Cartolarizzazione dei crediti e questioni di legittimazione attiva e passiva

26 Agosto 2020

La cartolarizzazione dei crediti (L. n. 130/1999) - abitualmente utilizzata dagli intermediari creditizi per una proficua gestione degli NPL - pone alcune questioni di carattere processuale di immediato impatto operativo. In particolare, nelle controversie giudiziarie la giurisprudenza è spesso chiamata a verificare la legittimazione attiva della società cessionaria (Special Purpose Vehicle) nonché la legittimazione passiva della banca cedente (c.d. Originator) e della società cessionaria. Il presente contributo intende realizzare una snella ricognizione degli indirizzi giurisprudenziali di legittimità e di merito maturati in argomento.
La cartolarizzazione dei crediti in breve

Le operazioni di “cartolarizzazione” dei crediti realizzate ai sensi degli artt. 1 e 4 L. n. 130/1999 (Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti) e dell'art. 58 TUB (Cessione di rapporti giuridici) prevedono la cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità. Alle operazioni di cartolarizzazione è anche dedicato il Regolamento UE sulle cartolarizzazioni n. 2017/2402 pubblicato il 28 dicembre 2017 nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed in vigore dal 1° gennaio 2019.

In estrema sintesi, un soggetto (c.d. originator), di regola una banca o un intermediario finanziario, cede, a titolo oneroso, uno o più crediti pecuniari – esistenti ovvero futuri – a una società all'uopo costituita (c.d. special purpose vehicle, anche nota come SPV). Quest'ultimo soggetto, al fine di rinvenire la provvista necessaria all'acquisto dei crediti, emette titoli (c.d. securities) – qualificati dalla legge come strumenti finanziari (cfr. art. 2, comma 1, l. n. 130/1999) – da collocarsi presso investitori, il cui soddisfacimento viene assicurato, in via esclusiva, dai flussi di cassa prodotti dalle stesse attività oggetto di cessione. La cartolarizzazione prevede altresì l'individuazione di un soggetto (c.d. servicer) preposto, da un lato, alla gestione dei crediti sottostanti ai titoli emessi dalla società veicolo e alla verifica del corretto svolgimento dell'intera operazione (c.d. attività di servicing), dall'altro lato, alla esecuzione dei servizi di cassa e di pagamento in favore dei prenditori dei titoli (c.d. servizio di cash management).

Il patrimonio separato della SPV

Un aspetto caratterizzante le operazioni di cartolarizzazione è che le somme incassate dai debitori ceduti sono destinate, in via esclusiva, ai portatori dei titoli, emessi per finanziare l'acquisto dei relativi crediti.

Per garantire questo ultimo obiettivo, l'art. 3, comma 2, L. n. 190/1999 prevede che i crediti oggetto di cessione, pur divenendo formalmente di proprietà della società veicolo, non entrino a far parte del patrimonio di quest'ultima, ma di un patrimonio separato, aggredibile solo dai portatori dei titoli derivanti dal processo di cartolarizzazione: « I crediti relativi a ciascuna operazione (per tali intendendosi sia i crediti vantati nei confronti del debitore o dei debitori ceduti, sia ogni altro credito maturato dalla società di cui al comma 1 nel contesto dell'operazione), i relativi incassi e le attività finanziarie acquistate con i medesimi costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti stessi ».

Tale separazione patrimoniale non ha la funzione di limitare la responsabilità della società veicolo bensì di creare un meccanismo di garanzia patrimoniale per i portatori dei titoli emessi.

In sostanza, il flusso di liquidità che l'incasso dei crediti è in grado di generare è funzionale, in via esclusiva, al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell'operazione.

Il meccanismo pubblicitario della cessione

Per espressa previsione normativa (art. 4, comma 1, l. n. 130/1999), alle cessioni dei crediti poste in essere ai sensi della l. n. 130/1999 (cartolarizzazione dei crediti) si applicano le disposizioni contenute nel fondamentale articolo 58, commi 2, 3 e 4 TUB, che stabiliscono, rispettivamente: che la cessionaria deve dare notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (comma 2) (Cass. n. 31118/2017); che i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione (restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti: ad es. i crediti fondiari ex art. 38 TUB) (comma 3); nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall'art. 1264 c.c. (comma 4).

