Somministrazione irregolare della prestazione lavorativa e costituzione di un rapporto di lavoro subordinato. Canoni interpretativi
13 Luglio 2020
Il caso
Il lavoratore adiva con ricorso il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del lavoro, chiedendo che venisse accertata la sussistenza della fraudolenta e/o irregolare somministrazione della prestazione lavorativa resa dallo stesso in favore della società convenuta. Prestazione resa in relazione a diversi contratti di appalto intercorsi tra la committente e differenti subappaltatrici. Per l'effetto, il ricorrente chiedeva dichiararsi costituito rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della società committente, utilizzatrice, a far data dal mese di luglio 2006. A sostegno delle proprie richieste il ricorrente, deduceva di essere stato formalmente assunto da una prima società, con contratto di lavoro a tempo determinato e con la qualifica di fattorino e di essere, successivamente, passato ad altra subappaltatrice. La prestazione lavorativa era sempre svolta in favore della medesima committente che, nel tempo, aveva cambiato denominazione.
Si costituiva la società committente, eccependo, in via preliminare, la decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d), l. n. 183 del 2010 in relazione alle pretese anteriori al 1 gennaio 2014 e per le successive, contestando la fondatezza del ricorso, chiedendone l'integrale rigetto. La questione
La questione esaminata dal Tribunale di Catania, è la seguente: a) accertamento dell'illiceità dell'appalto intercorso tra la committente e la subappaltatrice; b) costituzione di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della committente; c) in via preliminare, accertare se per i periodi anteriori al 1 gennaio 2014, sia intercorsa la decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d), l. n. 183 del 2010. La soluzione giuridica
Il Tribunale di Catania ha ritenuto infondate le domande del ricorrente e ha respinto il ricorso, con condanna al pagamento delle spese di lite.
Il Tribunale ha dapprima circoscritto il proprio campo di indagine affermando che l'azione spiegata dal ricorrente è fondata su di una precisa causa petendi, ossia l'illiceità dell'appalto in esecuzione del quale ha lavorato, e questa causa petendi postula un'indagine che non può che riguardare l'appalto nel suo complesso, che va dunque vagliato in generale e non con riferimento esclusivamente al rapporto di lavoro del ricorrente. “E, poiché il ricorrente ha chiesto la costituzione del rapporto di lavoro in capo alla committente, “è indubbio che il contratto che rileva è unicamente quello concluso dalla committente”.
Successivamente, richiamando la normativa applicabile al caso di specie, ha richiamato i supporti normativi.
Il Giudice di Catania richiama l'art. 85, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 276 del 2003, nella parte in cui ha introdotto nel nostro Ordinamento, la fattispecie della somministrazione di manodopera, disciplinata dagli artt. 20 ess. Che nel regolare l'Istituto, né stabiliscono i canoni di liceità; Richiama poi, l'art. 29 comma 1 d.lgs. n. 276 del 2003, nel testo vigente ratione temporis, ai sensi del quale “ ai fini dell'applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto […] si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazionedei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per l'assunzione , da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa”.
In ultimo, ha fornito le chiavi d'interpretazione del suo ragionamento giuridico, riconducibile all'orientamento tracciato dalla Suprema Corte di cassazione, nelle sentenze n. 8643 del 2001 e n. 15557 del 2019.
Il Giudice quindi osserva che, nel caso in esame:
1) il contratto prodotto indica con precisione il servizio che sarebbe stato fornito alla committente; 2) nello stesso contratto, si dà atto dell'autonomia dell'appaltatore nell'organizzazione e nella esecuzione della prestazione nella parte cui le clausole contrattuali prevedono che “lo svolgimento di quanto previsto nel contratto non potrà in alcun modo dar luogo ad un rapporto di lavoro subordinato tra ciascuna parte e i dipendenti dell'altra”. 3) non è risultato che l'attività oggetto di appalto sia stata svolta dal personale delle appaltatrici in commistione con personale della committente, essendo chiaramente emerso (dalla prova testimoniale) come il ricorrente fosse l'unico a occuparsi dei lavori di piccola manutenzione e dello spostamento di fascicoli e arredi.
Conclude il Giudice, affermando che si tratta di appalto di un servizio, che contiene tutti gli elementi propri della fattispecie. Il ricorso pertanto, viene rigettato.
Con riferimento alla questione preliminare posta dalla convenuta, il Giudice considerando come primo atto interruttivo l'impugnazione stragiudiziale del 27 settembre 2013 ha ritenuto di dovere dichiarare decaduto il ricorrente dall'impugnativa dell'illiceità di tutti gli appalti precedenti al 1° gennaio 2013. Osservazioni
Si tratta di una decisione che si fonda su un orientamento della Suprema Corte (sentenze n. 8643 del 2001 e n. 15557 del 2019) il cui richiamo lascia delle perplessità.
Il Tribunale di Catania, in questo caso, sembra far prevalere la forma sulla sostanza dei fatti. Ed invero, a fronte della regolarità formale resa esplicita dalle clausole contrattuali, manca nella sentenza commentata una approfondita indagine dei fatti.
A nulla vale il richiamo del Giudice in sentenza alle dichiarazioni testimoniali, se le stesse non vengono valutate anche in relazione alla qualità dei testi auditi e alla loro posizione lavorativa personale, in relazione ai rapporti degli stessi con la controparte, loro datrice di lavoro.
È nella interpretazione di quanto detto e di come viene detto dai testi che è possibile rintracciare elementi che possano consentire all'interprete di vagliare la rispondenza alla realtà delle clausole contrattuali. A parere dello scrivente non bisogne cedere alla tentazione di valorizzare eccessivamente la perfezione formale di alcuni schemi contrattuali. Questi, per loro natura non possono essere contro la legge. Altra è la realtà dei fatti. Questa necessita di indagini approfondite e ciò che non emerge è, forse, più evidente di ciò che è scritto. In mancanza, si rischia di legittimare condotte illegittime, seppur ben vestite. |