Vocatio in ius nella citazione in appello

Lorenzo Balestra
16 Luglio 2020

Si può configurare un'ipotesi di nullità se in un atto di appello, per mero errore materiale, si omette di indicare, dopo il "cita" per intenderci, il convenuto? Puntualizzo che tutti i dati del convenuto erano stati comunque indicati all'inizio dell'atto (es. Tizio ctr. Caio con tutti i relativi dati richiesti ex art. 163 c.p.c.).

Si può configurare un'ipotesi di nullità se in un atto di appello, per mero errore materiale, si omette di indicare, dopo il "cita" per intenderci, il convenuto? Puntualizzo che tutti i dati del convenuto erano stati comunque indicati all'inizio dell'atto (es. Tizio ctr. Caio con tutti i relativi dati richiesti ex art.163 c.p.c.).

Come prescrive l'art. 342 c.p.c., l'atto di appello si propone, nel rito ordinario, con citazione contenente gli elementi prescritti dall'art. 163 c.p.c., norma dettata per l'atto di citazione in primo grado.

A sua volta, l'art. 163, comma 3, n. 2, c.p.c. prevede, fra le altre cose, che debbano essere indicati «il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto».

Dal tenore del quesito si evince che tali dati siano tutti presenti nell'atto di citazione in appello.

Orbene, l'art. 163 c.p.c. non prescrive il luogo esatto dell'atto ove quei dati debbano essere presenti.

Pertanto, se è vero che la loro sede naturale è solitamente quella che segue la formale citazione, non è escluso che tali dati possano essere contenuti in altro punto dell'atto; l'essenziale è che non vi possa essere confusione sul soggetto che venga citato.

La nullità, prevista dall'art. 164, comma 1, c.p.c., si ha solamente qualora si sia omesso o risulti assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti, nel caso che ci interessa, del n. 2, terzo comma, dell'art. 163 c.p.c., cosa che, nel caso prospettato, non si sarà verificato se, si ribadisce, non vi sia incertezza sulla persona del convenuto.

Ovviamente bisognerà anche che sia menzionato il lungo di notificazione dell'atto di citazione che, nella generalità dei casi, a mente dell'art. 330 c.p.c., sarà quello del domicilio eletto presso il procuratore costituito.

Se tutti tali elementi sono presenti, si potrà ritenere che l'atto di citazione mantenga la sua validità

In questi termini sembra esprimersi la Cassazione: «L'omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell'atto di citazione e nella relata di notificazione, del nominativo di una delle parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un'irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l'atto era stato notificato, mentre l'irregolarità formale o l'incompletezza nella notificazione del nome di una delle parti non è motivo di nullità se dal contesto dell'atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l'identificazione di tutte le parti e la consegna dell'atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l'apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall'effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l'effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ritualmente notificato l'atto di appello, sebbene lo stesso e la relata di notificazione contenessero l'erronea indicazione del prenome del destinatario, valorizzando sia il fatto che quest'ultimo - peraltro regolarmente costituitosi - fosse la sola controparte dell'appellante, sia la duplice circostanza che l'atto non solo fosse stato notificato presso il difensore nel giudizio di primo grado, ma recasse, in altre sue parti, la corretta menzione del prenome dell'appellato)» (Cass. civ. sez. III, 19 marzo 2014, n.6352).

Si tenga anche presente che la costituzione del convenuto varrà a sanare un eventuale profilo di nullità applicandosi, in questi casi, quanto prescrive l'art. 156, comma 3 c.p.c., in combinato disposto con il terzo comma dell'art. 164 c.p.c., a mente dei quali la nullità di un atto processuale, e tale è l'atto di citazione, non può mai essere pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato.