Condominio: occorre provare il nesso causale tra sospensione lavori e danni subiti
07 Agosto 2020
I fatti secondo il ricorrente. L'assemblea di condomìnio delibera di procedere ad alcuni lavori di manutenzione straordinaria. Come da copione, alcuni condòmini non sono d'accordo ed impugnano il deliberato assembleare; l'amministratore supera la criticità con un nuovo passaggio in Assemblea. Il cantiere, anche se a fatica, viene finalmente avviato e la ditta appaltatrice, per eseguire i lavori, occupa alcuni immobili di proprietà della società Alpha. Nel corso dei lavori alcuni condòmini, non si sa bene se a torto o a ragione, non solo rifiutano di versare le proprie quote condominiali, ma chiedono all'amministratore del condomìnio di sospendere il pagamento dei SAL, circostanza che determina la sospensione dei lavori da parte della ditta appaltatrice. La società Alpha si lamenta perché, a suo dire, il blocco dei lavori avrebbe determinato il crollo dei valori di mercato degli immobili costringendola a vendere il proprio patrimonio immobiliare ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato. A questo punto la società Alpha cita in giudizio l'amministratore del condomìnio ed i condòmini che avevano sospeso il pagamento delle quote condominiali, chiedendo il risarcimento dei danni subiti.
Lo svolgimento del giudizio. Il giudizio si svolge praticamente a senso unico: il Tribunale rigetta la domanda e la Corte d'appello si allinea al verdetto sottolineando che l'attore non aveva provato il nesso causale esistente tra la condotta dei convenuti ed il danno subito. La società non si arrende e propone ricorso in Cassazione. La seconda Sezione civile, con l'ordinanza in commento, conferma il verdetto di merito.
La tesi del ricorrente. La società si lamenta perché la Corte territoriale non avrebbe evidenziato la responsabilità dell'amministratore di condominio nella (mala) gestione dell'appalto. Il ricorrente addebita all'amministratore di condominio una duplice responsabilità: da un lato, avrebbe mancato nel “recuperare” dai condòmini recalcitranti le somme necessarie ad onorare gli impegni economici assunti con la ditta appaltatrice; dall'altro, non avrebbe rispettato i termini previsti dal contratto di appalto. Tali inadempienze, a suo avviso, avrebbero determinato la decisione dell'appaltatore di sospendere sine die i lavori il che avrebbe determinato, a cascata, il crollo del valore degli immobili facenti parte del condomìnio. Anche i condòmini avrebbero la loro parte di responsabilità in quanto non solo non avrebbero versato le somme necessarie a pagare i SAL, ma avrebbero invitato l'amministratore a sospendere i pagamenti.
La tesi della Cassazione: la causa-effetto. La Cassazione condivide l'assunto della Corte d'appello: la società ricorrente non avrebbe fornito la prova dell'esistenza del nesso causa-effetto tra l'evento e il pregiudizio subito. In altre parole, la società avrebbe omesso di fornire la prova sul concatenamento tra l'omesso versamento degli oneri condominiali, l'inerzia dell'amministratore, il mancato pagamento nei confronti dell'appaltatore e la sospensione dei lavori circostanza che, da ultimo, avrebbe determinato (secondo il ricorrente) il crollo del valore degli immobili il che, a cascata, avrebbe costretto la società alla vendita (o meglio, alla svendita) del proprio patrimonio immobiliare ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto ai valori di mercato. La Cassazione evidenzia che la Corte territoriale si è limitata ad applicare (correttamente) il principio causalità adeguata escludendo la responsabilità dell'amministratore di condominio e dei condomini morosi.
La teoria della causalità adeguata. La Cassazione, quindi, richiama la teoria della casualità adeguata che, come sappiamo, mira ad apportare un correttivo alla teoria condizionalistica che considera quale causa dell'evento, ogni azione necessaria e sufficiente a produrlo. La teoria della causalità adeguata richiede, accanto alla sussistenza del nesso eziologico tra azione ed evento, che quest'ultimo rientri tra le conseguenze normali (o quantomeno probabili) dell'azione secondo il normale principio del id quod plerumque accidit.
Il ragionamento non regge. La Cassazione individua una crepa nel ragionamento del ricorrente. La società ricorrente parte dal presupposto che i lavori, iniziati a giugno 2008, avrebbero dovuto concludersi in 200 giorni lavorativi, ovvero ad aprile 2009. Ritiene, quindi, che la vendita sia stata effettuata ad un prezzo irrisorio a seguito della sospensione dei lavori. Per altro verso, la stessa società ricorrente dichiara di aver venduto gli immobili a dicembre 2008, quando il contratto d'appalto era ancora in esecuzione. Di conseguenza, non si comprende come un evento non ancora verificatosi (ovvero il mancato rispetto del termine previsto per il fine lavori) abbia potuto determinare delle conseguenze negative sul prezzo di vendita.
La vicenda presenta alcuni punti oscuri. La ditta ricorrente non chiarisce per quale motivo i condomini abbiano chiesto all'amministratore di sospendere i pagamenti verso la ditta esecutrice delle opere. Poniamo il caso, peraltro frequente, in cui la ditta sia inadempiente agli impegni assunti contrattualmente (perché, per esempio, non abbia adottato le dovute cautele nell'esecuzione delle opere o abbia utilizzato materiali inadeguati); è evidente che l'amministratore, specie se sollecitato in tal senso dai condòmini, avrebbe dovuto sospendere i pagamenti. La vicenda presenta un altro punto oscuro: se il ricorrente ha effettuato la vendita a dicembre 2008, è probabile che abbia raggiunto delle intese preliminari col futuro acquirente in epoca precedente, quindi non si comprende il motivo della lagnanza in quanto il prezzo sarebbe stato fissato in tempi non sospetti.
La crisi dei subprime. Occorre effettuare un'altra considerazione. La società ricorrente addebita il crollo dei valori immobiliari alla cattiva gestione del condomìnio. Volendo storicizzare l'evento, occorre considerare che siamo alla fine del 2008, in piena bolla immobiliare. Nella seconda metà del 2006 negli Stati Uniti era iniziata la crisi finanziaria dei subprime che aveva dato vita a quella che viene considerata la più grave crisi economica mondiale dai tempi della grande depressione. La crisi iniziò a far sentire i propri effetti nei primi mesi del 2007 determinando, nel periodo settembre-ottobre 2008 la scomparsa delle principali banche d'affari mondiali (la Lehman Brothers dichiarò bancarotta il 15 settembre 2008). E' quindi probabile che la ditta ricorrente abbia effettivamente accusato un crollo del mercato immobiliare i cui effetti, però, non erano da ricercare nel blocco dell'attività di cantiere, bensì in fenomeni ben più gravi verificatisi in ambito internazionale. (FONTE: dirittoegiustizia.it) |