Ancora sul regime di impugnazione dei provvedimenti emessi nel concordato e sui rapporti con la dichiarazione di fallimento

17 Settembre 2020

Il decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, perché è emesso all'esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi dell'art. 183, comma 1, legge fall., non è definitivo e, dunque, non è soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost...
Massima

Il decreto con cui il tribunale definisce (in senso positivo o negativo) il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa del fallimento del debitore, ha carattere decisorio, perché è emesso all'esito di un procedimento di natura contenziosa ed è, quindi, idoneo al giudicato, ma, essendo reclamabile ai sensi dell'art. 183, comma 1, legge fall., non è definitivo e, dunque, non è soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., il quale è, invece, proponibile avverso il provvedimento della corte d'appello conclusivo del giudizio sull'eventuale reclamo.

La sopravvenuta dichiarazione del fallimento comporta l'inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione del concordato preventivo e, comunque, l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, perché l'eventuale giudizio di reclamo ex art. 18 legge fall. assorbe l'intera controversia relativa alla crisi d'impresa, mentre il giudicato sul fallimento preclude in ogni caso il concordato.

Sopravvenuto il fallimento, i motivi di impugnazione proposti contro il diniego di omologazione del concordato si traducono necessariamente in motivi di impugnazione della dichiarazione di fallimento, con la precisazione che i motivi di impugnazione del diniego di omologazione del concordato possono non solo essere anche i soli motivi di impugnazione della sentenza di fallimento, ma debbono essere anche necessariamente riproposti contro la sentenza di fallimento.

Il decreto della Corte d'appello di rimessione degli atti al Tribunale, in accoglimento del reclamo ai sensi dell'art. 22, comma 4, l. fall., non ha carattere decisorio, né definitivo, e non è quindi ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., dato che l'incidenza sui diritti delle parti non deriva direttamente da detto decreto, qualsiasi natura abbiano assunto le questioni sollevate in quella sede, ma dalla successiva sentenza dichiarativa di fallimento, autonomamente impugnabile ex art. 18 l. fall., di cui il provvedimento della corte distrettuale costituisce un momento del relativo, complesso procedimento; eventuali vizi “in procedendo” attinenti al procedimento di reclamo potranno quindi essere fatti valere in sede di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Il caso

Il provvedimento in commento è stato emesso dalla Cassazione all'esito dell'impugnazione proposta da una società dichiarata fallita avverso la sentenza con cui la Corte d'appello territorialmente competente aveva respinto il reclamo ex art. 18 l. fall. da essa proposto nei confronti della sentenza dichiarativa di fallimento; quest'ultima sentenza era stata a sua volta pronunciata a seguito della revoca dell'omologazione del concordato preventivo cui la società era stata ammessa, disposta dalla medesima Corte d'Appello all'esito del reclamo ex art. 183 l. fall. proposto dal P.M. avverso il provvedimento di omologa, e della conseguente rimessione degli atti al tribunale. Il reclamo ex art. 18 l. fall. successivamente proposto dalla predetta società era stato respinto dalla Corte territoriale, a quanto è dato desumere dalla parte introduttiva del provvedimento in esame, in ragione (i) dell'omessa impugnazione, da parte della reclamante, del provvedimento di revoca dell'omologazione del concordato preventivo a mezzo del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., con conseguente formazione del giudicato sia formale ex art. 324 c.p.c. che sostanziale ex art. 2909 c.c. sul merito della controversia (ii) dell'assenza, nel reclamo, di specifiche censure indirizzate verso la sentenza dichiarativa di fallimento, di cui la reclamante aveva chiesto la revoca solo come conseguenza dell'accoglimento del reclamo avverso le statuizioni del provvedimento di diniego della omologazione del concordato preventivo”.

