Procedimento camerale di correzione della pronuncia per cassazione per non avere provveduto sull'istanza di distrazione

Cesare Trapuzzano
10 Agosto 2020

Gli aspetti affrontati dalla pronuncia di legittimità in commento riguardano due temi: da un lato, la possibilità di avvalersi del procedimento di correzione di errore materiale nel caso in cui sia stata omessa la deliberazione sull'istanza di distrazione delle spese di lite, prontamente avanzata dalla parte nel giudizio per cassazione; dall'altro, il modo di attivazione del procedimento camerale di correzione di errore materiale, su ricorso della parte interessata ovvero d'ufficio.
Massima

La presentazione di un'istanza volta a sollecitare il potere della Corte di cassazione di emendare, d'ufficio, gli errori materiali, ex art. 391-bis c.p.c., non equivale al deposito di un ricorso; sicché, per effetto del rinvio all'art. 380-bis, primo e secondo comma, contenuto nell'art. 391-bisc.p.c., nonché della disciplina generale della correzione dell'errore materiale ex art. 288 c.p.c., a fronte della fissazione dell'udienza camerale, le parti hanno la possibilità di depositare memorie e non anche di proporre controricorso.

Il caso

Con istanza del 22 giugno 2018, la ricorrente per cassazione, dopo aver premesso che, con ordinanza della stessa Corte di cassazione n. 14714 del 6 giugno2018, era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal medesimo intimato avverso la sentenza della Corte d'appellodi Firenze n. 201 del 2016, con la disposizione della condanna del ricorrente al rimborso delle spese di lite, evidenziava tuttavia che alla condanna non aveva fatto seguito la distrazione delle spese in favore del procuratore dell'allora controricorrente, sebbene l'istanza di distrazione fosse stata tempestivamente avanzata dai difensori della resistente.

La questione

Gli aspetti affrontati dalla pronuncia di legittimità in commento riguardano due temi: da un lato, la possibilità di avvalersi del procedimento di correzione di errore materiale nel caso in cui sia stata omessa la deliberazione sull'istanza di distrazione delle spese di lite, prontamente avanzata dalla parte nel giudizio per cassazione; dall'altro, il modo di attivazione del procedimento camerale di correzione di errore materiale, su ricorso della parte interessata ovvero d'ufficio, con le diverse implicazioni che ne discendono allorché alla correzione si ritenga di provvedere d'ufficio, specie nel caso in cui la parte istante si sia limitata a sollecitare l'intervento della Corte di legittimità affinché provveda alla detta correzione. E ciò alla luce del disposto attualmente vigente dell'art. 391-bis, comma 1, c.p.c., secondo cui, in ogni tempo, la correzione può essere chiesta dalla parte interessata con ricorso oppure può essere rilevata d'ufficio dalla Corte.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione, sesta sezione civile, sottosezione seconda, ha ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta di sollecitazione alla correzione di errore materiale per omessa pronuncia sull'istanza di distrazione.

In primo luogo, la Corte regolatrice ha rilevato che non è stato presentato un autonomo ricorso per correzione di errore materiale, ma è stata avanzata un'istanza volta a sollecitare alla Corte il potere di emendare anche d'ufficio gli errori materiali, come appunto previsto dalla novellata previsione di cui all'art. 391-bis c.p.c. Sennonché, ad avviso della Corte di legittimità, il rinvio che tale norma opera alle disposizioni di cui al primo e secondo comma dell'art. 380-bis c.p.c. giustifica, come si può ricavare dalla generale disciplina della correzione dell'errore materiale di cui all'art. 288 c.p.c., la fissazione dell'udienza camerale con notifica alle parti, le quali hanno la possibilità di depositare memorie (e non anche di proporre controricorso, come invece è stato fatto dalla difesa della controparte). Con la conseguenza che è stata disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dalla difesa di detta controparte, e motivata dalla asserita mancata notifica del ricorso e del suo deposito nel termine di cui all'art. 369 c.p.c.

Nel merito, la Suprema Corte, facendo richiamo a quanto ha statuito la più recente giurisprudenza di legittimità, a partire da Cass. civ., Sez.Un., 7 luglio 2010, n. 16037, ha chiarito che l'omessa distrazione è emendabile mediante la procedura di correzione di errore materiale, escludendo quindi l'assoggettamento agli ordinari rimedi impugnatori (conforme, da ultimo, Cass. civ., ord. 17 maggio 2017, n.12437). Per l'effetto, è stata disposta la correzione della denunziata omissione, con la disposizione della distrazione delle spese di lite, come liquidate in dispositivo, in favore dei difensori antistatari.

