Affitto d'azienda e procedure competitive: alla ricerca di un compromesso

Federico Clemente
Federica Rangeloni
29 Luglio 2020

L'affitto d'azienda, o di uno o più rami della stessa, si può configurare in linea di principio, nell'ambito delle procedure concorsuali, come operazione strumentale al risanamento dell'impresa, inserendosi in modo particolare quale strumento conservativo, volto a garantire il presidio dei valori aziendali nel loro complesso e la salvaguardia della continuità aziendale, sia nel fallimento che nel concordato preventivo.
Premessa

L'affitto d'azienda, o di uno o più rami della stessa, si può configurare in linea di principio, nell'ambito delle procedure concorsuali, come operazione strumentale al risanamento dell'impresa, inserendosi in modo particolare quale strumento conservativo, volto a garantire il presidio dei valori aziendali nel loro complesso* e la salvaguardia della continuità aziendale, sia nel fallimento che nel concordato preventivo.

*In evidenza
Ci si riferisce soprattutto alla conservazione del cosiddetto “valore dell'organizzazione dell'impresa”, ossia la combinazione di fattori di produzione, di contratti di impresa e di intangible assets. Valore, quindi, che eccede il semplice concetto di “avviamento”, in quanto il “valore organizzativo” di un'azienda può di fatto arrivare a compensare anche un avviamento negativo (così Bottai, “Concordato con continuità e affitto d'azienda: le notevoli implicazioni della pronuncia della Cassazione in ilFallimentarista.it, 7 maggio 2019);

Trattasi di uno strumento agile, spesso propedeutico a operazioni di cessione definitiva di complessi aziendali, fiscalmente snello, configurabile sia precedentemente allo stato di insolvenza del debitore, quindi in situazioni di semplice tensione finanziaria, che successivamente, ossia in situazioni di conclamato default, che necessariamente richiedono l'accesso ad una soluzione concorsuale.

In tal senso, l'affitto d'azienda trova applicazione nelle seguenti fattispecie:

  • quale contratto pendente ex art. 79 l.f.*, quindi preesistente e rinvenuto dal curatore nell'ambito dei rapporti attivi e passivi facenti capo al debitore fallito;
  • quale soluzione ex art. 104-bis l.f. adottabile dagli Organi del fallimento, anche prima del deposito del programma di liquidazione, laddove l'affitto “appaia utile al fine di una più proficua vendita dell'azienda o di parti della stessa”;
  • quale strumento funzionale all'esperimento di procedure concordatarie, in particolare il concordato con continuità ex art. 186 – bis l.f.. Nello specifico, a risolvere un acceso dibattito, con la pronuncia della Corte di Cassazione, sezione I civile, del 19 novembre 2018, n. 29742 l'affitto d'azienda è stato considerato a tutti gli effetti uno strumento idoneo a garantire la continuità aziendale, ancorché in maniera indiretta, e quindi di fatto compatibile con le disposizioni di cui all' art. 186-bis.l.f. (in termini oggettivi la continuità aziendale prescinde da chi effettivamente sia chiamato ad esercitarla, sia esso il debitore stesso o l'affittuario in quanto “il contratto d'affitto costituisce un semplice strumento per giungere alla cessione o al conferimento dell'azienda senza il rischio della perdita dei valori intrinseci, primo tra tutti l'avviamento, che un suo arresto, anche momentaneo, produrrebbe in modo irreversibile” (par. 3.9.1. della sentenza in commento), con conseguente spostamento del focus sulla rilevanza della prosecuzione dell'attività ai fini del miglior soddisfo del ceto creditorio).

*In evidenza
Art. 79 L.F. “Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d'azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L'indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall'articolo 111, n. 1.
Disposizioni civilistiche in tema di affitto d'azienda

L'affitto d'azienda può essere quindi considerato come un'operazione di natura straordinaria mediante la quale un soggetto (affittante), a fronte del pagamento di un corrispettivo (il canone di affitto), trasferisce in godimento a un altro soggetto (affittuario) un complesso di beni organizzati per l'esercizio di impresa.

Nel codice civile è rinvenibile una sola disposizione inerente l'affitto d'azienda, l'art. 2562 c.c., che rinvia interamente alle norme sull'usufrutto d'azienda, ossia all'art. 2561* c.c..

