Le cause tra coeredi di cui all'art. 22 c.p.c.

02 Settembre 2020

La questione sulla quale verte la pronuncia in commento attiene all'individuazione dell'ambito applicativo del foro per le cause ereditarie di cui all'art. 22 c.p.c., in particolare in relazione alla previsione del n. 1 del primo comma, secondo cui è competente il giudice del luogo dell'aperta successione per le cause «relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione».
Massima

In tema di competenza territoriale, ai fini dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 22,comma 1, n. 1, c.p.c., che demanda alla competenza del giudice del luogo dell'apertura della successione ogni altra causa tra coeredi fino alla divisione, per causa “tra coeredi” deve intendersi non solo quella inerente a diritti caduti in successione, ma anche la causa che abbia un oggetto attinente alla qualità di erede, per la quale, cioè, la legittimazione attiva o passiva delle parti discenda necessariamente, e non occasionalmente, da tale qualità. (Nella specie, la Suprema Corte, in applicazione del principio, ha escluso la qualità ereditaria della causa con cui uno dei coeredi aveva contestato la validità di un contratto di comodato stipulato dal de cuius con uno dei coeredi ed avente ad oggetto un immobile poi caduto in successione).

Il caso

Tizio, in qualità di coerede di Caio, proponeva dinanzi al tribunale di Ravenna ricorso ex art. 447-bis c.p.c. nei confronti degli altri coeredi, contestando, tra l'altro, la validità di un contratto di comodato ventennale stipulato dal de cuius a favore di uno dei coeredi resistenti e relativo ad un appartamento rientrante nell'asse ereditario.

Il tribunale dito, accogliendo l'eccezione sollevata da uno dei resistenti, declinava la propria competenza per territorio in favore del tribunale di Forlì quale forum successionis ex art. 22, comma 1, n. 1, c.p.c., dinanzi al quale pendeva anche il giudizio di divisione ereditaria.

Tizio proponeva, allora, regolamento di competenza, assumendo la non applicabilità della predetta norma alle domande da lui proposte.

La questione

La questione sulla quale verte la pronuncia in commento attiene all'individuazione dell'ambito applicativo del foro per le cause ereditarie di cui all'art. 22 c.p.c., in particolare in relazione alla previsione del n. 1 del primo comma, secondo cui è competente il giudice del luogo dell'aperta successione per le cause «relative a petizione o divisione di eredità e per qualunque altra tra coeredi fino alla divisione».

Le soluzioni giuridiche

Il tribunale di Ravenna ha dichiarato la propria incompetenza per territorio ritenendo che quella sottoposta al suo vaglio fosse una controversia tra coeredi da devolvere al giudice del luogo in cui si era aperta la successione, in quanto per cause “tra coeredi”, di cui all'art. 22 c.p.c., devono intendersi non soltanto le controversie riguardanti diritti caduti in successione, ma ogni causa avente un oggetto inerente alla qualità di erede. In particolare, le domande proposte da Tizio, in quanto dirette alla risoluzione o all'accertamento dell'invalidità del contratto di comodato, erano qualificabili, secondo il tribunale adito, come cause tra coeredi, atteso che le stesse riguardavano l'effettiva disponibilità giuridica di un cespite ereditario e andavano, di conseguenza, ad incidere sul giudizio di divisione sotto il profilo del valore del cespite.

La Suprema Corte non ha, però, condiviso tale soluzione.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, ai fini dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 22 c.p.c., che demanda alla competenza del giudice del luogo dell'apertura della successione “qualunque altra” causa “tra coeredi fino alla divisione”, per causa tra coeredi deve intendersi non solo quella che si riferisca a diritti caduti in successione, ma anche la causa che comprenda un oggetto attinente alla qualità di erede, nel senso che la legittimazione attiva o passiva delle parti deve discendere da tale condizione, con esclusione delle cause in cui la qualità di erede venga in rilievo solo occasionalmente(Cass. civ., 13 dicembre 2011, n. 26775; Cass. civ., 23 agosto 2006, n. 18334, in relazione alla petizione d'eredità).

