Licenziamento disciplinare senza rispetto del termine a difesa: tutela indennitaria forte
14 Settembre 2020
Massima
Nel caso di licenziamento disciplinare irrogato in violazione della procedura ex art. 7 dello Statuto lavoratori, senza attendere le giustificazioni scritte del lavoratore, si applica il regime indennitario cd. forte di cui all'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2015.
Nell'applicazione del nuovo regime ex c.d. decreto Dignità (decreto n. 87 del 2018 convertito con l. n. 96 del 2018), ossia della quantificazione dell'indennità entro una forbice da 6 a 36 mensilità, l'anzianità di servizio conserva un ruolo prioritario anche a seguito della pronuncia C. cost. n. 194 del 2018. Il caso
Un lavoratore, assunto dalla Società datrice in data 13 marzo 2018, riceveva una contestazione disciplinare in data 29 novembre 2018.
In data 3 dicembre 2018, senza attendere la scadenza del termine per le giustificazioni di cui all'art. 7, comma 7, l. n. 300/1970, la Società licenziava il lavoratore per giustificato motivo soggettivo.
Il lavoratore, dunque, impugnava il licenziamento intercorso sostenendone la radicale illegittimità per difetto di contraddittorio e lesione del diritto di difesa (oltre che per insussistenza dell'addebito). Le questioni giuridiche
La questione principiale che viene in luce nella pronuncia in commento è senz'altro quella inerente alla puntuale definizione del vizio individuabile nell'ipotesi di licenziamento disciplinare illegittimo per violazione del termine di difesa, qualificazione da cui discende l'individuazione del regime sanzionatorio applicabile licenziamento stesso.
Merita di essere esaminata, tuttavia, seppur per sommi capi – non costituendo il cuore della pronuncia in commento – anche la questione relativa alla determinazione dell'indennità di cui all'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 24/2015, come modificato dal cd. Decreto Dignità e dalla pronuncia della C. cost. n. 194/2018 (recentemente confermata, quanto ai principi esposti, da C. cost. n. 150/2020). Soluzioni giuridiche
Per quanto attiene alla prima questione, deve osservarsi che, sin dal 1970, non vi sono mai stati reali dubbi relativamente al fatto che la mancata osservanza della procedura di cui all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori (l. n. 300/1970) comportasse l'illegittimità del licenziamento.
Come approfonditamente ricostruito nella sentenza delle Sezioni Unite n. 30985 del 2017, tuttavia non vi era mai stata una uniformità sulla qualificazione del vizio.
Sebbene la pronuncia delle S.U. fosse inerente al tema, più comune, della tardiva contestazione dell'addebito e non del mancato rispetto del termine a difesa, essa pone in luce come il licenziamento comminato in violazione dei vizi procedurali di cui all'art. 7 dello Statuto dei lavoratori vi fossero quantomeno due orientamenti contrastanti.
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale il rispetto della procedura di cui al'art. 7 cit. sarebbe un requisito condizionante la legittimità stessa del procedimento disciplinare e, dunque, rappresenterebbe un elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro la cui mancanza corrisponderebbe a mancanza di giusta causa.
Secondo altro orientamento il vizio in questione sarebbe unicamente inerente alla procedura e non intaccherebbe alcun elemento costitutivo della fattispecie.
Se la sussistenza di tali orientamenti poteva avere un interesse quasi unicamente dottrinale nella vigenza del vecchio articolo 18, St. lav., le conseguenze sono invece di profondo rilievo a seguito dell'introduzione dei regimi sanzionatori differenti in caso di licenziamento illegittimo introdotto in Italia dalla l. n. 92 del 2012 e poi confermato (pur con qualche modifica) del d.lgs. n. 23 del 2015 (cd. Jobs Act).
Accedendo al primo orientamento, infatti, la conseguenza sarebbe l'applicazione del regime reintegratorio, mentre il secondo orientamento condurrebbe all'applicazione della sola tutela indennitaria.
Al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale in merito le S.U. (Cass. n. 30985 del 2017) hanno fatto proprio il secondo orientamento osservando che non vi è specifica menzione della violazione della procedura di cui all'art. 7, St. lav. fra le ipotesi di nullità del licenziamento.
Inoltre, deve “ritenersi che si è in presenza di un vizio funzionale e non genetico della fattispecie sanzionatoria” (così nella pronuncia delle S.U.), che non impedirebbe al Giudice un puntuale esame della sussistenza del fatto ex art. 18 comma 4, St. lav. e art. 3, comma 2, d.lgs. n. 23 del 2015.
Esclusa l'applicabilità del regime reintegratorio, le S.U. hanno affermato come nell'ambito del regime indennitario debba poi propendersi per il regime indennitario forte. Ciò in quanto, da un lato il diritto di difesa del lavoratore nell'ambito del procedimento disciplinare merita una effettiva tutela, dall'altro perché l'art. 7, St. lav. inficia la sanzione disciplinare adottata in assenza di procedura. Di talché il licenziamento non sarebbe viziato unicamente dal punto di vista formale ma sarebbe comunque un licenziamento privo di giustificato motivo.
Come già sottolineato le S.U. affrontavano il caso del licenziamento disciplinare viziato per violazione della tempestività della contestazione disciplinare.
La sentenza de quo, pur affrontando il caso di licenziamento disciplinare comminato in violazione del termine a difesa ha ritenuto di applicare il medesimo ragionamento senza altro aggiungere a quanto già affermato dalle S.U., così estendendo i principi da esse affermati alla violazione dell'intera procedura di cui all'art. 7, St. lav. Osservazioni
La pronuncia in commento si allinea così alla recente giurisprudenza di legittimità volta a definire i contorni delle varie tipologie di “licenziamento illegittimo”, con una pronuncia non scontata (vertendo su altra fattispecie rispetto a quella delle S.U.), ma per certi versi piuttosto prevedibile.
Come accennato si ritiene utile spendere qualche parola relativamente al criterio di determinazione dell'indennità. Nella sentenza annotata si legge “ai sensi dell'art. 3 comma 2 d.lgs. 23/2015, applicati i criteri indicati da C. cost. 194 del 2018, considerata la durata del rapporto, l'indennità […] va liquidata nella misura di 8 mensilità”.
Pur a seguito della pronuncia della C. cost. cit., che ha sancito l'insufficienza del solo criterio dell'anzianità di servizio del lavoratore e la necessità di considerare anche altri criteri desumibili in chiave sistematica, deve dunque evidenziarsi come l'anzianità di servizio conservi tutt'ora un ruolo prioritario. Sul punto si veda approfonditamente Tribunale Roma 19 maggio 2020.
Minimi riferimenti bibliografici - S. Apa, Determinazione dell'indennità spettante al lavoratore illegittimamente licenziato e criterio dell'anzinità di servizio, in il Giuslavorista.it; - P. Ghinoy, Le conseguenze sanzionatorio della violazione del principio di tempestività della contestazione disciplinare, alla luce dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla l. n. 92 del 2012, in www.lavorodirittieuropa.it; - G.E. Comes, Contestazione disciplinare tardiva: le S.U. applicano la tutela indennitaria forte, in Riv. it. dir. lav., 2017, II, 273 ss. |