Adempimenti fiscali di chiusura nel concordato fallimentare con assuntore

13 Agosto 2020

Un recente interpello offre lo spunto per alcuni approfondimenti sugli adempimenti fiscali di chiusura del fallimento a seguito di omologazione di una proposta di concordato con assuntore (Agenzia delle Entrate, risposta n. 34 del 7 febbraio 2020).
Premessa

Nel caso in esame, fra le attività del debitore trasferite all'assuntore per effetto della definitività del decreto di omologa del concordato vi era, fra l'altro, il credito IVA maturato in corso di procedura a seguito delle operazioni poste in essere dalla curatela.

L'assuntore, a propria volta, aveva ceduto il credito IVA ad un soggetto terzo.

Questi i quesiti oggetto d'interpello:

  1. chi avrebbe dovuto presentare la dichiarazione IVA relativa all'anno solare di chiusura della procedura contenente la richiesta a rimborso del tributo IVA “trasferito” all'assuntore;
  2. se, con riferimento a tale dichiarazione tributaria, fosse possibile indicare quale destinatario del rimborso IVA il soggetto terzo cui l'assuntore aveva ceduto il credito fiscale.

Fonte: IlFallimentarista.it

Chiusura del fallimento

Secondo la prospettazione della curatela, verificandosi con la chiusura del fallimento la decadenza degli organi della procedura, il curatore viene a perdere la legittimazione a rappresentare il debitore e, dunque, a compiere atti in nome e/o per conto del medesimo.

Tale legittimazione spetterebbe invece all'assuntore poiché, per effetto del decreto di omologa del concordato, sono al medesimo trasferite tutte le attività facenti parte del patrimonio del debitore, fra le quali – nel caso di specie – il credito IVA maturato post fallimento ed i diritti ad esso correlati.

L'assuntore sarebbe così tenuto a presentare la dichiarazione IVA relativa all'anno solare nel corso del quale sia intervenuta la chiusura del procedimento fallimentare, includendovi la richiesta a rimborso del relativo credito IVA.

Spetterebbe, poi, sempre al soggetto assuntore richiedere all'agente della riscossione che il rimborso del credito IVA venga eseguito a favore del terzo cessionario del credito fiscale.

Adempimenti per il rimborso dell'IVA

L'Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 34/2020, ha premesso, sotto un profilo generale, che ai fini del rimborso del tributo IVA a credito in ambito fallimentare sono richiesti i seguenti adempimenti:

  • presentazione della dichiarazione IVA del debitore relativa all'anno di chiusura della procedura, con richiesta a rimborso del credito;
  • presentazione della modulistica per richiedere il relativo rimborso (cd. “modello G”) con riferimento all'anno di chiusura della procedura;
  • cessazione della partita IVA relativa alla società debitrice e propria cancellazione dal Registro delle imprese.

L'Amministrazione finanziaria ha ricordato che ai sensi dell'art. 74-bis, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, per le operazioni poste in essere dopo l'apertura del concorso, gli adempimenti relativi al tributo IVA sono assolti dal curatore fallimentare.

L'Agenzia ha quindi richiamato la circolare n. 26/E del 22 marzo 2002, là dove si precisa che la chiusura del fallimento integra una fattispecie di cessazione dell'attività d'impresa, ex art. 35, comma 4, d.P.R. n. 633/1972.

Il curatore è così tenuto a presentare la dichiarazione di cessazione dell'attività entro trenta giorni dalla data di ultimazione della liquidazione, dovendo adempiere “tutti gli altri obblighi connessi all'applicazione del tributo, compresa la presentazione della dichiarazione annuale, negli ordinari termini di legge” (Agenzia delle Entrate, circolare n. 26/E del 22/03/2002).

Ne consegue che anche quando la chiusura del fallimento consegua alla definitività del decreto di omologazione del concordato con assuntore, ex art. 130 l. fall., il curatore mantiene la legittimazione ad eseguire gli adempimenti fiscali correlati alla chiusura della procedura.

Il curatore deve pertanto presentare la dichiarazione IVA relativa all'anno solare nel corso del quale sia intervenuta la chiusura del fallimento, chiedendo il rimborso del tributo IVA a credito.

Efficacia cessione del credito fiscale

La cessione del credito fiscale diviene efficace nei confronti dell'Amministrazione finanziaria solo una volta che il curatore abbia notificato l'avvenuto trasferimento del credito IVA alla competente Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate.

Il trasferimento del credito IVA al soggetto assuntore del concordato si verifica per “successione” a titolo particolare laddove, come nel caso in esame, la proposta concordataria abbia previsto la liberazione del debitore, secondo lo schema dell'accollo cd. privativo (Cass. civ., sez. I, 8 maggio 2015, n. 9392).

