IMU e separazione fra coniugi: il coniuge assegnatario è soggetto passivo anche se l'immobile è di terzi

25 Agosto 2020

La CTR di Bologna, con sentenza n. 88 del 10 gennaio 2020, ha affrontato il tema della soggettività passiva ai fini IMU nel caso di un fabbricato, assegnato al coniuge in sede di separazione, ma di proprietà di un soggetto terzo (comodante). Riformando il primo grado, è stata disconosciuta la pretesa del Comune di individuare quale soggetto passivo il proprietario terzo dell'immobile, al quale applicare in modo ordinario il tributo senza agevolazioni di alcun genere in fatto di abitazione principale.I giudici tributari di secondo grado hanno fornito un'interpretazione estensiva dell'art. 4, comma 12-quinquies, D.L. n. 16/2012, per il quale non sussisterebbe motivo di riduzione sia dell'ambito applicativo che della possibilità di interpretazione analogica.
Il quadro normativo

L'art. 4 comma 12-quinques, d.l. n. 16/2012 conv. in L. n. 44/2012, ha sancito la traslazione della soggettività passiva dell'IMU dal proprietario verso l'assegnatario della casa, a seguito di separazione: l'imposizione ricade, perciò, sempre in capo all'utilizzatore, a prescindere dal fatto che la proprietà dell'immobile sia del coniuge non assegnatario piuttosto che di un terzo.

La norma prevede quindi, ai soli fini Imu, che l'assegnazione della casa coniugale, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intenda in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione.

Tale disciplina, si ritiene, possa estendere i propri effetti anche con l'entrata in vigore del recente art. 1 comma 741 lett. c) punto 4) della l. 27 dicembre 2019 n. 160, in tema di “nuova” IMU a partire dal 1° gennaio 2020: nella norma in parola infatti non si parla più di “coniuge assegnatario”, ma di “genitore assegnatario”.

Fonte: ilFamiliarista.it

Cenni sui casi di assimilazione ed esclusione ai fini imu

L'attuale disciplina prevede un trattamento fiscale agevolato per l'abitazione principale: tale regime può essere esteso ad altre tipologie di immobili mediante assimilazioni, (stabilite dai Comuni o ex lege), oppure esclusioni previste dalla legge.

Ai sensi del comma 2 dell'art. 13 del d.l. n. 201/2011, relativamente alle esclusioni, è disposto che l'IMU non si applichi a varie casistiche, tra le quali compare anche la casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Tale immobile, quindi, seguirà lo stesso trattamento delle altre abitazioni principali, ossia:

  • escluso dal pagamento dell'IMU, se non rientrante fra le categorie degli immobili “di lusso”;
  • soggetto ad IMU, con l'applicazione di aliquota ridotta/detrazione previste per l'abitazione principale qualora accatastato in A/1, A/8 o A/9.

Al di fuori delle ipotesi tassative di equiparazione, (assimilazione o esclusione), all'abitazione principale previste dalla norma, i Comuni non possono prevedere ulteriori fattispecie di esenzione dall'IMU, in quanto verrebbero violati i limiti imposti dall'art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997 in materia di potestà regolamentare, vale a dire la “individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi” (si veda in proposito la risposta all'interrogazione parlamentare 23 aprile 2015 n. 5-05399 e ris. Min. Economia e finanze 26 giugno 2015 n. 6/DF).

La pronuncia della C.T.R. di Bologna

Una recente pronunzia della Commissione Tributaria Regionale di Bologna, CTR 10 gennaio 2020, n. 88, ha affrontato il tema della soggettività passiva ai fini IMU nel caso di un fabbricato, assegnato all'ex coniuge in sede di separazione, di proprietà di un soggetto terzo (diverso dal coniuge non assegnatario).

Nello specifico il genitore di uno degli ex coniugi, aveva concesso in comodato gratuito un immobile al figlio, affinché lo destinasse ad abitazione coniugale. Il medesimo immobile, in sede di separazione legale, era stato assegnato alla ex moglie la quale, considerandola propria abitazione principale, corrispondeva l'imposta, usufruendo delle aliquote ridotte e delle relative detrazioni al tempo vigenti. Ciò nel rispetto dell'art. 4 comma 12-quinquies del d.l. 2 marzo 2012 n. 16, il quale, come ricordato in precedenza ha stabilito, ai fini IMU, che l'assegnazione della casa coniugale all'ex coniuge, a seguito di un provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione.

Il Comune provvedeva però ad accertare in capo al proprietario, il pagamento dell'imposta con aliquota ordinaria, (con scomputo delle somme versate dall'assegnatario), sostenendo che il citato art.4 attribuisca la soggettività passiva IMU al coniuge assegnatario dell'immobile solamente nel caso in cui sia l'altro coniuge ad essere il proprietario oppure comproprietario dell'immobile.