La Cassazione, in accoglimento del ricorso e in applicazione dei principî enunciati nelle massime sopra riportate, ha cassato l'impugnata sentenza e rinviato il procedimento alla Corte d'appello affinché quest'ultima si pronunci sulle censure formulate dalla reclamante avverso il provvedimento di revoca dell'omologazione del concordato, il cui eventuale accoglimento, secondo la Suprema Corte, avrebbe escluso la ricorrenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Con il provvedimento in esame la Cassazione ha affermato che (i) il provvedimento reso dalla Corte d'appello all'esito del procedimento di reclamo ex art. 183 l. fall. è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.,allorché al suddetto provvedimento non faccia seguito la dichiarazione di fallimento (ii); la sopravvenuta dichiarazione di fallimento comporta invece l'improcedibilità del giudizio di omologazione in corso, con la conseguenza che i motivi di impugnazione avverso la declaratoria di inammissibilità della domanda concordataria o avverso il diniego dell'omologazione del concordato devono necessariamente essere dedotti in sede di reclamo ex art. 18 l. fall. nei confronti della sentenza dichiarativa di fallimento, in conformità a quanto previsto dagli artt. 162, ult. comma e 183, ult. comma, l. fall.

In forza di quest'ultimo principio, ritenuto applicabile anche all'ipotesi – che ricorreva nel caso in esame - di revoca dell'omologazione del concordato con conseguente dichiarazione di fallimento ex art. 173, comma 2, l. fall., la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, con la quale la corte territoriale, nel respingere il reclamo ex art. 18 l. fall. proposto dalla ricorrente, aveva omesso di pronunciarsi sulle censure da questa formulate in merito all'omologabilità del concordato.

Osservazioni

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte è intervenuta ancora una volta sulla dibattuta questione del regime di impugnazione applicabile ai provvedimenti emessi nell'ambito della procedura di concordato preventivo, nonché sul tema, ad essa strettamente connesso, dei rapporti tra la procedura concordataria e la dichiarazione di fallimento. A riguardo, la Suprema Corte ha dato continuità ai più recenti arresti delle Sezioni Unite in materia, rappresentati dalle sentenze n. 27073/16 e n. 9146/17. Con la prima di tali sentenze, le Sezioni Unite si sono espresse sull'ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. nei confronti dei provvedimenti con cui venga negato l'accesso alla procedura di concordato preventivo o pronunciato l'esito negativo della stessa e nei confronti dei decreti sull'omologazione del concordato, quando ad essi non faccia seguito la dichiarazione di fallimento; in tale ipotesi, le Sezioni Unite hanno escluso la proponibilità del mezzo straordinario di impugnazione avverso i provvedimenti di cui sopra, in quanto assoggettati al mezzo tipico di impugnazione costituito dal reclamo ex art. 183 l. fall.,e dunque privi del requisito della definitività, ammettendo invece la proposizione del ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il provvedimento reso dalla corte d'appello all'esito del predetto reclamo, sempre, s'intende, che a tale provvedimento non faccia seguito la dichiarazione di fallimento, operando altrimenti il principio, su cui si tornerà subito infra, dell'assorbimento dei vizi del provvedimento de quo in motivi di impugnazione avverso la sentenza dichiarativa del fallimento (in termini analoghi, con riferimento all'impugnazione del provvedimento reso dalla Corte d'appello all'esito del reclamo ex artt. 182 bis, comma 5, e 183l. fall. avverso il decreto del Tribunale di diniego di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, cfr. Cass. S.U., 27 dicembre 2016, n. 26989).

Con il secondo precedente sopra menzionato, le Sezioni Unite hanno invece affrontato più specificamente la questione relativa agli effetti della pronuncia di fallimento sulla procedura di concordato in corso, essendo state chiamate a chiarire il rapporto tra il reclamo ex art. 18 l. fall. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento e l'impugnazione avverso il decreto di diniego dell'omologa del concordato preventivo emesso all'esito del procedimento di cui all'art. 183 l. fall.

