S.r.l.: impugnazione di decisioni dei soci assunte senza informazioni

15 Luglio 2020

Il dettato dell'art. 2479-ter, comma 3, c.c. deve essere interpretato in senso restrittivo o in senso estensivo?

Il dettato dell'art. 2479-ter, comma 3, c.c. deve essere interpretato in senso restrittivo o in senso estensivo?

Da tempo la prassi del diritto societario si è dovuta scontrare con le perplessità applicative dell'art. 2479-ter c.c., e specificamente con quanto è dato con l'interpretazione del comma 3, di cui conviene rievocare il contenuto: “Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite”.

Uno dei problemi di maggiore rilievo è la portata applicativa del testo: oggi, anche alla luce di una sentenza del Tribunale di Milano, di primo grado, datata 1 febbraio 2018, si può affermare che essa vada intesa in senso restrittivo. Ciò significa, in altri termini, che l'art. 2479-ter, comma 3, c.c., a tenore del quale le decisioni dei soci di S.r.l. possono essere impugnate se assunte in assenza assoluta di informazione debba essere interpretato in maniera tale da alludere solamente a una decisione assunta dai soci in assenza di una rituale e regolare procedura di convocazione, nell'ipotesi di decisione assembleare. Alternativamente, si può pensare al caso di una decisione assunta senza che fossero coinvolti tutti quanti i soci medesimi, nell'ipotesi di una decisione extra assembleare.

Alcune precisazioni, a tale proposito, appaiono essenziali.

Anzitutto, la norma non afferma che la deliberazione dei soci debba passare attraverso una accurata e completa informazione sulla materia sottoposta alla deliberazione. Non vi sono, in altri termini, disposizioni normative che disciplinino la completezza dell'informazione destinata. Rileva una differenza sostanziale tra due previsioni codicistiche, spesso confuse nella pratica, sulle quali conviene soffermarsi. Si tratta della distanza che separa l'articolo in esame e l'art. 2379, comma 1, c.c., dedicato alle deliberazioni dei soci di una s.p.a., che siano state assunte in caso di mancata convocazione dell'assemblea: la distanza che si vuole illustrare si connette alla differenza di procedura che il legislatore ha indicato per i due tipi di società di capitali, e non già a una differenza tra le esigenze di informazione da considerare nei due contesti. Vero è che la medesima Corte di Cassazione ha sostenuto che l'espressione utilizzata all'art. 2479-ter, comma 3 c.c. in tema di Srl sia da assimilare all'espressione utilizzata all'art. 2379, comma 1, c.c. in tema di S.p.a.

In particolare le espressioni da comparare sarebbero, rispettivamente: «le decisioni dei soci di Srl aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assoluta assenza di informazioni» e «nei casi di mancata convocazione dell'assemblea»: la conseguenza sarebbe che la delibera è nulla e può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse nel termine di tre anni dalla trascrizione della delibera nel registro delle imprese, come tra poco si avrà cura di precisare.

Il criterio esegetico fondamentale non sarebbe da ascrivere a un'esigenza di maggiore informazione dei soci di s.r.l. rispetto a quelli di s.p.a., bensì proprio alla circostanza normativa che il codice civile contempla modalità diverse di assunzione delle decisioni. Infatti, come ampiamente noto, nella s.p.a. l'unica procedura prevista è quella assembleare: i soci assumono le decisioni solamente all'esito di un'assemblea, la quale si svolge a seguito di una convocazione di tutti quanti i soci seguendo la procedura prevista dalla legge e dallo statuto sociale. Diversamente, nella s.r.l., laddove lo statuto lo preveda, ai soci è consentito assumere decisioni, oltre che con il consueto metto assembleare, anche con il metodo della consultazione scritta, attraverso il consenso prestato ed espresso in forma scritta. Si comprende, dunque, il motivo per il quale l'art. 2479-ter, comma 3, c.c. non faccia riferimento - come accade per l'art. 2379 comma 1, c.c. in materia di Spa - all'avviso di convocazione, ossia al solo strumento tipico di formazione della volontà assembleare, ma adotti una forma potenzialmente applicabile alla pluralità dei metodi di convocazione consentiti per le s.r.l.

Ne consegue la necessità di tutela del corpo sociale, che suggerisce al legislatore di precisare come, laddove i soci si avviino ad assumere decisioni, in qualunque dei metodi previsti dal codice civile, ciò non possa avvenire «in assenza assoluta di informazioni». In altre parole, quando non si adotta il metodo assembleare, tutti i soci debbono essere coinvolti nel procedimento decisionale, o almeno siano potenzialmente messi nella condizione di potere partecipare e assumere la decisione; diversamente, decisione dovrà intendersi come nulla e siffatta nullità potrà essere fatta valere entro tre anni da chiunque ne abbia interesse, come ancora ricordato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23218/2018: è il termine di impugnazione della delibera societaria approvata dall'assemblea, se uno dei soci non è stato informato o regolarmente convocato ed il termine per impugnare decorre dalla trascrizione della decisione nel libro delle decisioni dei soci. Si tratta di una nullità - conviene sottolinearlo - che colpisce la delibera adottata dall'assemblea societaria nel caso in cui siano mancanti gli elementi necessari per la corretta formazione della volontà sociale deliberativa, ossia l'informazione preventiva dei soci in merito all'avvio del procedimento deliberativo e sugli argomenti da trattare nell'ordine del giorno, come ha avuto cura di affermare la giurisprudenza di legittimità ancora nel 2019.

D'altra parte, lo stesso articolo in esame, al comma 1, contiene un'ulteriore conferma del termine triennale, dal momento che si legge come la facoltà di impugnare nel termine breve di novanta giorni spetti ai soci che non hanno consentito alla deliberazione, ossia ai soci assenti, astenuti e, naturalmente, a quelli dissenzienti, tra i quali non è possibile far rientrare i soci non avvisati, poiché la loro mancata comparizione non può assumere la veste di una sciente assenza, né ancor meno di una forma di astensione o di dissenso.

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