La pretesa del Comune nasceva quindi dalla circostanza che il coniuge non assegnatario, non fosse titolare della proprietà o di un diritto reale sull'immobile: sulla base di questa tesi, la soggettività passiva sarebbe rimasta in capo all'effettivo proprietario comodante, con relativi obblighi di pagamento ordinario del tributo.

La C.T.P. di Forlì, aderendo alle difese del Comune, aveva in precedenza rigettato il ricorso del contribuente, argomentando che la norma in questione, (art. 4, comma 12-quinques, d.l. n. 16/2012), avendo natura eccezionale e di deroga ai principi generali, doveva essere interpretata in modo letterale e non estensivo, escludendo quindi la fattispecie del proprietario terzo dell'immobile assegnato.

Successivamente la C.T.R. di Bologna, con sentenza n. 88/11/20 del 10 gennaio 2020 in commento, ha riformato la pronunzia del precedente grado di giudizio, sottolineando come, dal tenore letterale della norma, non sia in alcun modo evincibile che la soggettività passiva del coniuge assegnatario si verifichi solo laddove proprietario o comproprietario sia l'altro ex coniuge e non invece un terzo.

Si è osservato infatti come il dettato dell'art.4, d.l. n. 16/2012, reciti che «ai soli fini dell'applicazione dell'imposta municipale (…) l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione».

Il legislatore, sostiene la C.T.R., ha specificamente disciplinato il presupposto impositivo nell'ipotesi di scioglimento del vincolo coniugale, prevedendo che, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta municipale sugli immobili, è soggetto passivo del tributo il coniuge a cui viene assegnata la casa coniugale con provvedimento giurisdizionale.

La pronunzia ha proseguito riformando, altresì, l'assunto della C.T.P., secondo la quale la norma in questione, avendo natura eccezionale e di deroga ai principi generali, avrebbe dovuto essere interpretata in modo letterale e non estensivo (e tantomeno analogico): tale interpretazione restrittiva, non sarebbe quindi giustificata, né fondata.

Tale argomentazione e relativa conclusione, prosegue la C.T.R., è infatti espressamente stata disattesa dalla recente pronuncia di Cass. n. 11416/2019.

Cenni sull'interpretazione della soggettività passiva

È appena il caso di fare cenno al fatto che, possibili fraintendimenti sull'applicazione di tributi quali ICI, in precedenza ed IMU successivamente, possano nascere da presupposti normativi chiari, interpretati però inizialmente in modo relativamente fuorviante.

Ai fini del tributo IMU, (così come già era per l'ICI), la soggettività passiva non si configura qualora il diritto alla base del possesso non vi sia la proprietà o un altro diritto reale di godimento.

Secondo un primo, (già datato), orientamento della Corte di Cassazione, nonché secondo alcuni documenti interpretativi ministeriali (ris. MEF 18 ottobre 2007 n. 5), si era affermato che, qualora la casa venisse assegnata al coniuge non titolare di diritti reali sulla stessa, in favore di quest'ultimo si costituirebbe un atipico diritto personale di godimento e non un diritto reale. In base a tali posizioni, pertanto, la soggettività passiva all'IMU veniva attribuita in ogni caso al coniuge proprietario o titolare del diritto reale (es. usufrutto), anche se assegnata dal giudice all'altro coniuge (divorziato o separato).

A tale soggetto passivo veniva comunque riconosciuto titolo al trattamento agevolato previsto ai fini dell'abitazione principale, a condizione che non risultasse titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione situato nello stesso Comune ove fosse ubicata la casa coniugale.

In questo contesto intervenne il citato art. 4 comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012, stabilendo, (ai fini IMU), che l'assegnazione venisse assimilata alla stregua del diritto di abitazione, trasferendo la soggettività passiva in capo al coniuge assegnatario, ancorché non titolare quest'ultimo, neppure pro quota, del diritto di proprietà o di altro diritto reale sull'immobile.

Sul punto alcuni dubbi insorsero in merito alla precisazione del legislatore secondo la quale l'assegnazione avviene “in ogni caso” a titolo di diritto di abitazione; in particolare ulteriori perplessità si fecero strada con riferimento specifico all'assegnazione di un'abitazione non di proprietà degli ex coniugi, ma occupata in base ad un contratto di locazione o di comodato.

Il dipartimento Finanze intervenne, con risoluzione 5/DF del 28 marzo 2013, sostenendo che la locuzione “in ogni caso” dovesse prevalere in tutte le ipotesi di assegnazione della casa coniugale al coniuge disposta dal giudice della separazione, salvo che il legislatore non disponesse diversamente, come nel caso di abitazione occupata a titolo di locazione, (per il quale l'arti. 6 l. n. 392/1978 prevede che «nel contratto di locazione succede al conduttore l'altro coniuge, se il diritto di abitare nella casa familiare sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo»).

In questa ipotesi, ad avviso del Ministero, il legislatore prevedeva la successione nel contratto di locazione da parte del coniuge assegnatario, il quale utilizzerebbe l'immobile sulla base di un titolo giuridico diverso da quello del diritto reale di abitazione previsto per l'Imu.

