Gli assetti organizzativi al test della crisi

Luca Savino
Riccardo Sattler
27 Agosto 2020

La crisi legata al Covid-19 ha profondamente mutato lo scenario economico internazionale e portato all'assunzione di provvedimenti non convenzionali per il suo fronteggiamento. In Italia le diverse contromisure adottate hanno fatto si che la gestione della crisi passi quasi interamente dall'implementazione o dalla predisposizione ex novo di adeguati assetti organizzativi, capaci di fornire al management aziendale tutti gli strumenti per analizzare lo scenario in cui sono costretti ad operare. L'elaborato si ripropone di introdurre le caratteristiche principali di questi strumenti e di evidenziarne la funzione nel contrasto agli effetti negativi della crisi.
L'impatto del covid-19 e la “scoperta” degli assetti organizzativi

La diffusione dell'epidemia del Covid-19 ha indotto i Governi ad introdurre delle misure eccezionali allo scopo di tutelare la salute dei cittadini. Molte di queste misure hanno però avuto un impatto estremamente negativo sul tessuto economico. In particolare, il blocco della gran parte delle attività economiche e la chiusura dei confini hanno determinato l'insorgere di una crisi finanziaria, economica e patrimoniale tanto rapida quanto profonda.

In un simile contesto, l'adozione degli usuali strumenti di individuazione e contrasto della crisi si sarebbe rivelata del tutto inadeguata ed avrebbe portato inevitabilmente ad un dissesto di proporzioni anche maggiori. Per tale ragione, tra i mesi di marzo e aprile 2020 sono stati emanati alcuni Decreti (Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 “Cura Italia” e Decreto Legge n.23 dell'8 aprile 2020 “Liquidità”) che hanno avuto lo scopo e l'effetto di provocare un rinvio formale della crisi. Tra le altre disposizioni assunte, risultano in tale contesto particolarmente rilevanti le seguenti:

  • Sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione. Le ingenti perdite registrate dalle imprese nel periodo di chiusura hanno comportato in molti casi una rapida erosione dei patrimoni aziendali. Senza una sospensione degli obblighi civilistici di ricostituzione del capitale, per molte di esse si sarebbe giunti ad un'inevitabile chiusura.
  • Blocco delle procedure concorsuali e moratorie. L'assenza di ricavi, nuovamente generata dal blocco o dal rallentamento dell'operatività ha portato con sé l'impossibilità per molte realtà di adempiere alle proprie obbligazioni: da un lato è stato quindi concesso di usufruire di moratorie per i contratti di mutuo, dall'altro è stata bloccata ogni azione da parte dei creditori aziendali.
  • Divieto di licenziamento. La più efficace e rapida misura ordinaria di contrasto alla crisi è la riduzione dei costi e, tra questi, di quello del personale dipendente. Con la quasi totalità dei settori economici bloccati, il ricorso ai licenziamenti avrebbe con ogni probabilità inondato il mercato del lavoro di disoccupati, con ricadute sociali senza precedenti. La risposta del Governo è stata quella di impedire per legge i licenziamenti, affiancando a questa misura l'introduzione della cassa integrazione a disposizione della quasi totalità delle aziende.
  • Sospensione della continuità aziendale. La combinazione di erosione patrimoniale e tensione finanziaria avrebbe di certo portato alla perdita del presupposto della continuità aziendale per molte imprese con l'effetto, nuovamente, di portare le stesse alla chiusura. I summenzionati decreti hanno quindi momentaneamente sospeso la verifica del going concern.
  • Rinvio del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza. Prevista per il 2020, l'introduzione del nuovo codice è stata posticipata a settembre 2021. I principi sui quali la nuova normativa si poggia e, soprattutto, gli strumenti di controllo e verifica dalla stessa introdotti o potenziati, avrebbero comportato un'ulteriore stretta sulla sostenibilità patrimoniale, economica e finanziaria delle imprese italiane. La straordinarietà del contesto ha quindi indotto il Legislatore a sospenderne l'adozione.

