Vale il principio del raggiungimento dello scopo anche per le notifiche a mezzo PEC
01 Settembre 2020
Massima
L'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale. Il caso
La decisione in esame ha ad oggetto la seguente vicenda: l'attore conveniva in giudizio la proprietaria dell'appartamento sovrastante sostenendo che dal predetto appartamento provenivano delle infiltrazioni. Il Giudice di pace, dichiarata la contumacia della convenuta, accoglieva la domanda attorea e condannava la convenuta al pagamento della somma richiesta dall'attore. Avverso la sentenza veniva proposto appello. L'appellato eccepiva l'inesistenza dell'atto di appello, in quanto la copia notificata non era firmata digitalmente; lamentava, inoltre, la mancanza della firma digitale anche nella procura alle liti e l'inesistenza della notificazione dell'atto di appello, mancando la relata.
Il Tribunale, in funzione di giudice d'appello, accoglieva l'impugnazione, rigettava le domande proposte in primo grado e compensava integralmente tra le parti le spese di lite.
Avverso la sentenza del Tribunale veniva proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente sosteneva che l'appellante era decaduto dal termine perentorio per proporre l'appello, in quanto l'atto di impugnazione, la relativa procura alle liti e la sua notificazione erano affetti da vizi tali da determinarne l'inesistenza. In particolare, con il primo motivo, il ricorrente contestava che l'atto di citazione in appello gli era stato notificato tramite una PEC contenente tre files non firmati digitalmente, riportanti l'estensione ".pdf", anziché ".p7m". Con il secondo motivo, contestava la mancanza dell'attestazione di conformità e della sottoscrizione digitale della procura alle liti allegata all'atto di citazione in appello. Con il terzo motivo, contestava l'inesistenza della notificazione - oltre che per i vizi dell'atto di citazione e della procura alle liti - per difetto della relata di notifica e per l'indicazione asseritamente errata nell'oggetto della PEC. La questione
Ci si chiede se la notificazione tramite Pec di un atto di citazione non firmato digitalmente e privo della relata debba essere considerata nulla e, quindi, sanabile, in virtù del principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156 e ss. c.p.c., oppure inesistente.
Le soluzioni giuridiche
La Terza sezione della Cassazione, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso, ribadendo che l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale. Infatti, anche per le notifiche a mezzo PEC opera il principio della sanatoria della nullità se l'atto ha raggiunto il suo scopo, ex art. 156, comma 3, c.p.c. Osservazioni
Con la sentenza in esame la Corte fornisce ulteriori chiarimenti in materia di notifica degli atti tramite PEC e di rilevanza del documento informatico specialmente con riferimento all'efficacia probatoria in ambito processuale. In particolare, la Corte, nel rigettare il ricorso, ribadisce che le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m" e ".pdf", e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza alcuna eccezione (Cfr. Cass. civ., Sez. Un., 27 aprile 2018, n. 10266; Cass. civ., 29 novembre 2018, n. 30927). Si ricorda, infatti, che un file firmato con una firma di tipo CAdES è un file con estensione .p7m, il cui contenuto è visualizzabile solo attraverso idonei software in grado di “aprire” il documento sottoscritto. Tale formato permette di firmare qualsiasi tipo di file, ma presenta lo svantaggio di non consentire di visualizzare il documento oggetto della sottoscrizione in modo agevole. Infatti, è necessario utilizzare un'applicazione specifica. La firma digitale in formato PAdES, invece, è un file con estensione .pdf, leggibile con i comuni programmi disponibili per questo formato. Questa tipologia di firma, nota come “firma PDF”, prevede diverse modalità per l'apposizione della firma, a seconda che il documento sia stato predisposto o meno ad accogliere le firme previste ed eventuali ulteriori informazioni. Essa consente di firmare solo documenti di tipo PDF, ma rende il documento più facilmente accessibile. Il formato PDF consente, inoltre, di gestire diverse versioni dello stesso documento senza invalidare le firme digitali apposte. Il ricorrente, poi, si duole della mancanza dell'attestazione di conformità e della sottoscrizione digitale della procura alle liti allegata all'atto di citazione in appello, che, a causa di tali mancanze, sarebbe priva pure del carattere della specificità, in violazione dell'art. 83 c.p.c., del d.m. n. 4472011, art. 18, comma 5, della l. n. 53/1994, art. 3-bise del d.l. n. 179/2012, art. 16-undecies. In realtà, anche in questo caso la Suprema Corte non accoglie le osservazioni del ricorrente, poiché, innanzitutto riguardo al formato ".pdf", anziché ".p7m" della procura si ribadiscono le stesse considerazioni svolte in precedenza. Inoltre, la Corte afferma che l'attestazione di conformità è stata prodotta in occasione dell'iscrizione a ruolo e del deposito del fascicolo telematico. A quella data, infatti, era ancora possibile il rilascio ex novo della procura, secondo quanto previsto dall'art. 12, comma 2,c.p.c. D'altro canto non si scorge alcuna incompatibilità fra le regole della notificazione degli atti giudiziari a mezzo PEC e la possibilità di regolarizzare il mandato alle liti nel termine stabilito dall'art. 125, comma 2, c.p.c. Si aggiunge, inoltre, che la circostanza che l'atto di citazione sia stato notificato tramite PEC certamente non esclude l'applicazione dell'art. 182, comma 2, c.p.c. A maggior ragione, pertanto, deve ritenersi consentito integrare i poteri rappresentativi, mediante il deposito telematico di una procura alle liti, debitamente munita di attestazione di conformità, al momento dell'iscrizione a ruolo della causa. Con riferimento, poi, alla contestata violazione delle regole dettate dall'art. 3-bisdella l. n. 53/1994 e dal relativo decreto ministeriale di attuazione, la Suprema Corte ha ritenuto, in accordo con il giudice di appello, che ogni eventuale nullità sia stata sanata dal raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156 c.p.c. Difatti, l'irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell'atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cfr. Cass. civ., Sez. Un., 28 settembre 2018 n. 23620). Più in generale, però, deve dirsi che anche per le notifiche a mezzo PEC opera il principio della sanatoria della nullità se l'atto ha raggiunto il suo scopo, ex art. 156, comma 3, c.p.c. (Cass. civ., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7665). Peraltro, con specifico riferimento alla copia notificata al convenuto, è stato precisato che la mancanza della sottoscrizione del difensore non ne comporta la nullità se dalla copia stessa sia possibile desumere, sulla scorta degli elementi in essa contenuti, la provenienza dello stesso da un procuratore abilitato munito di mandato. Quel che infatti rileva, ai fini del raggiungimento dello scopo di un atto affetto da nullità per difetto di sottoscrizione, è, non già la sua conoscibilità, bensì, la sua riferibilità alla persona che ne appare l'autore (Cass. civ., 15 maggio 2018, n. 11793). In particolare, non si verifica una nullità quando dalla copia dell'atto di citazione notificato, pur priva della firma del difensore, sia possibile desumere la provenienza dal procuratore abilitato.
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