Direttiva PIF: commento agli artt. 2 e 5 del Decreto di attuazione

29 Luglio 2020

L'art. 2 del d.lgs. 14 luglio 2020, n. 75, in attuazione della Direttiva (UE) 2017/1371 (c.d. Direttiva PIF), relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale, dispone che in tema di reati fiscali che presentino l'elemento della transnazionalità, laddove l'imposta IVA evasa non sia inferiore a 10 milioni di euro, sia prevista la punibilità anche per le ipotesi di delitto tentato e non solo consumato. L'art. 5 amplia il catalogo dei reati tributari per i quali è considerata responsabile anche la società (ai sensi del D.lgs. n. 231/2001), includendovi, ora, i delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione di natura transnazionale e di particolare gravità.
Premessa

Con il Decreto Legislativo n. 75 del 14 luglio 2020 è stata recepita in via definitiva la Direttiva (UE) 2017/1371 (c.d. Direttiva PIF) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2017, entrata in vigore il 17 agosto 2017, recante norme per la “lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale”.

Di seguito i principali obiettivi stabiliti dal citato atto legislativo comunitario: 1) l'inclusione delle frodi IVA, qualora esse coinvolgano due o più Stati membri e comportino, altresì, un danno complessivo di almeno 10 milioni di euro; 2) l'obbligo per gli Stati membri di introdurre le misure necessarie per assicurare che le persone giuridiche nel cui interesse siano commessi i cd. reati PIF, possano essere ritenute responsabili; 3) l'obbligo per gli Stati membri di prevedere termini di prescrizione, tali da consentire l'effettiva persecuzione dei cd. reati PIF (ossia i reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione, tra cui rientrano varie ipotesi di frode e di malversazione, nonché la corruzione attiva e passiva e il riciclaggio di denaro).

L'obiettivo della Direttiva, che sostituisce le precedenti convenzioni di disciplina della materia (in particolare la Convenzione del 26 luglio 1995 nota anche come “convenzione PIF”), è quello di proseguire nel percorso di armonizzazione del diritto penale degli Stati membri Ue completando, per i tipi di condotte fraudolente più gravi, la tutela degli interessi finanziari dell'Unione già offerta dagli ordinamenti nazionali.

Ulteriore obiettivo cardine della direttiva PIF, è quello di introdurre all'interno dei sistemi penali degli Stati membri forme di responsabilità giuridica a carico degli Enti (nel nostro ordinamento per il tramite del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231), con riferimento alle ipotesi di reato più gravi contro il sistema comune dell'IVA, agganciando il concetto di “gravità” al carattere transfrontaliero delle condotte illecite ed all'elevato ammontare del pregiudizio arrecato agli interessi finanziari dell'UE (fissato in un importo complessivo pari ad almeno dieci milioni di euro).

Ciò premesso, con il d.lgs. n. 75/2020, è data attuazione della Direttiva (UE) 2017/1371 (c.d. Direttiva PIF), realizzando un ulteriore passo del percorso di armonizzazione delle misure in materia di tutela degli interessi finanziari dell'Unione Europea, iniziato con la ratifica ed esecuzione, mediante la L. n. 300/2000, della Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee del 26 luglio 1995.

La finalità dell'intervento normativo in esame è quella di conformare il nostro ordinamento ai criteri ed ai principi contenuti nella Direttiva 2017/1371, da una parte mediante l'introduzione e l'ampliamento di fattispecie di reato volte a tutelare gli interessi finanziari dell'Unione, dall'altra attraverso un ulteriore estensione dell'area della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, derivante dalla commissione di reati tributari che arrechino grave pregiudizio agli interessi finanziari dell'UE.

Art. 2: modifiche al d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74

L'art. 2 del citato d.lgs. n. 75/2020 interviene direttamente sul testo dell'art. 6 del D. Lgs n. 74/2000, dedicato al “tentativo”, introducendo il nuovo comma 1-bis, che deroga alla regola generale della non punibilità a titolo di tentativo dei delitti di cui agli artt. 2, 3 e 4 del D. Lgs. 74/2000 nell'ipotesi in cui “siano compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell'Unione europea, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”.

Prima della riforma in commento, il legislatore nel disciplinare i reati tributari, all'art. 6 D. Lgs. n. 74 del 2000, escludeva che fossero punibili a titolo di tentativo i reati di cui agli artt. 2 (dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti), 3 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e 4 (dichiarazione infedele).

