Il documento informatico, il fax e la mail

Andrea Penta
07 Luglio 2020

Ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. p), d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 la e-mail costituisce un "documento informatico", ovvero un "documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti". L'e-mail, pertanto, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall'art. 2712 c.c., e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime. Il profilo della valenza probatoria delle mail e dei fax, al pari di quella del documento cd. informatico, è poco esplorato in giurisprudenza, nonostante non di rado, soprattutto nell'attuale era tecnologica, tali documenti possano avere una rilevanza di non secondaria importanza.
Premessa

Il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti dalla parte solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l'impossibilità di controdedurre e per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione (Cass. civ., Sez. Un., 1° febbraio 2008, n. 2435).

Nel codice civile sono disciplinati

sette tipi di prove documentali

(tra le quali le più importanti e frequenti sono l'atto pubblico – artt. 2699-2701 c.c. –, la scrittura privata – artt. 2702-2703 –, le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione – artt. 2709-2710 c.c. –, le riproduzioni meccaniche e le copie degli atti – artt. 2712 e 2719 c.c. –), laddove una ottava species (quella del documento informatico) è contemplata dall'art. 21 d.lgs. n. 82/2005.

In tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti (Cass. civ., sez. III, ord., n. 14762/2019).

È sulla base di tale principio generale che verranno analizzati, sul piano della valenza probatoria, il documento informatico, la e-mail, il fax (ed il telefax) e, per contiguità, il telegramma.

Il documento cd. informatico

L'art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, disciplina il documento cd. informatico, che pone come problema principale quello della sua provenienza, in quanto la funzione che, nella scrittura privata, è svolta dalla sottoscrizione nel caso di specie è assolta dalla “

doppia chiave asimmetrica

”. In pratica, la cifrazione, effettuata con una delle due chiavi (chiave privata), può essere decifrata con l'altra chiave (chiave pubblica), che però è diversa dalla prima (sicchè dalla conoscenza della seconda non si può risalire alla conoscenza dell'altra). Chi vuole utilizzare il documento elettronico deve produrre (attraverso un apposito programma elettronico) una coppia di chiavi e consegnare ad un soggetto abilitato (il certificatore autorizzato) la chiave di decifrazione (o chiave pubblica). Il certificatore attesta che la chiave pubblica a lui consegnata appartiene effettivamente al mittente e la rende pubblica (cioè mette a conoscenza di chiunque voglia saperlo il meccanismo di decifrazione).

Se, pertanto, un soggetto riceve da altro soggetto che si qualifica in un determinato modo un documento elettronico certificato, al fine di essere sicuro che il documento effettivamente provenga dal secondo, utilizza o (se non ne è già in possesso) si procura dal certificatore la chiave pubblica del potenziale mittente e con essa tenta di decifrare il documento: se la cifrazione riesce, il destinatario acquista la certezza che il messaggio cifrato proveniva dal titolare della chiave privata; altrimenti, comprende che il documento è stato inviato da qualcun altro che si è presentato falsamente.

Di regola, la cifrazione riguarda la sola sottoscrizione del documento (che, una volta decriptato, si considera sottoscritto dal mittente), anche se non può escludersi che la stessa concerna l'intero documento.

Nel caso di documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con

firma digitale

, lo stesso si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma, salvo prova contraria.

Alla riproduzione del documento informatico su supporto cartaceo, in mancanza di firma digitale, non può essere attribuita efficacia probatoria diversa da quella prevista dall'art. 2712 c.c. per le riproduzioni meccaniche; con la conseguenza che, anche per essi, il disconoscimento della loro conformità ai fatti rappresentati non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata, previsto dall'art. 215, comma 2, c.p.c., perché, mentre quest'ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l'utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. civ., sez. lav., 6 settembre 2001, n. 11445).

I messaggi di posta elettronica

Come anticipato nel paragrafo che precede, il documento elettronico, se munito di firma digitale (art. 1 d.P.R. n. 513/97: è basata, come detto, su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia – una pubblica ed una privata – che consente al sottoscrittore tramite la chiave privata ed al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico), può rivestire l'efficacia probatoria di una scrittura privata, ex art. 2702 c.c. e art. 634 c.p.c.

Con riferimento ai messaggi di posta elettronica, si assiste, in seno alla giurisprudenza di merito, ad un contrasto. L'indirizzo più recente ritiene che l'e-mail contenente una promessa di pagamento costituisca prova scritta anche ai fini della pronuncia del decreto ingiuntivo, poiché, essendo un documento informatico, la presenza di un codice identificativo permetterebbe d'individuare la sua provenienza ed, inoltre, si potrebbe equiparare al telegramma (v. postea) non accompagnato da un originale sottoscritto valutato come scrittura privata in base all'art. 2705 c.c. (va ricordato, a tal proposito, che i telegrammi, ex art. 2705 c.c., rivestono efficacia probatoria ex art. 634 c.p.c. anche se non sottoscritti da colui che li invia). Al fine della concessione del decreto ingiuntivo, il messaggio elettronico sarebbe, pertanto, equiparabile alle prove scritte del credito fatto valere (nel senso che sarebbe assimilabile al documento cartaceo) ai sensi degli artt. 633 e ss. c.p.c. L'orientamento più rigoroso considera, invece, non sufficiente un mero messaggio (ad es., contenente una ricognizione di debito) inviato a mezzo di posta elettronica, in quanto non vi sarebbe certezza in ordine alla coincidenza tra colui che formalmente risulta il mittente e colui che l'ha spedito.

