Non si può essere puniti due volte per uno stesso fatto

21 Luglio 2020

Non può essere esercitato due volte il potere disciplinare per uno stesso fatto, sotto il profilo della sua diversa valutazione o configurazione giuridica. La Corte di appello di Milano dichiarava legittimo il licenziamento per giusta causa intimato da una s.p.a. a un suo dipendente...

La fattispecie. La Corte di appello di Milano dichiarava legittimo il licenziamento per giusta causa intimato da una spa a un suo dipendente: secondo i Giudici, infatti, era da ritenersi corretto l'operato della spa, sia in relazione dell'addebito contestato (il venir meno in modo tranchant del vincolo fiduciario), sia in ordine alla congruità della contestazione, del termine a difesa e della correttezza della intervenuta sospensione cautelativa operata. L'uomo ricorre in Cassazione.

Lavoratore punito due volte. Il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento della natura disciplinare della sanzione irrogata e la conseguente mancata applicazione del principio del ne bis in idem relativamente all'irrogazione di due sanzioni per lo stesso fatto.


La Suprema Corte, al contrario, ritiene irrilevante la sospensione dell'attività lavorativa: ciò che, invece, conta è la verifica sull'adeguatezza del termine a difesa concesso per l'irrogazione del licenziamento.


La società aveva emesso l'atto di recesso trascorsi oltre cinque giorni dalla ricezione da parte dell'interessato della contestazione, assecondando così l'unico obbligo temporale che era legalmente tenuta ad osservare e così consentendo alla parte di svolgere adeguatamente le proprie difese.

Ne bis in idem! Questa ricostruzione, seppur legittima, porta a una possibile violazione del principio del ne bis in idem, secondo cui il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro, non può esercitare, una seconda volta, per gli stessi fatti, il detto potere ormai consumato, essendogli consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva.


Nel caso di specie, la sospensione dell'attività lavorativa e della retribuzione viene configurata come vera e propria sanzione disciplinare: ciò significa che il potere disciplinare del datore si è consumato e che il licenziamento non è legittimo. Tuttavia, la Corte non ha verificato se la prima sospensione dovesse essere qualificata come cautelare o disciplinare.

Il ricorso deve, dunque, essere accolto.

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