La legislazione emergenziale in tema di riduzione del capitale

Federico Piccione
23 Luglio 2020

L'art. 6 del Decreto Liquidità - convertito in Legge 5 giugno 2020, n. 40 - prevede che: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (i.e. dal 9 aprile 2020, in forza di quanto stabilito dall'art. 44 del Decreto Liquidità) e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.
Contenuto e ratio dei recenti provvedimenti normativi in tema di riduzione del capitale

L'art. 6 (“Disposizioni temporanee in materia di riduzione del capitale”) del Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 (il “Decreto Liquidità”) - convertito in Legge 5 giugno 2020, n. 40 - prevede che: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (i.e. dal 9 aprile 2020, in forza di quanto stabilito dall'art. 44 del Decreto Liquidità) e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.

Tale intervento normativo (che, come osservato da R. Brogi, Diritto emergenziale della crisi d'impresa all'epoca del Covid-19, in www.osservatorio-oci.org, 13 aprile 2020, 13, “proietta (…) in una dimensione extraconcorsuale” quanto già disciplinato, in ambito concorsuale, dall'art. 182-sexies l.fall., i.e. la sospensione dell'operatività degli artt. 2446, commi 2-3, 2447, 2482-bis, commi 4-5-6, 2482-ter, 2484, comma 1, n. 4 e 2545-duodecies c.c.) si inserisce nell'ambito di una serie di norme volte a “garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza Covid-19” (segnatamente, le disposizioni contenute nel Capo II del Decreto Liquidità, tra le quali pare opportuno menzionare, oltre alla disposizione in commento, l'art. 5 (Differimento dell'entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14), l'art. 7 (Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio), l'art. 8 (Disposizioni temporanee in materia di finanziamenti alle società), l'art. 9 (Disposizioni in materia di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione) e l'art. 10 (Disposizioni temporanee in materia di ricorsi e richieste per la dichiarazione di fallimento e dello stato di insolvenza)).

L'attuale crisi economica, infatti, ha coinvolto anche realtà imprenditoriali che, prima della pandemia, “si trovavano in condizioni economiche anche ottimali” e si è tradotta “in una patologica perdita di capitale che non riflette le effettive capacità e potenzialità delle imprese coinvolte” (cfr. la relazione illustrativa al Decreto Liquidità, in www.italiaoggi.it.). In un contesto simile, la “sterilizzazione” degli obblighi previsti dal Codice Civile in tema di perdita del capitale sociale “tiene conto della necessità di fronteggiare le difficoltà dell'emergenza Covid-19 con una chiara rappresentazione della realtà, non deformata da una situazione contingente ed eccezionale” (cfr. la relazione illustrativa al Decreto Liquidità. Sul tema, cfr. anche F. Dimundo, La “messa in quarantena” delle norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società. Note sull'art. 6 del “Decreto Liquidità”, in www.ilCaso.it, 21 aprile 2020, 3, secondo cui “avrebbe poco senso (…) esigere l'attivazione (…) della regola codicistica “trasforma, ricapitalizza o liquida” in una situazione in cui, verosimilmente, la stragrande maggioranza delle imprese (comprese quelle “incolpevoli”, i.e. sane e performanti prima dell'inizio del periodo di emergenza) (…) a tale regola sarebbe ineluttabilmente costretta a ricorrere per effetto della pandemia e del conseguente blocco dell'attività”; M. Borio, “Decreto Liquidità”: disposizioni in materia societaria; il caso specifico della riduzione del capitale, in Federnotizie, 21 aprile 2020, secondo cui la finalità della normativa in commento è “rinvenibile nel fornire un sostegno immediato alle realtà produttive del Paese, mediante il disinnesco degli ordinari meccanismi legali divenuti, nell'attuale contesto emergenziale, eccessivamente onerosi”).