Alla luce dei predetti principi, è stata, pertanto, esclusa l'applicabilità della norma in esame in relazione:

1) all'azione di regresso esercitata da uno dei coeredi nei confronti dell'altro per ottenere il rimborso di una quota delle somme corrisposte all'amministratore giudiziario per la gestione di uno dei beni ereditari da dividere, in quanto tale azione non presuppone la qualità di erede, trattandosi di una comune azione sorta da un rapporto obbligatorio, che può instaurarsi non solo tra coeredi, ma anche tra soggetti privi di tale qualifica (Cass. civ., 1 marzo 2000, n. 2249);

2) alla causa tra fratelli avente ad oggetto l'adempimento dell'onere apposto ad un contratto avente causa mista di compravendita e donazione intervenuto tra padre, nel frattempo deceduto, e figlio in favore di altro figlio dell'alienante (Cass. civ., 13 dicembre 2011, n. 26775);

3) alla controversia avente ad oggetto la restituzione di spese sostenute per la manutenzione di un immobile, intrapresa da due fratelli che erano divenuti unici proprietari “pro indiviso” del bene, già caduto in successione, soltanto a seguito di transazione intercorsa con gli altri coeredi (Cass. civ., 26 ottobre 2011, n. 22306).

Anche le Sezioni Unite hanno avuto occasione di precisare che per “causa successoria” si intende solo quella tra successori (veri o presunti) a titolo universale o particolare e che abbia come oggetto principale, e non incidentale, l'accertamento di beni o diritti caduti in successione o che si ritenga debbano costituirne parte (Cass. civ.,Sez. Un., 30 luglio 2019, n. 20503, che, in relazione ai criteri indicati dall'art. 50 l. n. 218/95 ai fini del riconoscimento della giurisdizione italiana, ha escluso la ricorrenza della causa successoria in relazione alla domanda risarcitoria proposta dall'erede del mandante nei confronti del mandatario per l'inadempimento dell'obbligo di rendiconto che grava sul mandatario anche dopo la morte del mandante in favore degli eredi; Cass. civ., Sez. Un., 20 dicembre 2006, n. 27182, che ha escluso la ricorrenza della causa successoria in relazione alla domanda proposta dall'erede dell'intestatario di un c/c bancario nei confronti dell'istituto di credito per l'adempimento delle prestazioni derivanti dal contratto, posto che la qualità di erede fatta valere dall'attore non costituiva l'oggetto principale del giudizio e poteva essere accertata incidentalmente dal giudice).

Tanto premesso, le domande proposte da Tizio non possono, secondo la Suprema Corte, rientrare nella previsione dell'art. 22 c.p.c., in quanto non sono inerenti a “cause tra coeredi”, ossia non hanno come oggetto principale l'accertamento di diritti inerenti alla successione, ma sono volte all'impugnativa per inesistenza, nullità o annullamento di un contratto di comodato immobiliare.

La qualità di coeredi delle parti in causa rileva, nel caso in esame, solo ai fini della loro legittimazione in relazione alle spiegate domande di impugnazione contrattuale, ma non costituisce l'oggetto principale del giudizio, non avendo questo la funzione di risolvere una lite relativa ai diritti caduti in successione.

Ne consegue, secondo la Suprema Corte, che le domande proposte da Tizio vanno attribuite alla competenza del tribunale del luogo ove è posto l'immobile dato in comodato, ai sensi dell'art. 21 c.p.c., e dunque al tribunale di Ravenna.

A nulla rileva, infine, che Tizio avesse proposto in via riconvenzionale dinanzi al tribunale di Forlì, in qualità di convenuto nel giudizio divisorio ivi pendente, le medesime domande già formulate in via principale dinanzi al tribunale di Ravenna, posto che alle prime, in quanto caratterizzate da una relazione di litispendenza con le seconde, andava applicato il principio della prevenzione di cui all'art. 39 c.p.c. a favore di quelle introdotte in via preventiva dinanzi al tribunale di Ravenna.

