La prova della notifica del ricorso telematico: il formato del file e l'ipotesi cartacea

24 Luglio 2020

Quello della prova della notifica costituisce l'adempimento principale posto a carico del ricorrente, all'atto della costituzione in giudizio, la cui inosservanza è causa di inammissibilità del ricorso. L'avvento del processo tributario telematico ha, chiaramente, modificato la modalità con la quale questa prova va fornita, che da cartacea è diventata digitale. Due recenti sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli hanno affrontato la questione, sotto il profilo sia dell'estensione del file telematico della notifica, che dell'eventualità in cui la prova digitale non possa essere fornita.
Il formato digitale della notifica

L'obbligo, dal 1° luglio dello scorso anno, del processo tributario telematico, per tutti i giudizi, sia di primo che di secondo grado, introdotti mediante notifica successivamente a quella data, ha rinnovato le modalità applicative delle regole processuali contenute nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.

Come si ricorderà, peraltro, a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 29 del decreto “liquidità” (8 aprile 2020 n. 23) l'obbligo del telematico è stato esteso a tutti i giudizi pendenti e, dunque, anche a quelli che, essendo stato introdotti prima del 1° luglio 2019, avrebbero potuto proseguire ancora in cartaceo.

Le disposizioni primarie contenute nel decreto del '92, dunque, vengono declinate attraverso gli strumenti operativi indicati nella normativa tecnica contenuta nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 4 agosto 2015, che contiene le specifiche tecniche sull'utilizzo del PTT (“specifiche tecniche previste dall'articolo 3, comma 3, del regolamento recante la disciplina dell'uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario”).

Fra queste, l'articolo 10 (intitolato “standard degli atti processuali e dei documenti informatici allegati”) prevede, al secondo comma, che i documenti informatici allegati siano in formato PDF/A-1a o PDF/A-1b, oppure TIFF.

Quello della prova della notifica, che da un punto di vista tecnico rappresenta un allegato al ricorso e, dunque, al pari degli altri allegati rientra nella previsione contenute nell'articolo 10, costituisce, tuttavia, un documento informatico ad hoc, dal momento che, posto a pena di inammissibilità, deve provare che la notifica telematica sia andata a buon fine, ovverosia sia stata consegnata nella casella di destinazione.

Per questa ragione e considerando che, come precisato sullo stesso sito www.giustiziatributaria.gov.it, tra i formati gestiti dal S.I.Gi.T. rientra anche il formato .eml (eXtensible Markup Language), che nasce come formato tipico dei messaggi di posta elettronica, è sicuramente quest'ultimo formato da ritenersi preferibile ai fini del deposito della prova della notifica, eccezion fatta per l'ipotesi in cui, come vedremo, vi sia l'impossibilità oggettiva di utilizzare lo strumento informatico.

Di tanto, peraltro, si trova conferma anche nella giurisprudenza di legittimità: nell'ordinanza 1 marzo 2018 n. 4789, in particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente - al fine di fornire la prova della notifica – il file della consegna nel formato .eml, avendo evidenziato come si fosse trattato di adempimenti coerentemente documentati mediante deposito telematico delle ricevute di accettazione e di consegna in formato – appunto - .eml.

Tale formato, dunque, deve di sicuro ritenersi preferibile, non soltanto perché, previsto proprio per i messaggi di posta elettronica, è espressamente gestito dal S.I.Gi.T., ma anche perché reca il codice identificativo della notifica; che rappresenta, in ultima analisi, il requisito essenziale della prova della notifica telematica, in qualunque formato la si voglia depositare in giudizio.

Tuttavia, stante la norma tecnica contenuta nell'articolo 10 delle specifiche tecniche sul p.t.t., la quale – come detto – individua nel formato PDF/A il formato degli allegati (ovvero nel formato TIFF), la produzione in giudizio della prova della notifica in quest'ultima estensione, intesa come file nativo-digitale (e non come scansione, per le ragioni di cui si parlerà al paragrafo successivo), non può non ritenersi conforme alla disposizione contenuta nell'articolo 10.

L'ipotesi “cartacea” prevista dal D.L. 24 ottobre 2018, n. 119

(tratto dalla monografia Il processo tributario telematico: decorrenza, ricorso, procura telematica, Sigit di Marco Ligrani, Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A. – Milano 2019)

Nel caso in cui, per ragioni di tipo tecnico, risulti impossibile fornire la prova della notifica con modalità telematiche (e, pertanto, in primis mediante il deposito, attraverso il S.I.Gi.T., del messaggio .eml, di cui si è detto al paragrafo precedente), a seguito dell'entrata in vigore del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119 è consentita la possibilità di depositare la scansione della p.e.c. di avvenuta notifica, riportante l'attestazione di conformità all'originale.

Infatti, ai sensi dell'articolo 16, terzo comma, del decreto legge 23 ottobre 2018 n. 119, in tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l'ente impositore, l'agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, provvedono ai sensi dell'articolo 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge 21 gennaio 1994, n. 53.