*In evidenza
Art. 2561 c.c.1. L'usufruttuario dell'azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue. 2.Egli deve gestire l'azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. 3.Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione dell'azienda, si applica l'articolo 1015.4. La differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio e al termine dell'usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell'usufrutto”.

In particolare, il contratto d'affitto deve necessariamente prevedere la forma scritta ai sensi dell'art. 2556 c.c., poiché richiesta ai fini dell'opponibilità nei confronti dei terzi.

Trova altresì applicazione il divieto di concorrenza sancito dall'art. 2557 c.c., per effetto del quale il concedente è tenuto ad astenersi per tutta la durata del contratto d'affitto dall'avviare una nuova impresa, idonea a sviare la clientela del complesso affittato. Il divieto di concorrenza costituisce un effetto naturale del contratto d'affitto, salvo deroga delle parti mediante espressa pattuizione scritta.

Analogamente applicabili sono le disposizioni contenute nell'art. 2558 c.c.. In particolare, anche per l'affitto d'azienda i rapporti giuridici, ad eccezione di quelli aventi carattere personale, quali l'appalto, il mandato o la prestazione d'opera intellettuale, e di quelli espressamente esclusi per volontà delle parti, si trasferiscono all'affittuario, senza richiesta del consenso da parte del terzo, salva la facoltà di quest'ultimo di recedere entro tre mesi, laddove sussista giusta causa.

Più delicata è invece la questione inerente i debiti. Ci si richiama in tal senso all'art. 2560 c.c., a mente del quale “1. L'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. 2. Nel trasferimento di un'azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”. Le disposizioni contenute in tale articolo, peraltro, sono ritenute dalla dottrina maggioritaria non applicabili al contratto d'affitto d'azienda, in quanto non vi è alcun richiamo espresso allo stesso, a differenza di quanto avviene negli artt. 2557 e 2558 c.c.. Pertanto, secondo questo indirizzo, dei debiti anteriori al contratto di affitto d'azienda risponde solamente il concedente, mentre dei debiti maturati in pendenza di contratto risponde solo l'affittuario, con ciò escludendosi la solidarietà del concedente negli obblighi dell'affittuario al momento della retrocessione dell'azienda.

Vero è che, come in prosieguo indicato, l'art. 104–bis della legge fallimentare interviene, in ipotesi di retrocessione dell'azienda affittata al fallimento, ad escludere espressamente la responsabilità della procedura per i debiti maturati “fino alla retrocessione”, con ciò ingenerando il dubbio di una vigente responsabilità dell'affittante in assenza di deroga.

Quanto ai debiti connessi ai rapporti di lavoro subordinato, opera l'art. 2112 c.c. che prevede la responsabilità in solido dell'affittante e dell'affittuario, salvo specifiche procedure per la liberazione dell'affittante.

Per quanto riguarda la disciplina dei crediti, si rimanda all'art. 2559 c.c. che testualmente recita: “1. La cessione dei crediti relativi all'azienda ceduta, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all'alienante”. Tale articolo, al secondo comma, cita solamente l'usufrutto e non anche l'affitto d'azienda. Pertanto, volendo interpretare letteralmente la norma, non è invocabile il subentro dell'affittuario nei crediti del concedente in mancanza di una notifica al debitore ceduto o accettazione da parte dello stesso. In altre parole, nell'ambito di affitto d'azienda è consentito pattuire la cessione dei crediti, applicando tuttavia le disposizioni di cui agli art. 1260 e ss. c.c.. La cessione diviene così opponibile ai terzi solo per effetto della notifica o dell'accettazione da parte del terzo, così come previsto dall'art. 1265 c.c. (sul tema si veda anche Manfredini, “Il contratto di affitto d'azienda nelle procedure concorsuali”, in Il Fallimento 4/2017

).

La normativa concorsuale

La legge fallimentare si occupa dell'affitto d'azienda, per il fallimento, con una norma dedicata, l'art. 104-bis, e per il concordato preventivo con un comma di rinvio, il quinto, in seno all'articolo 163-bis dedicato alle offerte concorrenti.

L'articolo 104-bis l.f., al primo comma, dispone che “il giudice, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l'affitto dell'azienda del fallito a terzi… quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell'azienda…”.