Disposizioni sospese

La finalità sopra descritta è realizzata attraverso la sospensione dell'operatività

(a) delle disposizioni in tema di riduzione del capitale delle S.p.A. (segnatamente, gli artt. 2446, commi 2-3 e 2447 c.c.) e delle S.r.l. (segnatamente, gli artt. 2482-bis, commi 4-5-6 e 2482-ter c.c.) e

(b) delle disposizioni in tema di scioglimento delle società di capitali (art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.) e delle società cooperative (art. 2545-duodecies c.c.).

(Segue) Disposizioni in tema di riduzione del capitale

In tema di riduzione del capitale delle S.p.A. e delle S.r.l., l'art. 6 del Decreto Liquidità prevede la sospensione dell'operatività delle seguenti disposizioni:

(i) art. 2446, comma 2, c.c.. Tale disposizione, applicabile laddove il capitale sociale sia diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, mantenendosi comunque al di sopra del minimo legale, prevede che “se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate”. Ove ciò non avvenga, “gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio” (il Tribunale, previa audizione del Pubblico Ministero, provvede con decreto, da iscriversi nel Registro delle Imprese a cura degli amministratori);

(ii) art. 2446, comma 3, c.c.. Tale disposizione, applicabile laddove le azioni emesse dalla S.p.A. siano prive di valore nominale, attribuisce allo statuto, ad una modifica di quest'ultimo o ad una delibera da adottarsi con le maggioranze previste per l'assemblea straordinaria la facoltà di “prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di amministrazione” (trovando applicazione, in tal caso, l'art. 2436 c.c.);

(iii) art. 2447 c.c.. Tale disposizione, applicabile laddove il capitale sociale si sia ridotto al di sotto del minimo legale, prevede che l'organo di gestione (o, in caso di sua inerzia, il consiglio di sorveglianza) convochi “senza indugio” l'assemblea dei soci perché quest'ultima deliberi “la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società”. In alternativa - in piena conformità alla regola “trasforma, ricapitalizza o liquida” - la società si scioglie ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.;

(iv) art. 2482-bis, commi 4-5, c.c.. Tali disposizioni, applicabili laddove il capitale sociale sia diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, mantenendosi comunque al di sopra del minimo legale, prevedono che “se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l'assemblea per l'approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate”. Ove ciò non avvenga, “gli amministratori e i sindaci o il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti nominati ai sensi dell'art. 2477 devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio” (il Tribunale, anche su istanza di qualsiasi interessato, provvede con decreto, da iscriversi nel Registro delle Imprese a cura degli amministratori);

(v) art. 2482-bis, comma 6, c.c.. Tale disposizione prevede che, nell'ambito delle S.r.l., trovi applicazione, in quanto compatibile, la disciplina in tema di riduzione delegata dettata in materia di S.p.A. (cfr. precedente punto (ii));

(vi) art. 2482-ter c.c.. Tale disposizione, applicabile laddove il capitale sociale si sia ridotto al di sotto del minimo legale, prevede che gli amministratori convochino “senza indugio” l'assemblea dei soci perché quest'ultima deliberi “la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo”, salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società. In alternativa - come visto al precedente punto (iii) - la società si scioglie ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c..

(Segue) Disposizioni in tema di scioglimento delle società di capitali e delle società cooperative

Come diretta conseguenza della sospensione delle disposizioni in tema di riduzione del capitale sociale delle S.p.A. e delle S.r.l. (sul tema, cfr. F. Dimundo, cit., 14, secondo cui “sospeso, infatti, l'obbligo dell'organo deliberante delle società capitalistiche di ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate (…) e di aumentare contemporaneamente il capitale ad una cifra non inferiore al minimo legale nelle ipotesi previste dall'art. 2447 e 2482-ter c.c., la non operatività della causa di scioglimento per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale non poteva che seguirne di conseguenza, non essendo ipotizzabile uno scioglimento della società per la mancata adozione delle deliberazioni “salvifiche” previste dall'art. 2447 c.c., in presenza di una norma di legge che l'obbligo di adottare queste ultime delibere ha disattivato”), l'art. 6 del Decreto Liquidità prevede la sospensione dell'operatività delle seguenti disposizioni:

