Modalità di soddisfacimento del credito del subappaltatore di opera pubblica nei confronti dell'appaltatore fallito

Antonio Granelli
Matteo Lorenzo Manfredi
14 Settembre 2020

Il meccanismo delineato dall'ora abrogato art. 118, comma 3, del D.Lgs. 163/2006, presupponendo la vigenza di un contratto di appalto, non trovi applicazione in caso di fallimento dell'appaltatore e, conseguentemente, il credito del subappaltatore dovrà essere ammesso al passivo del fallimento in via chirografaria o secondo il rango privilegiato attribuibile.
Massima

Il meccanismo delineato dall'ora abrogato art. 118, comma 3, del D.Lgs. 163/2006, presupponendo la vigenza di un contratto di appalto, non trovi applicazione in caso di fallimento dell'appaltatore e, conseguentemente, il credito del subappaltatore dovrà essere ammesso al passivo del fallimento in via chirografaria o secondo il rango privilegiato attribuibile.

La normativa applicabile al caso di specie

L'art. 118 del D. Lgs. 163/2006 (successivamente abrogato dall' art. 217, comma 1, lett. e), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, a decorrere dal 19 aprile 2016, ai sensi di quanto disposto dall' art. 220 del medesimo D.Lgs. n. 50/2016, che ha introdotto il Codice dei contratti pubblici), al comma 3 prevedeva che "Nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni, dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanzate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento".

Il D.L. n. 145 del 2013, art. 13, comma 10, lett. a)-b), convertito con modificazioni dalla L. n. 9 del 2014, aveva aggiunto al predetto art. 118, comma 3 (poi abrogato), il seguente periodo: "Ove ricorrano condizioni di crisi di liquidità finanziaria dell'affidatario, comprovate da reiterati ritardi nei pagamenti dei subappaltatori o dei cottimisti, o anche dei diversi soggetti che eventualmente lo compongono, accertate dalla stazione appaltante, per il contratto di appalto in corso può provvedersi, sentito l'affidatario, anche in deroga alle previsioni del bando di gara, al pagamento diretto alle mandanti, alle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'art. 93 del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, nonchè al subappaltatore o al cottimista dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite". E dopo il comma 3, ha inserito il comma 3 bis che così recita: "E' sempre consentito alla stazione appaltante, anche per i contratti di appalto in corso, nella pendenza di procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, provvedere ai pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite dagli eventuali diversi soggetti che costituiscano l'affidatario, quali le mandanti, e dalle società, anche consortili, eventualmente costituite per l'esecuzione unitaria dei lavori a norma dell'art. 93 del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, dai subappaltatori e dai cottimisti, secondo le determinazioni presso il Tribunale competente per l'ammissione alla predetta procedura".

La nuova normativa, invece, attualmente prevede soltanto il pagamento diretto da parte della stazione appaltante al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori "(dell'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa; b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore; c) su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente" (art. 105, comma 13 e art. 174, comma 7, in tema di esecuzione delle concessioni).

L'art. 118, comma 3, del D.Lgs. 163/2006 (abrogato) riconosceva diversamente alla stazione appaltante la facoltà di inserire nel bando di gara, in alternativa al pagamento diretto in favore del subappaltatore, l'obbligo dell'appaltatore di trasmettere alla stazione appaltante le fatture quietanzate dei pagamenti effettuati al subappaltatore e, in mancanza, di sospendere il pagamento successivo in favore dell'appaltatore da parte della stazione appaltante.

Il caso

La Società Alfa, subappaltatrice di un appalto pubblico, chiedeva l'ammissione al passivo del fallimento dell'appaltatrice del proprio credito residuo in via prededuttiva ex art. 111 l.fall. e art. 118, comma 3, del D. Lgs. n. 163/2006. Il Giudice Delegato invece disponeva l'ammissione in via chirografaria non ritenendo sussistenti i presupposti per l'ammissione in via prededuttiva.

La subappaltatrice proponeva dunque opposizione allo stato passivo insistendo per l'ammissione al passivo del fallimento in via prededotta deducendo che il pagamento del proprio credito fosse “funzionale agli interessi della massa fallimentare” e ciò in quanto, ai sensi dell'art. 118 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, “la mancata trasmissione delle fatture quietanzate alla stazione appaltante (da parte della subappaltatrice) determinava la sospensione del pagamento a favore dell'appaltatrice fallita”.