In definitiva, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e l'iscrizione nel Registro delle Imprese, la cessione dei crediti diviene opponibile erga omnes senza ulteriori formalità: la pubblicazione e l'iscrizione sostituiscono, a tutti gli effetti, la notificazione della cessione ai debitori ceduti, secondo quanto previsto dall'art. 1264 c.c.

Deve essere evidenziato che l'informativa dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel Registro delle imprese è un presupposto di efficacia della cessione stessa, come attestato dalla circostanza che l'art. 58, comma 2, TUB è stato modificato dal D.Lgs. n. 6/2004 prevedendo, in aggiunta alla pubblicazione della cessione nella Gazzetta Ufficiale, proprio l'iscrizione dell'avvenuta cessione nel Registro delle Imprese.

L'art. 58, comma 2, TUB ha inteso, dunque, agevolare la realizzazione della cessione “in blocco” di rapporti giuridici, prevedendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale (oltre la notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel Registro delle imprese), dispensando la banca cessionaria dall'onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti, appunto, in blocco, per quanto tale ulteriore attività sia prevista nelle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia (che ha previsto che gli intermediari cessionari diano notizia della cessione al singolo soggetto interessato alla prima occasione utile: estratto conto, rata di mutuo da pagare e simili).

La Cassazione ha affermato che, nell'ipotesi di cessione di azienda bancaria e di cessione di crediti oggetto di cartolarizzazione, la pubblicazione dell'atto di cessione sulla Gazzetta Ufficiale sostituisce la notificazione dell'atto stesso al debitore ceduto, con la conseguenza che, mentre secondo la disciplina ordinaria è sufficiente per il cessionario provare la notificazione della cessione o l'accettazione da parte del debitore ceduto, la disciplina speciale delle cessioni in blocco richiede, a questi ristretti effetti verso i debitori ceduti, la prova che la cessione sia stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale (Cass. n. 5997/2006; Cass. n. 22548/2018; Cass. n. 4334/2020).

La pubblicazione dell'atto di cessione nella Gazzetta Ufficiale, ponendosi sullo stesso piano degli oneri prescritti in via generale dall'art. 1264 c.c., è estranea al perfezionamento della fattispecie traslativa, in quanto rileva al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento eseguito al cedente, senza incidere sulla circolazione del credito il quale, fin dal momento in cui la cessione si è perfezionata, è nella titolarità del cessionario, che è quindi legittimato a ricevere la prestazione dovuta anche se gli adempimenti richiesti non sono stati ancora eseguiti (Cass. n. 5997/2006; Cass. n. 22548/2018; Cass. n. 4334/2020).

La prova della legittimazione attiva della società cessionaria

Nella prassi, non è infrequente che il debitore ceduto contesti che la società cessionaria (di regola lo SPV) non sia legittimata attiva, o comunque che non sia titolare del credito.

In caso di contestazione, spetta al cessionario fornire la prova che il credito controverso è compreso tra quelli compravenduti nell'ambito dell'operazione di cessione in blocco, giacché in ogni fattispecie di cessione di crediti il fondamento sostanziale della legittimazione attiva è legato, per il cessionario, alla prova dell'oggetto della cessione (Cass. n. 22151/2019; Cass. n. 9768/2016; Cass. 4116/2016 e Cass. n. 10518/2016).

Tanto premesso, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell'avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l'indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di « individuare senza incertezze » i rapporti oggetto della cessione. È necessario che i crediti ceduti siano individuabili, anche mediante il ricorso a criteri negativi o a dati numerici o temporali (Cass. n. 31188/2017; Cass. nn. 15884/2019 e 17110/2019; Cass. n. 4334/2020; Trib. Pavia 1.2.2019; Trib. Forlì 28.10.2019; Trib. Ferrara 29.4.2020).

La Cassazione ha osservato che la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, ma se non individua il contenuto del contratto di cessione non prova l'esistenza di quest'ultimo: in altri termini, una cosa è l'avviso della cessione - necessario ai fini della efficacia della cessione -, un'altra la prova della esistenza di un contratto di cessione e del suo specifico contenuto (Cass. n. 2780/2019; Cass. n. 22268/2019; Cass. n. 5617/2020; Cass. n. 22151/2019).

Il secondo comma dell'art. 58 TUB stabilisce, come detto, che la «banca cessionaria dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana»: la pubblicazione sulla Gazzetta, e/o l'iscrizione nel registro, non attengono al perfezionamento della fattispecie traslativa, né alla produzione del relativo effetto; non hanno valenza costitutiva e neanche di sanatoria di eventuali vizi dell'atto; non fanno parte della documentazione contrattuale inerente appunto alla fattispecie traslativa (Cass. n. 5617/2020).