Inoltre, in ipotesi di retrocessione dell'azienda al fallimento, il sesto comma del richiamato articolo 104–bis l.f. prevede, come accennato, l'inapplicabilità del disposto di cui all'art. 2560 c.c., nonché del contenuto di cui all'art. 2112 c.c. in materia di debiti connessi ai rapporti di lavoro subordinato.

Tornando al primo comma dell'art. 104-bis l.f., lo stesso dispone che “la scelta dell'affittuario è effettuata dal curatore a norma dell'articolo 107, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati”.

Di fatto, la norma pare non lasciare alternativa allo svolgimento di procedure competitive, per l'espresso richiamo all'articolo 107 l.f..

Quanto al concordato, l'articolo 163-bis l.f. si occupa in primis dell'ipotesi di proposta concordataria che “comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore… dell'azienda”.

La norma prescrive al riguardo “la ricerca di interessati all'acquisto disponendo l'apertura di un procedimento competitivo” che, come esplicitato dai commi successivi, punta alla pubblicità dell'offerta, alla raccolta di eventuali ulteriori offerte comparabili e nel caso allo svolgimento di procedure competitive.

Su questo impianto, si inserisce il quinto comma, a mente del quale “La disciplina del presente articolo si applica, in quanto compatibile, anche… all'affitto di azienda…”.*

*In evidenza
Per completezza di inquadramento, si rammenta che la Corte di Cassazione, con pronuncia del 19 novembre 2018 n. 29742, ha aperto la strada a un concetto di continuità di più ampio respiro, ponendo il focus sull'aspetto oggettivo della prosecuzione dell'attività d'impresa, tale per cui la stessa risulti funzionale ad assicurare il riequilibrio economico – finanziario nell'interesse prioritario dei creditori. La qualificazione per il “concordato con continuità” diviene pertanto la rilevanza della prosecuzione dell'attività ai fini del piano, a prescindere dal soggetto chiamato a portarla avanti, in uno con il miglior soddisfacimento del ceto creditorio. Dello stesso tenore risulta essere anche lo stesso Legislatore della riforma che, nell'art. 84, positivizza la figura della continuità indiretta (sul tema si veda ancora Bottai, Concordato con continuità e affitto d'azienda: le notevoli implicazioni della pronuncia della Cassazione in ilFallimentarista.it, 7 maggio 2019).

Da quanto precede prende evidenza come la snellezza operativa dello strumento dell'affitto d'azienda rischi inevitabilmente di scontrarsi con il regime di circolazione delle aziende imposto dall'art. 104–bis l.f. e dall'art. 163-bis l.f..

Tale disposizione normativa è chiaramente finalizzata a favorire, tramite il meccanismo delle vendite competitive, non solo la massimizzazione del soddisfo a favore del ceto creditorio ma anche la miglior soluzione per le sorti future dell'azienda in crisi, ponendo oltretutto fine alle proposte di concordato cosiddette “vincolate”.

Trattasi tuttavia di una procedura che, operando in ambito di affitto d'azienda, presenta rigidità e tempi sovente non compatibili con l'esigenza che, per la stessa salvaguardia dell'azienda, si proceda rapidamente all'affitto a terzi della stessa.

Si rende pertanto opportuno sondare la possibilità di disapplicare se necessario, almeno in sede concordataria, l'iter prospettato dalla norma.

Al riguardo, poco esplorato è l'inciso secondo cui l'iter competitivo si applica “in quanto compatibile”.

Nell'indirizzo di dare un significato a tale locuzione, si osserva come nella forma la procedura competitiva possa essere considerata sempre compatibile con una ipotesi di affitto d'azienda. Ne deriva che tale “compatibilità” vada cercata altrove, altrimenti l'inciso non avrebbe avuto necessità di essere formulato.

Ad avviso di chi scrive, la compatibilità della procedura competitiva va riportata all' attuabilità dell'affitto in tempi utili a consentire la salvaguardia del compendio aziendale.

In tale indirizzo, l'iter pubblicistico potrà essere sacrificato in quei casi in cui, motivatamente, la ricerca di ulteriori interessati comporterebbe un impiego di tempo e di risorse incompatibili con la continuità.