Quanto, poi, al soggetto destinatario del rimborso del tributo IVA a credito, l'Amministrazione finanziaria ha richiamato l'art. 43-bis, d.P.R. n. 602/1973, norma applicabile a tutti i crediti risultanti da dichiarazione tributaria e, dunque, anche al credito IVA (Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 39/E del 28/03/2017).

Il citato art. 43-bis, al primo comma, secondo periodo, dispone che colui che si renda cessionario di un determinato credito fiscale non possa, a propria volta, cedere tale credito ad un soggetto terzo.

Tale disposizione normativa rappresenta un'eccezione al principio generale di libera cedibilità dei crediti ed ha, quale finalità, quella di “evitare una eccessiva circolazione dei crediti tributari, che indurrebbe incertezza sul creditore del Fisco” (così, Cass. civ., sez. V, 17 giugno 2016, n. 12552).

Da ciò discende – conclude l'Agenzia delle Entrate – che legittimato a ricevere il rimborso del tributo IVA a credito è l'assuntore, dovendosi ritenere il secondo trasferimento effettuato in violazione del divieto di doppia cessione dei crediti fiscali, ex art. 43-bis, comma 1, D.P.R. n. 602/1973.

Adempimenti di chiusura della procedura fallimentare

Alcune considerazioni sugli adempimenti di chiusura della procedura fallimentare, con particolare riferimento al concordato con assuntore, in relazione al tributo IVA.

La proposta concordataria spiega i propri effetti quando il decreto di omologazione diventa definitivo: al momento, cioè, in cui siano scaduti i termini per proporre opposizione ovvero, in caso d'opposizione, quando siano state definite le relative impugnazioni (art. 130, comma 1, l. fall.).

Una volta che l'omologa della proposta concordataria sia divenuta definitiva, ed il rendiconto finale della gestione depositato ed approvato ex art. 116 l. fall., il tribunale dichiara chiuso il procedimento fallimentare (art. 130, comma 2, l. fall.).

Dopo che il tribunale abbia decretato la chiusura del fallimento, gli organi della procedura restano in carica alfine di vigilare sull'adempimento degli obblighi concordatari (art. 136, comma 1, l. fall.).

Nella prospettiva dell'assuntore, la definitività del decreto di omologazione del concordato determina l'effetto traslativo, a proprio favore, delle attività patrimoniali del debitore, rivestendo i successivi provvedimenti del giudice delegato efficacia esecutiva (Cass. civ., sez. I, 15 marzo 2013, n. 6643).

Si discute se il curatore fallimentare “decaduto” abbia o meno la legittimazione ad eseguire gli adempimenti fiscali correlati all'impresa debitrice successivamente alla chiusura del concorso.

In materia di tributi diretti è la stessa norma fiscale a riconoscere tale legittimazione in capo alla curatela fallimentare.

Secondo l'art. 5, comma 4, D.P.R. n. 322/1998, infatti, il curatore è espressamente tenuto a presentare la dichiarazione fiscale relativa al cd. maxi periodo fallimentare, entro nove mesi dalla chiusura del fallimento.

In ambito di tributo IVA non esiste alcuna disposizione di legge che disciplini in modo espresso adempimenti ad hoc in capo al curatore in relazione alla fase di chiusura del procedimento fallimentare.

Fra l'altro, non esiste, del pari, alcuna norma che sancisca che una volta chiusa la procedura concorsuale venga a verificarsi automaticamente una causa di “cessazione” dell'attività d'impresa.

Assume allora rilevanza la disposizione di carattere generale prevista dall'art. 35, comma 3, D.P.R. n. 633/1972.

Secondo tale norma, in caso di cessazione dell'attività economica il soggetto passivo d'imposta deve darne comunicazione all'Amministrazione finanziaria entro il termine di trenta giorni.

Detto termine decorre “dalla data di ultimazione delle operazioni relative alla liquidazione dell'azienda […]” (così, l'art. 35, comma 4, D.P.R. n. 633/1972).

Individuazione del soggetto tenuto al compimento degli adempimenti finali IVA

Sotto un profilo generale, ai fini dell'individuazione del soggetto tenuto al compimento degli adempimenti finali IVA occorre – ad avviso di chi scrive – distinguere fra le singole ipotesi di chiusura della procedura concorsuale, a seconda cioè che residui o meno in capo al debitore un'organizzazione d'impresa idonea al concreto svolgimento di un'attività economica.

Ove la procedura si chiuda per ultimata liquidazione dell'attivo, per inutilità della sua prosecuzione ovvero per definitiva omologazione di un concordato con cessione di beni e/o con assuntore – venendo meno l'assetto organizzativo d'impresa –, spetta al curatore fallimentare procedere alla comunicazione di cessazione dell'attività, ex art. 35, comma 3, D.P.R. n. 633/1972.