La disposizione dell'art. 58, comma 2 ,TUB non chiede altro se non che sia data la «notizia» di un'avvenuta «cessione», senza imporre un contenuto minimo informativo. Il contratto di cessione di crediti in blocco non risulta soggetto a forme sacramentali o comunque particolari al fine specifico della sua validità. Qualora il contenuto pubblicato nella Gazzetta indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.), i crediti inclusi/esclusi dall'ambito della cessione, detto contenuto può anche risultare in concreto idoneo, secondo il «prudente apprezzamento» del giudice del merito, a mostrare la legittimazione attiva del soggetto che assume, quale cessionario, la titolarità di un credito (Cass. n. 15884/2019; Cass. n. 5617/2020).

La giurisprudenza di merito ha ritenuto proficuamente utilizzabile anche un estratto autentico delle scritture contabili della banca contenente l'indicazione delle posizioni oggetto di cessione (ad es., crediti 'in sofferenza' ad una certa data) (Trib. Ferrara 9.4.2019); non sempre è stato ritenuto ammissibile il rinvio ad un sito internet cui collegarsi per attingere i dati identificativi dei crediti ceduti: la prova deve essere direttamente percepibile dai documenti prodotti in giudizio (Trib. Napoli 24.5.2019; Trib. Forlì 28.10.2019. Contra Trib. Ferrara 29.4.2020. Occorre evidenziare che l'art. 7.1, comma 6,. L. n. 130/1999, prevede il rinvio al sito internet in cui il cedente e il cessionario hanno reso disponibili, fino alla loro estinzione, i dati indicativi dei crediti ceduti, non individuati in blocco).

È altresì discusso se una dichiarazione scritta e dettagliata firmata dalla società cedente, nella quale si dia atto della cartolarizzazione di quella specifica posizione debitoria, possa essere idonea a fornire la prova dell'avvenuta cessione (possibilità esclusa da Trib. Avezzano 3.7.2020; App. Cagliari 17.3.2016).

Resta inteso che la dimostrazione della legittimazione attiva della società cessionaria (per la quale è richiesta una prova documentale), può dirsi comunque raggiunta ove controparte l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta.

La legittimazione passiva della banca cedente e della società cessionaria (SPV)

Secondo parte della giurisprudenza di merito (Trib. Taranto 30.3.2016; Trib. Milano 12.12.2016; Trib. Pavia 12.10.2016; Trib. Napoli Nord 10.11.2016; Trib. Pavia 21.3.2017; Trib. Rieti 18.4.2017; Trib. Catania 19.3.2018; Trib. Milano 13.6.2019; Trib. Roma 8.5.2019; Trib. Rieti 31.10.2019; Trib. Roma 4.12.2019), devono essere rigettate le domande giudiziarie formulate dal correntista o mutuatario (ad es. accertamento della nullità del contratto bancario, inefficacia di talune clausole, applicazione di interessi usurari o anatocistici) nei confronti della banca cedente nell'ambito di una operazione di cartolarizzazione dei crediti: in altri termini, per effetto della cessione la società cessionaria (SPV) succede a titolo particolare in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già di titolarità della società cedente, con conseguente carenza di legittimazione passiva di quest'ultima.

Considerato che con la abituale allegazione della Gazzetta Ufficiale è dimostrata la realizzazione della speciale pubblicità prevista dall'art. 58 TUB la quale, come detto, produce gli effetti di cui all'art. 1264 c.c. in ordine alla sua efficacia nei confronti del debitore ceduto, e che parte attrice di regola chiede l'accertamento del credito strumentale alla restituzione delle somme indebitamente percepite in ragione del contratto di finanziamento, è ritenuta insussistente la legittimazione passiva della società cedente – che spesso dall'intervenuta cessione non incassa più capitale e interessi dei crediti ceduti né provvede alle segnalazioni presso la Centrale dei rischi Bankitalia – per essere legittimata passiva la società cessionaria, con conseguente rigetto della domanda indirizzata alla banca cedente (Trib. Napoli Nord 10.11.2016).

