Denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c.: il tempo delle irregolarità

08 Settembre 2020

Le condotte oggetto di denuncia ai sensi dell'art. 2409 c.c. devono essere contraddistinte dal requisito dell'attualità poiché è precluso l'intervento del tribunale una volta consumata la potenzialità lesiva del fatto censurato.
Massima

Le condotte oggetto di denuncia ai sensi dell'art. 2409 c.c. devono essere contraddistinte dal requisito dell'attualità poiché è precluso l'intervento del tribunale una volta consumata la potenzialità lesiva del fatto censurato.

Il caso

La vicenda sottoposta alla cognizione del Tribunale di Brescia, Sezione Impresa, può sintetizzarsi come segue. Una storica società familiare mantovana, specializzata nella produzione di abbigliamento di lusso, decide nel 2016 di consentire l'ingresso nella propria compagine sociale di un investitore estero individuato in un fondo di private equity. Vengono quindi cedute, da parte di un ramo della famiglia, azioni pari alla metà del capitale sociale a favore di una società veicolo costituita al riguardo dall'investitore, il quale si impegna a progressivi apporti di capitale. Con il restante ramo familiare l'investitore stipula, invece, una serie di patti parasociali che gli attribuiscono il diritto di nominare la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Nel dicembre 2019 viene depositata una denuncia al tribunale per gravi irregolarità nella gestione della società imputate ai soli amministratori nominati dal nuovo socio investitore. In particolare, i soci familiari ricorrenti (due dei quali anche amministratori) sostengono che, a partire dal 2016, si sarebbe verificata un'inarrestabile distruzione di valore frutto di una dissennata gestione che avrebbe condotto la società ad una gravissima crisi. Le carenze lamentate dai denunzianti attengono gli assetti organizzativi e amministrativi della società ritenuti inadeguati, al pari dei sistemi di rilevazione delle informazioni economico finanziarie, nonché di elaborazione dei dati previsionali dell'andamento della società. Da qui la richiesta di disporre una ispezione giudiziaria della società per accertare l'adeguatezza dei suoi assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Si costituiscono gli amministratori i quali, oltre a sollevare alcune eccezioni pregiudiziali, negano che la società abbia perduto valore per effetto della loro gestione volta, all'opposto, a sanare le pregresse inefficienze organizzative. Viene pertanto chiesto il rigetto del ricorso e, in subordine, la sospensione del procedimento per consentire all'amministratore delegato di valutare gli assetti organizzativi della società e presentare al tribunale apposita relazione, con indicazione di eventuali interventi da compiere.

Le questioni

Il decreto del Tribunale di Brescia affronta, con condivisibile percorso motivazionale, una serie di problematiche, alcune delle quali introdotte dalla difesa degli amministratori ritenuti responsabili delle denunciate irregolarità, che permettono di ripercorrere le principali caratteristiche dell'istituto di cui all'art. 2409 c.c.

Tre sono le questioni dibattute nella fattispecie:

(i) se, in via pregiudiziale debba ritenersi competente la Sezione Impresa del Tribunale di Milano rispetto a quella del Tribunale di Brescia;

(ii) se sia ammissibile un ricorso che abbia ad oggetto censure mosse soltanto nei riguardi di alcuni membri del consiglio di amministrazione;

(iii) se, vista la nomina, da parte dell'assemblea all'unanimità, di un nuovo amministratore delegato intervenuta successivamente al deposito del ricorso e prima della sua notifica, possa comunque ritenersi ammissibile il ricorso nonostante la sopravvenuta inattualità della misura ivi richiesta.

Le soluzioni giuridiche

Le prime due problematiche presentano natura squisitamente processuale.

Relativamente alla competenza territoriale, il procedimento viene ritenuto correttamente radicato presso la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Brescia ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. a), D.lgs. n. 168/2003. A quanto è dato evincere dalla motivazione, viene respinta l'eccezione degli amministratori resistenti secondo la quale sarebbe stata competente la sezione impresa del Tribunale di Milano sul presupposto che le riunioni del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale si sarebbero svolte, al pari delle assemblee, in Milano. Il Tribunale ritiene, dopo aver sentito i sindaci, che vi sia coincidenza tra sede legale e sede effettiva della società. La sede legale, gli uffici amministrativi e lo stabilimento della società si trovano difatti in Mantova, città compresa nel distretto della Corte d'appello di Brescia. Sulla sede effettiva dell'impresa, seppur con riferimento alla competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento, viene richiamata in motivazione la pronuncia della Cassazione7 maggio 2012, n. 6886, consultabile in De Jure. Non si registrano precedenti di segno contrario.

L'ammissibilità del ricorso viene poi confermata dal Tribunale anche se la denuncia è rivolta soltanto nei confronti di alcuni amministratori. Puntualizza il collegio che costoro, in presenza di un procedimento di volontaria giurisdizione quale quello di cui all'art. 2409 c.c., non assumono la qualità di parti sostanziali, bensì meramente processuali. Viene al riguardo richiamato consolidato orientamento di legittimità (Cass. 21 gennaio 2009, n. 1571; Cass. 29 dicembre 2011 n. 30052, entrambe consultabili in De Jure). In breve, visto che il procedimento in esame è finalizzato a promuovere l'interesse oggettivo della società di cui si sospetti l'irregolare gestione, gli organi sociali sono titolari di una posizione giuridica qualificata suscettibile di essere incisa soltanto indirettamente dal provvedimento. In tale contesto, gli amministratori destinatari della denuncia, anche se non rappresentanti l'intero consiglio di amministrazione, non rivestono la qualifica di convenuti. In quest'ottica, pur essendo garantita agli amministratori la facoltà di far valere nel procedimento le proprie ragioni, sia personalmente (mediante audizione), sia tramite difesa tecnica, tra i partecipanti al procedimento non è configurabile un contradditorio funzionale alla definizione con efficacia di giudicato di situazioni giuridiche soggettive contrapposte. Conclude il Tribunale ricordando che la presenza di un consiglio di amministrazione non implica che le decisioni assunte a maggioranza dei suoi membri siano soggettivamente riferibili, anche nei termini di gravi irregolarità, a tutti i componenti, così da richiedere quale soggetto passivo della denuncia l'organo amministrativo globalmente considerato.