Gli interventi sopra riassunti, che sono solo una parte dei molti assunti del Governo in materia, se da un lato ben chiariscono come la crisi sia stata congelata da un punto di vista formale, dall'altro fanno comprendere la profondità e la gravità della crisi stessa da un punto di vista sostanziale. La crisi, quindi, c'è, e ha la peculiarità di coinvolgere trasversalmente quasi tutti i settori dell'economia con un'intensità tale da renderla difficilmente paragonabile a qualsiasi altro shock dell'età moderna.

Una usuale situazione di dissesto aziendale costituisce un terreno fertile per azioni sconsiderate e alle volte anche criminali da parte degli amministratori e di chi orbita nel contesto dell'impresa. Appare quindi di tutta evidenza come la compresenza di una crisi così intensa e globale e dell'eliminazione o sospensione degli usuali strumenti di allerta e contrasto alla stessa, rende l'attuale contesto economico estremamente pericoloso. In queste ore più che mai, il compito del consulente deve essere quello di impedire che delle decisioni prese oggi possano portare a spiacevoli conseguenze domani.

Quando si è cominciato ad elaborare il presente contributo, lo scopo dello stesso era quello di analizzare i sistemi di controllo interno alla luce dell'introduzione del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, la cui entrata in vigore, per la parte generale, come ricordato sopra, è stata rinviata a settembre 2021. Ma nonostante questo rinvio e nonostante i sistemi di controllo interno siano stati in qualche modo indeboliti dai nuovi decreti, o forse proprio per tale ragione, ci si trova oggi ad un'imprevista e uniforme applicazione pratica dei principali concetti che sono alla base del nuovo Codice e, più in generale, della funzione del controllo interno. Tale affermazione trova le sue fondamenta in un articolo del Codice Civile che non solo non ha subìto alcun rinvio, ma ha altresì assunto un ruolo di primaria importanza nelle decisioni assunte quotidianamente dagli imprenditori. Si tratta dell'articolo 2086, norma che impone all'imprenditore, qualsiasi forma esso assuma, di predisporre degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili che risultino adeguati alle dimensioni ed alla natura dell'impresa stessa.

Gli assetti organizzativi di cui parla il secondo comma del summenzionato articolo (introdotto a marzo del 2019) sono entrati con inaspettata veemenza sul palcoscenico della vita aziendale, affermandosi come principale strumento per la gestione ed il contrasto della crisi in atto. Questa loro improvvisa applicazione pratica è dovuta in parte ad una loro esplicita e circoscritta introduzione per legge, è il caso dei protocolli sulla sicurezza di cui si parlerà in seguito, ed in parte alla loro efficacia, si pensi ai budget di tesoreria, anch'essi analizzati nei successivi capitoli.

Gli assetti ed il D.Lgs. 231/2001: due facce della stessa medaglia

L'attuale crisi sanitaria ha posto a confronto due importanti interessi da tutelare: quello relativo alla salute dei cittadini e quello della tenuta socio-economica del paese. Le caratteristiche dell'epidemia in atto fanno sì che il perseguimento dell'uno risulti in contrasto con il perseguimento dell'altro e ha posto il Governo difronte alla necessità di equilibrarsi tra i due. La forza con la quale la diffusione del virus Covid-19 si è presentata ha portato il sistema sanitario nazionale vicino al collasso, con la conseguenza di indurre il Legislatore a decretare il blocco pressoché totale delle attività economiche e, quindi, volendo sintetizzare, a prediligere la tutela della salute pubblica rispetto alla tutela degli interessi economici. Il progressivo miglioramento del quadro clinico del paese ed il contestuale deterioramento delle sue fondamenta socio-economiche, ha poi guidato il Governo verso una serie di provvedimenti che puntano ad una riapertura graduale e controllata delle attività, apertura che, secondo i programmi dell'Esecutivo, è culminata con il via libera a teatri e cinema a metà del mese di giugno 2020.

