L'appello avverso l'ordinanza ex art. 702-bis e ss. c.p.c.

Lorenzo Balestra
09 Luglio 2020

Dal disposto dell'art. 702-quater c.p.c. risulta che l'appello avverso l'ordinanza con la quale si conclude il giudizio sommario di cognizione, deve essere appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Nel caso in cui l'ordinanza venga emanata in udienza, da quando decorre il termine cosiddetto “breve” per impugnare l'ordinanza ex art. 702-bis c.p.c.?

Dal disposto dell'art. 702-quater c.p.c. risulta che l'appello avverso l'ordinanza con la quale si conclude il giudizio sommario di cognizione, deve essere appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. Nel caso in cui l'ordinanza venga emanata in udienza, da quando decorre il termine cosiddetto “breve” per impugnare l'ordinanza ex art. 702-bis c.p.c.?

Per rispondere al quesito è necessario analizzare la struttura del procedimento sommario di cognizione regolato dagli artt. 702-bis e ss. c.p.c. con riferimento alla decorrenza del termine per proporre appello avverso l'ordinanza resa in primo grado nell'ambito di quel procedimento.

Il procedimento cosiddetto sommario di cognizione ha diversa natura rispetto al procedimento ordinario, tanto che ad esso non possono trovare applicazione tutte le norme generali previste per il secondo.

Il procedimento sommario di cognizione è stato introdotto al fine di dotare l'ordinamento processuale di un rito accelerato nei casi in cui, soprattutto, non sia necessario lo svolgimento di una fase istruttoria in senso “pieno”.

Infatti, il rito sommario è connotato da riduzione dei termini a comparire, anticipazione delle preclusioni istruttorie e di merito, deformalizzazione dell'istruttoria, qualora il giudicante non intenda “trasformarlo” in rito ordinario sussistendone i presupposti.

Le esigenze di snellezza si rinvengono in tutta la disciplina del rito sommario, anche con riferimento all'appello, ove possono, ad esempio, essere ammesse le sole nuove prove e i nuovi documenti “indispensabili”, nonché laddove si afferma (art. 348-bis, lett. b, c.p.c.) che l'appello avverso l'ordinanza del rito sommario non debba sottostare al vaglio della ragionevole probabilità di non essere accolto come avviene, invece, per il rito ordinario.

La stessa esigenza di snellezza detta le modalità dell'appello il cui termine “breve” decorre dalla comunicazione o notificazione dell'ordinanza: «Nel procedimento sommario di cognizione, l'ordinanza di rigetto della domanda è, al pari di quella di accoglimento, appellabile ex art. 702-quater c.p.c., nel termine di trenta giorni decorrenti dalla data della sua notificazione ad istanza di parte ovvero, se anteriore, della sua comunicazione di cancelleria, stante la loro equiparazione ai fini della produzione degli effetti della cosa giudicata, ai sensi del cit. art. 702-quater» (Cass. civ., 8 marzo 2017, n. 5840).

Quanto all'appello, pertanto, la sola norma applicabile sarà quella di cui all'art. 702-quater c.p.c. quale norma speciale che dovrà prevalere sulle norme generali in materia di impugnazione contenute negli artt. 325, 326 e 327 c.p.c.

Si applica, invece, non essendoci una norma speciale che vi deroghi, il disposto di cui all'art. 134 c.p.c. che equipara la lettura in udienza alla comunicazione dell'ordinanza pronunciata fuori udienza e ciò in combinato disposto con la previsione di cui all'art. 176, comma 2, c.p.c. che prevede che l'ordinanza pronunciata in udienza si considera conosciuta dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi, mentre solo quelle rese fuori udienza devono essere comunicate nei tre giorni successivi (termine acceleratorio del procedimento ed ordinatorio per l'ufficio della cancelleria).

In sostanza, la previsione dell'art. 702-quater c.p.c., che fa decorrere il termine “breve” per l'impugnazione dalla notificazione o dalla comunicazione dell'ordinanza che effettui la cancelleria, si riferisce ad esigenze di snellezza, pur garantendo la effettiva conoscenza del provvedimento, conoscenza che, proprio in base alle norme generali, qui applicabili in mancanza di una diversa norma speciale, equiparano la comunicazione alla lettura in udienza dell'ordinanza, così raggiungendosi il medesimo scopo che si prefigge la norma speciale contenuta nell'art. 702-quater c.p.c. in relazione alla decorrenza del termine “breve” per proporre appello.

Pertanto, non può trovare applicazione la norma generale di cui all'art. 327 c.p.c., nel caso in cui il provvedimento giudiziale non sia stato notificato (o comunicato) ma sia stato emesso in udienza, in quanto il procedimento sommario di cognizione è una fattispecie speciale. Infatti, in aderenza al disposto dell'art. 702-quaterc.p.c., equivalendo ex artt. 134 e 176 c.p.c. la pronuncia in udienza alla "comunicazione", il termine per appellare l'ordinanza pronunciata in udienza e inserita a verbale, pur se non comunicata o notificata, decorre dalla data dell'udienza stessa, con esclusione, anche da tale punto di vista, della possibilità di applicazione dell'art. 327 c.p.c.

Così si esprime la giurisprudenza: «Nel rito sommario di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c., il termine per proporre appello contro l'ordinanza pronunciata in udienza, ai sensi dell'art. 702-ter c.p.c., ed inserita nel verbale stesso, pur se non comunicata o notificata, decorre dalla data dell'udienza medesima, con esclusione della possibilità di applicazione dell'art. 327 c.p.c. che prevede il termine cosiddetto lungo; ciò in accordo con la ratio legis connessa alla natura del procedimento sommario di cognizione e con la disposizione dell'art. 702-quater c.p.c. che, a tal fine, fa decorrere il termine per l'appello anche dalla “comunicazione”, dovendosi affermare, in riferimento a tale rito, che la lettura in udienza equivalga alla comunicazione dell'ordinanza«» (Cass. civ., sez. II, sent., 6 giugno 2018, n. 14478).