Questa condizione, non si sarebbe verificata, secondo il ministero, nel caso di comodato.

Occorre però sottolineare come le posizioni ministeriali dell'epoca non considerarono che, anche in caso di comodato, il provvedimento del giudice con il quale dispone l'assegnazione dell'abitazione, (ai sensi dell'articolo 155-quater c.c.), non attribuisce un diritto reale di abitazione, ma “solamente” un diritto personale di godimento atipico attraverso il quale è consentita e legittimata la continuità di residenza della famiglia, consentendo, una successione ex lege, da parte del coniuge assegnatario, nel contratto di comodato, così come avviene per il contratto di locazione.

Sul punto è consolidata la posizione della Suprema Corte, che già con sentenza Cass. civ., sez. un. n.13603/2004, specificava come il provvedimento giudiziale di assegnazione costituisca “autonomo titolo di detenzione qualificata” della casa coniugale “in dipendenza del negozio di tipo familiare” originatosi per effetto della “convivenza coniugale” o anche della convivenza more uxorio.

La Cassazione ha ricordato che il diritto di abitazione dell'assegnatario è da qualificarsi come un “atipico diritto personale di godimento”. Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale è, inoltre, opponibile, (ai sensi dell'art. 2643 c.c.), al terzo acquirente anche se non trascritto nei registri immobiliari: la trascrizione varrebbe, infatti, solamente ai fini di rendere il provvedimento opponibile anche oltre il novennio del diritto di abitazione del coniuge assegnatario.

Pertanto, tornando al testo dell'art. 4, comma 12-quinquies, D.L. n. 16/2012, (recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”), si nota come esso preveda espressamente che: «Ai soli fini dell'applicazione dell'imposta municipale propria di cui al D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 8, e successive modificazioni, nonché al D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione».


Alla luce del ragionamento sino a qui seguito, pare chiaro che il legislatore con il predetto intervento normativo, abbia inteso traslare la soggettività passiva dell'IMU dal proprietario verso l'assegnatario dell'alloggio, cosicché l'imposizione ricada in capo all'utilizzatore con liberazione dal pagamento del coniuge non assegnatario.

La disposizione normativa in parola, non integrando una norma tributaria disciplinante un'ipotesi di agevolazione o di esenzione, ovvero di norma speciale, (come correttamente rilevato dalla C.T.R. di Bologna, ed ancora prima, ripetutamente, dalla Suprema Corte), può senza dubbio essere interpretata estensivamente, non valendo per la stessa norma il divieto di interpretazione analogica, nonché di interpretazione estensiva ai sensi dell'art. 14 delle disposizioni preliminari del codice civile.

Si noti ancora come, con la richiamata sentenza Cass. civ.

30 aprile 2019 n. 11416

, medesimi diritti siano stati estesi anche alla cessazione della convivenza more uxorio ove la casa familiare sia assegnata all'ex convivente in presenza di figli non economicamente autosufficienti.

Ulteriore conferma rafforzativa delle posizioni espresse, viene ritrovata nella pronunzia della Suprema Corte, Cass. civ., sez. I, n. 17971/2015, la quale con riferimento alla situazione dell'ex convivente, ha precisato che «in presenza di figli minori nati da una relazione di convivenza more uxorio, l'immobile adibito a casa familiare è assegnato al genitore collocatario dei predetti minori, anche se non proprietario dell'immobile, o conduttore in virtù di rapporto di locazione o comunque autonomo titolare di una situazione giuridica qualificata rispetto all'immobile, la cui posizione, peraltro, è comunque di detentore qualificato, assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l'altro convivente), attesa la pregressa “affectio familiaris” che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto (ex art. 2 Cost.), della relazione di convivenza».

Il diritto al godimento della casa familiare verrebbe meno nel caso in cui l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente l'immobile assegnato o conviva more uxorio con altro soggetto o ancora contragga nuovo matrimonio.

In conclusione

La sentenza n. 88/2020 della C.T. Regionale di Bologna ha fornito una condivisibile interpretazione estensiva della norma contenuta nell'art. 4, comma 12-quinquies, d.l. n. 16/2012, riformando il primo grado di giudizio e cassando la tesi del Comune, secondo il quale la traslazione della soggettività passiva del tributo, (IMU), si sarebbe verificata solo laddove il proprietario fosse esclusivamente l'altro coniuge.

Secondo i giudici tributari di secondo grado, infatti, tale limitazione non è individuabile nel testo normativo: il trattamento agevolato ai fini del tributo, deve quindi applicarsi a prescindere dal proprietario del bene ed a prescindere dal titolo di detenzione del medesimo, valendo sopra tutto il provvedimento di assegnazione.

Il richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione, Cass. civ. n. 11416/2019, è utile a chiarire come il legislatore abbia codificato la traslazione della soggettività passiva dal proprietario all'assegnatario senza stabilire vincoli specifici non esplicitati.

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