La moratoria ultrannuale dei creditori privilegiati e la conseguente inammissibilità della proposta concordataria

28 Luglio 2020

Il piano concordatario deve prevedere, a pena di inammissibilità della proposta, che il soddisfacimento dei creditori con diritto di prelazione sui beni necessari alla continuità aziendale avvenga entro il termine massimo di un anno dal decreto di omologazione.
Massima

Il piano concordatario deve prevedere, a pena di inammissibilità della proposta, che il soddisfacimento dei creditori con diritto di prelazione sui beni necessari alla continuità aziendale avvenga entro il termine massimo di un anno dal decreto di omologazione.

Il caso

La società Alfa deposita davanti al Tribunale di Modena una proposta di concordato in continuità. Il piano concordatario, per quanto d'interesse, prevede la formazione di due classi, ciascuna composta da un creditore ipotecario con diritto al voto. In entrambi i casi, non si prevede la liquidazione dei beni sui quali grava la garanzia e il soddisfacimento dei creditori viene strutturato in cinque ratei annuali, il primo e l'ultimo scadenti, rispettivamente, al ventiquattresimo e al sessantaseiesimo mese successivi al decreto di omologa.

Di fronte ad un piano così strutturato, il Tribunale si trova, dunque, a rispondere alla fatidica domanda: fermo quanto previsto dell'art. 186-bis, comma 2, lett. c., l. fall., può il debitore offrire ai creditori con prelazione sui beni destinati alla continuità un pagamento con dilazione ultrannuale compensando questo sacrificio con il riconoscimento del diritto di voto?

No, secondo il Tribunale, questo non è immaginabile: “la dinamica temporale dedotta nel piano radica gli estremi di inammissibilità della proposta, in quanto assume un sacrificio del ceto creditorio privilegiato ipotecario lontano dal limite [temporale di un anno, n.d.r.] posto dall'art 186 bis , 2° comma, lett.c”.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

Al tema della configurabilità di una moratoria ultrannuale pare lecito riconoscere il tributo di “questione giuridica”. E ciò anche solo per quel dibatto che trova la propria ragione d'essere nell'equivoca formulazione dell'art. 186-bis, comma 2, lett. c., l.fall. e, ancor più, di quell'inciso “in tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione … non hanno diritto al voto”, vero invito a teorizzare “altri e diversi casi” nei quali si possa immaginare una moratoria ultrannuale purché la si controbilanci col riconoscimento del diritto di voto.

Sembra, infatti, che sia esattamente la consapevolezza dell'impossibilità di conferire a quell'“in tal caso” un significato letterale univoco ciò che spinge il Tribunale di Modena ad orientare la propria bussola interpretativa nella sola direzione della esegesi sistematica. Vale a dire: il decreto prende le mosse dalla declamazione di un principio che assomma al proprio interno la ratio decidendi dell'intero provvedimento: “nel concordato preventivo … i creditori privilegiati continuano a fruire … di un regime di indifferenza concorsuale”. E, nell'ipotesi di mancata cessione dei beni sui quali grava il privilegio, questo regime di tendenziale indifferenza – puntualizza il giudicante – può garantirlo solo un concordato che preveda il soddisfacimento dei privilegiati in “tempi coerenti”, ovverosia: “nel termine massimo di un anno dall'omologa”.

Volendo capovolgere le fila del discorso, partendo cioè dalle premesse per giungere solo in seguito alle conclusioni, ciò che il Tribunale afferma è tanto semplice quanto in controtendenza con gli indirizzi che vorrebbero difendere il valore della continuità aziendale ad ogni costo: l'unica lettura dell'art. 186-bis, comma 2, lett. c, l. fall. compatibile con l'ordine pubblico economico definito dagli artt. 2740 e 2741 c.c. è quello “volto a salvaguardare e a rinforzare … il valore assegnato alle garanzie reali dall'ordinamento giuridico”. Come a dire che la configurabilità di una moratoria ultrannuale farebbe sorgere in campo al creditore privilegiato un rischio da continuità aziendale che sarebbe, al contempo, inconciliabile ed estraneo rispetto alla funzione assolta dal sistema delle garanzie delineato dal Codice civile e che comporterebbe un'ingiustificata deviazione dallo schema economico dell'operazione originariamente delineata dalle parti.

