La delibera condominiale non può costituire l'unico parametro interpretativo del regolamento sottoscritto dai condomini

Redazione scientifica
30 Luglio 2020

Nell'interpretazione del regolamento condominiale, data la sua natura contrattuale, l'interprete ha il dovere di utilizzare i canoni ermeneutici del codice civile e leggere le clausole nel loro complesso, senza limitarsi alle singole disposizioni o cercare di ricostruire la volontà e l'intenzione delle parti contraenti.

Il condominio citava in giudizio i condomini per ottenere la declaratoria di illegittimità dei lavori da questi eseguiti nel tentativo di recupero del sottotetto a fini abitativi, trattandosi di innovazioni vietate ex art. 1120 c.c. per alterazione del decoro architettonico. I convenuti resistevano alla domanda e chiedevano il risarcimento dei danni per il rifiuto illegittimo all'esecuzione dei lavori da parte del condominio.
La Corte d'Appello confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato sia la domanda principale, sia la domanda riconvenzionale e affermava l'inammissibilità della violazione dell'art. 8 del regolamento condominiale, relativo al divieto di modifiche all'aspetto esterno dell'edificio, poiché, dedotta per la prima volta in appello, rappresentava una diversa pretesa da quella dedotta nel giudizio di primo grado. Inoltre, la Corte territoriale, facendo riferimento alla delibera condominiale con cui i condomini avevano autorizzato l'intervento sul sottotetto purché conforme al disegno architettonico, riteneva inammissibile l'interpretazione del regolamento secondo la quale le opere comuni dell'edificio dovevano considerarsi vietate.

Proposto ricorso per cassazione da parte del condominio, i Giudici di legittimità rilevano che, avendo il regolamento condominiale natura contrattuale, il giudice, nell'interpretarlo, deve utilizzare i canoni ermeneutici del codice civile e leggere le clausole nel loro complesso, evitando di limitarsi alle singole disposizioni o di provare a ricostruire la volontà e l'intenzione delle parti contraenti. Ed infatti, l'art. 1362 c.c., laddove prescrive all'interprete di indagare quale sia la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole, intende ribadire che «qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile».
Nella fattispecie, la Corte d'Appello ha interpretato l'art. 8 del regolamento condominiale non sulla base dei criteri dettati dal codice civile ovvero tenendo conto del dato letterale della contratto e delle sue clausole, ma sulla base di una delibera successiva, con la quale i condomini nulla obiettavano in relazione al progetto di recupero del sottotetto per fini abitativi. Tale delibera, secondo la Cassazione, non può costituire l'unico parametro interpretativo per l'individuazione della volontà delle parti espressa nel regolamento e, tantomeno, può ritenersi idonea a modificarlo in quanto attinente ad innovazioni relative al decoro architettonico.
Per tali motivi, la Corte ritenendo tale profilo di ricorso fondato lo accoglie e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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