Osservazioni

L'art. 22 c.p.c. configura un foro speciale esclusivo, ma non inderogabile (Cass. civ., 21 gennaio 1985, n. 215, secondo cui, in ipotesi di più domande di divisione, inerenti ad eredità diverse, proposte cumulativamente contro lo stesso convenuto, la competenza del giudice adito, ove sussistente, in applicazione della norma in esame, per una di dette domande, deve essere riconosciuta anche con riguardo alle altre, ai sensi dell'art. 104 c.p.c.), che non trova applicazione con riguardo a domande diverse da quelle ivi contemplate (Cass. civ., 18 marzo 2019, n. 7617; Cass. civ., 3 marzo 2016, n. 4233, secondo cui l'art. 22 c.p.c. si applica solo alle cause ivi tassativamente indicate che vertano “tra coeredi”, sicchè non opera allorquando il legittimario totalmente pretermesso agisca per far valere la simulazione del contratto vitalizio, essendo egli privo della qualità di erede).

In particolare, in relazione alla domanda di divisione ereditaria, la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo ove si è aperta la successione riguarda unicamente le cause di divisione della universalità dei rapporti giuridici facenti capo ad un comune de cuius, tornando ad applicarsi, nelle altre ipotesi, la regola generale del forum rei sitae (Cass. civ., 18 marzo 2019, n. 7617); per la stessa ragione, la norma in esame non opera nell'ipotesi in cui venga richiesta la divisione di un determinato immobile, solo parzialmente compreso nell'eredità (Cass. civ., 22 settembre 1978, n. 4260).

In relazione, invece, alle cause “tra coeredi fino alla divisione”, di cui al n. 1 dell'art. 22 c.p.c., la competenza del giudice del luogo dell'aperta successione sussiste, conformemente a quanto ribadito dalla condivisibile pronuncia in commento, qualora si tratti di causa inerente a diritti derivanti dalla successione ereditaria o che possono essere fatti valere solo da chi assume la qualità di erede, e non anche quando si tratti di una comune azione sorta da un rapporto obbligatorio, che può instaurarsi non solo tra coeredi, ma anche tra soggetti privi di tale qualità.

Insomma, la causa ereditaria, ai fini dell'applicazione dell'art. 22 c.p.c., è quella che richiede la necessaria ed imprescindibile qualifica di “coeredi” in capo alle parti, con esclusione delle domande giudiziali che potrebbero essere esperite anche da soggetti non aventi tale qualifica, come nel caso di azione di regresso conseguente all'assolvimento di un'obbligazione relativa ad un immobile di cui le parti siano comproprietarie a titolo ereditario (Cass. civ., 6 febbraio 1998, n. 1208; cfr. anche Cass. civ., 11 agosto 2017, n. 20097).

Pertanto, l'art. 22 c.p.c. è stato ritenuto applicabile:

1) in relazione alla domanda di rimborso della metà dell'imposta di successione, proposta da un coerede nei confronti di altro coerede, in quanto, in tal caso, la legittimazione attiva e passiva delle parti discende necessariamente, e non occasionalmente, dalla qualità di eredi, trattandosi di debito solidale correlato alla qualità di erede (Cass. civ., 11 febbraio 1997, n. 1260; Cass. civ., 8 febbraio 1982, n. 740);

2) alla controversia avente ad oggetto l'esercizio del diritto di prelazione ai sensi dell'art. 732 c.c. (Cass. civ., 31 gennaio 2017, n. 2543);

3) alla controversia tra gli eredi di un soggetto estromesso dall'eredità di un terzo e gli eredi di quest'ultimo (Cass. civ., 28 agosto 1998, n. 8554).

Infine, si è ritenuto che la competenza del giudice del luogo di apertura della successione permanga oltre il momento dell'esaurimento delle operazioni divisionali previste dall'art. 713 c.c., sin quando sia cessata ogni controversia relativa all'universalità dei rapporti giuridici facenti capo al de cuius, e pertanto non è esclusa dalla circostanza che il testatore, con l'attribuzione di beni singoli ex art. 734, comma 1, c.c., prevenga il formarsi della comunione ereditaria (Cass. civ., 11 febbraio 1997, n. 1260).

Riferimenti
  • Asprella, Cause ereditarie, in www.ilprocessocivile.it;
  • Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto civ., III, Torino, 1988, 115;
  • Marinelli-Widmann, sub art. 22 c.p.c., in Codice di procedura civile Commentario, diretto da C. Consolo, tomo I, VI edizione, Milano, 2018, 397 ss.;
  • Segré, Della competenza per materia e valore, in Comm. c.p.c. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 177.

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