Dello stesso tenore sono le conclusioni della giurisprudenza di legittimità, secondo cui « non sussiste ... alcuna legittimazione processuale del cedente e, correttamente non è stata disposta integrazione del contraddittorio ...: il giudice a quo pronuncia sulla titolarità del rapporto dedotto e correttamente precisa che il debitore ceduto avrebbe dovuto indirizzare al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore originario. Né si potrebbe affermare che residuerebbe una legittimazione passiva del cedente per la domanda di ripetizione di indebito, stante la cessione, come si è detto del rapporto dedotto in causa (Cass. n. 12194/2012).

Diversamente opinando, è altresì argomentato, dovrebbe ammettersi che la banca cedente, non più titolare del rapporto obbligatorio (dal lato attivo) e ormai svincolata da qualsiasi rapporto con il debitore ceduto e con la parte cessionaria, in ragione della cessione pro soluto, opponibile ex lege al debitore, dovrebbe “processualmente interloquire” con il debitore ceduto per questioni inerenti l'originario rapporto obbligatorio, rientranti ormai nella sfera giuridico-patrimoniale di un terzo, ovvero, del cessionario (Trib. Taranto 30.3.2016).

Secondo una diversa prospettiva, invece, non può essere esclusa a priori la legittimazione passiva della banca cedente. Così, è stata censurata la circostanza che dalla produzione documentale della banca cedente non sia possibile evincere con certezza che tra i crediti ceduti sia compreso anche quello oggetto di controversia (Trib. Napoli Nord 26.2.2018. V. anche Collegio di coordinamento ABF n. 6816/2018).

È stato anche osservato che, sul piano teorico, il debitore ceduto deve far valere il vizio concernente l'atto contrattuale nei confronti del cedente e la domanda di ripetizione di indebito verso il soggetto che, in base alla clausola illegittima, ha percepito la somma (Trib. Napoli Nord 26.2.2018; Trib. Monza 5.6.2017). In altri termini, secondo questa prospettiva, nei casi di domanda di ripetizione d'indebito da parte del debitore ceduto, la legittimazione passiva (o meglio, la titolarità del rapporto obbligatorio) è rinvenuta nel soggetto che ha percepito le somme che si assumono non dovute.

Occorre evidenziare che una ricorrente argomentazione valorizza la circostanza che la cessione intercorsa tra le parti non è una cessione di contratto, ma una cessione di crediti “in blocco” finalizzata alla “cartolarizzazione” (con il corollario che, quando sono in contestazione aspetti attinenti al rapporto giuridico contrattuale, correttamente è citata la società cedente).

L'art. 4 della legge n. 130/1999 dispone che « ;alle cessioni dei crediti poste in essere ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni contenute nell'art. 58, commi 2, 3 e 4 del testo unico bancario ;». Non sono stati invece richiamati dalla disposizione normativa i commi 5 (« ;I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l'adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva ;») e 6 (« ;Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente ;») dell'art. 58 TUB.

Dall'art. 4 l. n. 130/1999 si ricava, quindi, che alla cessione dei crediti finalizzata alla cartolarizzazione sono applicabili soltanto le norme dell'art. 58 TUB che valgono per la cessione dei crediti (commi 2, 3 e 4) e non le disposizioni dei commi 5 e 6 inerenti alla cessione anche di posizioni passive (contratto), incompatibili con una semplice cessione di credito. Poiché l'art. 58 TUB disciplina casi di cessione sia di crediti in blocco sia di contratti in blocco, solo per le operazioni negoziali che prevedono una cessione in massa di contratti la suddetta norma (commi 5 e 6) contempla una responsabilità del cessionario nei confronti dei ceduti. Quando sono fatti valere vizi genetici (ad es. usura o anatocismo) del rapporto giuridico contrattuale, da cui in caso di accoglimento della domanda conseguirebbero effetti restitutori (con decorrenza sin dalla stipula del contratto), la legittimata passiva è la banca cedente e non il cessionario del credito (fermo restando che, ove quest'ultimo esperisse una qualche azione connessa al recupero del proprio credito, la parte mutuataria potrebbe comunque opporgli le eccezioni riguardanti la validità dell'obbligazione o di parte di essa) (Trib. Cremona 16.1.2017; Trib. Palermo 4.11.2008; Trib. Monza 5.6.2017; Trib. Roma 29.3.2017; Trib. Santa Maria Capua Vetere 21.5.2018; Trib. Roma 19.9.2019; Trib. Sciacca 6.4.2020).