(i) art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.. Tale disposizione prevede che le società di capitali si sciolgano laddove il capitale sociale scenda al di sotto del minimo legale, salva l'adozione delle misure previste dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c.;

(ii) art. 2545-duodecies c.c.. Tale disposizione prevede lo scioglimento delle società cooperative per le stesse cause previste in tema di società di capitali, tranne per quanto disposto dall'art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.. Infatti, non essendo previsto un ammontare minimo legale del capitale sociale delle società cooperative, queste ultime si sciolgono “per la perdita del capitale sociale”, con ciò riferendosi alle perdite integrali del capitale sociale o ad altri eventi che comunque lo azzerino (sul tema, cfr. F. Dimundo, cit., 13, secondo cui “la parziale deroga all'art. 2484 è giustificata (…) dal fatto che, non essendo previsto per le cooperative, caratterizzate dalla variabilità del capitale, un importo minimo del capitale medesimo, non può essere per loro utilizzabile il meccanismo di ricapitalizzazione apprestato per le società di capitali nel caso di perdite che riducano il capitale al di sotto del minimo legale, di cui agli artt. 2446 e 2447 c.c.”).

Disposizioni applicabili

L'art. 6 del Decreto Liquidità non prevede la sospensione dell'operatività delle altre norme codicistiche dettate in tema di riduzione del capitale sociale in conseguenza di “perdite rilevanti”. Pertanto, rimangono fermi gli obblighi e i divieti posti dagli artt. 2446, comma 1, 2482-bis, commi 1-2-3 (tali disposizioni disciplinano l'ipotesi in cui il capitale sociale si sia ridotto di oltre un terzo, mantenendosi comunque al di sopra del minimo legale. Com'è stato correttamente osservato, “deve ritenersi che tali obblighi (…) debbano (continuare a) trovare applicazione anche nelle più gravi ipotesi di perdite rilevanti ai sensi degli artt. 2447 e 2482-ter c.c., (…) venendo in considerazione in tal caso una ipotesi qualificata di riduzione del capitale per perdite rispetto a quella di cui agli artt. 2446 e 2482-bis c.c.” (così F. Dimundo, cit., 16)), 2433, co. 3 e 2478-bis, co. 5, c.c., i.e.:

(i) l'obbligo, da parte dell'organo di gestione (o, in caso di sua inerzia, dell'organo di controllo) di convocare “senza indugio” [sul significato da attribuire a tale locuzione, cfr. la giurisprudenza e la dottrina citate da F. Dimundo, cit., 22, nt. 39, 40, 41. Segnatamente: (a) secondo la giurisprudenza, tale locuzione indica che l'assemblea dei soci debba essere convocata “per una data ragionevolmente prossima [a quella in cui si è verificata la “perdita rilevante”, ndr], tenuto conto delle circostanze del caso concreto” (cfr. Trib. Roma, 30 aprile 2018, inedita; Trib. Roma, 22 marzo 2018, inedita; Trib. Roma, 5 febbraio 2018); (b) secondo la dottrina, tale locuzione indica che l'assemblea dei soci debba essere convocata entro trenta giorni dalla data in cui si è verificata la “perdita rilevante”. Detto termine sarebbe ricavabile argomentando ex art. 2436 c.c., oppure ex art. 2196 c.c., o ancora ex art. 2631 c.c. (cfr. L. Stanghellini, Sub artt. 2446-2447, in P. Abbadessa - G.B. Portale (diretto da), Le società per azioni, Milano, 2016, 2721; C. Bavetta - N. Abriani - M. Cian - C. Sandei, Le cause di scioglimento delle società di capitali, in P. Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato - Impresa e lavoro, Torino, 2012, 236)] l'assemblea dei soci perché quest'ultima adotti gli “opportuni provvedimenti” (fra i quali rientra “ogni misura finalizzata (se non ad eliminare - quanto meno) ad evitare il peggioramento della situazione, e quindi oscillante tra le delibere in materia gestoria e la cessazione dell'attività di impresa, ovvero l'avvio di operazioni straordinarie” (così F. Dimundo, cit., 26));