L'art. 118, comma 1, primo periodo, l. fall. dispone che qualora il debitore sia costituito in forma societaria, il curatore ne chiede la cancellazione dal registro imprese laddove il fallimento sia chiuso per compiuta ripartizione dell'attivo ovvero per inutilità della prosecuzione.

Per quanto non vi sia alcun richiamo a tale norma, la stessa appare applicabile anche al concordato liquidatorio e/o con assuntore, attesa la stretta affinità, sotto il profilo della cessazione dell'attività d'impresa, con le ipotesi sub nn. 3-4), art. 118, comma 1, l. fall. (contra, F. Casale, Il concordato fallimentare delle società, in A. Didone (a cura di), Le riforme delle procedure concorsuali, II, Milano, 2016, p. 1580).

Del resto, gli effetti traslativi del patrimonio del debitore conseguono in via diretta ed automatica alla chiusura del fallimento per intervenuta, definitiva omologazione della proposta (ed approvazione del conto finale), senza necessità che venga attesa la successiva fase dell'esecuzione del concordato.

Quale dies a quo ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 35, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, il curatore potrà provvedervi già a partire dalla data del deposito del decreto con il quale sia approvato il rendiconto finale della gestione, ex art. 116, comma 4, l. fall.

Quando la procedura si chiuda per assenza di domande d'ammissione al passivo, per integrale soddisfacimento di tutte le posizioni creditorie, ante e post fallimento, ovvero per la definitiva omologazione di un concordato con garanzia (cui non consegue alcun effetto “automatico” traslativo), spetta all'imprenditore tornato in bonis, al verificarsi della concreta, definitiva cessazione dell'attività d'impresa, procedere ex art. 35, commi 3-4, D.P.R. n. 633/1972.

Obbligo presentazione della dichiarazione finale IVA

Quanto all'obbligo relativo alla presentazione della dichiarazione finale IVA, in mancanza di un'espressa norma che disciplini tale fattispecie, riteniamo, ancora, che si debba fare riferimento ai principi.

La dichiarazione “finale” IVA altro non è se non la dichiarazione fiscale che il soggetto passivo d'imposta deve presentare in relazione all'intero anno solare nel corso del quale sia intervenuta la cessazione dell'attività economica d'impresa.

Tale dichiarazione deve recare le informazioni ed i dati relativi alle operazioni rilevanti ai fini del tributo IVA poste in essere da contribuente dal 1° giorno dell'anno solare sino alla data della comunicata cessazione dell'attività economica.

Da ciò consegue che anche in caso di fallimento del soggetto passivo d'imposta sussiste l'obbligo per l'impresa debitrice di presentare la dichiarazione IVA relativa all'anno solare nel corso del quale sia intervenuta la chiusura della procedura.

Quanto al soggetto tenuto ad adempiere tale obbligo tributario, riteniamo che nei casi in cui la comunicazione di cessazione dell'attività economica spetti all'imprenditore tornato in bonis, sia egli stesso a dover presentare la dichiarazione “finale” IVA.

Dubbi, invero, sussistono con riferimento al caso in cui la procedura si chiuda per compiuta liquidazione dell'attivo, per inutilità della prosecuzione ovvero per la definitiva omologazione di un concordato con cessione di beni e/o con assuntore.

Secondo un orientamento dottrinario, a motivo della mancata sussistenza di effetti d'ultrattività della procedura, il curatore non sarebbe in alcun caso tenuto ad assolvere “in occasione della chiusura del fallimento, alcun obbligo, perché le norme particolari dettate per lui non lo prevedono” (B. Quatraro-S. D'Amora, Il curatore fallimentare, Milano, 1999, p. 4793).

Secondo altro orientamento, al contrario, per quanto con la chiusura della procedura concorsuale la curatela fallimentare venga a cessare da ogni propria funzione, pur residua in capo al curatore un obbligo dichiarativo che diremmo “derivato”.

Il curatore sarebbe così tenuto a “portare a termine, fino al puntuale ed integrale assolvimento, il mandato professionale affidatogli dal tribunale fallimentare con la nomina” (V. Oracolo, Adempimenti dei curatori fallimentari. Comunicazioni anagrafiche e dichiarazioni IVA, in Il fisco, 1993, p. 6369).

Ad avviso di chi scrive, nei casi in cui con la chiusura della procedura concorsuale venga meno l'assetto organizzativo d'impresa, verificandosi così la cessazione dell'attività – e dunque, anche con riferimento al concordato fallimentare con assuntore –, spetta al curatore presentare la dichiarazione finale IVA, negli ordinari termini di legge.

Tale adempimento – in conclusione –, pur in mancanza di un'espressa disposizione di legge in tal senso, discende dal ricordato obbligo in capo alla curatela fallimentare di presentare la comunicazione di cessazione dell'attività, una volta che siano state ultimate le operazioni di liquidazione, ex art. 35, commi3-4, D.P.R. n. 633/1972.

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