È banale sottolineare che la dicotomia tra gli aspetti sanitari e quelli economici sopra esposta non può che essere intesa come separazione ideale, essendo i due nella realtà profondamente interconnessi. Per tale ragione, gli sforzi profusi verso la ripresa economica contenuti nei più recenti provvedimenti, non possono prescindere dalla salvaguardia della salute e del sistema ospedaliero di conseguenza. Ecco quindi che il ritorno all'operatività da parte delle imprese deve essere accompagnato dall'adozione di protocolli, misure e procedure atte a contenere la diffusione del virus. Si tratta dell'introduzione di un assetto organizzativo.

Prima di procedere all'analisi di questo aspetto è imprescindibile fare un breve excursus, o meglio un collegamento, con il Decreto Legislativo 231 del 2001. La norma che tratta della responsabilità amministrativa degli enti, pur essendo datata, è di estrema attualità ed anzi mai come in questo momento risulta essere tanto vicina ad un'adozione diffusa.

Il Modello di Organizzazione e Gestione e le procedure che costituiscono la struttura portante dell'intervento legislativo del 2001 sono stati introdotti all'interno di tutte le realtà economiche nazionali, anche le più piccole. Sino ad oggi infatti, la percezione dell'importanza dei concetti alla base del Decreto in esame e ancora di più la loro concreta manifestazione nell'ambito aziendale erano stati circoscritti alle grandi imprese e a quelle medie più virtuose.

L'introduzione di cui si sta parlando riguarda l'adozione del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, siglato dalle Parti Sociali ed il Governo il 14 marzo 2020 ed aggiornato dagli stessi il 24 aprile successivo. Il documento persegue l'ambizioso obiettivo di coniugare la riapertura delle attività economiche con la gestione della salute pubblica. Si tratta quindi di una serie di procedure e informative che l'impresa ed i lavoratori devono far proprie per poter operare nella cosiddetta “fase 2”, cioè in quella fase nella quale continua ad essere presente il virus e non è ancora stato trovato un suo vaccino. Il protocollo non si limita a fornire indicazione circa gli obblighi igienico-sanitari quali il lavaggio delle mani, l'utilizzo di detergenti e di dispositivi di protezione o, ancora, la sanificazione e la pulizia dei locali aziendali, vengono invece anche trattati temi di mera organizzazione aziendale, come, su tutti, l'utilizzo della turnazione, delle ferie e dello smart-working.

Si può quindi comprendere come il documento in esame costituisca un esempio lampante di assetto organizzativo che l'imprenditore deve adottare e come la mancata adozione dello stesso possa portare a conseguenze civili e penali anche gravi per l'impresa deficitaria e per chi la amministra. Da qui l'immediato ed indissolubile legame tra assetti organizzativi e D.Lgs.231: l'individuazione dei rischi connessi al Covid.19 all'interno dei locali dell'impresa, la corretta implementazione all'interno dell'azienda delle procedure e delle restrizioni previste dal protocollo, la verifica che le stesse vengano rispettate ed il loro costante aggiornamento costituiscono un esimente per i soggetti coinvolti qualora, nonostante tutto, si manifesti comunque un caso di positività. All'inverso, la loro assenza implica l'assunzione di responsabilità da parte dei medesimi soggetti.

L'adozione del protocollo e delle ulteriori disposizioni relative al contrasto dell'epidemia, svolgono una funzione nella gestione della crisi sanitaria ma anche nella gestione di quella economica. Diventano quindi uno strumento nelle mani dell'imprenditore innanzitutto perché costituiscono una linea di demarcazione tra i soggetti che possono operare e quelli che invece non hanno la possibilità di proseguire la propria attività. Il rispetto delle regole, soprattutto di quelle con effetti visibili per i soggetti che interagiscono con l'azienda, si pensi ad esempio ai fogli informativi, ai disinfettanti o alle barriere protettive, può svolgere anche il ruolo di mettere a proprio agio tali soggetti, su tutti i clienti, e quindi di far trasparire all'esterno un senso di sicurezza utile alla ripresa dell'attività.