Comune l'ipotesi in cui la gestione aziendale necessiti a stretto giro di risorse finanziarie, in assenza delle quali subirebbe un arresto pressoché immediato.

D'altro canto, non va dimenticato come l'azienda affittata possa e debba essere oggetto di successiva cessione, prospettiva nel cui ambito potranno essere esperite compiutamente le procedure competitive, nel rispetto della corretta impronta pubblicistica della normativa fallimentare.

Affitto d'azienda e procedure competitive: alcune soluzioni giurisprudenziali

L'iter competitivo, in un'ottica di conservazione della continuità aziendale, rischia come segnalato di scontrarsi con il fattore tempo. La strutturazione di una procedura competitiva richiede, infatti, un percorso complesso, composto da diverse fasi, quali la stima del complesso aziendale, i tempi di pubblicità, le due diligence da parte di soggetti interessati, la gara, le eventuali valutazioni da parte degli Organi della procedura sull'affidabilità del soggetto interessato, e via discorrendo. Di conseguenza, non è da escludere la circostanza per cui, nelle more di un eventuale esperimento di vendita, l'azienda possa subire una perdita di valore o addirittura una disgregazione rispetto al momento del ricorso. Si pensi ad esempio a situazioni quali la perdita di operatività correlata all'erosione delle risorse finanziarie, il deterioramento del magazzino per impossibilità di collocarlo rapidamente, la perdita di fornitori o clienti strategici per l'incertezza delle prospettive, la revoca di affidamenti bancari e così via (si veda, sul tema, Morri, Continuità indiretta e procedure competitive: due termini inconciliabili?”, in ilFallimentarista.it, 24 ottobre 2019).

Al riguardo si pongono all'attenzione, per il loro contenuto innovativo, due provvedimenti del Tribunale di Bergamo, uno relativo al concordato e l'altro al fallimento.

In ipotesi di concordato, il Tribunale, con provvedimento del 23 dicembre 2015, ha colto la difficoltà dal punto di vista pratico nel conciliare i tempi di una procedura competitiva con la necessità di disporre in tempi brevi l'affitto di azienda in sede concordataria. Conseguentemente, al fine di salvaguardare l'integrità e il valore del ramo aziendale, ha autorizzato l'affitto immediato del ramo d'azienda, nonché il compimento di lavori di manutenzione straordinaria da parte dell'affittuario, durante la fase di concordato preventivo con riserva, procrastinando l'esperimento della procedura competitiva al termine dell'affitto ovvero nella fase di cessione dell'azienda. Tale soluzione ha di fatto permesso di salvaguardare il bene azienda e al contempo, ancorché in via postergata, di tutelare il principio di competitività e il sistema di garanzie di pubblicità e trasparenza (altra soluzione “evolutiva” delle norme di cui art. 163 –bis l.f., ma comunque ancorata all'obbligo di esperire procedure competitive ancorché in maniera “snella”, è riscontrabile in Tribunale di Roma – Sez. fall. – 3 agosto 2017, decr.. Si veda in tal senso Vitiello, “L'obbligatorietà della procedura competitiva nelle cessioni d'azienda di carattere urgente”, in ilFallimentarista.it, 4 dicembre 2017).

La medesima esigenza di speditezza nell'affittare un'azienda, al fine di salvaguardarne l'operatività, è parimenti rinvenibile anche in ipotesi di affitto ex art. 104-bis l.f., nel cui ambito ha aperto spazi un recente provvedimento assunto dal Giudice delegato del Tribunale di Bergamo (6 novembre 2019) in una procedura di fallimento di una società proprietaria di impianti sciistici in una nota località di villeggiatura, vicenda ampiamente seguita dalla stampa locale e all'attenzione degli operatori del settore.

In tale sede, il Giudice delegato ha autorizzato la Curatela ad accettare una proposta d'affitto dell'azienda formalizzata da un Ente locale senza esperire gara, autorizzando nel contempo la procedura competitiva per la successiva vendita dell'azienda, dal momento che “le sole concrete manifestazioni di interesse, nella prossimità improcrastinabile dell'avvio della stagione sciistica sono quelle poste al vaglio dei Curatori e dell'ufficio” e che “un'ulteriore appendice di competizione nel mercato avrebbe scarso significato collocandosi temporalmente a stagione sciistica iniziata”. È interessante rilevare come, nel proprio provvedimento autorizzativo, il Giudice delegato abbia individuato il rispetto da parte della Curatela di tutti i dettami di cui all'art. 104-bis l.f., pur in assenza di procedura competitiva per la scelta dell'affittuario.