In base a tali ultime disposizioni, qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche della prova della notificazione, il difensore estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte, ai sensi dell'art. 23, comma 1, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (articolo 9: “1 bis. Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell'atto notificato a norma dell'articolo 3-bis, l'avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. 1-ter. In tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis.”)

L'art. 23, primo comma, del codice dell'amministrazione digitale, dal canto suo, prevede che le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Ebbene, è proprio questo quanto accade nel contesto in narrativa, dal momento che l'art. 16, terzo comma, del D.L. n. 119/2018, all'ultimo periodo, prevede proprio che i difensori, nel compimento di tali attività, assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale (“i soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attività assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale.”)

Pertanto, alla luce di tale complesso normativo, qualora risulti impossibile depositare, mediante il S.I.Gi.T., il file telematico (anche in formato .eml) contenente la prova dell'avvenuta notifica, è consentito, al difensore ovvero al rappresentante dell'ufficio, sostituirlo con la scansione, per immagine, della stampa del relativo messaggio p.e.c. di avvenuta consegna.

Tale scansione, sulla quale dovrà essere riportata la suddetta attestazione di conformità all'originale ai sensi dell'articolo 16, terzo comma, del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, verrà salvata in formato pdf/A – 1a o pdf/A – 1b, ovvero in altro formato supportato dal sistema e firmata digitalmente; a questo punto, essa potrà essere depositata attraverso il S.I.Gi.T., selezionando, in particolare, la voce “ricevuta di consegna p.e.c.” contenuta nel menu presente nella sezione “documenti” della nota di iscrizione a ruolo.

Le sentenze n. 11657/2019 e n. 3606/2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli

Le due sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, rese a distanza di sei mesi l'una dall'altra, hanno sanzionato con l'inammissibilità due ricorsi depositati in assenza della prova della notifica telematica, con le modalità di cui si è detto in precedenza.

In particolare, nella sentenza n. 11657/2019 il ricorrente si era limitato a depositare le ricevute di accettazione e consegna della p.e.c. di notifica ottenute come semplici scansioni dagli originali, peraltro prive dell'attestazione di conformità prevista dall'articolo 16, terzo comma, del D.L. n. 119/2018.

In questo caso, ad essere stata censurato è stato, innanzitutto, il fatto che il ricorrente non avesse dimostrato l'impossibilità a fornire la prova della notifica con la modalità telematica – per così dire – diretta, ovvero in formato .eml.

Al riguardo, invero, il collegio ha ricordato che “la prova della notificazione per mezzo della posta elettronica certificata del ricorso ad una commissione tributaria deve essere data, salvo che ciò risulti oggettivamente impossibile, con modalità telematiche, cioè depositando gli originali o i duplicati informatici (secondo la definizione datane dall'art. 1, co. 1, lett. i-quinquies, del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), cioè il file in formato .eml o .msg, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna del messaggio di posta elettronica certificata di cui all'art. 3-bis della Legge n. 53/1994.”

Ebbene, ove questa modalità risulti impossibile, l'opportunità “cartacea” offerta dal D.L. n. 119/2018 è, comunque, subordinata, per espressa previsione di legge, al fatto che risulti impossibile utilizzare la modalità telematica, mentre, nel caso in esame, il difensore si era “limitato a depositare le copie per immagine delle copie su supporto cartaceo di una ricevuta di accettazione e di una ricevuta consegna senza allegare l'impossibilità di depositare telematicamente i relativi originali o duplicati informatici”.

A quanto sopra si aggiunge il fatto che, peraltro, le copie per immagine risultavano anche prive dell'attestazione di conformità prevista, in queste ipotesi, dall'art. 16, terzo comma, del D.L. n. 119/2018, per cui il difensore non aveva nemmeno attestato “la conformità delle copie depositate ai relativi originali.” Questo profilo, tuttavia, non sembra potesse sovvertire l'esito del giudizio, atteso che l'impossibilità oggettiva a fornire la prova telematica della notifica non rappresenta una scelta, ma costituisce la conditio sine qua non si possa utilizzare la modalità per immagine (ossia la scansione), recante l'apposita attestazione di conformità.

Di identico tenore è la sentenza n. 3606/2020, la quale, a fronte – anche in quel caso – dell'assenza di giustificazioni rispetto al deposito della semplice scansione delle ricevute pec di accettazione e consegna, ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Una ultima, importante, precisazione è quella contenuta nella prima sentenza: il vizio relativo alla prova della notifica non può nemmeno essere sanato dalla mancata contestazione da parte della controparte costituitasi in giudizio, “posto che la prova della notificazione del ricorso alle parti legittimate passive o, quanto meno, del suo invio deve essere fornita dal ricorrente al momento della sua costituzione a pena di inammissibilità, rilevabile d'ufficio anche se la controparte del ricorrente si sia costituita in giudizio, del ricorso medesimo (v. art. 22 D.lgs. 546/1992).”

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