Riunione di cause e aumento del compenso dell'avvocato che rappresenta più parti

Redazione scientifica
10 Settembre 2020

L'art. 4 del d.m. n. 55/2014, in materia di tariffe forensi, prevede la facoltà (non l'obbligo) per il giudice di aumentare il compenso, stabilito in relazione al valore di una delle cause autonome riunite, nel caso in cui più parti nella stessa posizione siano difese da un unico avvocato. Dunque, la scelta contraria del giudice non può essere oggetto di ricorso per cassazione.

Gli attuali ricorrenti, due avvocati, proponevano richiesta di riconoscimento dell'equo indennizzo a causa dell'eccessiva durata di un precedente procedimento civile. Una volta ottenuta la liquidazione, siccome ritenuta riduttiva, gli stessi proponevano opposizione dinanzi alla Corte d'appello, la quale fu respinta.
I ricorrenti impugnavano, dunque, il decreto mediante ricorso per cassazione, all'esito del quale la Corte accoglieva uno tra i motivi (quello relativo ai criteri di individuazione della durata irragionevole), rigettando gli altri.
A seguito di riassunzione del processo, la Corte territoriale riconosceva un adeguato indennizzo a ciascun ricorrente.
Nonostante ciò, questi ultimi si rivolgono alla Corte di Cassazione, denunciando, tra i diversi motivi, la violazione delle norme in materia di tariffe forensi, oggetto del d.m. n. 55/2014, avendo i Giudici liquidato le spese di lite per ciascun grado di giudizio in misura inferiore rispetto al minimo tariffario in relazione al valore della lite.

Va innanzitutto precisato che nel caso di specie ricorre un'ipotesi di riunione di cause, per cui le singole pretese di ciascun soggetto agente rimangono autonome anche se trattate nell'ambito di un unico procedimento.

Ciò posto, i ricorrenti sostengono che la liquidazione per le spese di lite corrisponde all'ammontare complessivo delle somme liquidate ad ognuno di loro, assunto non condiviso dai Giudici di legittimità. Questi ultimi, infatti, osservano come correttamente la Corte territoriale abbia tassato le spese tenendo presente «il valore della una sola controversia con il valore più elevato e, non già, operato – come preteso con la censura articolata – una sommatoria del valore delle singole controversie».
Ora, considerando che la doglianza dei ricorrenti verte sul fatto che la liquidazione debba essere effettuata utilizzando lo scaglione superiore in dipendenza della sommatoria dei valori delle singole controversie oggetto di unico procedimento, la Corte rileva che in tal caso concreto poteva trovare applicazione l'art. 4 del d.m. n. 55/2014, il quale consente al giudice di aumentare il compenso, stabilito per il valore di una delle cause autonome riunite, qualora più parti nella stessa posizione siano difese da un unico avvocato (come nel caso concreto).
Tuttavia, la norma assegna al giudice solo la facoltà di procedere al suddetto aumento, e non l'obbligo, per cui il suo mancato esercizio (come verificatosi nel caso di specie) non può essere sindacato in sede di legittimità.
Per questo e per altri motivi, la Corte di cassazione rigetta il ricorso degli avvocati.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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