Da ultimo, un aspetto positivo dell'introduzione di queste disposizione è di certo quello di far percepire con forza agli imprenditori l'importanza di porre in essere un adeguato assetto organizzativo nell'ambito di prevenzione al Covid-19. Con questo esempio in mente, grazie al quale hanno toccato con mano i rischi derivanti da una struttura inadeguata, anche i più piccoli imprenditori si sono avvicinati o si avvicineranno ai concetti ed ai precetti del D.Lgs.231 del 2001, potendoli poi con più naturalezza applicarli anche alle altre moltissime aree di rischio dei loro business.

I budget economici e finanziari

Nel capitolo precedente si è trattato dell'introduzione di un assetto organizzativo frutto dell'entrata in vigore di una nuova legge (i nuovi decreti) che è andata ad intersecarsi con la preesistente normativa (l'art. 2086 del Codice Civile ed il D.Lgs.231 del 2001). Si tratterà ora di un'altra tipologia di assetto organizzativo: i budget economici e finanziari. I budget quali strumento di gestione e valutazione dei flussi, prima che dal riconoscimento giuridico (si pensi al combinato disposto del Codice Civile e dei Principi Italiani di Valutazione), trovano la loro valenza nella pratica aziendale.

Tuttavia, nonostante la loro diffusione internazionale e nonostante la funzione che rivestono nei confronti del sistema bancario in seguito ai mutati criteri di valutazione del merito creditizio delle imprese, si tratta di strumenti ancora poco usati dalla piccola e media imprenditoria italiana e, anche quando adottati, assolvono spesso alla sola funzione di ottenimento di un prestito, risultando condizionati dall'obiettivo perseguito ed elaborati con scarso metodo scientifico.

Ancora una volta, l'avvento dell'epidemia da Covid-19 ha dato impulso all'adozione su vasta scala di questi budget presentandoli agli occhi degli imprenditori e degli amministratori per quello che sono: degli assetti organizzativi con la funzione di gestire correttamente l'azienda e di individuare, contrastare e superare eventuali situazioni di crisi.

Difronte al blocco totale delle attività, le aziende si sono trovate difronte ad una situazione nella quale una parte più o meno consistente dei costi continuava il suo corso naturale e invece dal lato dei ricavi nulla si muoveva e, peggio ancora, nulla poteva essere fatto. L'esperienza, la conoscenza del mercato, l'intuizione che hanno da sempre caratterizzato il piccolo e medio imprenditore italiano si sono rivelate improvvisamente del tutto inutili. Ecco quindi che dalla grande multinazionale alla piccola bottega di paese, tutti si sono dovuti mettere a ragionare sui flussi di cassa, valutando la provvista iniziale, le entrate e le uscite e verificando quali provvedimenti potevano esser posti in essere al fine di mantenere l'equilibrio finanziario.

I budget di tesoreria hanno ricoperto e ricoprono ancor di più in questi giorni di riavvicinamento alle riaperture delle aziende un ruolo chiave nella gestione della crisi. Nel contesto attuale infatti assistiamo ad una corsa all'indebitamento e ad un contestuale deterioramento degli equilibri economici e finanziari delle imprese, con conseguenti effetti negativi sui patrimoni delle stesse. La presenza di un adeguato assetto organizzativo capace di fornire all'imprenditore una valutazione precisa delle movimentazioni future assume una rilevanza strategica fondamentale. Infatti, l'amministrazione della società o dell'impresa deve necessariamente poter contare su una struttura in grado di fornirle una prospettiva attendibile degli andamenti finanziari, economici e patrimoniali, e questo in quanto le scelte prese oggi produrranno i loro effetti domani e coloro che le hanno assunte saranno chiamati a risponderne: la continuità aziendale oggi è garantita dalla legge, ma quando la copertura dei decreti verrà meno sarà necessario poter essere sicuri di aver agito in conformità ai principi di corretta gestione. Se da un lato, l'eccezionalità del momento è possibile che porti con sé anche una diversa e più mite interpretazione degli eventi da parte di chi in futuro potrebbe essere chiamato a giudicarli, non di meno è bene che le decisioni siano prese con oculatezza e cognizione di causa.