(ii) l'obbligo, da parte dell'organo di gestione, di sottoporre all'assemblea dei soci “una relazione sulla situazione patrimoniale della società” (tale relazione deve essere “quanto più possibile aggiornata”, tenuto conto “almeno di due possibili varianti: la dimensione della società e (…) l'esistenza di eventuali fatti sopravvenuti idonei a far fondatamente supporre che la situazione patrimoniale, rispetto alla data di riferimento della relazione degli amministratori, possa essere mutata nel frattempo in modo significativo” (cfr. Cass., 2 aprile 2007, n. 8221, in Not., 2007, 378; in senso conforme, cfr. Cass., 21 gennaio 2020, n. 1187, inedita e Cass., 17 novembre 2005, n. 23269)), unitamente alle osservazioni “del collegio sindacale” o “del comitato per il controllo sulla gestione” (nelle S.p.A.) / “del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti” (nelle S.r.l.);

(iii) l'obbligo di depositare una copia della relazione e delle osservazioni almeno otto giorni prima dell'assemblea dei soci, perché questi ultimi ne possano prenderne visione;

(iv) l'obbligo, da parte dell'organo di gestione, di dare conto - nel corso dell'assemblea dei soci - “dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione”;

(v) il divieto di distribuire utili ai soci “fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente[alla perdita, ndr]”.

Gestione conservativa ex art. 2486 c.c..

L'art. 6 del Decreto Liquidità non menziona tra le disposizioni oggetto di sospensione l'art. 2486 c.c., che impone agli amministratori - nel periodo intercorrente tra la verificazione di una causa di scioglimento ex art. 2484 c.c. e la consegna ai liquidatori dei libri sociali e dei documenti ex art. 2487-bis c.c. - di gestire la società “ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale”. L'inadempimento di tale obbligo espone gli amministratori ad una responsabilità personale e solidale nei confronti della società, dei soci, dei creditori sociali e dei terzi.

Ad avviso di chi scrive, il mancato richiamo all'art. 2486 c.c. non è frutto di una “curiosa dimenticanza” (espressione di D. Galletti, Il diritto della crisi sospeso e la legislazione concorsuale in tempo di guerra, in IlFallimentarista.it) da parte del legislatore, ma di una precisa scelta normativa, conformemente al brocardo “ubi lex voluit, dixit; ubi noluit, tacuit”. Infatti, laddove il capitale sociale sia sceso al di sotto del minimo legale, la causa di scioglimento ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. è da ritenersi pienamente integrata: in tale situazione, se risulta giustificabile la “sterilizzazione” degli obblighi imposti dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c. (per le ragioni viste supra sub § 1), altrettanto non si può dire di un'eventuale “sterilizzazione” degli obblighi imposti dall'art. 2486 c.c.. In caso contrario, si finirebbe infatti per legittimare una gestione della società secondo modalità ordinarie, o addirittura speculative (la possibilità di gestire la società secondo modalità ordinarie, o addirittura speculative, è stata sostenuta da G. Benvenuto, Effetti sulla materia concorsuale del D.L. 8 aprile 2020 n. 23, in www.ilCaso.it, secondo cui “la perdita del capitale non obbliga più l'amministratore ad orientare l'operato della società verso condotte conservative nel rispetto prioritario dei creditori”), dimenticandosi del fatto che una “perdita rilevante” - seppur “sterilizzata” sul piano di certe conseguenze normative - si è comunque verificata e che, pertanto, la gestione sociale deve essere improntata a finalità conservative (sul tema, cfr. M.G. Musardo, La gestione delle società di capitali con patrimonio netto negativo ai tempi del Covid-19, in www.ilCaso.it, 19 maggio 2020, 12-13, secondo cui, in caso di patrimonio netto negativo, “obiettivo e dovere primario dei gerenti sarà (…) non più solo quello di conservare bensì quello di “ripristinare” l'integrità del netto entro un ben preciso orizzonte temporale, ossia la chiusura dell'esercizio sociale al 31 dicembre 2020”. Gli amministratori, pertanto, potranno “perseguire progetti di risanamento e rilancio dell'attività a bassissimo rischio, tali cioè da assestarsi su un livello di probabilità di successo verosimilmente prossimo alla certezza”), anche per evitare che, terminato il “periodo di grazia” (i.e. il 1° gennaio 2021), la società debba far fronte ad un deficit patrimoniale (ancor più) gravoso.