In particolare, il Giudice ha rilevato come la massima informazione e partecipazione di soggetti interessati (così come richiesto dal secondo comma dell'art. 104- bis l.f.) sia stata di fatto implicitamente realizzata con il fatto che “l'urgenza della riallocazione sul mercato dell'azienda ha assunto dimensione di fatto notorio” e che la Curatela ne avesse dato “informazione capillare anche sui mezzi di informazione”. Inoltre, per quanto attiene alla scelta dell'affittuario, da svolgersi necessariamente sulla base dei dettami di cui al secondo comma dell'art. 104-bis (si veda come il secondo comma dell'art. 104-bis l.f. preveda che “La scelta dell'affittuario deve tenere conto, oltre che dell'ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali”), a fronte di una serie di interessamenti, la Curatela ha provveduto al deposito di specifiche informative su più soggetti interessati, corredate da puntuali valutazioni sugli stessi.

Il Giudice ha conseguentemente rilevato come di fatto “possa essere condivisa la valutazione maggiormente positiva espressa dai Curatori con riferimento alla proposta del (omissis), in quanto più rispondente alla conservazione - quindi alla più proficua vendita - dell'azienda”, rilevandosi altresì “in uno con la congruità del corrispettivo offerto per l'affitto, la consistenza delle garanzie offerte” e riconoscendo che la scelta del Collegio di optare sull'Ente locale territorialmente competente assicurasse “il mantenimento del valore dell'azienda, avuto riguardo alla percezione di affidabilità dell'affittuario nell'immaginario collettivo della comunità di riferimento e di continuità dei rapporti contrattuali nel c.d. indotto”.

Anche in questo caso, grazie a un provvedimento di natura elastica, chiaramente supportato da adeguati presupposti forniti dalla Curatela, è stato possibile contemperare, da un lato, l'esigenza di salvaguardia della continuità, dall'altro il rispetto della trasparenza e del principio di competitività previsto dall'art. 107 l.f..

Conclusioni e spunti di riflessione sull'attuale situazione economica

L'esigenza di maggiore flessibilità da parte dei Tribunali nell'autorizzare soluzioni volte a garantire la continuità aziendale in situazioni d'emergenza troverà ancor più voce nel prossimo futuro, a seguito degli inevitabili danni al tessuto economico nazionale causato dal pressoché integrale fermo delle attività economiche, produttive e commerciali imposto dall'emergenza epidemiologica da Covid – 19 che ha colpito negli ultimi mesi il nostro Paese.

Ci ritroviamo, infatti, in una situazione inimmaginabile, senza precedenti nella storia recente, già sfociata in una pesante crisi economica, tra i cui principali effetti vi è l'incapacità di alcuni imprenditori di garantire la continuità aziendale, con le inevitabili conseguenze a livello sociale.

I provvedimenti governativi varati a sostegno delle imprese sono stati sicuramente validi ma costituiscono una soluzione di breve periodo. È chiaro che occorre estendere la visione ad un orizzonte più ampio, pensando a soluzioni in grado di recuperare l'equilibrio economico – finanziario, di fronteggiare il calo di liquidità dovuto al rallentamento produttivo e di contenere gli effetti negativi legati all'inevitabile riduzione dei consumi che caratterizza e caratterizzerà alcuni settori nel medio periodo.

In ambito concorsuale, numerosi sono gli Istituti, tra i quali l'affitto d'azienda, in grado di fornire un supporto per superare le situazioni di crisi e salvaguardare realtà imprenditoriali colpite dalle ripercussioni economiche legate all'emergenza sanitaria.

Tuttavia, affinché l'aiuto possa rivelarsi veramente valido e concreto, è necessario che tutti gli attori chiamati ad intervenire a sostegno delle imprese in crisi siano in grado di trovare il giusto equilibrio tra la situazione di eccezionale gravità in cui versa il Paese, l'esigenza di speditezza che determinate situazioni possano richiedere e il rispetto dei dettami del nostro ordinamento fallimentare.

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