Quanto detto sopra in merito all'opportunità, o meglio alla necessità, di dare vita ad un assetto organizzativo adeguato per la gestione dei flussi prospettici al fine di gestire la crisi attuale ha un risvolto estremamente pratico. L'emanazione dei Decreti “Cura Italia” e “Liquidità” ha congelato formalmente gli effetti negativi sui patrimoni e ha simultaneamente fornito alle imprese degli strumenti che mirano a contrastare le problematiche di natura finanziaria. Nello specifico sono stati rinviati i versamenti di alcune debenze tributarie e previdenziali, è stata introdotta una moratoria eccezionale per posticipare le uscite relative ai mutui in essere, sono stati proposti sul mercato dei finanziamenti garantiti in diversa misura dallo Stato e in taluni casi caratterizzati da condizioni di accesso e contrattuali agevolate.

L'allentamento delle misure di controllo, lo spostamento delle scadenze e l'accesso a nuova provvista possono da un lato rappresentare una boccata di ossigeno e dall'altro generare una massa di future obbligazioni cui l'azienda dovrà far fronte. Ecco quindi che, come visto sopra, risulta cruciale dare vita ad una programmazione attenta degli impegni assunti in modo da evitare un pericoloso accumulo delle scadenze.

Come è determinante procedere alla programmazione delle uscite, allo stesso modo quindi la struttura aziendale deve essere in grado di esprimersi al meglio anche sulla progettualità dal lato delle entrate. La decisione in merito all'assunzione dei nuovi finanziamenti è solo una delle analisi da effettuarsi, per fare un ulteriore esempio pratico si può guardare, nel caso di imprese a vocazione estera, all'utilizzo di SACE SpA per il recupero dei crediti esteri incagliati negli altri paesi. Sono tutte considerazioni che sono in questo momento da farsi, lo ricordiamo, in base alla natura ed alle dimensioni dell'azienda.

Quella che oggi è un'esigenza nata dalla straordinaria congiuntura in cui ci troviamo, deve diventare una normale procedura eseguita da tutte le aziende. Tale affermazione è supportata non solo dalla convinzione di chi scrive sull'utilità dei budget economici e finanziari per l'efficace ed efficiente gestione dell'impresa, ma anche dai contenuti normativi del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza di futura emanazione.

La riforma della legge fallimentare, così come concepita, impone infatti all'impresa e ad altri soggetti che le orbitano intorno (quali ad esempio gli organi societari di controllo, l'Amministrazione Finanziaria o l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) di valutare costantemente la sostenibilità futura dell'azienda. Gli indici elaborati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili volti ad effettuare queste verifiche così come l'indirizzo generale dell'elaborato normativo, si basano sulla predisposizione e l'analisi dei flussi prospettici.

Assetti organizzativi, crisi e giurisprudenza: cenni

Non sempre i provvedimenti presi garantiscono il superamento della crisi aziendale. L'affermazione è valida in un normale contesto economico e lo è ancora di più nell'attuale congiuntura. I rinvii ed i nuovi versamenti possono non essere sufficienti al sostenimento dell'equilibrio finanziario, i protocolli di sicurezza possono rendere impossibile o non conveniente procedere alla riapertura dell'attività. Sono tutte ipotesi che si stanno purtroppo trasformando in realtà in questi giorni.

