efficacia immediata che caratterizza proprio lo strumento del decreto-legge, giustificato dalla “necessità e urgenza” di provvedere per fronteggiare di effetti di natura economico-finanziaria innescata dalla pandemia. C'è dunque, la necessità di intervenire subito e rendere le misure di sostegno alla liquidità delle imprese immediatamente operative: i “tempi e l'intensità della ripresa” - prendendo in prestito le parole della Banca d'Italia- “dipenderanno (…) in misura rilevante dall'efficacia delle politiche economiche introdotte”. Dunque, la nuova sfida per la ripresa dell'economia italiana passa proprio dalla capacità che avranno le istituzioni di rendere concretamente attive le diverse linee di azione previste a livello normativo e creare le condizioni per permettere alle imprese di riprendere o continuare a produrre ricchezza e guidare l'intero Paese. |