Di recente la Corte (Cass. civ., n. 5523/2018) ha preso in esame la problematica dei messaggi di posta elettronica nella casistica, per valutare se abbiano o meno valenza probatoria, in un caso che concerneva la illegittimità di un licenziamento dichiarata dai giudici di merito sulla base di due argomentazioni: la valenza probatoria delle e-mail aziendali e la inattendibilità dei testimoni che, in quanto coinvolti nella vicenda concreta, avrebbero avuto interesse ad attribuire ad altri la responsabilità dell'accaduto. Con particolare riferimento ai messaggi di posta elettronica, la corte territoriale aveva escluso la valenza probatoria dei documenti sul presupposto di una possibilità astratta di alterazione, non trattandosi di corrispondenza elettronica certificata o sottoscritta con firma digitale che avrebbe garantito l'identificabilità e la sua integrità ed immodificabilità. La S.C. riconduce il detto messaggio alla categoria dei documenti informatici, secondo la definizione che di questi ultimi reca l'art. 1, comma 1, lett. p), del d.lgs. n. 82/2005 (documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti), riproducendo, nella sostanza, quella già contenuta nell'art. 1, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 445/2000.

Con altra pronuncia (Cass. civ., sez. VI - 2, ord., n. 11606/2018) ha precisato che, in tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime.

Quanto all'efficacia probatoria dei documenti informatici, l'art. 21 d.lgs. n. 82/2005 attribuisce l'efficacia prevista dall'art. 2702 c.c. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell'art. 20 d.lgs. n. 82/2005, l'idoneità di ogni diverso documento informatico (come l'e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.

Il telex ed il fax

In generale, la riproduzione di un atto mediante fax rientra tra le

riproduzioni meccaniche

indicate dall'art. 2712 c.c., le quali formano piena prova dei fatti o delle cose rappresentati, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità o la ricezione (Trib. Napoli, 21 luglio 2004).

Il fax di scrittura privata è equiparabile alla scrittura privata, a meno che non vi sia disconoscimento (Trib. Bologna, 9 aprile 2004).

Per il telex ed il fax si pone, anche ai sensi dell'art. 1335 c.c., il problema dell'

individuazione del luogo da cui è partito il documento e di quello in cui è arrivato

. Ciò è possibile in quanto la trasmittente attesta il giorno, l'ora, il numero telefonico del mittente e del destinatario per il fax ed il numero dell'apparecchio che trasmette e di quello che riceve per il telex (in dottrina, Luiso). Sussistono poi incertezze sul soggetto dal quale è stato spedito il testo e sul soggetto dal quale lo stesso è stato ricevuto. Occorrerà perciò di volta in volta individuare il mittente ed il destinatario.

Quanto al fax, il

rapporto di conferma

costituisce prova dell'avvenuta regolare trasmissione del documento, con conseguente presunzione (iuris tantum) di conoscenza dello stesso da parte del destinatario, il quale può vincerla solo fornendo la prova rigorosa della mancata funzionalità dell'apparecchio ricevente (non potendo darsi campo e giustificazione a circostanze impeditive opposte in modo generico e non seriamente documentate).

Altra questione è se, pur essendo stato allegato il report di trasmissione, il destinatario assuma di aver ricevuto solo fogli in bianco, atteso che dal rapporto risulta la trasmissione del numero delle pagine, ma nulla riguardo al loro contenuto.

Analoghe considerazioni valgono per il

servizio "telefax"

(rientrante tra le riproduzioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall'art. 2712 c.c.), che costituisce un sistema di posta elettronica volto ad accelerare il trasferimento della corrispondenza mediante la riproduzione a distanza (con l'utilizzazione di reti telefoniche e terminali facsimile) del contenuto di documenti.

Il telegramma

Gli artt. 2705 e 2706 c.c. stabiliscono che il telegramma ha l'efficacia di una scrittura privata se il testo originale (cioè il modulo che si presenta per la spedizione) è sottoscritto dal mittente. La sottoscrizione poi può essere autenticata dal notaio oppure può essere accertata dall'addetto alla posta; mentre nel primo caso, per contrastare l'autenticazione, è necessario proporre la querela di falso, nel secondo caso è ammessa qualunque prova contraria. Solo nel caso in cui sia contestato che il telegramma provenga dall'apparente mittente, il mittente medesimo è tenuto, ove intenda valersene quale scrittura privata, a fornire la prova delle condizioni poste dal citato art. 2705 c.c. Ove nessuna contestazione vi sia stata circa la provenienza del telegramma, questo ha a tutti gli effetti il valore di scrittura privata, senza che il mittente sia tenuto a dare alcuna ulteriore prova. Non è del tutto indifferente che il mittente sia in possesso del telegramma in originale o solo in copia, in quanto quello non prodotto in originale (ad esempio, perché non reperito presso l'ufficio postale) non ha efficacia di scrittura privata (Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1997, n. 11946).