Il Tribunale, in composizione Collegiale, rigettava l'opposizione considerato che “il fallimento dell'appaltatore provoca l'automatico venir meno del vincolo negoziale e, di conseguenza, l'inapplicabilità dell'art. 118 citato, anche alla luce delle modifiche normative introdotte dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in L. 21 febbraio 2014, n. 9”.

In particolare, il Collegio respingeva l'opposizione ritenuto che non essendo più il contratto di appalto in essere non si potesse applicare l'art. 118 del D.Lgs. n. 163/2018.

Inoltre, per il Collegio giudicante, mancava il collegamento funzionale tra l'ammissione al passivo del fallimento del credito del subappaltatore in via prededuttiva ed il beneficio per la massa fallimentare “tenuto conto che l'ammissione al passivo in via prededuttiva non determina il pagamento immediato del credito del subappaltatore da soddisfarsi – in ogni caso – a seguito del riparto disposto dalla procedura fallimentare ex art. 111 bis L.F.”.

La subappaltatrice ricorreva quindi in Cassazione deducendo che:

a) il Collegio, nel decidere, non avrebbe tenuto conto della giurisprudenza favorevole della stessa Cassazione (in particolare la sentenza n. 3402 del 2012);

b) l'appaltante era fallita in data precedente all'introduzione delle novità normative di cui al D.L. n. 145 del 2013, convertito con modificazioni dalla L. n. 9 del 2014, che prevedevano il pagamento diretto da parte della stazione appaltante al subappaltatore, mentre nella fattispecie veniva in rilievo il pagamento al subappaltatore da parte dell'appaltatore;

c) la normativa in tema di subappalti pubblici (art. 118, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016) è posta a tutela del subappaltatore, così da assicurare la tempestiva soddisfazione dei crediti di quest'ultimi;

d) la sospensione dei pagamenti e il venir meno del contratto di appalto, a seguito del fallimento dell'appaltatrice, non comporta l'estinzione del credito dell'appaltatrice per la riscossione del quale era pur sempre necessaria la trasmissione della quietanza dell'avvenuto pagamento alla subappaltatrice;

e) in ogni caso era irrilevante il fatto che il pagamento del subappaltatore anche qualora ammesso in via prededotta sarebbe avvenuto solo a seguito di riparto.

Le questioni giuridiche

La rimessione della questione alle Sezioni Unite della S.C. di Cassazione.

La Suprema Corte, investita della questione, rilevato un contrasto di giurisprudenza in seno alla sesta sezione chiamata a decidere, con ordinanza del 12 luglio 2019, ha rimesso la soluzione della questione alle Sezioni Unite.

In particolare la sesta Sezione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione se, ove residui un credito dell'appaltatore verso la stazione appaltante e l'appaltante abbia in base al contratto opposto la condizione di esigibilità di cui all'art. 118, comma 3, D.Lgs. 163/2006, il Curatore, che voglia introitare tali somme, debba riconoscere al subappaltatore l'ammissione del credito in via prededuttiva in quanto funzionale all'incasso della procedura fallimentare di tale credito.

Il contrasto giurisprudenziale

A) Sentenze della Suprema Corte a favore dell'ammissione del credito del subappaltatore al passivo del fallimento in via prededuttiva ex art. 111 L.F.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 3402 del 2012, aveva stabilito che “nel caso in cui la stazione appaltante abbia disposto la sospensione del pagamento a favore dell'appaltatore, si è ritenuto che l'unico modo per sbloccare detta sospensione sia quello di riconoscere al credito del subappaltatore il beneficio della prededuzione, al fine di favorire il pagamento da parte della stazione appaltante e, di conseguenza, di incrementare l'attivo della massa fallimentare, nell'interesse dell'intero ceto creditorio”. Secondo tale orientamento l'art 118 aveva determinato una sorta "condizione di esigibilità" del pagamento da parte della stazione appaltante anche in caso di sopravvenuto fallimento dell'appaltatore da cui discendeva, come logico corollario, che il soddisfacimento del subappaltatore si ponesse come presupposto necessario affinchè l'appaltatore fallito (recte, la procedura fallimentare) potesse ottenere il pagamento del proprio credito residuo.

La Corte, in tale arresto, aveva enunciato il seguente principio: "Ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale, ora menzionato dalla L. Fall., art. 111, va inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgere del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorchè avente natura concorsuale, rientri negli interessi della massa e dunque risponda agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare. Invero, la prededuzione attua un meccanismo satisfattorio destinato a regolare non solo le obbligazioni della massa sorte al suo interno, ma anche tutte quelle che interferiscono con l'amministrazione fallimentare ed influiscono sugli interessi dell'intero ceto creditorio”.

