Danni a “decorso occulto” (da emotrasfusione): da quando decorre la prescrizione?

Stefano Calvetti
21 Luglio 2020

L'accertamento del momento in cui ad un paziente viene resa nota l'esistenza della sua malattia, da solo, non è sufficiente per desumerne che a partire da quel momento il paziente sia anche consapevole della causa della malattia. Pertanto, in mancanza di ulteriori elementi, l'exordium praescriptionis del diritto al risarcimento del danno consistito nella contrazione di una malattia infettiva, causata da un fatto illecito, non può farsi decorrere dal momento della sola comunicazione al paziente dell'esistenza della malattia.

È molto chiara la pronuncia qui in esame della Sez. VI Civile della Cassazione (ordinanza n. 14480/20, depositata il 9 luglio), che in modo lucido affronta il delicato tema della prescrizione inerente i danni cosiddetti “a decorso occulto”.

Il caso: danni a “decorso occulto” (da emotrasfusione). La cronologia degli eventi è importante essendo la decisione in commento interamente incentrata sulla problematica del momento dal quale inizia a decorrere la prescrizione in caso di danni cosiddetti “a decorso occulto”.
Nella fattispecie, si discuteva del danno relativo ad una infezione (epatite C) contratta a seguito di una emotrasfusione cui la parte attrice si era sottoposta nel 1983.
Ma solo nel 2012 (quindi, molti anni dopo) vi sarebbe stato un primo atto interruttivo della prescrizione, cui seguiva, nel 2013, la citazione in giudizio del Ministero della Salute.
In questo quadro, il Tribunale e la Corte d'appello rigettavano la domanda risarcitoria per intervenuta prescrizione.
In particolare, la Corte territoriale osservava che già nel 1997 l'attrice “aveva piena contezza della malattia e della sua origine trasfusionale”. Affermazione che tuttavia, come si vedrà tra poco, non sarà condivisa dagli Ermellini, specialmente nella parte in cui si fa riferimento alla conoscenza dell'origine della malattia.
Seguiva il ricorso per cassazione.

Da quando decorre la prescrizione in queste ipotesi peculiari? La decisione della Corte d'appello viene criticata perché il diritto al risarcimento del danno patito in conseguenza di una emotrasfusione con sangue infetto, come in tutti i casi di danni cosiddetti "a decorso occulto", decorre non dal momento in cui il danno si sia concretamente verificato, ma dal momento in cui il danneggiato può percepirne: da un lato, l'esistenza; dall'altro, la sua riconducibilità al fatto ingiusto commesso da un terzo.
E secondo la ricorrente il contagio ebbe un andamento silente per lunghi anni, e solo nel 2008 si verificò "una precipitazione della situazione clinica", sicché solo in tale occasione la ricorrente stessa seppe ufficialmente di essere ammalata di epatite "C", e che la causa di tale malattia fu la trasfusione cui si sottopose 25 anni prima.

Decisivo il momento in cui si ha contezza non solo del danno ma anche della sua derivazione causale. Le critiche della ricorrente sono condivise dalla Suprema Corte.
Infatti, i Giudici hanno più volte ribadito che, nel caso di danni a decorso occulto, l'exordium praescriptionis va individuato nel momento in cui il danneggiato, con l'ordinaria diligenza esigibile dal cittadino medio, sia in grado di avvedersi non solo dell'esistenza del danno, ma anche della sua derivazione causale dalla condotta illecita d'un terzo.

La violazione dell'art. 2935 c.c. (Decorrenza della prescrizione). Ebbene, ciò detto, i Giudice d'appello, nella loro motivazione, non affrontano quest'ultimo aspetto (vale a dire, quello della derivazione causale), con ciò delineando un vizio della sentenza per violazione dell'art. 2935 c.c. (disposizione secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere).
La sentenza impugnata, infatti, da un lato, dichiara di aver accertato in fatto una serie di circostanze dimostrative della sola conoscenza, da parte della paziente, dell'esistenza della malattia, ma non della sua genesi causale; e, dall'altro lato, ha tuttavia concluso, sulla base di quelle circostanze, che la paziente conoscesse non solo l'esistenza della malattia, ma anche la sua genesi causale. Circostanza, quest'ultima, che però non emerge dai documenti agli atti.

Il principio di diritto. Dunque, nel cassare con rinvio la decisione impugnata, la Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto: «L'accertamento del momento in cui ad un paziente viene resa nota l'esistenza della sua malattia, da solo, non è sufficiente per desumerne che a partire da quel momento il paziente sia anche consapevole della causa della malattia. Pertanto, in mancanza di ulteriori elementi, l'exordium praescriptionis del diritto al risarcimento del danno consistito nella contrazione di una malattia infettiva, causata da un fatto illecito, non può farsi decorrere dal momento della sola comunicazione al paziente dell'esistenza della malattia».

(FONTE: dirittoegiustizia.it)