Effetti del mancato pagamento delle anticipazioni forfettarie nell'era del processo telematico

Stefano Bogini
08 Luglio 2020

Non può essere rifiutato l'atto depositato telematicamente non in regola con la corresponsione delle anticipazioni forfettarie di cui all'art. 30 DPR 115/2002. Infatti, il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore della posta certificata del Ministero della Giustizia.
Massima

Non può essere rifiutato l'atto depositato telematicamente non in regola con la corresponsione delle anticipazioni forfettarie di cui all'art. 30, DPR n. 115/2002. Infatti, il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore della posta certificata del Ministero della Giustizia.

Il caso

In data 14/09/2017 è stato notificato al ricorrente il provvedimento di diniego della protezione internazionale. In data 12/10/2017 il provvedimento è stato impugnato con deposito telematico del ricorso, privo della ricevuta o della marca relativa al pagamento delle anticipazioni forfettarie di cui all'art. 30 DPR 115/2002.

In data 13/10/2017 la cancelleria del tribunale ha comunicato il rifiuto del deposito, rilevando l'irregolarità sotto il profilo fiscale, ai sensi del 4° comma dell'art. 285 DPR 115/2002.

In data 23/10/2017 (scaduto il temine perentorio di 30 giorni di cui all'art. 35-bis, c. 2, d.lgs. 25/2008) il ricorso è stato ripresentato, unitamente (a quanto sembra) ad un'istanza di rimessione in termini.

Con provvedimento 14/03/2018 il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso perché depositato tardivamente e non accoglibile l'istanza di rimessione in termini, per imputabilità al ricorrente della causa determinante il decorso del termine perentorio.

In particolare, il Tribunale ha confermato l'irricevibilità del primo deposito del 12/10/2017, privo della coeva produzione della marca da bollo, ritenendo legittimo il rifiuto ex art. 285 DPR 115/2002 operato dal cancelliere, deputato al controllo della regolarità fiscale degli atti anche in caso di deposito telematico.

Ha, poi, respinto l'istanza di rimessione in termini, imputando al ricorrente di non aver rinnovato il deposito entro la scadenza del 16/10/2017, avendo ricevuto la comunicazione del rifiuto il 13/10/2017.

La questione

Le questioni affrontate dall'ordinanza attengono all'applicabilità del comma 4 dell'art. 285 DPR 115/2002 ai depositi di atti introduttivi effettuati in modalità telematica ex art. 16-bis, comma 1 bis, DL 179/2012, nonché al perfezionamento dei depositi telematici.

Le soluzioni giuridiche

Il ricorrente ha denunciato la violazione degli articoli relativi al perfezionamento del deposito avvenuto con modalità telematiche (art. 16-bis, c. 7, DL 179/2012 e 13, comma 2, D.M. 44/2011) e di quelli relativi alla rimessione in termini ed al computo dei termini (Artt. 153, 2° comma e 155 c.p.c.). La Corte di Cassazione si è occupata solo del primo aspetto, fornendo le seguenti soluzioni: Non può essere rifiutato l'atto depositato telematicamente non in regola con la corresponsione delle anticipazioni forfettarie di cui all'art. 30 DPR 115/2002. Infatti, il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore della posta certificata del Ministero della Giustizia.

Osservazioni

Sembrava principio abbastanza condiviso che l'unica ipotesi di non accettazione di un deposito telematico, al di fuori degli errori fatali (eventi, peraltro, non gestibili dalla cancelleria) fosse proprio quella della mancanza della “marca da € 27,00”, sulla scorta del potere conferito al cancelliere dall'art. 285 DPR 115/2002.

Circa il perfezionamento del deposito con la generazione della ricevuta di avvenuta consegna, il principio (ormai pacifico) ribadito con l'ordinanza in questione sembra portare con sé conseguenze forse non ancora tutte esplorate.

La questione affrontata dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza in esame riguarda l'applicazione della sanzione dell'irricevibilità di cui all'art. 285, c.4 , DPR 115/2002 alle sopravvenute modalità telematiche di introduzione del giudizio; questione su cui il Ministero della Giustizia si era pronunciato a più riprese, escludendo che la sanzione si applichi nel caso di deposito telematico dell'atto introduttivo.

Infatti, una simile determinazione il Ministero l'aveva espressa sin dalla circolare 21/11/2016, n° 0209590.U, ribadita con note DAG 28/03/2017, n. 059731.U, DAG 16/08/2017 n. 0153390.U e DAG 13/10/2017 n. 0191896.U (non reperita quella del 04/09/2017 indicata nell'ordinanza in commento), con le quali ha affermato che la previsione normativa dell'art. 285, 4° comma, DPR 115/2002 si riferisca al solo deposito cartaceo, eseguito direttamente presso la cancelleria, che, prima dell'introduzione del processo telematico, rappresentava la modalità di deposito genericamente prevista dalla legge.

La Corte, pur evidenziando come la soluzione proposta dal Ministero non sia vincolante per il giudice, l'ha, comunque, ritenuta conforme a diritto, applicandola alla fattispecie concreta.

E la motivazione di questa conclusione, praticamente assente nelle note ministeriali (sorrette da una mera petitio principii), è fornita dalla Corte con riferimento alla normativa sul perfezionamento del deposito telematico che, a norma dell'art. 16-bis, c. 7, DL 179/2012, si ha con la generazione della ricevuta di consegna da parte del gestore di PEC del Ministero della Giustizia: da quel momento non vi è più alcuno spazio per un rifiuto degli atti affetti da irregolarità fiscale da parte del cancelliere, essendosi il deposito già perfezionato.