In ultimo, nulla è stato disposto quanto alle spese del procedimento camerale di correzione, trattandosi appunto di procedimento di correzione di errore materiale, nel quale non è possibile individuare una parte vittoriosa e una parte soccombente (cfr. Cass. civ.,ord. 4 gennaio 2016, n.14; Cass. civ., ord. 17 settembre 2013, n. 21213).

Osservazioni

L'ordinanza in commento - per un verso - conferma che avverso l'omessa pronuncia in cassazione sull'istanza di distrazione delle spese di lite, regolarmente avanzata dai difensori anticipatari, il rimedio esperibile è rappresentato dalla correzione di errore materiale, attivabile in cassazione secondo il modello camerale disciplinato dall'art. 391-bis c.p.c., e - per altro verso - chiarisce che, laddove la parte interessata si sia limitata, con una semplice istanza, a sollecitare l'intervento della Corte, affinché provveda sulla correzione di detta omissione, il procedimento camerale che ne consegue deve essere considerato come incardinato d'ufficio e non su ricorso di parte, con l'effetto che le parti potranno depositare memorie nei termini previsti dall'art. 380-bis, comma 2, c.p.c. (ossia non oltre cinque giorni prima della fissata adunanza non partecipata), ma la controparte - rispetto alla parte che ha sollecitato la correzione - non potrà presentare controricorso.

Sotto il primo profilo, si rileva che il capo della pronuncia conclusiva del giudizio, che dispone la condanna al pagamento delle spese di lite, si riferisce, sia con riferimento all'individuazione del debitore, sia quanto all'individuazione del creditore, direttamente alle parti processuali. Nondimeno, ai sensi dell'art. 93, comma 1, c.p.c., il difensore munito di procura può chiedere che il giudice, nella stessa pronuncia conclusiva in cui dispone la condanna alle spese, distragga, in suo favore e degli altri co-difensori, gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato. Pertanto, il presupposto che giustifica l'istanza di distrazione del difensore è costituito dal fatto che la parte assistita non abbia versato alcun anticipo sul compenso di lite spettante, né abbia rimborsato le spese vive sostenute per avviare la causa. In questi termini la norma è ascrivibile alla fattispecie del difensore distrattario o antistatario o anticipatario. La richiesta di distrazione deve ritenersi validamente proposta anche nel caso in cui manchi l'esplicita dichiarazione in ordine alla avvenuta anticipazione delle spese e alla mancata riscossione degli onorari, atteso che quest'ultima può ritenersi implicitamente contenuta nella domanda di distrazione (Cass. civ., Sez.Un., 27 novembre 2019, n. 31033). Inoltre, la richiesta di distrazione delle spese spetta, sulla base di tale presupposto, al solo difensore con procura, sicché la domanda non può essere avanzata dal difensore dopo l'estinzione del mandato per rinuncia o revoca, ancorché la parte non abbia ancora provveduto alla sua sostituzione, in quanto l'art. 85 c.p.c., prevedendo l'inefficacia della revoca o della rinuncia alla procura sino alla sostituzione del difensore “nei confronti della controparte”, secondo il principio di ultrattività del mandato, non concerne il rapporto interno di mandato, dove la rinuncia e la revoca hanno effetto, come qualsiasi dichiarazione ricettizia, sin dal momento in cui siano state comunicate alla controparte negoziale (Cass. civ., 4 dicembre 2019, n. 31687; Cass. civ., 29 agosto 1992, n. 9994). Né essa comporta la rinuncia implicita al patrocinio a spese dello Stato, quale provvidenza posta a garanzia dell'effettività del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., dovendo la rinuncia provenire, in modo certo ed univoco, dal titolare del beneficio e non dal suo difensore, che è privo di qualsiasi potere dispositivo in proposito (Cass. civ., 21 novembre 2019, n. 30418; contra Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5232). Se la parte è assistita da più difensori, la distrazione delle spese processuali richiede l'attestazione che nessuno di essi abbia riscosso gli onorari oggetto della richiesta; tale dichiarazione può essere resa anche da uno solo dei difensori, se munito di procura ad agire disgiuntamente, ma deve essere necessariamente riferita all'intero collegio difensivo (Cass. civ., 29 agosto 2018, n. 21281).