Il conflitto tra i due mezzi di impugnazione de quibus è stato risolto dalle Sezioni Unite, nel solco della precedente Cass., S.U., 15 maggio 2015, n. 9935, applicando i principî (richiamati anche nella pronuncia in commento) della consequenzialità (eventuale) del fallimento all'esito negativo della pronuncia di concordato e dell'assorbimento dei vizi del provvedimento di rigetto o revoca dell'omologa in motivi di impugnazione del successivo fallimento.

In forza del primo di tali principî, una volta aperta la procedura minore non sarebbe possibile dichiarare il fallimento sino alla conclusione di essa in senso negativo, ossia con la mancata approvazione ai sensi dell'art. 179 l. fall., il rigetto ai sensi dell'art. 180, ult. comma, l. fall., ovvero la revoca dell'ammissione ai sensi dell'art. 173 l. fall. (contra, Cass., Sezioni Unite, 23 gennaio 2013, n. 1521, secondo cui la procedura di concordato non impedisce la dichiarazione di fallimento, dovendosi demandare il coordinamento tra le due procedure alla prudente e insindacabile valutazione del giudice).

La regola sopra enunciata, però, come chiarito dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 9935/15, non riguarderebbe le fasi di impugnazione dei provvedimenti che pongono fine alla prospettiva concordataria, sicché, per dichiarare il fallimento, non sarebbe necessario attendere l'esito di tali impugnazioni, operando, in tal caso, il secondo principio sopra richiamato, vale a dire quello dell'assorbimento dei vizi del provvedimento negativo reso in sede concordataria in motivi di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento; da quest'ultima premessa discenderebbe, secondo l'impostazione poi seguita dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 9146/17 e accolta anche nella pronuncia qui in esame, che la sopravvenuta dichiarazione di fallimento comporta l'inammissibilità delle impugnazioni autonomamente proponibili contro il diniego di omologazione del concordato preventivo e, comunque, l'improcedibilità del separato giudizio di omologazione in corso, restando ogni controversia relativa alla crisi di impresa demandata all'eventuale reclamo ex art. 18 l. fall. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento (in termini critici rispetto a tale soluzione, ritenuta pregiudizievole per gli effetti del concordato già omologato e successivamente revocato, cfr. D. TURRONI, Il «concorso tra le impugnazioni» nell'intreccio fra omologazione del concordato preventivo e fallimento, nota a Cass., Sezioni Unite, 10 aprile 2017, n. 9146in Fall., 2017, 5, 1198).