Effetti attuali e prospettici dell'art. 6 del Decreto Liquidità

Alla luce delle considerazioni suesposte, in caso di “perdite rilevanti” (a) verificatesi nel periodo compreso tra il 9 aprile 2020 e il 31 dicembre 2020 e (b) eziologicamente connesse alla pandemia (cfr. documento CNDCEC, Le novità dei decreti sull'emergenza da Covid-19 (d.l. “cura Italia” n. 18/2020 e d.l. “liquidità” n. 23/2020), 15 aprile 2020, 121: “Logicamente, per poter fruire delle summenzionate facilitazioni, che consentono di derogare alle ordinarie regole previste nel codice civile, deve riscontrarsi l'esistenza di un nesso causale tra le perdite registrate e lo stato di emergenza”), non troveranno applicazione gli obblighi codicistici dettati per tale fattispecie.

Con riferimento al medesimo “periodo di grazia”, il Consiglio Notarile di Milano ha recentemente avuto cura di affermare che le società in stato di “perdita rilevante” potranno adottare “deliberazioni di aumenti di capitale a pagamento (…) che non siano precedute dalla riduzione del capitale sociale a copertura delle perdite anche qualora ad esito dell'aumento di capitale il patrimonio netto della società continui ad essere inferiore ai due terzi del capitale sociale (artt. 2446 e 2482-bis c.c.) o inferiore al minimo legale (artt. 2447 e 2482-ter c.c.). Parimenti dicasi per le altre operazioni sul capitale o con effetti sul capitale sociale, che richiederebbero il rispetto delle predette disposizioni, ove applicabili” (Consiglio Notarile di Milano, massima n. 191 del 16 giugno 2020).

Quid al termine del “periodo di grazia”? Salvo eventuali proroghe (le quali, comunque, avrebbero semplicemente l'effetto di differire le conseguenze di seguito ipotizzate), dal 1° gennaio 2021 le disposizioni codicistiche attualmente oggetto di sospensione riacquisteranno vigore. A tale data, è verosimile che le imprese attualmente interessate dalla “sterilizzazione” delle norme in tema di riduzione del capitale si troveranno in una situazione di deficit patrimoniale medio tempore aggravatasi. In uno scenario simile, la conseguenza più probabile è un massiccio ricorso a procedure concorsuali volte a protrarre la “sterilizzazione” in questione (i.e. concordati preventivi e accordi di ristrutturazione dei debiti, in conformità a quanto previsto dall'art. 182-sexies l.fall.).

Alla luce di quanto sopra, risulta evidente come l'art. 6 del Decreto Liquidità non faccia altro che posticipare le conseguenze della crisi in atto, senza però far fronte in maniera efficace all'attuale situazione emergenziale. A tal fine, gli operatori giuridici hanno avanzato proposte aventi contenuto più ampio di un mero differimento: si va dalla qualificazione delle passività causalmente connesse alla pandemia come extra-bilancistiche, al ripristino della procedura di amministrazione controllata, passando per l'utilizzo in via anticipata dell'Organismo di Composizione della Crisi. In una prospettiva de iure condendo, è auspicabile che il legislatore accolga una delle predette proposte (o ne formuli di nuove) per far fronte in maniera efficace alla crisi economica e, eventualmente, dare vita ad un nuovo “diritto concorsuale emergenziale".

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