All'esito dell'istanza formulata, l'effettiva disposizione della distrazione postula poi che la parte assistita dal difensore istante abbia vinto la causa e che non sia stata disposta la compensazione integrale delle spese. In ragione dell'integrazione di dette condizioni, il relativo provvedimento deve essere adottato sulla base della sua semplice dichiarazione, la quale non può essere sindacata dal giudice. Il difensore agisce, infatti, per un diritto proprio ed autonomo verso il soccombente, con la conseguenza che quest'ultimo non può opporgli, in compensazione, l'eventuale credito vantato nei confronti della parte vittoriosa (Cass. civ., 26 marzo 2019, n. 8436). Il capo della pronuncia finale sarà così concepito: condanna la parte Alfa alla refusione delle spese e compensi di lite in favore della parte Beta, con distrazione in favore del suo difensore. Fino a quando il difensore istante non abbia conseguito il rimborso disposto, la parte assistita può chiedere al giudice che ha emesso il provvedimento la revoca della distrazione, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese. Il sub-procedimento che si instaurerà, ai sensi dell'art. 93, comma 2, c.p.c., avrà le forme stabilite per la correzione di errore materiale ex art. 288 c.p.c. e vedrà come contraddittori la parte e il suo difensore.

Dirimendo un contrasto tra opposti orientamenti, la Corte di legittimità ha evidenziato che, in caso di omessa pronuncia sull'istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un'espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione (per asserita violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.), non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma. La procedura di correzione, oltre ad essere in linea con il disposto dell'art. 93, comma 2, c.p.c. - che ad essa si richiama per l'ipotesi in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese -, soddisfa il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è un rimedio applicabile, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle pronunce della Corte di cassazione (Cass. civ., Sez.Un., 27 novembre 2019, n. 31033; Cass. civ.,ord. 17 maggio 2017, n. 12437; Cass. civ., ord. 11 aprile 2014, n. 8578; Cass. civ., 10 gennaio 2011, n. 293; Cass. civ., Sez.Un., 7 luglio 2010, n. 16037).

Pertanto, all'orientamento tradizionale, secondo il quale l'errore-svista (emendabile) si distingue dall'errore-vizio (da censurare con gravame), poiché il primo attiene al momento dell'espressione, il secondo della formazione della volontà del giudicante, è venuto sostituendosi un orientamento, dottrinale e giurisprudenziale, che esclude ogni indagine sulla volontà del giudice, ponendo in rilievo il fatto che l'errore materiale consiste in un difetto di corrispondenza fra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione nel provvedimento, purché questo sia evincibile dal confronto fra la parte inficiata dall'errore e le considerazioni contenute nella motivazione, per cui può dedursi che tale errore è dovuto ad una svista o ad una disattenzione. Ed in effetti l'evoluzione, in specie giurisprudenziale, mostra come, soprattutto nei casi di omissione (così nelle ipotesi di omessa pronuncia dell'ordine di cancellazione della trascrizione della domanda rigettata, omessa pronuncia sulla richiesta distrazione delle spese a favore del difensore, omessa pronuncia della condanna alle restituzioni di quanto corrisposto in forza della sentenza di primo grado riformata, omessa pronuncia sui compensi di lite, nonostante la soccombenza rilevata in motivazione e il rinvio da quest'ultima effettuato alla liquidazione di cui al dispositivo), in vista dell'operatività della correzione, diviene centrale la natura necessaria della statuizione omessa, a prescindere dall'effettivo riscontro dell'avvenuta sua volizione ad opera del giudice. Elemento discriminante che consente, quindi, di ritenere esperibile il rimedio della correzione, e di escludere il ricorso ai rimedi impugnatori, si rinviene nell'assenza di questioni alla cui risoluzione è preposto l'esercizio dell'attività giurisdizionale. E anche con riferimento alla liquidazione dei compensi di lite – che, diversamente dalle spese vive, postula un margine di discrezionalità tra minimi e massimi –, tuttavia, l'applicazione di parametri, con previsione di margini di discrezionalità, è tipica dell'attività non giurisdizionale, ma lato sensu amministrativa, ovvero “tecnico esecutiva”. Ne discende che la soluzione oggi definitivamente avallata dalle Sezioni Unite della Corte regolatrice non tradisce la natura dello strumento della correzione, che non deve ripercorrere la portata precettiva del provvedimento decisorio, ma solo consentire di ottenere - attraverso un procedimento espressivo di una attività amministrativa, e non rappresentativo dell'esercizio di potere giurisdizionale in senso proprio - un documento formalmente emendato dall'errore (o dall'omissione), e così privo di sproporzionate, e - per le decisioni di ultima istanza - spropositate e incurabili, complicanze per lievi difetti.