Venendo alla merito della denuncia, il Tribunale reputa di non poter adottare alcun provvedimento per aver il comportamento censurato già esaurito i propri effetti. Chiarito che le scelte amministrative non possono essere criticate sotto il profilo della loro opportunità o convenienza, i fatti commissivi od omissivi oggetto di denuncia devono essere connotati dal requisito dell'attualità il quale è strettamente connesso a quello della potenzialità lesiva della condotta che, per esser tale, deve porre in pericolo il patrimonio e procurare grave turbamento all'attività della società. Il percorso motivazionale del decreto muove dal seguente punto di partenza: lo strumento del controllo giudiziario non ha finalità sanzionatoria, bensì mira al riassetto amministrativo della società interrompendo comportamenti di mala gestio in atto i quali, se non arrestati, sono idonei a costituire fonte di danno per la società. Ciò consente di escludere dalle condotte censurabili quelle irregolarità c.d. informative o formali le quali non sono idonee a produrre effetti negativi immediati e diretti sul patrimonio o sull'attività sociale (cfr. Leoni, Le irregolarità contabili ai fini della denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c., in ilsocietario.it).

Sulla scorta di queste ineccepibili premesse, il Tribunale ritiene intempestiva la reazione dei ricorrenti avendo questi ancorato le irregolarità imputate agli amministratori al momento dell'ingresso dell'investitore nella compagine societaria e dunque all'anno 2016. Il fatto che i ricorrenti abbiano rappresentato nella denuncia una situazione di crisi aziendale comporta, ad avviso del collegio, che la potenzialità lesiva della condotta sia già consumata.

Ciò posto, il Tribunale aggiunge che, sotto un profilo temporale, la richiesta ispezione sugli assetti della società si collocherebbe in un momento successivo alla già deliberata operazione di fusione per incorporazione della storica società familiare nella società veicolo del fondo di investimento. In tale direzione, gli assetti organizzativi, oggetto delle denunciate carenze, sarebbero inevitabilmente mutati, perdendo, allora, qualsiasi utilità la verifica ispettiva. A chiusura del provvedimento e sempre per dimostrare la mancanza di attualità delle esigenze poste alla base della richiesta ispezione, il Tribunale evidenzia il regolare funzionamento degli organi sociali e, in particolare, che: (a) è stato nominato dall'assemblea dei soci, prima della notifica del ricorso, un amministratore delegato chiamato, ai sensi dell'art. 2381, comma 5 c.c., a valutare l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; (b) il consiglio di amministrazione si riunisce con periodicità più che mensile; (c) il collegio sindacale vigila in maniera costante formulando osservazioni scritte e svolgendo verifiche serrate.

Il profilo dell'attualità dei fatti oggetto di denuncia al tribunale è stato ripetutamente affrontato in giurisprudenza in senso analogo a quello del decreto in esame (cfr. Trib. Catanzaro, 28 febbraio 2020, in ilsocietario.it; Trib. Venezia, 6 febbraio 2019, in Le Società, 2020, 73; Trib. Roma, 15 dicembre 2017, in ilcaso.it; Trib. Milano, 5 giugno 2017, in Quotidianogiuridico.it; Trib. Trento, 29 settembre 2016, in ilsocietario.it; App. Milano 29 giugno 2012, in Le Società, 2013, 380; Trib. Novara, 21 maggio 2012, in ilcaso.it; Trib. Verona 12 gennaio 2012, in Le Società, 2013, 911; Trib. Mantova, 9 dicembre 2008, in ilcaso.it; Trib. Milano, 7 giugno 2002, in Giur. it., 2022, 2098; App. Napoli 13 maggio 2002, in Le Società, 2002, 1123; Trib. Trapani, 10 agosto 2001, in Le Società, 2002, 868; Trib. Padova, 7 dicembre 2000, in Le Società, 2001, 860; Trib. Palermo, 24 dicembre 1999, in Le Società, 2000, 866; App. Bari, 5 maggio 1989, in Le Società, 1073. In dottrina, in modo diffuso e autorevolmente, v. Libertini, sub art. 2409, in Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da F. d'Alessandro, vol. II, t. II, Commento agli articoli 2380-2451 del Codice Civile, Padova, 2011, 283; Ambrosini, Il controllo giudiziario, in Abriani-Ambrosini-Cagnasso-Montalenti, Le società per azioni, nel Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, Padova, 2010, 824; Domenichini, sub art. 2409 c.c., in Società di capitali, a cura di Niccolini-Stagno D'Alcontres, Napoli, 2004, 788).

Conclusioni

Il decreto mostra particolare interesse perché, grazie ad un'articolata e lineare motivazione, consente di cogliere i presupposti e la finalità dell'istituto del controllo giudiziario. Il Tribunale di Brescia, Sezione Impresa, ritiene correttamente che lo strumento in argomento serva per ripristinare la regolare amministrazione societaria e non per determinare colpe e responsabilità dei denunciati. Uno dei punti chiave del controllo giudiziario, valorizzato nel decreto, risiede nell'attualità della condotta censurata la quale deve essere pertanto tempestivamente denunciata dal ricorrente.

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