E, secondo il Tribunale, i termini del discorso non mutano neppure alla luce di quella tesi che vede nel riconoscimento del voto al creditore privilegiato uno strumento compensativo del pregiudizio subìto. Nel provvedimento viene, infatti, argomentato, da un lato, che nell'ordinamento non esiste traccia di “alcuna correlazione univoca tra diritto di voto e declassamento temporale dei creditori privilegiati” e, dall'altro lato, che la concessione o meno del diritto di voto non è appannaggio del debitore ma del solo legislatore. Insomma: è solo la legge, a sèguito di un attento contemperamento di interessi contrapposti in grado di giustificare la prevalenza della maggioranza sulla minoranza, che può stabilire modalità, termini e condizioni di ricorso al sistema del voto.

Osservazioni

Rispetto all'orientamento espresso dal Tribunale di Modena ci limitiamo a due osservazioni di massima che, in verità, risultano tra loro in un particolare legame di sintonia logica, dal momento che la seconda costituisce la risposta che il Legislatore ha inteso dare alla prima.

La prima: è senza dubbio esatta l'affermazione secondo cui anche nella procedura di concordato preventivo il sistema legale delle cause legittime di prelazione debba essere salvaguardato il più possibile. Tuttavia non è detto che “più possibile” debba equivalere a dire “ad ogni costo”. E sembra, invece, che la limitazione di una moratoria all'anno rappresenti una difesa, per l'appunto, costi quel che costi, vale a dire: una difesa che si tramuta ben presto in un muro che per poter essere valicato (ma sarebbe meglio dire: aggirato) impone al debitore, al fine di ottenere ossigeno, di andare contro la logica stessa del concordato e, così, negoziare singoli accordi con ognuno dei creditori con privilegio sui beni necessari alla continuità aziendale. È, infatti, difficile ipotizzare in un'ottica di ristrutturazione che un'impresa sia in grado di generare, nel corso di soli dodici mesi, liquidità sufficienti a garantire, al contempo, il pagamento dei creditori privilegiati e la sostenibilità dei costi legati alla continuità.

Una tale considerazione, ad ogni buon conto, sembra appartenere più al terreno della politica legislativa che a quello del diritto e, così, ci avviamo alla seconda delle considerazioni di cui sopra, e cioè: la risposta che il Legislatore del Codice della crisi ha voluto dare all'intera questione. Risposta che ci pare abbia tenuto conto di entrambe le istanze ora rappresentate: la necessità di conservare il valore che l'ordinamento ha inteso assegnare alle garanzie reali, da un lato, e rendere più efficienti gli strumenti di risoluzione della crisi da attuarsi mediante la continuazione dell'attività di impresa, dall'altro lato.

Sotto il primo profilo, potremmo, dunque, dire che l'orientamento confermato dal Tribunale di Modena risulta, a sua volta, confermato dall'art. 86 C.C.I. nella parte in cui prevede che “quando è prevista la moratoria i creditori hanno diritto al voto”. La previsione del diritto di voto preclude, infatti, sul nascere la possibilità di teorizzare moratorie più lunghe poiché è ora venuto meno quello “strumento di scambio” (il voto, per l'appunto) che in tesi controbilanciava il maggior sacrificio richiesto ai creditori privilegiati. Sotto il secondo profilo, invece, meglio di ogni spiegazione varrà senz'altro un rinvio a quanto scritto nella Relazione illustrativa al C.I.I. medesimo, laddove si legge che nell'art. 86 C.C.I.: “è previsto che il debitore possa usufruire di una moratoria della durata massima di due anni, anziché di un anno, come già previsto dall'art. 186-bis, secondo comma, r.d. n.267 del 1942, dalla data dell'omologazione. L'estensione del termine costituisce attuazione dell'art. 92 6, comma 1, lettera i), n. 1) della legge n.155 del 2017, avendo il legislatore preso atto dell'esperienza maturata nei primi anni di applicazione dell'art. 186-bis della l. fall., … che ha evidenziato come eccessivamente penalizzante per il proponente il termine di un anno”.

Guida all'approfondimento

S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in F. Vassalli - F.P. Luiso - E. Gabrielli, Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedute concorsuali - Le altre procedure concorsuali, Torino, 2014; G. Bozza, Una lettura controcorrente dell'art. 186-bis, comma secondo, lett. c) della legge fallimentare, in www.ilcaso.it; L. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in Fall., 2013, 1222; L. D'Orazio, L'ammissibilità della domanda di concordato preventivo con proposta di dilazione di pagamento ai creditori prelazionari, in Fall., 2014, p. 447; L.A. Bottai, Crediti prelatizi dilazionati e diritto di voto nel concordato: un falso problema, in Fall.. 2011, p. 617; G. Lo Cascio, Codice commentato del fallimento, Milano, 2017; V. Zanichelli, La dilazione del pagamento dei creditori privilegiati: quando le ragioni dell'economia fanno premio su quelle del diritto, in questo portale.

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