Lo stato di crisi è spesso foriero di cattivi consigli. Nel tentativo di salvare l'azienda infatti, può succedere che chi la amministra ponga in essere delle misure che hanno il solo effetto di aggravare lo stato di crisi, oppure, specialmente in alcuni settori ed in alcune zone del paese, è possibile che l'illusoria àncora di salvezza giunga dalla malavita organizzata. In entrambi i casi passare il confine è spesso molto semplice, non lo è altrettanto però il ritorno. Il Ministero degli Interni e lo stesso Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili hanno recentissimamente portato all'attenzione il pericolo tangibile di infiltrazioni mafiose e criminose all'interno delle aziende. Si tratta quasi sempre di realtà che non hanno potuto accedere in tempo ai finanziamenti o per i quali gli stessi non sono stati sufficienti, o ancora di società già in difficoltà e definitivamente messe in ginocchio dallo scoppio della pandemia e dalla conseguente chiusura delle attività.

L'assetto organizzativo si esplica in questo caso in un insieme di procedure che l'azienda deve predisporre, tali da fornire un presidio verso comportamenti illeciti messi a punto dagli amministratori o dai dipendenti. Si tratta di regole volte al contrasto tipicamente della corruzione così come delle infiltrazioni mafiose di cui si è appena detto. Nuovamente la portata e la misura delle stesse non può prescindere dalla dimensione e dalla natura dell'impresa, ed ecco che per le piccole realtà la loro adozione pratica appare difficile. Nonostante ciò, anche per questi soggetti, il semplice appoggio costante fornito da consulenti legali ed aziendali può già di suo costituire una barriera al compimento di atti illeciti.

Ma, in termini generali, come si delinea la responsabilità dell'amministratore? In tal senso, si ricorda che, secondo assodato principio civilistico, l'amministratore è tenuto ad adempiere al proprio compito con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico ricevuto. Questo concetto, unitamente agli obblighi di dotarsi di assetti organizzativi, portano a circoscrivere la discrezionalità tipica del ruolo dell'amministratore all'interno dei confini dell'adeguatezza. In tale ottica la presenza di adeguati assetti organizzativi non costituisce solo uno strumento per la gestione della crisi o per la sua precoce individuazione, è invece un tassello fondamentale per una corretta gestione di ogni aspetto dell'attività aziendale.

Nella sentenza n. 15470/2017, la prima sezione della Corte di Cassazione ha dato un'importante interpretazione giurisprudenziale in materia. Secondo il Giudice, all'amministratore di una società non può essere imputata la responsabilità ex art.2392 del Codice Civile per aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, in quanto il giudizio sulla diligenza dell'amministratore in merito all'adempimento del proprio mandato non può riguardare le scelte da esso operate nella gestione. Ciò statuito, è però da considerare che nel giudizio sulla gestione operata dall'amministratore è possibile contestare la mancata adozione di cautele, verifiche e informazioni preventive che sono richieste dalle scelte da lui operate. Appare quindi chiaro che la valutazione dei rischi delle operazioni che intende porre in essere è un obbligo posto a suo carico dalla natura stessa del suo incarico.

La presenza di un adeguato assetto organizzativo funzionante consente anche di tutelare l'impresa e chi l'amministra di fronte ai rischi della sottocapitalizzazione. Il Tribunale di Milano, con la recente sentenza 11105/2019 ha infatti fornito delle precise indicazioni in materia. Se da un lato è fatto obbligo all'amministratore di conservare l'integrità del patrimonio sociale, appare chiaro che nell'esercizio dell'attività d'impresa può accadere fisiologicamente che tale conservazione non sia più possibile. Pertanto, al fine di compiere una valutazione sulla responsabilità da attribuire all'amministratore circa la perdita dell'integrità patrimoniale, risulta necessario prendere in considerazione i criteri per la verifica ex ante della corretta gestione della società o dell'impresa. I giudici di merito del capoluogo lombardo hanno esplicitamente fatto riferimento all'art.2086 del Codice Civile per individuare la forza di legge assunta da tali criteri di verifica.

In conclusione, la presenza di assetti organizzativi adeguati consente la corretta gestione dell'azienda, l'individuazione di situazione di crisi, l'impiego delle dovute contromisure e, eventualmente, porta all'assunzione delle decisioni in ordine alla chiusura dell'attività.

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