Esecuzione esattoriale: la Cassazione fissa condizioni e limiti per la tutela risarcitori contro l'agente della riscossione

31 Agosto 2020

Nella sentenza n. 17661/20 la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: «poiché l'azione risarcitoria contro l'agente della riscossione, prevista dall'art. 59, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (e successive modifiche e integrazioni), è data all'esecutato solo ove non abbia potuto esercitare alcun rimedio proprio del processo esecutivo esattoriale, essa è proponibile nel caso di contestazione della violazione del limite di valore del credito azionato con espropriazione esattoriale immobiliare, mossa in prossimità della vendita in tempo anteriore alla sentenza n. 114/18 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lett. a), del medesimo d.P.R. nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50, d.P.R. n. 602/1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c.».

In applicazione di tale principio di diritto, la Suprema Corte cassa con rinvio la sentenza di gravame con la quale è stata respinta la domanda risarcitoria avanzata da una società di capitali in relazione ai danni patiti dall'esecuzione esattoriale portata a termine dall'agente della riscossione, nonostante la quasi totale estinzione del debito tributario al momento della vendita del cespite pignorato e la riduzione della sua entità al di sotto del limite fissato dall'art. 76, d.P.R. n. 602/1973, nel testo vigente ratione temporis.

L'azione risarcitoria ex art. 59 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602

In base all'art. 59, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, chiunque si ritenga leso dall'esecuzione può proporre azione contro il concessionario dopo il compimento dell'esecuzione stessa ai fini del risarcimento dei danni; inoltre il concessionario risponde dei danni e delle spese del giudizio anche con la cauzione prestata, salvi i diritti degli enti creditori.


Nella sentenza in rassegna il Collegio richiama le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento a tale speciale azione risarcitoria contro l'agente della riscossione in caso di esecuzione esattoriale per sanzioni amministrative, estendendole a ogni ipotesi di esecuzione esattoriale, compresa quella relativa a crediti tributari: secondo detto indirizzo, nell'ipotesi di esecuzione esattoriale per sanzioni amministrative, il debitore non può proporre - né ai sensi dell'art. 59, d.P.R. 29 settembre 1972, n. 603, né dell'art. 2043 c.c. - domanda di risarcimento fondata sulla circostanza del volontario pagamento degli importi richiesti e su motivi di ingiustizia o di illegittimità di atti presupposti o preliminari all'esecuzione stessa che il medesimo abbia volontariamente omesso di impugnare nelle competenti sedi, dovendosi ritenere, da un lato, ormai decaduto dalla possibilità di far valere, anche in via risarcitoria, siffatta doglianza e, dall'altro, che la definitività degli atti elida in radice, se non anche la stessa ingiustizia del danno, quanto meno - in difetto di diverse, ulteriori e specifiche allegazioni - l'elemento soggettivo dell'agente (così è massimata Cass., sez. III civ., 20 marzo 2014, n. 6521, in CED Cass., Rv. 630404).

Condizioni e limiti per l'accesso alla tutela risarcitoria

La Suprema Corte collega l'orientamento supra menzionato ai corollari logico-giuridici della sentenza n. 114/18 con la quale la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 57, comma 1, lett. a), d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all'avviso di cui all'art. 50 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sono ammesse le opposizioni regolate dall'art. 615 c.p.c.: in particolare il Collegio opera «un integrale rinvio alla stessa sentenza per la meticolosa ricostruzione del sistema di garanzie e tutele dell'assoggettato all'esecuzione esattoriale, al fine di garantirne la conformità alla Costituzione» e conclude che «colui il quale intenda contestare i presupposti di un'azione esecutiva a lui minacciata o nei suoi confronti intrapresa ha l'onere, inteso in stretto senso tecnico, di dispiegare i relativi strumenti processuali, con le forme e le modalità previste dalla disciplina di rito; in mancanza, egli decade dalla possibilità di fare valere le relative ragioni, ogni ulteriore questione sulla loro sussistenza, anche ai soli fini di una tutela risarcitoria, risultando irrimediabilmente preclusa».


Secondo la Suprema Corte, «la specialità del processo esecutivo esattoriale rispetto a quello esecutivo comporta […] che l'illegittimità del primo (come di ogni altro), sia in punto di an debeatur che di quantum, va fatta valere esclusivamente con le forme previste per le relative opposizioni, se ed in quanto non eccezionalmente escluse. Pertanto, […] deve ritenersi persistente la possibilità di dispiegare l'azione risarcitoria di cui all'art. 59 […]; in riferimento alle pretese tributarie per le quali sia stato impossibile far valere l'inesistenza del credito azionato o altri vizi formali o sostanziali della procedura esecutiva esattoriale, è data un'azione di indebito arricchimento od altra di risarcimento, salva la verifica in concreto della sussistenza di tutti gli altri presupposti, anche nei confronti del creditorie (e non dell'esattore)».

L'esplicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione

Secondo il Collegio, la mancata tempestiva impugnazione degli atti presupposti dal processo esecutivo esattoriale «ne comporta l'inoppugnabilità e vincolatività quanto meno proprio per l'agente della riscossione, elidendo in radice l'ingiustizia del danno […] l'elemento soggettivo, per il ragionevole affidamento indotto sulla correttezza e sulla doverosità dell'azione esecutiva, tanto in punto di an che di quomodo exsequendrum sit».


Il Giudice di legittimità individua una residuale rilevanza aquiliana del comportamento dell'agente della riscossione nel caso il danneggiato alleghi specificamente «l'abnormità o la grave illegittimità di uno o più degli atti di riscossione e la potestà del convenuto agente della riscossione di sottrarsi alla loro attuazione, tali da connotare una sua autentica mala fede e la violazione, da parte dell'agente, dei criteri di imparzialità e buon andamento».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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