Peraltro, ai fini della efficacia del telegramma, è sufficiente che l'originale sia consegnato o fatto consegnare dal mittente, anche senza che questi lo sottoscriva (ovviamente, in tal caso la prova della sua provenienza è a carico del mittente). In quest'ottica, l'utilizzazione del servizio telefonico, prevista dal codice postale, consente al mittente, autore della comunicazione, di ottenere, sia pure con la collaborazione di terzi, il recapito del proprio messaggio all'ufficio telegrafico. Ove, poi, sorga contestazione circa la riferibilità del telegramma al mittente (cioè ove dal destinatario sia stata contestata la sua provenienza dall'apparente mittente), questi ha la facoltà e l'onere di provare, con ogni mezzo di prova, che l'affidamento all'ufficio incaricato di trasmetterlo è avvenuto a sua opera o su sua iniziativa (Cass. civ., sez. lav., 9 novembre 2006, n. 23882).

In definitiva, la giurisprudenza (Cass. civ., 17 maggio 2005, n. 10291; Cass. civ., 23 dicembre 2003, n. 19689; Cass. civ., 17 giugno 2003, n. 9790; Cass. civ., 5 giugno 2001, n. 7620) ha esteso la regola dettata dall'art. 2705, comma 1, c.c. (secondo cui il telegramma ha l'efficacia probatoria di una scrittura privata se l'originale, che sia privo di sottoscrizione, sia stato consegnato o fatto consegnare all'ufficio postale dal mittente) anche all'ipotesi del telegramma dettato per telefono all'operatore in servizio, in relazione alla quale, in caso di contestazione, l'interessato dovrà fornire la prova della provenienza della dichiarazione da lui medesimo, anche con il ricorso a presunzioni, potendosi al riguardo fare riferimento, in particolare, alla indicazione dell'autore della dichiarazione contenuta nel testo stesso del telegramma, al possesso della copia del telegramma inviata al mittente in base alle vigenti norme postali, alla titolarità o all'uso esclusivo dell'utenza telefonica attraverso cui è avvenuta la dettatura del telegramma.

La differenza, a seconda che sia o meno presente una sottoscrizione sul telegramma, rileva ai fini di un eventuale disconoscimento, atteso che la parte contro la quale le scritture prive di sottoscrizione sono prodotte non ha l'onere di disconoscere l'autenticità ai sensi dell'art. 215 c.p.c., che si riferisce solo al riconoscimento della sottoscrizione, questa essendo, ai sensi dell'art. 2702 c.c., il solo elemento grafico in virtù del quale, salvi i casi diversamente regolati (artt. 2705, 2707, 2708, 2709 c.c.), la scrittura diviene riferibile al soggetto da cui proviene e può produrre effetti a suo carico (Cass. civ., sez. II, 2 ottobre 1996, n. 8620; cfr. Cass. civ. 4 agosto 2005, n. 16372).

In conclusione

Quanto all'

efficacia probatoria dei documenti informatici

, l'art. 21 d.lgs. n. 82/2005, nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l'efficacia prevista dall'art. 2702 c.c. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell'art. 20 d.lgs. n. 82/2005, l'idoneità di ogni diverso documento informatico (come l'e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.

Il vero problema, allora, è rappresentato non tanto dai dubbi, che pure possono sorgere, in ordine al contenuto del messaggio sul piano della sua corrispondenza o meno al vero; così come non è costituito neppure dal fatto che l'email sia partita effettivamente da un determinato indirizzo di posta elettronica; il problema concreto, sul quale di volta in volta occorrerà soffermarsi, è se a spedirla sia stato davvero il titolare dell'account, oppure un'altra persona che, magari, sia riuscita in qualche modo a forzare l'accesso (si pensi ad un hacker, ma anche ad un collega di lavoro o ad una persona dello stesso nucleo familiare).

Inoltre, la ricevuta del fax, ove è indicato il nominativo di chi lo invia, di chi lo riceve, il numero di telefono, nonché le pagine inviate, è mezzo sufficiente di controllo ad assicurare la ricezione del documento spedito, tant'è che il fax è ammesso, come prova documentale, a sostegno degli assunti difensivi formulati nel corso di un giudizio. Tuttavia, si tratta di una prova che può, in determinati casi, vacillare ed è quindi più debole, sul piano probatorio, rispetto ad una scrittura privata. La legge, infatti, stabilisce che il fax possa costituire una prova documentale solo se non contestato dalla controparte. È, allora, sul concetto di “contestazione” che fa perno la possibilità di provare, per esempio, attraverso il fax, un rapporto contrattuale, un credito, una lettera di sollecito, un atto interruttivo dei termini della prescrizione, ecc.

Guida all'approfondimento
  • C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Torino, 2015;
  • A. Merone, Documento Informatico, in www.ilprocessocivile.it, 2016;
  • Ricchiuto, «Gli effetti probatori del documento informatico», in www.interlex.it/docdigit/ricchiu13.htm.

(Fonte: Il Processo Civile)

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