Nell'art. 2 del D. Lgs. 75/2020, invece, questo principio non opera più, laddove gli atti diretti a commettere i delitti ora menzionati, siano compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell'Unione Europea, al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

La nuova disposizione opera in presenza di quattro condizioni:

1) l'evasione deve avere ad oggetto un importo qualificato, ossia per un valore non inferiore ad € 10.000.000,00 (fatti di particolare gravità);

2) l'evasione deve riguardare la sola imposta sul valore aggiunto;

3) deve trattarsi di fatti transnazionali che interessino più Stati membri dell'Unione Europea;

4) il fatto contestato non deve integrare il reato previsto dall'articolo 8 D.lgs. n. 74 del 2000 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).

Il primo periodo del comma 1 bis dell'art. 6 del D.Lgs. 74/2000, dispone l'esclusione per la punibilità laddove il fatto commesso integri il delitto di emissione di false fatture di cui all'art. 8 del citato D.Lgs. 74/2000: ciò comporta che l'emittente delle false fatturazioni, non sarà chiamato a rispondere del tentativo del reato di utilizzo della fattura medesima.

Rimane fermo il principio di cui all'art. 9 lett. a) D.lgs. n. 74 del 2000, giusto il quale l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo, non è punibile a titolo di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta a mezzo dell'utilizzazione di tali fatture.

Per completezza di narrazione si evidenzia che secondo la giurisprudenza di legittimità, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dal citato art. 9, non si applica laddove il soggetto emittente le fatture per operazioni inesistenti, coincida - ad esempio persona fisica amministratore delle società, rispettivamente, emittente ed utilizzatrice delle medesime fatture per operazioni inesistenti - con l'utilizzatore delle fatture false (v. Cass. 5434/2016 e Cass. 19025/2012).

Requisito tassativamente richiesto dal citato art. 2 del D. Lgs 75/2020 è la transnazionalità delle condotte, ossia che i fatti debbano essere commessi all'interno di più Stati membri dell'Unione Europea.

Con tale requisito, il legislatore pare richiedere che la condotta debba essere materialmente realizzata in più Paesi comunitari, cosicché la frode, l'artificio o in generale, l'evasione abbiano come effetto la sottrazione di Iva ai danni di uno qualsiasi degli Stati membri.

Art. 5: modifiche al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231

Altra novità di grande importanza consiste nella massiccia estensione del catalogo dei reati presupposto alla responsabilità degli enti.

Difatti, l'art. 5 del Decreto n. 75/2020 apporta consistenti modificazioni al D. Lgs. n. 231/2001,ampliando il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, secondo il principio di cui all'art. 3, comma 1, lett. e) della Legge delega n. 117/2019.

A mente del comma 1 dell'art. 5 citato, vengono introdotte nuove fattispecie di reato nell'elenco di cui all'art. 24 del D.Lgs. n. 231/2001, che ora comprende i delitti di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (art. 2 L. 898/1986), peculato – escluso il peculato d'uso – (art. 314, comma 1, c.p.), peculato mediante profitto dell'errore altrui (316 c.p.), abuso d'ufficio (323 c.p.), dichiarazione infedele (art. 4 D. Lgs. 74 del 2000, ma solo in caso di gravi frodi IVA transfrontaliere), omessa dichiarazione (art. 5 D. Lgs. 74 del 2000, in caso di gravi frodi IVA transfrontaliere), indebita compensazione (art. 10 quaterD. Lgs. 74 del 2000 in caso di gravi frodi IVA transfrontaliere) e contrabbando (d.P.R. n.43 del 1973).

Di particolare importanza è l'introduzione dei citati delitti tributari fra gli illeciti presupposto della responsabilità degli enti.

Questo intervento normativo non era richiesto espressamente nella Direttiva PIF comunitaria, per cui il Governo ha inteso andare oltre il dettato comunitario, ribadendo così la scelta di reprimere con maggiore severità gli illeciti in materia tributaria già operata con il D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157 che, con l'art. 39, comma 2, aveva inserito al D.Lgs. 231/2001, l'art. 25-quinquiesdecies (reati tributari).

Preme sottolineare che i su richiamati delitti, infatti, ai fini dell'autonoma responsabilità amministrativa degli enti diventano rilevanti solo “se commessi nell'ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore ai dieci milioni di euro”.

Anche in questo caso, quindi, così come visto in relazione al tentativo di cui all'art. 2 D. Lgs. 75/2020, il legislatore pare intenzionato ad attribuire una connotazione di particolare deterrenza, soltanto ai reati dotati dei caratteri della transnazionalità e della particolare gravità.

Alla luce delle novità sopra riportate, discende che le società dovranno procedere con nuovi aggiornamenti al proprio Modello 231, al fine di ricomprendervi le fattispecie da ultimo inserite tra i reati presupposto.

Con specifico riferimento ai reati tributari, per le società che ad oggi non abbiano ancora adeguato il proprio Modello 231 alle recenti modifiche già in vigore, risulterà senz'altro conveniente affrontare l'ingresso dei reati tributari nel mondo della responsabilità degli enti in modo organico e complessivo.

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