Resta inteso che, nel caso di intervenuta “cartolarizzazione” dei crediti successivamente all'instaurazione del giudizio, trova applicazione l'art. 111, comma 1, c.p.c., secondo cui « ;se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie ;». L'art. 111, comma 3, c.p.c., prevede, inoltre, che « in ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso ».

(Segue) L'orientamento della giurisprudenza di legittimità

Con decisione n. 21843/2019 (conf. Trib. Padova 28.10.2020), la Cassazione, in sostanziale adesione all'ultimo degli indirizzi di merito sopra descritti, ha stabilito che la cessione dei crediti finalizzata alla cartolarizzazione non esclude la legittimazione passiva della società cedente, sulla base delle seguenti argomentazioni.

In primo luogo, è osservato che opinare diversamente significherebbe annullare la distinzione tra cessione del credito e cessione del contratto, conferendo alla fattispecie disciplinata dalla l. n. 130/1999 i caratteri propri del contratto a favore di terzi ex art. 1411 c.c.

È poi rilevato che, per espressa disposizione di legge, come già ricordato (art. 3, comma 2, l. n. 130/1999), i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono un vero e proprio "patrimonio separato", ad ogni effetto, rispetto a quello della società veicolo e rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione. Tale patrimonio, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 1, comma 1, lett. b), della legge sulla cartolarizzazione è a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell'operazione. In altri termini, il flusso di liquidità che l'incasso dei crediti è in grado di generare è funzionale, in via esclusiva, al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell'operazione.

In tale stato di cose, consentire al debitore ceduto di opporre in compensazione, al cessionario (SPV), controcrediti da esso vantati verso il cedente (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall'essere noto alla "società veicolo" al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente), significherebbe andare ad incidere, in modo imprevedibile, su quel "patrimonio separato a destinazione vincolata" della SPV, scaricandone, così, le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spetta, invece, ed in via esclusiva, il valore del medesimo.

I possessori dei titoli emessi dallo "special purpose vehicle" possono essere, infatti, esposti solo al rischio derivante dal mancato incasso dei crediti cartolarizzati - perché non soddisfatti dai debitori, ovvero perché inesistenti o, al limite, perché già estinti anche per compensazione ma non anche a quello (pena, altrimenti, la negazione del meccanismo della separazione come tracciato dalla l. n. 130 del 1999, art. 1, comma 1, lett. b)) che sul patrimonio alimentato dai flussi di cassa, generati dalla riscossione dei crediti cartolarizzati, possano soddisfarsi anche altri creditori. Dunque il debitore ceduto non può opporre al cessionario in compensazione contro-crediti vantati verso il cedente (relativamente al mutuo, pertanto, impossibilità di operare la compensazione tra il debito del mutuatario con un controcredito che questi assume di vantare nei confronti della mutuante).

In conclusione

Secondo la giurisprudenza, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e l'iscrizione nel Registro delle Imprese, la cessione dei crediti diviene opponibile erga omnes senza ulteriori formalità; la pubblicazione dell'atto di cessione nella Gazzetta Ufficiale, ponendosi sullo stesso piano degli oneri prescritti in via generale dall'art. 1264 c.c., è estranea al perfezionamento della fattispecie traslativa (contratto di cessione dei crediti).

In caso di contestazioni sulla legittimazione attiva, spetta al cessionario (SPV) fornire la prova che il credito controverso è compreso tra quelli compravenduti nell'ambito dell'operazione di cessione in blocco, giacché in ogni fattispecie di cessione di crediti il fondamento sostanziale della legittimazione attiva è legato, per il cessionario, alla prova dell'oggetto della cessione; a tale riguardo, è proficuamente utilizzabile anche il contenuto dell'Avviso di cessione pubblicato nella Gazzetta laddove indichi, senza lasciare incertezze od ombre di sorta (rispetto del principio di determinatezza dell'oggetto e contenuto contrattuali ex art. 1346 c.c.), i crediti inclusi/esclusi dall'ambito della cessione (senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi).

La cessione intercorsa tra le parti non è una cessione di contratto, ma una cessione di crediti “in blocco” finalizzata alla “cartolarizzazione”; di conseguenza, le domande giudiziarie formulate dal correntista o mutuatario andranno indirizzate nei confronti a) del cedente se è fatto valere un vizio concernente l'atto contrattuale e b) del soggetto (SPV) che, in base alla clausola illegittima, ha percepito la somma (domanda di ripetizione di indebito).

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