Tale indirizzo era stato poi recepito da parte della giurisprudenza di merito (Tribunale di Como, 11/06/2015, n. 9442; Tribunale di Arezzo, 28/04/2016 n. 524), anche se non sono mancate pronunce di segno contrario. In particolare, la più nota e commentata è stata quella del Tribunale di Bolzano resa con decreto del 25/2/2014. Detta pronuncia era stata oggetto di impugnazione e la Suprema Corte, nuovamente investita della questione, con la sentenza 16 Febbraio 2016 n. 3003, riaffermando il principio di diritto di cui alla sentenza n. 3402/12, aveva accolto il ricorso rimettendo la causa al Tribunale di Bolzano, in diversa composizione, affinché riesaminasse la vertenza tenendo conto del principio di diritto enunciato dalla Corte (sopra illustrato) e disatteso nel provvedimento impugnato.

Sulla questione sono intervenute altre sentenze della Suprema Corte, nelle quali è stato ribadito che la prededuzione del credito del subappaltatore non debba essere intesa nel senso che il credito vada ammesso, sempre e comunque, in prededuzione ma soltanto se comporti per la procedura concorsuale un sicuro ed indubbio vantaggio consistente nel pagamento di una maggior somma da parte del committente P.A. la quale subordini tale pagamento alla quietanza del subappaltatore in ordine al proprio credito, ai sensi dell'art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006” (così Cass. civ., 22/06/17, n. 15479; cfr: Cass. civ., 22/03/17, n. 7392; Cass., 16/2/16, n. 3003).

La Suprema Corte ha inoltre stabilito, da un lato, "che l'apertura di una procedura concorsuale (non) determini in automatico il verificarsi della sospensione dei pagamenti" - ed infatti il mancato pagamento all'appaltatore fallito è un "fatto in sè stesso neutro", poichè “è la dichiarazione dell'Amministrazione (appaltante) ad avere carattere costitutivo" - e, dall'altro lato, che l'onere della prova dell'avvenuta sospensione ricade sul soggetto che invoca la sospensione, mentre "toccherà poi al curatore la prova del fatto estintivo costituito dallo spontaneo pagamento da parte dell'Amministrazione" (Cass. n. 3203 del 2019).

Sicchè, riepilogando, per la Suprema Corte – secondo le suesposte pronunce – sussiste il diritto del subappaltatore di appalto pubblico all'ammissione al passivo fallimentare in via prededuttiva, ex art. 111 L.F. e l'art. 118, comma 3, del D. Lgs n. 163/2006, se sussiste – al momento del fallimento - un credito dell'appaltatore fallito nei confronti della Committente che possa essere pagato (con beneficio della massa fallimentare) solo previa presentazione della quietanza del subappaltatore.

B) Sentenze della Suprema Corte contrarie all'ammissione del credito del subappaltatore al passivo del fallimento in via prededuttiva ex art. 111 L.F.

Il principio sopra esposto viene messo in discussione in alcune pronunce della Corte. Nelle ordinanze n. 15479 e n. 19615 del 2017, benchè apparentemente in linea con l'orientamento maggioritario, la Corte afferma che "il riconoscimento di una particolare tutela alle imprese subappaltatrici in appalti pubblici è indiscusso, ma attiene al loro rapporto con le imprese appaltatrici, non può incidere sugli interessi degli altri creditori concorsuali nel caso di fallimento di tali imprese. Sicchè non può riconoscersi la prededuzione a un credito che non ha alcun rapporto nè genetico nè funzionale con la procedura concorsuale".

Tale contrasto è poi emerso, con ogni evidenza, con la sentenza n. 33350 del 2018, che ha negato – per la prima volta - la prededuzione del subappaltatore ritenuto che "In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale come tutti gli altri, nel rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine delle cause di prelazione, non essendo il suo credito espressamente qualificato prededucibile da una norma di legge, nè potendosi considerare sorto in funzione della procedura concorsuale, ai sensi della L. Fall., art. 111, comma 2; invero, il meccanismo del D.Lgs. n. 163 del 2006, ex art. 118, comma 3 - riguardante la sospensione dei pagamenti della stazione appaltante in favore dell'appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti di quest'ultimo al subappaltatore - deve ritenersi, alla luce della successiva evoluzione della normativa di settore, calibrato sull'ipotesi di un rapporto di appalto in corso con un'impresa in bonis, in funzione dell'interesse pubblico primario al regolare e tempestivo completamento dell'opera, nonchè al controllo della sua corretta esecuzione, e solo indirettamente a tutela anche del subappaltatore, quale contraente "debole", sicchè detto meccanismo non ha ragion d'essere nel momento in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto di opera pubblica si scioglie".

