Superficie non adeguata all'altezza del gioco per bambini: caduta addebitabile al Comune

Attilio Ievolella
17 Luglio 2020

Confermata la responsabilità dell'ente locale per la disavventura vissuta da un minore all'interno di un parco giochi. Riconosciuto il risarcimento in favore del genitore del bambino e quantificato in oltre 11mila euro.

Parco giochi comunale non sicuro. A certificarlo il fatto che il materiale – prato in erba sintetica – predisposto per attutire l'eventuale caduta di un bambino non è adeguato. Ciò comporta la condanna dell'ente locale, obbligato a risarcire il padre di un ragazzino vittima di un brutto incidente.

Scenario del fattaccio è un parco giochi comunale in Puglia. Ricostruito facilmente l'episodio: un bambino, tenuto sotto controllo dal padre, sta giocando, ma all'improvviso cade da uno scivolo – che ha un'altezza di un metro e venti centimetri dal suolo – e riporta la frattura scomposta dell'omero sinistro.
Immaginabile la paura del bambino e del padre, inevitabile la corsa in ospedale. Superato il problema fisico, però, il genitore cita in giudizio il Comune, ritenendolo responsabile per l'incidente capitato al figlio e chiedendo un adeguato ristoro economico.
Per i giudici di primo grado nessun addebito è possibile a carico dell'ente locale. Di parere opposto, invece, i giudici di secondo grado: così in Appello il Comune viene condannato a versare al papà del bambino oltre 11mila euro.
Una volta acclarato che «il Comune è custode della villa in cui si è verificata la caduta», i giudici osservano che «alla base del gioco da cui è caduto il piccolo vi era solo un prato di erba sintetica» assolutamente non sufficiente per garantire la sicurezza dei bambini. A questo proposito, difatti, viene ricordato che «la sicurezza all'interno dei ‘parchi giochi' deve essere realizzata calcolando il punto di possibile caduta e la sua distanza da terra», e «la superficie di prato sintetico esistente nella villa era adatta a tenere indenni i bambini dalle cadute verificatesi dall'altezza massima di un metro», mentre, in questo caso, «il bambino era caduto da un'altezza maggiore», un metro e venti centimetri, per la precisione. Ciò significa che «il Comune avrebbe dovuto collocare sul posto un diverso materiale in grado di ammortizzare la caduta, materiale che pacificamente non era presente».
Evidente, quindi, secondo i giudici, la responsabilità dell'ente locale, anche perché «non è stato dimostrato alcun uso anomalo della struttura«» e «il padre del bambino era presente, per cui nessun rimprovero poteva essere mosso a suo carico», e peraltro «il bambino stava utilizzando uno strumento ludico – uno scivolo – assolutamente adatto alla sua età», circa 5 anni.

Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal legale del Comune. Inutile la sottolineatura che «lo scivolo non era dotato di pericolosità intrinseca». Inutile, infine, l'accusa nei confronti del padre, che, secondo il legale, «avrebbe dovuto vigilare sul comportamento del bambino».
Per i magistrati va confermata la decisione presa dai giudici d'Appello, poiché è emersa in modo chiaro la responsabilità dell'ente locale che non ha rispettato il proprio «obbligo di custodia» sulla villa e sulla sicurezza delle strutture ludiche utilizzate dai bambini.
Così, una volta accertata la mancanza di prove su un presunto «caso fortuito» alla base della rovinosa caduta, è sacrosanta la condanna del Comune, che dovrà versare al genitore del bambino oltre 11mila euro e dovrà sobbarcarsi le spese relative ai tre gradi di giudizio.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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