Novità normative emergenziali in materia contrattuale e concorsuale: la Relazione della Cassazione
16 Luglio 2020
Con la Relazione tematica n. 56 dell'8 luglio 2020, l'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha analizzato le novità normative sostanziali dettate dalla normativa emergenziale in ambito contrattuale e concorsuale.
Come si legge nell'introduzione della Relazione tematica n. 56 del Massimario «lo shock economico da pandemia mette sul tavolo due problematiche interconnesse: quella della gestione delle sopravvenienze perturbative dell'equilibrio originario delle prestazioni contrattuali; quella dei correlati rimedi di natura legale e convenzionale». Si tratta di problematiche che attengono alla fase esecutiva di tutti i contratti di natura sinallagmatica dove il legale fra le due prestazioni risulta essenziale «poichè qualora una delle prestazioni venga a mancare, l'altra diviene sproporzionata vanificando il senso dell'operazione programmata».
Sulla base di tale premessa e degli interventi normativi susseguitisi negli ultimi mesi a causa della pandemia, la Relazione sottolinea come «Sul piano del diritto sostanziale, ne è venuta fuori una trama fitta di norme emergenziali e transitorie, tese, nel complesso, ora a sterilizzare alcune disposizioni di diritto societario e concorsuale avvertite come stridenti rispetto alla specialità della crisi, ora a concedere moratorie generalizzate, ora, infine, a congelare la situazione, fermando le lancette dell'orologio dei rapporti negoziali tendenzialmente per l'anno in corso, nell'attesa (o nell'auspicio) di tempi migliori o perlomeno prevedibili».
Vengono dunque analizzati i profili relativi a: - norme sull'impossibilità sopravvenuta. - norme sull'eccessiva onerosità sopravvenuta. - inadempimento della prestazione e impotenza finanziaria - norme sostanziali “anti-Covid”. - norme “emergenziali” per le imprese in crisi. - esecuzione delle procedure concorsuali minori. - principio di conservazione del contratto. - rinegoziazione del contratto squilibrato.
Sulla premessa della carenza di liquidità ineluttabilmente collegata al lockdown, il decreto Rilancio, d.l. n. 23/ 2020, agli artt. 5-10, ha introdotto una sequenza di misure temporanee per le aziende, incidenti sia sulla disciplina fallimentare, sia su quella delle imprese. La Relazione passa, così, in rassegna: il differimento al 1° settembre 2021, dell'entrata in vigore del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza; la sospensione ex lege, dal 9 aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2020 delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società; il venir meno dell'obbligo, contemplato dall'art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c., di verificare la sussistenza della continuità aziendale per la redazione del bilancio relativo all'anno in corso. In ambito strettamente concorsuale, si evidenzia come all'ambito applicativo dell'art. 9 del decreto Rilancio fanno eccezione i concordati in relazione ai quali l'inadempimento sia già maturato, e quelli in rapporto ai quali il termine scadrà dopo il 31 dicembre 2021. L'assenza di una disciplina specifica della fase esecutiva del piano implica che la cornice di questa sia a grandi linee la stessa del contratto in generale e dell'adempimento delle obbligazioni ed è, quindi, alle norme generali sull'inadempimento, sulle sopravvenienze e sulle modificazioni delle circostanze che si deve guardare.
In conclusione, secondo il Massimario, «qualora il sinallagma contrattuale sia stravolto dalla pandemia e la parte avvantaggiata disattenda gli obblighi di protezione nei confronti dell'altra, limitare la tutela di quest'ultima alla risoluzione e al risarcimento del danno significherebbe demolire il rapporto contrattuale». Un possibile rimedio viene individuato nella possibilità di richiedere un intervento del giudice ad integrazione del rapporto divenuto iniquo. In tale contesto «Un intervento sostitutivo del giudice sembrerebbe ammissibile al più ogni volta che dal regolamento negoziale dovessero emergere i termini in cui le parti hanno inteso ripartire il rischio derivante dal contratto, fornendo al giudice (anche in chiave ermeneutica) i criteri atti a ristabilire l'equilibrio negoziale. [...] Qualora si ravvisi in capo alle parti l'obbligo di rinegoziare il rapporto squilibrato, si potrebbe ipotizzare che il mancato adempimento di esso non comporti solo il ristoro del danno, ma si esponga all'esecuzione specifica ex art. 2932 c.c.».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it |