Ciò posto, nella fattispecie decisa dalla Cassazione con il provvedimento qui annotato, il conflitto tra i diversi mezzi di impugnazione cui si è fatto cenno supra era puramente “virtuale”, posto che, nella specie, il debitore dichiarato fallito aveva omesso di impugnare il decreto di revoca dell'omologazione del concordato preventivo e formulato le proprie doglianze in merito a detto provvedimento direttamente in sede di reclamo avverso la successiva sentenza dichiarativa del fallimento. Ciò posto, la Suprema Corte ha ritenuto applicabili a tale fattispecie i medesimi principî dettati dalle Sezioni Unite nella citata sentenza n. 9146/17, anche in ragione del fatto che, nel caso in esame, la corte d'appello non si era limitata a negare l'omologazione del concordato, ma aveva contestualmente rimesso gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento (poi intervenuta), “talché il mezzo impugnatorio da utilizzarsi era proprio quello previsto dall'art. 18 legge fall. avverso il provvedimento dichiarativo del fallimento, in virtù del sopra richiamato principio di assorbimento. Tale soluzione, del resto, appare coerente con l'opinione dottrinale (espressamente accolta anche nel provvedimento qui in esame, come si evince dall'ultima massima sopra riportata) secondo cui il decreto della corte d'appello che, all'esito del procedimento di cui all'art. 183 l. fall., annulla il provvedimento di omologazione del concordato e rimette gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione in quanto privo del requisito della definitività (in giurisprudenza, sulla non impugnabilità ex art. 111 Cost. del decreto della corte d'appello di rimessione degli atti al tribunale ex art. 22, comma 4, l. fall., cfr. Cass., 20 novembre 2019, n. 30202, citata nella pronuncia in commento), con la conseguenza che, in tal caso, l'unica sede deputata alla formulazione di eventuali censure nei confronti del suddetto decreto della Corte d'appello sarebbe il reclamo avverso la successiva sentenza dichiarativa del fallimento ex art. 18 l. fall. Da tali premesse discende l'ulteriore corollario che, intervenuta la dichiarazione di fallimento, l'impugnazione del provvedimento di diniego dell'omologa del concordato soggiace esclusivamente al termine di trenta giorni stabilito dall'art. 18 l. fall. per la proposizione del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, il che, come osservato dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento, rende superflua, ai fini dell'accertamento dell'eventuale formazione del giudicato sulla decisione di non omologabilità del concordato, la verifica dell'osservanza del diverso termine previsto per la proposizione dell'impugnazione straordinaria ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il decreto di diniego o di revoca dell'omologazione del concordato emesso all'esito del procedimento ex art. 183 l. fall.; termine, quest'ultimo, che, secondo l'opinione generalmente accolta, in considerazione della natura camerale del procedimento, è quello previsto in via generale dall'art. 325 c.p.c., e cioè sessanta giorni a decorrere dalla data della notificazione del provvedimento a istanza di parte ovvero, in mancanza, quello decadenziale di sei mesi dalla pubblicazione del provvedimento stesso ex art. 327 c.p.c., e che peraltro, nel caso di specie, stando a quanto riportato nella pronuncia qui in esame, non risultava neppure decorso alla data della proposizione del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento.

Su tali presupposti, sembra potersi concludere, in linea con il provvedimento assunto dalla Suprema Corte, che, nel caso in esame, la corte territoriale non potesse in effetti esimersi dal pronunciarsi nel merito sull'omologabilità del concordato, e ciò alla luce non solo dei criteri fissati dal giudice nomofilattico nei precedenti sopra richiamati, ma anche del principio, affermato nella citata pronuncia n. 9935/15 delle Sezioni Unite, secondo cui il debitore concordatario, in sede di reclamo avverso la sentenza di fallimento, non deve dimostrare uno specifico interesse all'impugnazione, diverso da quello a rimuovere la sentenza dichiarativa di fallimento e a riaprire il procedimento di concordato, dovendo considerarsi in re ipsa il pregiudizio che deriva dal vedersi negare, con l'apertura del fallimento, la prospettiva del concordato.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva, i precedenti giurisprudenziali più rilevanti sono stati citati nel corpo del commento. In dottrina, con riferimento al regime di impugnazione dei provvedimenti emessi nella procedura di concordato preventivo e ai rapporti tra detta procedura e la dichiarazione di fallimento, si vedano, in aggiunta ai contributi già richiamati nel commento: I. PAGNI, Decisorietà e definitività dei provvedimenti in materia di concordato e accordi nella prospettiva delle sezioni unite, nota a Cass., Sezioni Unite, 28 dicembre 2016, n. 27073, in Fall., 2017, 5, 537; V. PALLADINO, Il dictum delle S.U. sull'impugnabilità dei provvedimenti emessi nella procedura di concordato, nota a Cass., Sezioni Unite, 28 dicembre 2016, n. 27073, su questo portale; R. BRENDA, Il ricorso straordinario in cassazione avverso i provvedimenti di diniego del concordato preventivo alla prova delle Sezioni Unite, nota a Cass., Sezioni Unite, 27 dicembre 2016, n. 26989, in Esecuzione forzata, 2017, 1, 191; F. LAMANNA, Retromarcia delle SS.UU. sull'ipotizzata abrogazione del principio di prevenzione/prevalenza del concordato: come non detto il principio ancora esiste, nota a Cass., Sezioni Unite, 15 maggio 2015, n. 9935, su questo portale.

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