Sotto il secondo profilo, il novellato art. 391-bis c.p.c. – il cui primo comma è stato sostituito dall'art. 1-bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, in legge 25 ottobre 2016, n. 197, con decorrenza dal 30 ottobre 2016, ed applicabile ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto, nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non sia stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio – stabilisce che, ove la sentenza o l'ordinanza pronunciata dalla Corte di cassazione sia affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell'art. 287 c.p.c., la parte interessata può chiederne la correzione con ricorso ai sensi degli artt. 365 e ss. c.p.c. La correzione può essere chiesta, e può essere rilevata d'ufficio dalla Corte, in qualsiasi tempo. Sulla correzione la Corte pronuncia nell'osservanza delle disposizioni di cui all'art. 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c. Sul ricorso per correzione dell'errore materiale pronuncia con ordinanza.

È evidente che, allorché a dare impulso al procedimento di correzione sia la parte con apposito ricorso, dovrà attuarsi il pieno contraddittorio tra le parti del giudizio, consentendo all'intimato di proporre controricorso. Ove, invece, l'impulso provenga da un'iniziativa dello stesso giudice che ha commesso l'errore e lo abbia rilevato d'ufficio, il procedimento camerale che sarà attivato, su proposta del relatore e con fissazione dell'adunanza non partecipata, consentirà alle parti esclusivamente di presentare le memorie, all'esito della notifica ai difensori della data stabilita per l'adunanza, ai sensi dell'art. 380-bis, commi 1 e 2, c.p.c. La Corte regolatrice, nel caso esaminato, ha precisato che la mera istanza spiegata dalla parte interessata, che si limiti a sollecitare l'intervento d'ufficio del giudice, affinché provveda alla correzione dell'errore materiale - rappresentato dall'omessa disposizione della distrazione, seppure essa sia stata puntualmente richiesta -, non può essere qualificata come ricorso introduttivo del procedimento camerale su impulso di parte, ma giustifica (propiziandola) la correzione su iniziativa del giudice, cosicché la controparte non ha la facoltà di presentare controricorso. La sollecitazione, con istanza non equiparabile ad un vero e proprio ricorso, ha valenza strumentale, costituendo, infatti, il mero mezzo mediante il quale la Corte può rilevare d'ufficio l'errore e dare così corso al procedimento di correzione. Il che chiaramente implica che tale istanza informale di sollecitazione non deve essere notificata alla controparte, non costituendo l'atto introduttivo del sub-procedimento camerale di correzione.

Guida all'approfondimento
  • M. Agresti, Omessa distrazione delle spese di lite in favore del difensore antistatario e procedimento di correzione degli errori materiali, in Giust. civ., 7-8, 2011, 1815;
  • V. Amendolagine, L'omessa distrazione delle spese è un errore materiale, in Ilprocessocivile.it, 20 maggio 2019;
  • A. Carrato, Le Sezioni Unite estendono il rimedio della correzione di errore materiale alla pronuncia relativa alle spese processuali, in Corr. giur., 2018, 10, 1298 (nota a sentenza);
  • Id., La Cassazione apre all'applicabilità del procedimento di correzione delle proprie sentenze sulle omissioni riguardanti la disciplina delle spese processuali, in Corr. giur., 2015, 5, 673 (nota a sentenza);
  • Id., L'omessa pronuncia sulla distrazione delle spese può essere recuperata con il procedimento di correzione, in Corr. giur., 2010, 9, 1165 (nota a sentenza);
  • C. Consolo – F. Godio, Spese di lite e correzione della decisione silente - sentenza che attribuisce in motivazione le spese al soccombente ma poi non le liquida nel dispositivo: va corretta (non dunque impugnata), in Giur. it., 2018, 8-9, 1885 (nota a sentenza);
  • F. Cossignani, La riforma del giudizio civile in Cassazione – L'art. 391 bis c.p.c. di riforma in riforma, in Giur. it., 2018, 3, 772 (commento alla normativa);
  • F. Ferraris, Adunanza camerale e pubblica udienza nel nuovo giudizio di Cassazione, in Riv. dir. proc., 2018, 4-5, 1226 (commento alla normativa);
  • F. Godio, La S.C. dice sì alla “correzione integrativa” anche per omessa condanna alle restituzioni da riforma della sentenza, in Corr. giur., 2016, 7, 990 (nota a sentenza).
  • A. Panzarola, La Cassazione civile dopo la l. 25 ottobre 2016, n. 197 e i c.d. protocolli, in Nuove leggi civ. comm., 2017, 2, 269 (commento alla normativa);
  • C. Punzi, La nuova stagione della Corte di cassazione e il tramonto della pubblica udienza, in Riv. dir. proc., 2017, 1, 1 (commento alla normativa).

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