Smart working emergenziale: le caratteristiche peculiari

Marcello Bonomo
31 Luglio 2020

Lo smart working ha rappresentato, sin dall'inizio della fase emergenziale, una delle misure di contrasto alla diffusione del virus Covid-19 introdotte nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.

Lo smart working ha rappresentato, sin dall'inizio della fase emergenziale, una delle misure di contrasto alla diffusione del virus Covid-19 introdotte nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato.

Già i DPCM del 1 e del 8 marzo 2020 prevedevano che, per la durata dello stato di emergenza -

d

ichiarata per 6 mesi dalla

deliberazione del Consiglio dei ministri del 31.01.2020 - la modalità di lavoro agile potesse essere applicata dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato in assenza di accordi individuali.

Per quanto concerne i rapporti di diritto privato, oggetto della presente analisi, la disciplina normativa è principalmente dettata dall'art. 90 del D.L. 34/2020 (convertito con L. 77/2020) che, oltre a prevedere che la prestazione lavorativa possa essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro, sancisce l'unilateralità quale caratteristica peculiare dello smart working emergenziale.

Mentre il lavoro agile “ordinario” (disciplinato dagli artt. da 18 a 23 L. 81/2017), si fonda sull'accordo individuale con cui le parti concordano la disciplina dell'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, lo smart working emergenziale consente a ciascuna di esse di procedere unilateralmente ad una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro da remoto.

Al datore di lavoro è riconosciuto, in generale, il potere di applicare la modalità di lavoro agile, nel rispetto dei principi dettati dalla disciplina ordinaria (artt. da 18 a 23 L. 81/2017) e con assolvimento in via telematica degli obblighi di informativa in materia di sicurezza sul lavoro.

D'altra parte il lavoratore ha diritto a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione, nelle seguenti ipotesi:

  • genitori lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore;
  • lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell'ambito della sorveglianza sanitaria eccezionale di cui all'art. 83 D.L. 34/2020;
  • lavoratori disabili con connotazione di gravità (ex art. 3, comma 3, L. 104/1992) o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle medesime condizioni di gravità (fattispecie prevista dall'art. 39, comma 1, del D.L. 18/2020. L'art. 39, comma 2, D.L.18/2020, inoltre, prevede che ai lavoratori affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile).

In questi casi il diritto allo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile è, come detto, condizionato alla sua compatibilità con le caratteristiche della prestazione resa dal singolo dipendente; qualora il lavoratore svolga mansioni che richiedano, anche solo in parte, la necessità della sua presenza fisica sul posto di lavoro dovrebbe escludersi che possa essere unilateralmente azionato il diritto previsto dalla normativa emergenziale.

L'unilateralità che caratterizza lo smart working emergenziale pone, altresì, un rilevante problema in merito alle condizioni ed alle modalità applicative dello svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, rimesse nel regime ordinario all'accordo tra le parti (si pensi, ad esempio, ai tempi di riposo ed alla disconnessione del lavoratore); in assenza di accordo, si ritiene che il datore di lavoro debba poter esercitare appieno i poteri datoriali seppur nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, tenuto conto della particolare valorizzazione della tutela della salute e sicurezza del lavoratore nell'attuale contesto emergenziale.

Infine, l'approssimarsi della scadenza del periodo di durata dello stato di emergenza (al 31.07.2020), senza certezza in ordine alla sua proroga, ha determinato problematiche operative nella fase di transizione dal regime di smart working emergenziale al lavoro agile ordinario.

Ciò, in particolare, per la necessità di formalizzare gli accordi scritti che nel regime ordinario disciplinano l'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali; operazione complessa soprattutto per le aziende di medie-grandi dimensioni che hanno dovuto acquisire individualmente il consenso dei lavoratori, per lo più mediante forme di comunicazioni a distanza.

Inoltre le imprese hanno dovuto organizzare il passaggio dalla procedura “semplificata”, con comunicazioni telematiche al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dei nominativi dei lavoratori e della data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, al regime ordinario in cui si avvalgono dei modelli predisposti dal Ministero e sono tenute a conservare gli accordi individuali da esibire agli Enti competenti (ad esempio l'INAIL e l'INL che curano le attività istituzionali di monitoraggio e vigilanza).

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