A fronte dei due diversi orientamenti che si sono formati in seno alla Suprema Corte la Sesta Sezione, al fine di risolvere il contrasto, ha dunque rimesso la questione alle Sezioni Unite.

Osservazioni

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno risolto il contrasto giurisprudenziale ritenendo di dare, con alcune puntualizzazioni, continuità all'orientamento più recente – sebbene isolato – di cui alla sentenza n. 33350 del 2018.

Anzitutto le Sezioni Unite hanno chiarito che la tutela del subappaltatore di appalti pubblici non può, di per sé, comportare deroghe al principio della par condicio creditorum, per il quale resta un creditore concorsuale come tutti gli altri.

La Corte mette infatti in luce che la tutela del subappaltatore non è incondizionata, tant'è vero che il pagamento diretto da parte della stazione appaltante è stato considerato revocabile ex art 67 l.fall. “se effettuato con denaro che sarebbe destinato all'appaltatore fallito” (Cass. n. 25928 del 2015).

Osservano le Sezioni Unite che la tesi per la quale sarebbe prededucibile il credito del subappaltatore si fonda sulla possibilità – ove prevista dal bando – di avvalersi della sospensione del pagamento nei confronti dell'appaltatore in caso di mancato pagamento del subappaltatore il cui pagamento – per l'effetto – assurge a “condizione di esigibilità” del pagamento, così da diventare “funzionale” agli interessi della massa dei creditori dell'appaltatore fallito, ergo, prededuttivo.

Invero, secondo le Sezioni Unite, tale condizione di esigibilità viene meno in caso di fallimento dell'appaltatore poiché, intervenuto il fallimento, viene meno l'interesse sinallagmatico all'esecuzione dell'opera appaltata.

Inoltre, secondo le Sezioni Unite, la tesi che riconosce la prededuzione del subappaltatore presuppone che la stazione appaltante possa autoritativamente disporre la sospensione del pagamento a favore dell'appaltatore fallito, quale eccezione di inadempimento, laddove detta eccezione presuppone, a sua volta, che il contratto sia ancora in essere poiché solo durante l'esecuzione del contratto di appalto – osserva la Corte - “è consentito alle parti far valere reciprocamente adempimenti e inadempimenti contrattuali”.

A seguito del fallimento, da cui discende l'inefficacia "ex nunc" del contratto di appalto spetta alla procedura fallimentare il corrispettivo dovuto per le prestazioni rese sino allo scioglimento laddove la stazione appaltante potrà rifiutare il pagamento delle opere ineseguite o non correttamente eseguite ma, certamente, non potrà più eccepire l'inadempimento per sospendere la propria obbligazione di pagamento ex art. 1460 cod. civ. che – appunto – presuppone l'esistenza di un contratto in essere.

L'eccezione d'inadempimento, ricordano le Sezioni Unite, che consente la sospensione della prestazione della parte non inadempiente, in presenza di inadempimento della controparte, configura uno strumento accordato alla parte che voglia salvaguardare i propri interessi, nella prospettiva della esecuzione (e dunque conservazione) del contratto.

Venendo meno l'opponibilità al fallimento della “condizione di esigibilità” del pagamento del subappaltatore, onde ottenere il pagamento di quanto dovuto alla procedura fallimentare, viene conseguentemente meno la problematica relativa alla prededucibilità del credito del subappaltatore.

Conclusioni

La Suprema Corte ha quindi ritenuto, risolvendo una questione su cui molte sezioni fallimentari hanno dibattuto per diversi anni (con orientamenti difformi), che il meccanismo delineato dall'ora abrogato art. 118, comma 3, del D.Lgs. 163/2006, presupponendo la vigenza di un contratto di appalto, non trovi applicazione in caso di fallimento dell'appaltatore e, conseguentemente, il credito del subappaltatore dovrà essere ammesso al passivo del fallimento in via chirografaria o secondo il rango privilegiato attribuibile.

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