Ben vengano soluzioni che svincolano l'accesso alla giustizia da adempimenti che non appaiono immediatamente funzionali alla relativa domanda, a cui è deputata la procedura di introduzione del giudizio.

Inoltre, occorre osservare che la non applicabilità dell'art. 285, 4° comma, DPR 115/2002 si sarebbe potuta predicare anche in base al principio di effettività della tutela giurisdizionale, che non può essere subordinata a preventivi adempimenti fiscali.

Si deve, però, evidenziare come la soluzione adottata con l'ordinanza 5372/2020 non sembri essere espressione di un indirizzo univoco della Suprema Corte.

A parte le critiche avanzate in dottrina alle determinazioni ministeriali sopra indicate (sostanzialmente anodine e prive di motivazione), l'unico precedente reperito in materia nella banca dati della Corte di Cassazione, sembra andare in direzione opposta a quella della pronuncia in esame.

La seconda sezione della Corte, infatti, con ordinanza 27/09/2019, n. 24180, in una fattispecie analoga a quella in esame (rifiuto dell'iscrizione a ruolo per mancanza della prova del pagamento delle anticipazioni forfetarie e successiva istanza di rimessione in termini, non accolta per ritenuta imputabilità al ricorrente della decadenza in cui era incorso) ha ritenuto legittimo il comportamento della cancelleria, fondato sul potere conferito dall'art. 285, c. 4, DPR 115/2002, accogliendo, invece, il ricorso per il profilo della mancata rimessione in termini.

Analizzando la normativa che sanziona il mancato pagamento delle anticipazioni con il rifiuto dell'atto, peraltro, la Corte evidenzia anche un dubbio di costituzionalità sotto il profilo della difformità con la disciplina dell'omesso versamento del contributo unificato, che non impedisce l'iscrizione a ruolo, limitandosi a prevedere la riscossione esattoriale (non prevista normativamente per le anticipazioni).

La conclusione a cui è giunta l'ordinanza in commento, però, non si è limitata a far propria l'indicazione ministeriale, ma l'ha corroborata con una motivazione che, come sopra accennato, apre la strada a possibili sviluppi interpretativi ulteriori.

Il deposito telematico si perfezione nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna dal server PEC del Ministero.

Mentre, infatti, le indicazioni ministeriali circa la non applicazione dell'art. 285 DPR 115/2002 si limitavano ad affermare che la norma era prevista solo per i depositi cartacei e non anche per quelli telematici (E anche tale disparità di trattamento potrebbe legittimare un dubbio di legittimità costituzionale.), senza alcuna effettiva motivazione, l'ordinanza 5372/2020 ha saldamente ancorato la decisione al principio del perfezionamento del deposito in modalità telematiche: una volta generata la ricevuta di avvenuta consegna “non residua … alcuno spazio per un rifiuto di ricezione degli atti per irregolarità fiscale degli stessi”.

Il principio applicato è sicuramente condivisibile e toglie ogni legittimazione alla teoria del deposito telematico come fattispecie a formazione progressiva (pur sostenuto in qualche precedente) che condizionava il perfezionamento del deposito all'esito dei successivi controlli, automatici (terza PEC) e da parte della cancelleria (quarta PEC): tale teoria, in altri termini, condizionava la datazione del deposito al momento della generazione della ricevuta di consegna, all'esito positivo dei due controlli in questione.

In realtà, l'art. 16-bis, c. 7, DL 179/2012 afferma chiaramente che “Il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza …”.

Ne consegue che il principio affermato dalla Corte può tradursi nei termini che seguono: dal momento del perfezionamento del deposito, non residua alcuno spazio per un rifiuto di ricezione degli atti … da parte di alcuno.

In altri termini, una volta che l'atto è entrato nel server del Ministero della Giustizia, il deposito non può essere più respinto o rifiutato per alcun motivo, sia tecnico (terza PEC), sia di altra natura (quarta PEC).

In questa prospettiva non ci sarebbe nemmeno materia per istanze di rimessione in termini, quanto, piuttosto, per istanze con cui far valere la tempestività del deposito al momento della generazione del messaggio di avvenuta consegna, in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, i successivi passaggi non vadano a buon fine e costringano ad una riproposizione del deposito (magari a termini scaduti).

In altre parole, il semplice contatto con il Ministero della Giustizia (cioè con il suo server di posta elettronica certificata) perfeziona qualsiasi deposito, indipendentemente da eventuali errori compiuti nella individuazione dei parametri necessari alla corretta, successiva, veicolazione del deposito.

In questa prospettiva, errori di numero di ruolo, di individuazione anche del foro, della materia, del ruolo o dell'oggetto, men che meno gli accidenti tecnici che generano errori fatali, nulla di tutto questo sarebbe idoneo al rifiuto dell'atto o, in ogni caso, mai si tradurrebbe in un mancato deposito.

È come se ci fosse un'unica cancelleria nazionale (in effetti non vi è un server dedicato ad ogni foro) che, una volta raggiunta, con la generazione della seconda PEC, attesta il raggiungimento dello scopo tipico del deposito, indipendentemente dai successivi passaggi tecnici o di intervento di cancelleria.

È, forse, un'interpretazione estrema, ma certamente plausibile in un'ottica di progressivo svuotamento della rilevanza di forme che non sono funzionali allo scopo del processo.

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